Gabriella
Genisi “La circonferenza delle arance” Feltrinelli euro 8,50 (in realtà,
scontato a 7,25 euro)
[A: 10/03/2020
– I: 12/01/2021 – T: 14/01/2021] &&&--
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 190; anno: 2010]
LOBOSCO1
Gabriella Genisi è una scrittrice presente nel grande
bosco della letteratura italiana. A 45 anni, dopo aver scritto di altro, trova
una sua vena personale e ci si affida con maestria e simpatia. Saranno stati i
colloqui con Camilleri, saranno state le atmosfere della sua terra, ma nel 2010
inventa il personaggio del commissario Lolita Lobosco. E pur senza
stravolgimenti epocali, ne imbastisce una serie, credo di almeno 8 libri, che
hanno un discreto successo.
Perché
il tono è scanzonato, ma mai troppo rilassato. Perché si inventa un personaggio
scomodo, ma con il quale riesce a tirare avanti storie quanto meno verosimili.
E attuali. Ovvio, inoltre, che l’ambiente sia, nel bene e nel male, la sua
Puglia natia, ed in particolare Bari, che tutti sanno essere un mondo a parte. Una
città complessa, piena anche di contraddizioni, con una zona (Barivecchia) che
per anni è stata off-limits anche agli stessi baresi. Così che le storie (parto
da questa che ho letto, ma credo che, per mia notizia, il filo rosso continui
anche nelle altre) sono pieni di rimandi al territorio, alla cucina, nonché al
ruolo della donna nella nostra società.
Infatti,
Lolita è una trentasettenne strettamente legata alla sua terra, con padre
brigadiere morto in servizio, motivo per cui lei decide di fare la carriera
poliziesca. Nel suo pantheon familiare troviamo una madre anziana e forse sulla
via dell’Alzheimer, una sorella Carmela, divorziata con due bimbi circa intorno
ai dieci anni, l’ex-marito Tonio, che Lolita continua a frequentare, e
Marietta, magistrato inflessibile ma anche sua amica del cuore.
Lolita
ha inoltre una caratteristica peculiare che me la fa sentire vicina: adora le
arance, ne mangia a tutto spiano, e riempie le ultime pagine del libro di
ricette a base del meraviglioso frutto. Gabriella, inoltre, utilizza le arance
per connotare la nostra Lolita, che ha due seni come la circonferenza delle
stesse (sode e abbondanti). Per completare il quadro, Lolita è stata qualche
anno a Vigata dove ha conosciuto Montalbano, ed ogni tanto si contattano, da
tre anni è divorziata dall’ex-marito, per cui è single, ed essendo normalmente
disinibita, questo può provocare problemi nella maschilistica società barese.
Infine, adora indossare scarpe Louboutin, e per chi ne sa, mi capisce (per chi
ne sa poco, le scarpe alte con tacco 12 e suola rossa sono almeno sui 500
euro).
Per
venire alla storia, è di certo una specie di pretesto per inserire Lolita e
Bari in un contesto gradevole e leggibile, che, seppur giallo-nera, non riesce
ad avvincerci come storia in sé.
Certamente,
l’attacco è gradevole, laddove viene portato dal commissario Lobosco per essere
interrogato, il dottor Salvatore (qualcosa di cognome che non ricordo),
accusato di violenza sessuale. Gradevole che Lolita scopre essere Salvatore lo
stesso ragazzo con cui aveva avuto una lunga storia al liceo una ventina d’anni
prima. Storia terminata perché i due erano di diversa classe sociale, e la
madre di Salvatore lo manda a studiare in Svizzera.
Ora
il dottore, che è dentista, viene accusato dalla sua assistente di violenza.
