Anne Perry “Morte di uno sconosciuto”
Mondadori euro 3,60 (in realtà, scontato a 1,50 euro)
[A: 28/01/2017– I: 10/09/2019 – T: 11/09/2019] - && --
[tit. or.: Death of a Stranger; ling. or.: inglese; pagine: 282; anno 2002]
MONK 13
Delle
innumerevoli storie di Monk avevo letto dalla quindicesima alla diciannovesima.
Ecco che il mio buon edicolante egiziano mi trova un vecchio “giallo”, così che
mi tuffo nella lettura di un Monk prima di quelli di cui ho già tramato.
Ricordo
che la nostra buona scrittrice di origini anglo-neozelandesi dopo una vita di
cui ho parlato tanto tempo fa e su cui non ritorno, si dedica alla scrittura,
trovando un suo filone di buona lettura ambientando le sue storie nell’età
vittoriana. Da un lato c’è tutto il filone dell’ispettore Thomas Pitt, che
abbiamo seguito in tante trame, e soprattutto nella sua ascesa nelle stanze del
potere, in quelle storie ambientate maggiormente nella middle-upper class
londinese. Dall’altro ci sono le storie di William Monk, che ho preso ad un
certo punto, dove già il nostro protagonista è immerso nel suo “nuovo” lavoro
nella polizia fluviale, sostenuto, fisicamente e moralmente, dall’innamoratissima
moglie Hester, ex infermiera in Crimea, ed ora in quel di Londra, a cercare di
utilizzare al meglio le sue capacità.
Essendo
questo un balzo indietro, torniamo quasi alle prime mosse di Hester e William,
con un mistery che, in qualche modo, ci porterà a sollevare qualche velo sul
passato di Monk. Perché lui ebbe un incidente dove perse la memoria, e non
ricorda nulla del prima. Tuttavia, per arrivare a questi passi, dobbiamo fare
un po’ di cammino.
Hester
ha aperto una clinica per prostitute a Leather Lane, e l’inizio si svolge
proprio nei sordidi quartieri del malaffare. Da un lato c’è un aumento delle
donne percosse e malmenate, con grossi sovraccarichi del lavoro di Hester.
Dall’altro, contemporaneamente, Nolan Baltimore, un magnate delle ferrovie, trova
una morte misteriosa in un bordello della zona. Aumentano i controlli,
diminuiscono i clienti, e Monk viene contattato da una bella signorina che gli
chiede di indagare se il suo fidanzato possa essere coinvolto in una truffa
proprio nell’ambiente ferroviario del morto.
Iniziano
quindi due indagini parallele; William che cerca di trovare risposte alla sua
cliente, Hester che cerca di chiarire la morte di Baltimore, per far tornare la
pace nel quartiere. Si affaccia poi come collaboratore in entrambe le
inchieste, anche se con ruoli diversi, l’avvocato Oliver Rathbone, un tempo
spasimante di Hester, ed ora, forse, preso da passione per una delle aiutanti
della clinica.
Dalla
parte di Baltimore, capiscono che il magnate era anche un porcello che investiva
parte dei suoi guadagni nell’usura e nel finanziamento di bordelli. Tanto che
Hester ed Oliver riescono ad incastrare l’aiutante di Baltimore in questi
affari, il losco ma corretto (non onesto) Smokey (che noi già sappiamo dalle
successive puntate che cosa farà, come già sappiamo la parabola dell’amore di
Oliver ed anche della sua carriera nel foro londinese; e chi non mi ha letto,
non glielo dico certo ora).
Quindi
si mette a posto una parte del problema, anche se Hester non capisce chi abbia
ucciso Nelson. L’altra parte si ingarbuglia sempre più. Il fidanzato della
bella non sembra coinvolto, anzi a volte non sembra neanche fidanzato. William
comincia ad addentrarsi in posti dove è visto sempre più in modo ostile, tanto
che si domanda (e noi con lui) che cosa ci sia dietro. Il tutto per arrivare
alla morte della bella signorina, della quale si incolpano prima Monk, poi,
scagionato per altri motivi, il finto fidanzato. Alla fine, la matassa si
dipana con una serie di colpi di scena, in cui la Perry sfoggia le sue capacità
di portarci nelle aule dei tribunali e di sviscerare il bene ed il male
dell’ordine giudiziario anglosassone.
