domenica 6 giugno 2021

Regali, prestiti e gialli sparsi - 06 giugno 2021

A causa di spostamenti di computer e mescolamenti vari, questa trama numero 24 si trova in uscita prima della 23. Invertendo l’ultima trama di maggio con la prima di giugno. Per mia coerenza interna, mantengo tuttavia la numerazione originale.

Anche questa una trama collegata da un filo giallo, da alcune serialità, passate o future, nonché da entrate gratuite nella mia biblioteca. Una settimana, tuttavia, un po’ al ribasso. Sia per le trame anglofone, vuoi dell’americano Willeford che dell’inglese Paris. Si risollevano nelle trame scandinave, anche se il recupero di un vecchio libro di Liza Marklund non mi ha soddisfatto. Meglio, invece, il primo giallo del danese Stein, omaggio del mio grande mentore di libri sparsi, che penso seguirò nelle successive uscite.

Charles Willeford “Tempi d’oro per i morti” Feltrinelli s.p. (Regalo de “I Floridi”: Mario, Ines e sig.ra Laura)

[A: 07/05/2020 – I: 01/11/2020 – T: 03/11/2020] - &&

[tit. or.: New Hope for the Deads; ling. or.: inglese; pagine: 267; anno 1984]

Entrato nel carniere maggiolino dei regali libreschi, questo libro di Willeford si palesa anzitempo in virtù di presenze e assenze della mia libreria. Non che non abbia alcuni spunti di interesse, visto che la sua lettura coincide con il tempo elettorale americano, e ne sottolinea molti aspetti, tanti negativi ed alcuni positivi. Tuttavia, mi aspettavo di più da un autore celebrato come epigono del genere.

Intanto, solo scrutando tra le righe e tra le biografie, scopro che Willeford, autori di poco altro, è celebrato in particolare per quella che viene battezzata la “tetralogia di Miami”. Peccato che l’editore non faccia sapere (come accade in altre serie) che questo è il secondo libro e non il primo, motivo per cui una serie di caratteristiche dei personaggi sono già avviate, perdendo un po’ della freschezza del primo incontro.

Ma veniamo prima alla vita americana e poi al testo. Willeford descrive una Miami in via di degrado, dove comandano bande di ispanici, ma che è anche piena di trafficanti di droga ed altri tipi poco raccomandabili. D’altra parte, la Florida è piena di espatriati cubani, che non sempre sono stinchi di santo. Come non lo sono i poliziotti, o almeno non lo sono sempre. Il centro della storia è il sergente Hoke Moseley, che emblematizzata la funzione del tutore dell’ordine: sempre pronto a riprendere un collega o un cittadino che non si comportano secondo le regole, per poi interpretare le regole a suo uso e consumo.

Prima del testo, al solito, viene anche il titolo, che in italiano non ci dice molto (neanche dopo averlo letto), mentre in originale è strettamente collegato al testo. Perché ci sono nuove speranze per i morti, laddove Hoke e la sua partner Estella Sanchez vengono messi a lavorare ad una serie di “cold case”, con la speranza di risolverli, di modo che il loro comandante possa avere un avanzamento. Così che i morti lasciati nei faldoni degli archivi, hanno la speranza di veder risolti i loro casi. Cosa che Hoke ed i suoi faranno, anche senza portare benefici alla polizia di Miami.

Quello che invece interessa e percorre tutto il romanzo, è la vita privata e sociale di Hoke, ed il caso della morte di un giovane, apparentemente per una overdose. Il giovane Jerry viene trovato nudo e strafatto, con un mix che mal si adatta alle caratteristiche tossiche del ragazzo. Trovato in casa della ex-moglie del suo patrigno, un avvocato difensore dei trafficanti. La situazione è ben complicata, che ci sono dei loschi figuri alla ricerca di 25.000 dollari che Jerry avrebbe trafugato. Forse a clienti del patrigno. Forse entrandoci la matrigna Loretta, titolare di un negozio di fiori che sta attraversando una grossa crisi finanziaria, ed avrebbe un disperato bisogno di contanti. Tra l’altro Loretta è piacente, ed il malmesso Hoke avrebbe piacere a concludere un qualche generoso affare di sesso.