Tra una arancia e l’altra, tra un giro per la città ed una chiacchierata con
l’amica Marietta, la nostra Lolita ricostruisce la storia. Chiara, la moglie di
Salvatore, era stata prima fidanzata con tal Rodolfo, anche lui studente di odontoiatria,
ma poco aduso allo studio. Chiara sposa Salvatore, e lo convince ad aprire uno
studio con Rodolfo. Poi, nasce il figlio Alessandro, che ha un problema di
labbro leporino, difficilmente risalente ai geni di Chiara e Salvatore. Per
aiutare Chiara, i due ingaggiano Angela, la sorella di Rodolfo come
baby-sitter. Una volta cresciuto Ale, Angela diventa l’aiutante e quasi amante
(ma solo orale, capisci a me, che Angela ha un fidanzato violento ed ex-pugile)
di Salvatore. Fino alla famosa accusa di violenza. Che però non ha capo né
coda, seconda Lolita.
Senza
troppi patemi, ma solo andando qua e là per case e città, Lolita risolve il
caso, diventa l’amante di Salvatore, e brevemente (qui Gabriella è forse troppo
sbrigativa) affronta il caso della morte di Angela, risolvendolo in due scarse
paginette.
Come
detto, una prima prova, pur letta dieci anni dopo, interessante, non
stravolgente, ma di sicura simpatia. Come simpatiche sono le ultime otto pagine
piene di ricette alle arance. Un vero regalo per me. Vedremo qualcosa in
seguito, che, per un’offerta del caso e delle librerie, ho preso in stock i
primi quattro episodi del commissario Lobosco.
Gabriella
Genisi “Giallo ciliegia” Feltrinelli s.p. (Regalo di Mario, Ines e sig.ra
Laura)
[A: 07/05/2020
– I: 14/01/2021 – T: 15/01/2021] &&
+
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 185; anno: 2011]
LOBOSCO2
Dovendo
esaurire prima del prossimo compleanno i regali del passato, ecco che mi
accingo a leggere subito la seconda storia del commissario Lolita Lobianco.
Dovendo subito sottolineare come il gradimento sia subito calato. Sarà che non
c’è più la sorpresa di un nuovo protagonista, sarà, forse, che la storia gialla
rimane molto al di sotto dell’interesse medio. È scontata, e soprattutto,
finisce in poche battute laterali.
Il
meglio, e credo che questo sia ormai la cifra letteraria di Gabriella, è il
contorno. Certo, che è un contorno che deve molto alle propaggini del primo
libro. Ritroviamo alcuni passi e personaggi, che se non li avessimo già incontrati,
forse rimarrebbero ombre nel buio barese. Come Salvatore, che dopo tre mesi di
folle passione, viene rimandato all’ovile. Come Danilo, qua e là utilizzato
come supporter, e quasi “toy boy”. D’altra parte, la carne è debole…
Altro
elemento d’atmosfera, è la descrizione della vita nella pericolosa Barivecchia.
Dove non conviene aggirarsi neanche in divisa ufficiale, che chi comanda è
altro. E nel quartiere Lolita si inserisce quasi a caso, seguendo sue
intuizioni volanti, seguendo occhiate traverse, e donne velate, e tutto quanto
c’è di non detto in una zona che sembra atemporale.
Viene
così a contatto con la famiglia Lavermicocca. Onesta fin dove si può,
complicata fin dove si vuole. Un padre onesto marinaio, stroncato da un infarto
mal annunciato. Risalendo nei meandri del tempo, tra nonne prostitute e marinai
di passaggio, si scopre una genealogia multinazionale, unita da una forma
boccale particolare di un intenso rosso ciliegia. Lolita viene contatto con le
tre donne della famiglia: Gesuina, Ninetta e Barbara, moglie, figlia e nipote
del pescatore Nicola Lavermicocca detto Colino. Dopo la morte accidentale di
Colino, scompare anche il figlio Sabino, irretito da Elèna, presunta zia e
sorella montenegrina.
Sabino
ed Elèna tornano in Montenegro, da dove Sabino fugge. Ma da cosa? La passione
per il calcio (ed il suo mito Cassano)? Un ritorno di fiamma per una giovane?