Monk
ha uno sprazzo di luce sul suo passato, quando scopre che la compagnia
ferroviaria è la stessa dove lavorava il suo mentore dieci anni prima, ed è la
stessa che fu coinvolta nel deragliamento di un treno in cui persero la vita
molti bambini. Nonché scopre che la signorina morta di cui ora si cerca di
scoprire come e perché era figlia di uno dei responsabili dell’allora linea
ferroviaria, andato in rovina in seguito all’incidente. E forse con un piccolo
aiuto di Monk, che, aiutato dal colpevole mentore, riuscì a salvare molte capre
e qualche cavolo di quel disastro, anche mandando in rovina diverse persone.
In
fondo, si è trattato di un gigantesco tentativo di rivincita e di vendetta,
nato però da una serie di coincidenze talmente casuali da essere quasi
probabili. Certo, ed è un peccato che la Perry reiterata in molti suoi scritti,
la parte finale è sempre troppo affrettata, ed alcuni colpi di scena rimangono
tali, in modo che il lettore viene solo sorpreso ma non riesce ad essere
coinvolto. E questo non è un bene in un giallo che si rispetti.
Rimane
l’ambiente, rimangono i personaggi carini. Soprattutto Hester, sempre un elemento
positivo, senza ombre. Ombre che invece, spesso, oscurano il comportamento di
Monk. È vero che ha un passato ignoto, ma non per questo deve essere sempre
cupo. Anche la Perry non scherza nel mascherare il suo passato, ma noi la
pensiamo più serena, ora che scrive con continuità, e che ha da poco superato
gli ottantuno anni d’età (essendo del 28 ottobre del ’38). Avrei dovuto parlare
anche dei freni del treno, ma non ho voglia di continuare questa trama.
“In passato … figurarsi se avesse permesso
a un’altra persona di diventare tanto importante da rendere felice o rovinargli
la vita con la sua sola presenza.” (8)
Anne Perry “Sangue sul fiume” Mondadori
euro 5,90
[A: 21/02/2017– I: 12/09/2019 – T:
14/09/2019] - &&
[tit. or.: Blood on the Water; ling. or.: inglese; pagine: 271; anno 2014]
MONK 20
Dopo il salto all’indietro, che ci ha fatto
scoprire qualche retroscena del passato dell’eroe della serie, con questo, invece,
riprendiamo il filo delle avventure, che avevamo lasciato alla diciannovesima.
Ormai sappiamo che Monk, il nostro personaggio
principale, ha una storia complicata alle spalle. Figlio di un pescatore, preso
a benvolere da un banchiere, da lui poi aiutato in un difficile momento (come
abbiamo appena visto), in seguito ad un incidente perde la memoria. Aiutato (ma
non ne abbiamo ancora letto nei meandri del passato) dalla bella Hester che poi
diverrà sua moglie, si riprende e si arruola in polizia. Entrato in urto con le
gerarchie, viene anche licenziato, per poi riprendere l’attività investigativa
come dirigente della polizia fluviale. Ed in questa veste lo troviamo al centro
di questa fiammeggiante trama.
Ovvio il giuoco di parole, che la storia comincia
con un grande botto sul Tamigi. Mentre è di pattuglia, vede saltare in aria una
barca dove è in atto un party, la vede colare a picco, e si ritrova con un paio
di centinaia di morti senza motivazioni apparenti. Ricordo che, temporalmente,
siamo nel pieno dell’era Vittoriana, intorno al 1860, data corroborata dal
fatto che una parte delle indagini fa riferimento al costruendo Canale di Suez
(iniziato nel 1859 ed inaugurato dieci anni dopo).
E di quest’epoca la Perry, qui e nelle storie di
Pitt, è magistralmente interprete, riuscendo a presentarci con esattezza e
senza sbavature l’atmosfera dell’epoca. Ovviamente, come detto anche altrove,
in questa serie più dalla parte dei poveri che degli aristocratici, anche se i
secondi non mancano, essendo sempre un punto di transito nella narrazione
dell’autrice un passaggio per le aule giudiziarie.
Tornando allo scoppio, l’indagine viene subito
tolta a Monk per ragioni politiche, quando viene incolpato un egiziano, con
l’idea che sia una vendetta proprio per la costruzione del Canale. Ma Monk non
si tira indietro, e, egiziano malamente condannato, riprende le indagini.