Comunque, utilizzando i dati dell’autopsia, quanto vede nell’appartamento, ed altri elementi laterali, Hoke risolve il caso. Noi però siamo anche interessati ai casi “umani”. Laddove scopriamo che Hoke è divorziato con due figlie sui quindici anni. Figlie che vivono con la madre, cui Hoke passa montagne di alimenti, trovandosi a dover cercare appartamenti nei luoghi più squallidi di Miami. La svolta avviene con la moglie che vola in California con un giocatore di baseball, rispedendo le figlie ad Hoke. Con Estella che, cubana e cattolica, si scopre incinta e scacciata di casa dal padre perbenista. Poiché Hoke, Estella, Sue Ellen ed Aileen sembrano trovarsi reciprocamente simpatici, il nostro sergente, forzando un po’ la legge, riesce a cessare di pagare gli alimenti, trovare una casa in cui stare, dove convince anche Estella a conviverci.

Penso che nel terzo libro si capisca di più di questo intreccio. Qui, a parte la vita di Miami, le sue violenze, e quant’altro di americano vi è presente, rimane poco dei commenti su Willeford maestro dell’hard-boiled ed ispiratore dell’ironia di Tarantino. Di hard c’è solo un po’ di sesso, e qualche commento di Hoke, oltre a suggerimenti del nostro alle figlie per non farsi circuire dai bellimbusti locali.

Per uno che ha scritto tanto, Willeford non è certo né l’ultimo arrivato, né difficile da leggere. Ma aspettavo un intreccio più interessante, ed uno sviluppo consono. Qui, di noir, thriller o altro c’è meno di zero. Rimane una foto interessante dell’America. Che d’altronde Willeford, nella sua infanzia vagabonda dall’Arkansas alla California, da New York al Perù, ha ben conosciuto. Così che non fa fatica a descrivere emarginati e situazioni problematiche. Alla fine, però, non lascia purtroppo il segno.

B. A. Paris “La coppia perfetta” Corriere Thriller Psicologici 12 euro 7,90

[A: 15/10/2018 – I: 24/12/2020 – T: 25/12/2020] - &&

[tit. or.: Behind Closed Doors; ling. or.: inglese; pagine: 270; anno 2016]

Come sembra facile immaginare, B.A. Paris sembra uno pseudonimo. Ed in realtà, è il nome da scrittrice di Bernadette MacDougall, che, avendo vissuto lunghi anni a Parigi, ha deciso di utilizzarlo come ringraziamento per avervi potuto iniziare la propria carriera di autrice.

Questo è anche il primo libro che leggo di una serie di titoli proposti dal Corriere della Sera con il nome “Thriller psicologici”. Serie che propone anche autori ben noti (Dürrenmatt e Highsmith tanto per citarne due), insieme ad altri che ho sentito poco, ma che dovrebbero aver scritto cose interessanti (o angoscianti?).

Paris qui è al suo primo libro thriller, e devo dire che l’idea di base ed una parte dello sviluppo della trama sono interessanti, e degni di essere presi in considerazione. Tutto parte con molta tranquillità, quasi fosse più un romanzo “alla Sveva Modignani”. Ci sono marito e moglie, Jack e Grace, in un contesto amicale abbastanza rilassato. Lui, avvocato di successo in cause in cui difende donne maltrattate, sembra un perfetto padrone di casa, danaroso e premuroso. Lei, Grace, sembra una perfetta mogliettina, tesa a soddisfare le idee rilassanti del marito: buona conversazione, ottima cena, casa anch’essa perfetta.

Ma ben presto cominciamo a vedere delle crepe: Grace aveva un ottimo lavoro da Harrods, che lascia per sposare Jack. Grace non ha cellulare, e si vede con le sue amiche solo in presenza di Jack. Grace ha una sorella Millie, affetta da sindrome di down, che riesce a vedere con difficoltà, spesso impedita da richieste di Jack dell’ultimo minuto.

Il primo elemento di “antipatia” che mi suscita il romanzo è questo vezzo, che parte da dopo la cena, di alternare due andamenti temporali: il presente in cui si narra appunto quello che vediamo della “coppia perfetta”, ed il passato, in cui vediamo come Grace sia diventata una parte di questa coppia. E sapete come a me, queste altalene temporali, non sempre convincano. Anche se qui, dobbiamo far fronte solo a due momenti in cui il tempo, capitolo dopo capitolo, converge verso l’unificazione.

Facciamo qui una piccola parentesi, avendo troppo spesso calcato nelle righe precedenti, sul termine “perfetto”, come da titolo italiano. Quando invece l’inglese originario riporto “Dietro le porte chiuse”, che è proprio il motivo dominante del libro, quando ne capiamo l’andatura.