Le piste portano tutte in Brasile. Ma qualcosa non quadra. E Lolita indaga,
magari un po’ controvoglia. Come controvoglia impara ad usare i social per
necessità. Ove s’imbatte in tracce di qualcosa che sembra ben più grave di una
fuitina amorosa. L’azione si svolge nel 2010, ed i social cominciano ad essere
sempre più presenti, sconvolgendo con le loro relazioni virtuali il mondo
concreto di Lolita.
Ma
nella rete il nostro commissario trova tracce che dal Montenegro ritornano
nella Barivecchia con una striscia di sangue che la nostra brava Lolita
interpreta, segue e risolve.
Nel
frattempo, l’Italia si ferma per i Mondiali sudafricani, che finiranno
tristemente come sappiamo, e come tristemente si risolverà la storia dei
Lavermicocca.
Gabriella
riesce a miscelare sapientemente pubblico e privato, e così seguiamo Lolita tra
le indagini pur difficoltose e la su vita sociale, tra una cena ed una puntata
alla marina, dribblando amici arditi e consolando amiche in difficoltà. E la
nostra brava scrittrice inserisce, con grazia, anche scene di sesso pesante, ma
risolto con una vena di indubbia ironia.
Tutto
il romanzo si barcamena tra due dolori. La sofferenza, temporanea, quasi
personale, per la fine di una storia, per una sconfitta calcistica, e c’è il
dolore, straziante, totale, di una perdita irreparabile. Alcuni mancati
approfondimenti ci lasciano un po’ di dolceamaro in bocca, forse si poteva fare
di più, ma ci si può accontentare di un buon romanzo di passaggio.
Due
considerazioni finali: mentre nella prima parte seguiamo la storia, quasi si
svolgesse giorno dopo giorno, ad un certo punto, c’è un salto che l’azione
passa dal 23 maggio, al 14 giugno (in concomitanza con la prima partita
dell’Italia). Tagli editoriali? Altro?
Infine,
come nel primo romanzo c’era un piccolo cammeo con Salvo Montalbano, qui ne
abbiamo un altro, con alcune paginette dedicate al detective di Paco Ignazio
Taibo II: l’orbo e claudicante Héctor Belascoarán Shayne. Un doveroso omaggio a
personaggi fittizi che indagano in mondi reali: prima la Sicilia, qui Città del
Messico. Quasi ricordando, più che citando, quanto scriveva paco che “ogni
città ha il detective che si merita”.
Anche
Bari, con la simpatica Lolita Lobosco.
Gabriella
Genisi “Uva noir” Feltrinelli s.p. (Regalo di Mario, Ines e sig.ra Laura)
[A: 07/05/2020
– I: 26/02/2021 – T: 27/02/2021] &&
e ½
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 175; anno: 2012]
LOBOSCO3
Terza
puntata delle avventure della sempre simpatica Lolita, da leggere in fretta
prima che la televisione, con il suo serial, mi tolga il piacere della lettura
e della scoperta delle iniziative strampalate del vicequestore. Anche se
purtroppo, rispetto alla cronologica serie dedicata al commissario Ricciardi,
qui la scrittrice rimaneggia e mescola i testi, tanto che il secondo episodio
mescola il secondo libro (sopra tramato) con il settimo.
Non
solo, ma vengono cambiate anche le storie. Nel secondo, la montenegrina è una
stella del male che uccide Sabino. In televisione, diventa l’angelo del
focolare che lo salva. Anche perché così dà il la a Lolita di andare a letto
con Danilo. Con il quale, sulla pagina, scopava già dal primo libro, rimanendo
una storia giovane e fresca, trasversale alle brutture cittadine.
E
Danilo va sempre più in un angolo, che qui la storia sotterranea narra
dell’attrazione che Lolita comincia a provare per il bel procuratore Giovanni
Panebianco. Tra tira e molla, tra cene afrodisiache preparate e non gustate (ti
pare che Giovanni sia più per il giapponese che per il pugliese?), i due si
prendono e si allontanano, in un gioco di scherzi e scherni. Complicate da
quelle scritte che compaiono in questura, dove si mette in discussione il
carattere onesto delle relazioni sentimentali di Lolita. Facile prevedere che
ci sia qualche ex di mezzo. Ma di lei o di lui?