Aiutato dal solito contorno di comprimari. La moglie Hester, sempre al suo
fianco. Il piccolo Scuff, da loro ormai adottato, che per l’occasione rispolvererà
le sue conoscenze nei vicoli della sua infanzia. Dove, tra l’altro, verrà
aiutato nelle indagini dal piccolo Worm, un altro trovatello, che non potrà
trovare spazio nella famiglia Monk, ma verrà ben presto inglobato nelle persone
che gravitano intorno alla clinica per non abbienti e prostitute che Hester ha
inaugurato proprio nel volume appena letto (il tredicesimo episodio, ricordo).
Scavando nel fiume, non nel senso letterale, ma
andando alla ricerca di testimonianze, anche a costo di mettere in pericolo la
propria vita, e scavando nella sua memoria, dove, al fine, riesce a ricostruire
gli attimi prima della tragedia, Monk ha una serie di suggerimenti ed
illuminazioni. Intanto, proprio in direzione dell’Egitto, ma non del
fantomatico colpevole della prima ora, ma di un prezzolato losco figuro, che
più testimonianze inchiodano sul luogo dello scoppio. Non solo, ma anche sulle
barche confondendosi con i presunti salvatori degli affogandi.
Il coro degli aiuti viene rimpolpato anche dal
ritorno da una lunga vacanza all’estero di Sir Oliver, che ricordiamo dal
diciannovesimo libro essere stato radiato dall’ordine per i motivi che potete
leggere nella relativa trama. Ma che non si tira indietro nel dare una mano al
Pubblico Ministero nel sostenere l’accusa, anche perché ha un conto in sospeso
con il giudice incaricato del giudizio. Lo stesso che lo aveva, anche se
giustamente, cacciato, ma che ha anche una giovane moglie per la quale Oliver
ha un certo trasporto.
A questo punto la trama si congiunge, idealmente,
con il ventitreesimo libro della serie di Thomas Pitt, dove si parlava di un
massacro perpetrato in Egitto da militari inglesi. Lì era un’egiziana che, con
le sue arti femminili, cercava di punire il colpevole della strage. Anche qui
abbiamo un massacro, ma la diversità è che c’è un militare che potrebbe
incolpare i veri colpevoli. Ovvio che il maggiore Stanley sia a bordo della
nave esplosa, ed ovvio che il losco egizio è solo l’esecutore della strage. Chi
sia il mandante lo scopriamo alla fine, con un piccolo colpo di scena, che sarà
proprio Hester a svelarci.
Forse ne ho già svelato troppo, ma al solito, è
molto il contorno di quanto si legge nei libri della Perry che ha una sua
importanza. Il rapporto genitori-figli, anche qui sottolineato dal bel
trasporto di William e Hester verso Scuff, ma anche da altro. Ed ovviamente il
ruolo della giustizia, che segue il suo corso, ma che non sempre riesce ad
essere giusta come si vorrebbe e come dovrebbe. Che spesso può essere
manipolata. Insomma, sempre lì con i rapporti di forza tra i buoni (che sono
sempre i nostri, sempre umani, quindi con anche delle ombre) ed i malvagi. Non
dispiace il ritorno, anche se in modo defilato, di Sir Oliver, e seguiamo con
apprensione la nascita di una sua possibile storia con la moglie del giudice.
Ne vedremo delle belle credo.
“L’Italia … un luogo dove non ci si ferma
mai abbastanza a lungo. Credo che la costa sia una delle più belle del mondo.
Ma sono molte le attrattive che invitano a tronarci.” (182)
“A volte un difetto è più difficile da
accettare quando lo scopriamo in qualcuno che conosciamo da sempre, specie se
siamo responsabili per lui. … Tutti sono figli di qualcuno.” (268)
Anne Perry “I meandri della notte”
Mondadori euro 5,90
[A: 05/10/2017– I: 25/10/2019 – T: 27/10/2019] - && -
[tit. or.: Corridors of the Night; ling. or.: inglese; pagine: 257; anno 2015]
MONK 21
Altro piccolo passo avanti nella saga pluriennale
della famiglia Monk, del Tamigi e dell’Era Vittoriana, che la nostra scrittrice
riesce a descriverci sempre con facilità di penna.
Qui, abbiamo due piccoli acuti, nel senso di due
elementi che si diversificano dal resto della serie. C’è una piccola inchiesta
su di un traffico di fucili trafugati e passati senza dazio attraverso dogane.