Cosa succede dietro quelle porte, quando la “coppia perfetta” rimane sola?

Tutto il romanzo è narrato in soggettiva da Grace, che ci aspettiamo quindi sia sincera nelle descrizioni di come, presa all’amo dal fascino di Jack, cada pian pianino nella sua terribile trappola. Che Jack è uno psicopatico all’ultimo stadio, che nutre la sua vita attraverso la perfezione ed il terrore. Non fa mai uno sbaglio, utilizza viaggi in Thailandia per soddisfare le sue perversioni, ed ha trovato in Grace ed in Millie il bersaglio perfetto per la realizzazione del suo capolavoro.

La perversione di Jack è il terrore che incute nelle altre persone, terrore di cui si nutre quasi in maniera sessuale. Che, avendo soldi e mezzi, riesce a soddisfare nel paese asiatico, che di tante perversioni è culla e focolaio.

Così, circuisce Grace, la punisce per ogni sbaglio che lui ritiene lei faccia, privandola a poco a poco, di tutto. Libri, vestiti, dignità. Lei cerca ribellioni inefficaci, che ogni volta portano a punizioni più feroci. Ma la terra bruciata serve solo a Jack per avvicinarsi al suo scopo: prendere con sé Millie e sfruttarne le debolezze per torturarla psicologicamente, e goderne.

Tutto il presente di Grace è allora votato alla ricerca di una via d’uscita a questa situazione, angosciosamente non rivoltabile. Che Jack, esternamente, è visto da tutti come affidabile, mentre lei è etichettata come problematica e dotata di sbalzi d’umore, in cui accusa il marito di tutte le efferatezze possibili.

Vi lascio scoprire chi sarà il vincitore di questo duello all’ultimo sangue mentale, che forse ho scoperto anche troppe carte, se vedete nelle pieghe dei miei discorsi.

Sebbene quindi si segua con facilità, e l’idea della trama, pur non nuova, è sviluppata in maniera congrua, alla fine non riesce ad essere coinvolgente sino all’ultimo stadio. Si rimane sempre un po’ spettatori, e questo non è bello da dire di un thriller. Non che mi abbia deluso ma manca sempre quell’affondo tranciante, un po’ alla Stephen King, che ne avrebbe aumentato le simpatie. Tuttavia, una onesta prova come primo libro della serie.

Jesper Stein “Il tempo dell’inquietudine” Feltrinelli s.p. (prestito di Fako)

[A: 15/10/2019 – I: 07/02/2021 – T: 09/02/2021] - &&&---

[tit. or.: Uro; ling. or.: danese; pagine: 484; anno 2012]

Altro prestito del mio amico spacciatore di libri, ma senza la solita pressione, che mi sa che a lui non sia piaciuto tanto. Non è che sia tra le mie “punte di diamante”, ma trovo una storia ben congeniata, con un abbastanza interessante (vedremo poi perché) personaggio centrale, e contorni all’altezza.

Quello che capisco meno è la solita volontà di voler interpretare i pensieri dell’autore, invece di lasciare a lui la penna in mano. Così che, se è vero che al tempo del racconto in Danimarca ci fosse, e non poca, inquietudine, io avrei lasciato il titolo originale “Disordini”.

Stein (che ha tolto “Larsen” dalla seconda parte del cognome) è stato per anni all’interno del giornalismo danese, come esperto di cronaca nera, poi come gastronomo, ed infine come critico letterario. Nel 2012, la svolta letteraria con l’invenzione dell’ispettore Axel Steen ed il primo romanzo poliziesco (questo), cui seguiranno altri cinque volumi (di cui solo altri tre tradotti in italiano). Una serie molto fortunata in patria, tanto da ricevere numerosi premi e riconoscimenti, sia nell’ambito “crime story” che di quello letterario “tout court”.

Come tutti i bravi scrittori, mescola un po’ del proprio vissuto nelle storie, che si sa che si parla meglio delle cose che si conoscono. Così, Axel ha alle spalle un divorzio doloroso e non ben risolto con (l’antipatica) Cecilie, con l’unica nota positiva della presenza della figlia Emma (cinque anni). E la difficoltà che il nuovo compagno di Cecilie è un avvocato dei servizi segreti, cui dovrà avere a che fare in modo molto stretto durante le indagini. E di un divorzio doloroso in famiglia parlerà nella sua autobiografia uscita lo scorso anno. Il romanzo è anche pieno di figure giornalistiche, che con poca difficoltà pensiamo possa aver abbozzato nei suoi anni di giornalismo. Infine, questo primo episodio è ambientato in un momento “topico” della vita pubblica danese, momento pieno di difficoltà e di disordini (vedi sopra).