Mentre
Lolita si perde, e perde la testa, nelle sue scaramucce amorose ed amorevoli,
noi andiamo avanti anche sul versante delle indagini. Che qui abbiamo un
bambino strangolato. Delitto orrendo, che si configura come possibile in casi
di rapimenti, pedofilia e simili. Insomma, nella peggiore casistica personale,
che quando si toccano i piccoli, io tremo.
Comunque,
qui abbiamo una famiglia ben incasinata. La famiglia del farmacista Milone.
Lui, ricco e di molto imbranato, dopo anni di fidanzamento con la sua
segretaria, si innamora (o viene fatto innamorare) dalla bella Lorena. Una che
per le sue qualità, il suo fascino, fors’anche il sapore, viene soprannominata
“Uva ‘gnura”. Che, anche chi non sa il pugliese traduce con “uva nera”, che poi
viene traslato in quel titolo “acchiappino” di “uva noir”. Ma tralasciamo i
titoli, che sapete sono il mio pallino perverso.
I due
hanno un figlio, inopinatamente battezzato Morris (ma che è, un’auto?). Lorena
però non si accontenta del tranquillo farmacista, e vola spensierata di fiore
in fiore. Tanto che non può che avvicinarsi il divorzio. Lorena, frequentando
ambienti assai loschi, riesce comunque ad avere l’affido di Morris. Comincia
così una battaglia senza esclusione di colpi tra il farmacista che vuole il
figlio e non vuole pagare Lorena, l’ex del farmacista che lo rivorrebbe ora che
è di nuovo single, i compari di Lorena che non mancano di comportarsi
brutalmente verso Morris e verso la loro presunta amica. Presunta, che i due
compari hanno interesse solo alle conoscenze di Lorena ed ai soldi che se ne
può tirar fuori.
Con
un lavoro alla Kay Scarpetta, Lolita riesce a capire i meccanismi della morte
di Morris, ed a individuare, tra tutti i possibili sopra citati, chi ha
commesso “l’orrendo crimine”.
Al
fine, una quasi sufficienza, un po’ diminuita da quelle scelte televisive che
non mi convincono. Anche se la scrittura frizzantina di Gabriella non dispiace.
soprattutto quando riaffiorano motivi antichi e profumi indimenticati: come la
vista dei vicoli di Bari Vecchia che si aprono verso il mare confondendosi con
l’azzurro del cielo o il sapore della focaccia appena sfornata accompagnata da
un piatto fumante di riso, patate e cozze. Ci sono infine due punti, con i
quali voglio terminare questa veloce trama.
Il
lato positivo, oltre alla solita telefonata con l’amico Salvo Montalbano, è che
anche qui c’è la solita “comparsata” di un amico detective. Ad un certo punto,
vediamo sbucare Pepe Carvalho, cui la nostra Lolita cucina di par suo, mentre
lo spagnolo tenta di convincerla che, una volta letti, i libri possono essere
“mandati via”. Pepe li brucia nel caminetto. Fako li regala a giro. Preferisco
il secondo metodo.
Quello
negativo risale all’inizio delle scaramucce amorose tra Giovanni e Lolita,
quando il procuratore le dice che per lui, lei è un algoritmo. Purtroppo, la
scrittrice non spiega a fondo il termine, lanciando frasine ad effetto. Ma se
veniamo alla definizione, tecnica più che formale, dove per algoritmo si
intende "una sequenza ordinata e finita di passi elementari che conduce a
un ben determinato risultato in un tempo finito", possiamo essere certi
che, dopo un numero adeguate di pagine, i due finiranno a letto.