Non è un punto particolarmente interessante della vicenda, ma serve alla Perry
per far uscire di scena il sergente Orme che tanto aveva seguito del cammino di
Monk, e per far modo che al nostro ispettore fluviale si affianchi il sergente
Hooper. Il secondo, è che la scena è ben presto occupata senza possibilità di
spostamento da Hester piuttosto che da William. Infatti, si comincia in un
ospedale gestito dai fratelli Rand, uno medico l’altro chimico, avviati ad una
sperimentazione sulla trasfusione del sangue.
Come sappiamo siamo intorno al 1860, e le prime
trasfusioni umane di successo avvennero nel 1814 da parte dell’inglese dr.
Blundell. Ma non si conoscevano due cose fondamentali: come congelare il
sangue, in modo da poterlo utilizzare in modo differito (pratica scoperta solo
nel 1913 negli Stati Uniti) e soprattutto la classificazione del gruppo
sanguigno, scoperta dal biologo austriaco Karl Landsteiner solo nel 1901. Per
cui le trasfusioni dovevano essere fatte al momento, cioè estratto il sangue e
subito immesso nel paziente. Inoltre, intorno al 50% dei pazienti morivano dopo
la trasfusione in seguito alle incompatibilità sanguigne.
La nostra infermiera, nonché gestrice della clinica
per donne perdute, si trova a sostituire una sua amica nell’ospedale dei fratelli
Rand, dove scopre la presenza di bimbi emaciati e in via di consunzione. Da qui
si avvia una doppia indagine: chi sono e perché sono lì. La seconda
direttamente condotta da Hester porta alla scoperta appunto delle pratiche
trasfusionali, spinte all’eccesso perché questi bimbi sembrano avere un sangue
che non provoca reazioni nei pazienti. Probabilmente, con le conoscenze attuali
potrebbero essere dei donatori universali. Però, William scopre anche che i tre
ragazzi sono stati venduti dai genitori, che ne avevano sei. Ma forse i
genitori pensavano che sarebbero stati meglio.
Hester affronta a muso duro il biologo Rand, anche
a fronte di un paziente, anziano e danaroso, che proprio la cura di sangue dei
piccoli sta tirando fuori pericolo. Poiché le azioni di Hester mettono in
pericolo le operazioni dei fratelli, il biologo decide di rapire lei, i
bambini, il paziente e la figlia di questi, per poterli curare nella sua
magione in campagna.
Anche qui si biforca l’azione e la scena. Da un
lato i problemi medici e morali di Hester alle prese con la sua professione
infermieristica. Dall’altra le ricerche di William per ritrovarla, che un
rapimento è un rapimento. Per farla breve, alla fine, con l’aiuto di Scuff e
del piccolo Worm, Hester ed i bambini vengono salvati.
Da qui, dopo la parte noir, la parte gialla, ed il
medical thriller, la nostra poliedrica romanziera inzeppa anche un legal
thriller. Che poi è uno dei suoi pallini, quello di mostrare la fallacità della
giustizia, anche a fronte delle migliori intenzioni. Ovviamente, qui è il
terreno per un ritorno sulla scena del nostro sir Oliver, non ancor
reintegrato, e sempre più preso dall’idea di una futura relazione con la moglie
del giudice che lo condannò alcuni libri fa, e che, dopo un ictus, versa in
cattive condizioni di salute.
Non vi sto a dire come ed in base a quali cavilli
legali, i fratelli Rand riescono a capovolgere il verdetto di rapimento ed
altro. Ve ne lascio seguire le fila, per passare all’ultima parte dove Anne
Perry si inventa due stratagemmi per portare comunque a compimento vendetta e
giustizia. Infatti, viene trovata uccisa la figlia del paziente, e benché non
si possa escludere che sia stato il padre per motivi oscuri a farla fuori,
molti indizi puntano sul biologo che alla fine viene condannato, alla pena
prevista all’epoca.
Senza biologo, e senza i ragazzi donatori, a fronte
di una nuova crisi del paziente, il fratello medico, qui deontologicamente
corretto, non può che usare il proprio sangue, sapendo comunque con quasi
certezza che il paziente sarebbe morto. Così avviene e la giustizia o di
dritto, tramite i tribunali, o di storto, tramite l’ospedale, avrà il suo
trionfo.