Allora, il 1° marzo 2007 le forze dell’ordine danesi prendono d’assalto la “Ungdomshuset” (che significa “la casa dei giovani”), una specie di centro sociale, pieno di alternativi e antagonisti. La casa era in un certo senso isolata, distante circa 4 km dalla zona libera di Christiania, un quartiere di Copenaghen autogestito, con libera circolazione di droghe leggere e ospitalità verso tutti. “Ungdomshuset” invece era una spina per l’ordine danese. Ma lo sgombero fu violento, contrastato, portò a 700 arresti di giovani e manifestanti. E portò a guerriglia urbana nella zona di Nørrebro per molti giorni. Qui avvengono due fatti concomitanti ma indipendenti. L’ispettore Steen abita nella strada principale del quartiere, Nørrebrogade, a poca distanza dal cimitero di Assistens, uno dei più amati dai danesi, con le tombe di Kierkegaard, di Andersen, e di molti letterati illustri (illustri per i danesi, come il poeta Dan Turrell e altri). Ed è lì, al cimitero che viene trovato un cadavere, legato, malmenato e strangolato. Ovvio che si tenti di farlo passare un “black block” ed un omicidio dovuto alla “esuberanza” poliziesca.

Tuttavia, è proprio da qui che parte l’indagine che vede coinvolto Axel ed il suo partner, il legalista Darling. Dove si cerca anche l’alternativo Peter che ha rubato una telecamera che riprendeva, casualmente, il delitto. Vi salto molti passaggi, ma tanta carne mette al fuoco il nostro Jesper. Il morto è un albanese, Davidi, sposato con la danese Leila e con un figlio. Ma fa parte delle gang macedoni, coinvolto a suo tempo in traffici loschi, con annessa espulsione dal paese. Davidi cerca spesso di tornare in Danimarca, con scarso successo. In patria, fa anche da guida e mentore ai giornalisti venuti ad indagare sulla tratta delle bianche. Soprattutto a Martin Lindberg e Jakob Sonne.

Entrano poi in campo i servizi segreti, con l’accenno di cui sopra, che convincono Davidi a fare l’infiltrato in una banda di spacciatori bosniaci, promettendogli il totale scagionamento. Vogliamo complicare il tutto: Martin era stato un eroe della rivolta del maggio 1993 contro l’adesione danese all’Unione Europea, ed in quel frangente ferito da Axel. Sonne, tornato in patria dopo le avventure macedoni con Davidi, conosce Leila e per un anno vivono insieme. Due anni prima, nel 2005, dopo il cruento divorzio con Cecilie, Axel incontra casualmente Leila in un bar, non sa chi sia, ma finiscono in una notte di sesso e spinelli. Peter, quello della telecamera, viene abbordato al telefono da uno che si presenta come Martin. Peter abbocca, e spariscono lui ed il video incriminante.

Axel, contro tutto e tutti, riesce a mettere in fila tutti i nodi irrisolti, ed alla fine, rischiando anche la pelle, trova il vero colpevole. Ma trova anche delle domande cui solo lui, alla fine, riuscirà a trovare le risposte.

Insomma, tanta carne a fuoco: la brutalità poliziesca, le retate riuscite o meno, gli spacciatori, il rapporto di genitori separati con i figli, il mondo di mezzo che popola le città nordiche, e di cui consociamo molto poco. Stein ha degli spunti sociologicamente interessanti, nonché, per me, alcuni flash su Copenaghen che mi riportano ai tempi in cui ho lavorato lì con una società danese. Sebbene quindi la penna scorra, forse tuta quella carne risulta un po’ troppa per il fuoco acceso. Così che, certo, è di sicuro un libro che ho gradito, ma forse con una mira troppo verso l’alto.

Qualche obiettivo in meno, lo avrebbe reso più agile e meglio fruibile anche fuori dalla Scandinavia. Però credo che seguirò (anche) questo scrittore, prima o poi.