Alla fine, un capitolo in minore, se non fosse per
i personaggi storici della saga che ne escono rafforzati nella loro identità.
Non William Monk, che ha già fatto grossi passi con tutta l’indagine sul suo
passato colmo di amnesie. Ma Hester, anche se era già ben presente. Scuff che
vorrebbe dedicare anche lui a professioni d’aiuto e comincia a fare da
assistente ad un medico di base (anche se non è questa la sua qualifica, ma a
me ricorda tanto il mio amico e medico Emilio). Per finire con il da poco
entrato piccolo Worm e con il da poco ritornato Sir Oliver. Aspettiamo
pazientemente che arrivi il futuro.
“Pensare
a quanta della sua felicità fosse legata alla [sua] presenza, al suo amore,
alla sua fede in lui, lo spaventava.” (125)
“Era
diventato un uomo migliore per essere all’altezza di ciò che lei aveva visto in
lui, e che lui stesso non era stato capace di scorgere.” (126)
Anne Perry “Scandalo a Cardington Crescent” Mondadori euro 2,50 (in realtà,
scontato a 0,50 come usato)
[A: 12/01/2021 – I: 15/05/2021 – T: 17/05/2021]
- &&
e ½
[tit. or.: Cardington Crescent; ling.
or.: inglese; pagine: 212; anno 1987]
PITT 08
Ho aspettato due anni il futuro, ed invece
c’è stato un ritorno, alla grande, al passato, ed anche alla serie primaria di
Anne Perry. Dal mio amico giornalaio egiziano ho, infatti, recuperato un
vecchio “Giallo Mondadori” (usato ma non troppo), relativo ad una delle prime
avventure di Thomas Pitt nella Londra successiva al 1880 (il primo libro si
apre con la morte di Benjamin Disraeli nel 1881, qui un appunto di un
poliziotto colloca l’inizio delle indagini al giugno 1887). Quindi, prima di
continuare a leggere altre avventure di Monk (come quelle di cui sopra), ed
anche perché sono passati quasi venti mesi dall’ultima lettura, ho preferito
fare un doppio balzo all’indietro, leggere questo libro, e ripartire dai cicli
della nostra scrittrice di lunga serie. Anche perché sono ben 22 i suoi libri
presenti nella mia biblioteca (sempre pochi, rispetto ai 60 che costituiscono
il corpo delle due serie da lei iniziate alla fine degli anni ’70).
Come usuale in quasi tutte le traduzioni
italiane (ripeto anche se ne ho già parlato), i grandi strateghi di marketing
al titolo originale, che, come ad uso della scrittrice, si riferisce ad un
luogo della Londra vittoriana, aggiungono un qualche aggettivo, tanto per
“attirare” il pubblico. Così qui abbiamo questo “scandalo” che non si comprende
cosa dovrebbe qualificare.
Ma scandali a parte, qui siamo tornati molto
indietro nelle storie di Pitt, lo vediamo non dico alle prime armi, ma ancora
nelle indagini sul campo. Indagini duplice, anche se la doppiezza si capisce e
compone solo alla fine. La parte esile è la scoperta di un corpo femminile,
diviso in pezzi, nascosto in scatole e sparso nei dintorni di un cimitero.
La parte corposa, che dà modo alla scrittrice
di esibirsi in questo bel campionario di descrizioni della Londra vittoriana,
ruota intorno alla morte di Lord George Ashworth. Abbiamo così l’aggio di
entrare nella cerchia originaria del mondo di Thomas Pitt, il nostro ispettore.
Che George è sposato con Emily, la quale
nasce Ellison, e quindi sappiamo essere la sorella di Charlotte, che è la
moglie di Pitt. Con questo contraltare: Charlotte fa un matrimonio al di sotto
del suo rango, per amore, ed Emily, sempre per amore, lo fa al di sopra. George
ed Emily erano stati invitati a casa della famiglia March, dove fanno il bello
ed il cattivo tempo la matriarca, donna Lavinia, e suo figlio Eustace. Invitati
in quanto George è un cugino, essendo presente quella che diventerà uno dei personaggi
più divertenti della serie Lady Vespasia Cumming-Gould, prozia di George e
parente della defunta moglie di Eustace.