Liza Marklund “Fondazione Paradiso” Feltrinelli euro 12

[A: 14/05/2018 – I: 05/03/2021 – T: 07/03/2021] - &&  

[tit. or.: Paradiset; ling. or.: svedese; pagine: 467; anno 2000]

Finalmente sono riuscito a trovare (un po’ di tempo fa) e a leggere ora il secondo episodio delle avventure di Annika Bengtzon. Sono passati quattro anni dalla lettura del decimo libro di Liza Marklund dedicato alla reporter investigativa, ma questa fortunata riedizione colma un vuoto nella mia storia mentale.

Ormai 25 anni fa (più o meno), lessi il primo libro della Marklund, ed a ruota altri due. Scoprì poi, quando mi sono dedicato maggiormente ai testi, che erano il quarto, il primo ed il terzo. Cercai questo secondo, ma era scomparso dalle librerie. Dieci anni dopo, sull’onda del fascino giallo svedese, Marsilio tirò fuori, ed io lessi e commentai, volumi dal quinto al decimo. Poi tre anni fa, Feltrinelli decise di prendere i diritti dei libri, e di pubblicare tutta la serie (così come per altri autori, tipo Camilla Lackberg o Henning Mankell). Ed io presi prima questo e poi l’undicesimo e (credo) ultimo.

Riprendiamo quindi il ritratto a tutto tondo di Annika Bengtzon come si tratteggia dalle prime uscite. Donna indipendente, uscita fuori da una brutta storia con un fidanzato violento (“Studio Sex”), lavora ad un quotidiano, ma dopo le storie del primo episodio è messa alla sezione “vaglio delle informazioni”, dove, nei giornali ben fatti, c’è qualcuno che controlla che non vengano stampate stupidaggini, o “fake news”, come si direbbe ora.

Vive sola, e solitaria si aggira per la città. Ha una grande amica nella televisiva Anne (che qui vediamo molto di sfuggita). Ed anche di amici, non sembra averne altri.

Qui si intrecciano, al solito, storie private e storie pubbliche, perché sempre, soprattutto nei primi libri, la Marklund è molto attenta alla realtà in cui vive e ne tratta con un piglio spesso giornalistico.

Sul fronte privato vediamo intrecciarsi il suo cammino con Thomas Samuelsson, dirigente comunale con una vita privata che sta andando a rotoli per divergenze sugli obiettivi della vita con la moglie. Come dirigente comunale, tra l’altro, si occupa dell’elargizione di fondi a strutture private (questo il motivo dell’incontro con Annika). Le due solitudini si incontrano e noi già sappiamo dal primo libro scritto che si sposeranno, avranno dei figli. Poi verso il sesto libro la loro storia comincerà a scricchiolare. Ma non è qui che se ne può narrare.

Il filone principale (che poi si riveleranno due) sorge dalla scoperta di una serie di morti assai afferrate, sembrerebbero legate a mafie e contrabbandi di origine slava. Annika ne viene coinvolta quando incontra Aida, fuggita alle stragi di cui sopra, ed in fuga lei stessa. Per pura casualità, Annika sta anche approfondendo, in vista di un reportage, un’indagine sulle attività di una fondazione dai tratti oscuri, chiamata “Paradiso”.

Rebecka, il capo della fondazione, sembra specializzata nel far sparire le tracce dai registri ufficiali di persone perseguitate. Donne con mariti violenti, e altri quasi femminicidi. Annika unisce i due tratti, ed affida Aida a Rebecka.

Peccato che nulla è come sembra. Dopo indagini, appostamenti, rivelazioni di pentiti che fuggono anch’essi, Annika scopre alcune verità. Rebecka è una truffatrice che chiede soldi alle strutture statali (per questo entra in ballo Thomas) per far sparire le malcapitate di cui sopra. Peccato che in realtà nulla faccia, se non intascare i soldi anche dalle vittime. E chi non paga o si ribella fa una brutta fine. Come Aida, che, una volta ribellatasi, viene venduta alla persona che voleva ucciderla fin dall’inizio. E che così farà.

Annika è stravolta dai sensi di colpa, ma al funerale di Aida si imbatte in un generale serbo, cui si attacca fino a fargli confessare la verità. Qui esce fuori tutta una storia di malaffare serbo dove contrabbando, mafia ed altri ladrocini sono gestiti dall’alto (non a caso all’epoca il presidente serbo era ancora Milosevic). Dopo che le hanno sterminato la famiglia, Aida diventa un cecchino ed è lei che uccide a raffica a destra e a manca. Fino a ritrovare l’assassino di cui sopra, ed iniziare una caccia privata che porterà all’epilogo lì a Stoccolma.

Quindi, l’idea di denuncia di Liza è da un lato denunciare i maltrattamenti verso le donne, una tematica sempre presente in tutta la sua opera. Dall’altro tirare un sasso verso i serbi e gli salvi in genere, affinché ci si scuota dall’ignavia nei loro confronti. Purtroppo, due buone intenzioni che poco successo hanno, visto che le donne continuano a morire, ed i serbi continuano, pur con diverse bandiere, a tirare le fila di malaffari europei.

Tuttavia, benché con vent’anni sulle spalle, si legge ancora bene. Forse perché non è appesantito dalla preponderanza della vita familiare che, libro dopo libro, scalzerà il furore investigativo di Annika.

Un’ultima stranezza che vorrei meglio comprendere: l’azione comincia il 28 ottobre domenica. Ora un tale combinazione avviene nel 1990, ma non coincide con il fatto che il massacro di Bjileljina, punto nodale della narrazione e narrato come antecedente, avviene nell’aprile del 1992. La successiva combinazione avviene poi nel 2001, ma il libro risulta scritto nel 2000. Io sono un po’ fissato, ma non mi è chiaro il motivo di collocare l’azione nel futuro.

Comunque, spero di leggere presto l’ultimo libro e chiudere il capitolo “Marklund”.

Avendo, come accennato sopra, invertito domeniche, in questa allora mi trovo ad elencare le molte letture del mese di marzo, dove, senza sorprese, abbiamo sempre Umberto Eco in posizione preminente. E sebbene siano numerose, il livello è mediamente più alto del solito, senza nessun libro veramente da escludere.

 

#

Autore

Titolo

Editore

Euro

J

1

Paolo Di Paolo

Svegliarsi negli anni Venti

Mondadori

18

3

2

Gabriella Genisi

Gioco pericoloso

Sonzogno

12

2,5

3

Carolina Pobla

I gerani di Barcellona

Garzanti

s.p.

2,5

4

Umberto Eco

Le magnifiche sorti e progressive

Repubblica

s.p.

3

5

Liza Marklund

Fondazione Paradiso

Feltrinelli

12

2

6

Tommy Wieringa

Questi sono i nomi

Corriere Boreali

8,90

3

7

Kari Hotakainen

Via della Trincea

Corriere Boreali

8,90

3,5

8

Gabriella Genisi

Spaghetti all’Assassina

Feltrinelli

9,50

3

9

Massimiliano Giri

Il senso delle parole rotte

Mondadori

6,50

3

10

Umberto Eco

Costruire il nemico

Repubblica

s.p.

3

11

Eskhol Nevo

La simmetria dei desideri

Neri Pozza

s.p.

3,5

12

Umberto Eco

Perché i libri allungano la vita

Repubblica

s.p.

4

13

Stephanie Danler

Il sapore dei desideri

Repubblica NewYork

9,90

2

14

Gabriella Genisi

Mare nero

Feltrinelli

9,50

3

15

Qiu Xiaolong

Il principe rosso

Feltrinelli

11

2

16

Carla Maria Russo

Una storia privata

Corriere – Saghe

7,90

2,5

17

Natasha Solomons

I Goldbaum

Corriere – Saghe

7,90

2

18

Gabriella Genisi

Dopo tanta nebbia

Feltrinelli

9,50

2,5

19

Ragnar Jónasson

L’angelo di neve

Feltrinelli

9,50

3

20

Adam Gopnik

Una casa a New York

Repubblica NewYork

9,90

3

21

Gabriella Genisi

I quattro cantoni

Feltrinelli

10

3

22

Aharon Appelfeld

L’immortale Bartfuss

Guanda

16

3,5

 

Vedendo il mare dalla finestra di fronte a cui sto scrivendo queste righe, ripenso e condivido una frase che dalla marineria arriva. Un giugno del 2007 dove Joseph Conrad mi colpì con questa frase: “Si vive come si sogna – soli…”, mentre leggevo per la prima volta “Cuore di tenebra” (uno dei non molti libri cui ho dedicato nel tempo una seconda lettura).

Ora che sono passate, comunque, posso festeggiare feste poco tonde di amiche (auguri Anto) e di pronipoti (per Alberto detto Bitto). Ma soprattutto un omaggio tondo al mio “fratellino” Paolo. E come nella scorsa trama, nessun altro dimentico, a tutti vanno i miei abbracci.

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