Tutto, o molto, ruota intorno proprio ai
matrimoni ed all’atteggiamento verso le donne. A casa March, sono infatti
presenti anche William, il figlio di Eustace, con la moglie Sybilla, e
Anastasia detta Tassie, l’unica figlia di Eustace non ancora sposata. Nonché,
invitato perché lo si vuole accasare con Tassie, Jack Ridley, squattrinato ma
con legami di sangue utili ai March.
Le donne, in quegli anni (ma Anne Perry
sottende che le cose non cambino di tanto, lei che scrive a cento anni dagli
avvenimenti) non studiano, non votano, stanno a casa e fanno figli. Al massimo
possono fare le civettuole con gli uomini. I quali, al contrario, hanno tutti i
diritti, compreso quello di svagarsi con le donne (quali esse siano) e poi
tornare a “governare il mondo”. Così Eustace ossessiona William fino a che
Sybilla non rimane incinta.
Ma il ménage ai March è funesto: George fa lo
svenevole con Sybilla, così che Emily fa la civetta con Jack. Ovvio che ci
scappa il morto: George. E la famiglia Pitt deve correre ai ripari per salvare
Emily dalle accuse. Che potrebbe aver ucciso George per vendetta. O potrebbe
essere stato Jack, così da prendere in un colpo solo Emily e i soldi. O
William, che non sopporta di essere tradito. O Eustace, che è ossessionato dal
comportamento femminile di Sybilla, e non vuole che sia minato l’ordine
secolare di casa March.
La Perry, con una giusta dose di sapiente
scrittura, anche se bisogna dire, leggermente datata, ci porta a spasso in
questa casa alto borghese, con i suoi pranzi che ruotano intorno a silenzi e
cattiverie. Pitt ha difficoltà ad entrare in quel mondo, lui figlio di un
guardiacaccia. Meglio allora si muove Charlotte, che da quel mondo viene, e
che, seppur a fatica, scopre gli altarini, veri o presunti. Scopre i segreti di
Eustace. Scopre che Tessie, di notte, aiuta giovani donne a partorire, insieme
al curato Mungo. Scopre, quando anche Sybilla viene uccise, alcuni libricini da
lei nascosti.
Sarà lì che Pitt troverà un filo, questo sì
legato al suo mondo. Che lo porta ad un rigattiere, e da questi ad una mezzana
un po’ Fagin di Oliver Twist ed un po’ praticona e sfruttatrice di giovani
donne. Una mezzana che si guadagna la vita anche con la compravendita di
bambini.
Quando il patologo rivela (ma già si intuiva
da tempo) che Sybilla non era incinta, come nei giochi della Settimana
Enigmistica, tutti i puntini si ricongiungono. E le due indagini, anch’esse
riavvicinatesi, giungono entrambe alla loro giusta conclusione.
Come detto, e come negli altri libri, Perry
fa un ottimo lavoro nel ricreare le atmosfere vittoriane, fa un buon lavoro
verso alcuni caratteri (ed io adoro Vespasia), ed altrettanto bene delinea le
indoli cattive e vendicative delle persone. Meno nel giallo in sé, prevedibile
ed in alcuni punti non sempre spiegato come un giallo dovrebbe.
Una lettura di passaggio, tanto per riposarci
verso più ardui pensieri.
“Svegliarsi
durante la notte e sapere sempre che … era lì accanto a lui era una delle
certezze più dolci della sua vita.” (58)
Come
i miei affezionati lettori sanno, la quarta settimana del mese è dedicata ad un
riposo di allegati ed altri addendi. Rimane solo qualche rimando a ricordi che
rimbalzano nella memoria. Come questi
che risalgono sempre al maggio del 2007, estratti da “Il maestro della testa
sfondata” un interessante giallo uscito dalla penna di Hans Tuzzi. Plurale
che rimanda il primo ad una situazione che sentivo mia in gioventù: “Gli pareva
sempre di non saper trovare ciò che bisognava dire, ... aveva appreso tuttavia
che parlare era sempre meglio che tacere”. Il secondo invece dalle esperienze
dei miei innumerevoli viaggi: “non è facile assortire una buona compagnia
quando si viaggia, e quando se ne trova una, ci pensa il Tempo a portarsela
via”.
Siamo già verso la fine di maggio, mese di rose, di fioretti e di compleanni. Ma poiché non si fanno mai auguri anticipati, rivolgo solo un pensiero alla dopo trascorsa festa tonda del mio amico Nino.
Nessun commento:
Posta un commento