“Nell’attesa
legge pazientemente un libro … Il mio sguardo corre al libro. Devo sapere che
libro è, subito … la smania mi prende quando vedo qualcuno leggere … Devo
sapere [il titolo], al più presto.” (101)
Gabriella
Genisi “Gioco pericoloso” Sonzogno euro 12
[A: 06/08/2020
– I: 02/03/2021 – T: 04/03/2021] &&
e ½
[titolo:
originale; lingua: italiano; pagine: 191; anno: 2014]
LOBOSCO4
Ed
allora continuiamo, sull’onda della fiction televisiva, ad aggiornarci sulle
vicende poliziesche e sentimentali del vicequestore Lolita Lobosco, in forza
alla questura di Bari, donna tra tanti uomini, e non solo, anche con la quinta
di reggiseno ed in genere in giro su delle traballanti scarpe con molto tacco
(almeno 12…).
Continuiamo
anche a percepire le differenze tra una scrittura forse non eccelsa, ma di
sicuro gradevole, ed una trasposizione televisiva che concede molto al
pubblico, divergendo, a volte sensibilmente, dallo scritto.
Visto
che siamo tra la seconda e la terza puntata televisiva, andate a rileggere
quanto scritto in “Giallo ciliegia” e quanto si è visto in TV. Non dico della
parte strettamente gialla, che quella, con un salto non spiegato, si riferisce
al settimo libro della brava Genisi.
Non
sapendo come hanno poi deciso lo sviluppo sul piccolo schermo, io leggo il
quarto libro, che mi dicono sarà la quarta puntata, mentre la terza prende il
titolo dal quinto tomo. Forse si sono concessi un po’ troppa libertà.
Come
troppa libertà c’è nello sviluppo di alcuni personaggi. Il suo aiuto Antonio
Forte sulla carta è solo velatamente innamorato, ma in modo più discreto. Il
poliziotto Esposito è già sposato. Ma soprattutto, il giornalista Danilo
compare nel primo libro e poi pian pianino si dissolve, lasciando spazio a
diversi amorazzi della nostra. Fino a che, nel terzo libro, prende una sbandata
per il PM Giovanni Panebianco (che al momento non compare in TV).
Ora
però torniamo alla carta.
Anche
qui, siamo su di un doppio binario, che scivola molto sul personale, per poi
andare a convergere in modo talmente prevedibile che non lascia niente da
scoprire. La scrittrice impiega solo un po’ troppo tempo a mettere le carte in
tavola ed arrivare al nocciolo della questione. Che questa volta gira intorno
al gioco del calcio. Ed è un argomento difficile da maneggiare serenamente, che
è molto collegato alle isterie italiche collettive (e non solo). Inoltre, già
nella realtà si sanno (e si sono scoperte) combine e altre manomissioni di
risultati per favorire giochi d’azzardo più o meno legali.
Qui,
truccare le partite si fa palese solo dopo la metà del libro, con due morti
alle spalle. Il primo, è facilmente collegabile a qualcuno che non vuole più
sottomettersi ai trucchi ed agli inganni. Il secondo ci vuole un po’ di più,
che sembra essere solo legato a qualcuno che perde più di quanto possono
permettersi le sue finanze.
Lolita
si butta a capofitto nelle indagini perché si deve vendicare di Giovanni che sembra
le metta un paio di corna ben ramificato con una collega della Procura. Ma io
vi dico che c’è altro, e si vede presto (anche se Lolita non sa o non vuole
accorgersene). Che Giovanni sarà pure uno scassacazzi che preferisce un piatto
di melanzane destrutturate ad un salutare riso, cozze e zucchine. Si capisce
tuttavia che sta facendo il doppio gioco. E se non lo si capisce, o non lo fa,
è veramente “n’ ommo e’ merda”.
Lolita
mette in campo tutte le sue armi, incluso un amico fotografo con cui risale la
linea rossa della corruzione. Si fa anche in tempo ad avere il solito cammeo
metaletterario di cui accenno sotto. Ed anche qualche possibile svariano (o
forse no) calcistico.
Per
la parte “noir”, tutto è risolvibile in una decina di pagine. Rimane il lato
personale, sia per i rapporti con la madre e la sorella (che qui mettono su un
catering e non un B&B), sia per quelli amorosi, rimanendo in sospensione
future possibilità tra Lolita e Giovanni.
Per
il lato cammeo, questa volta è doppio, che in un vertice sulla corruzione
calcistica internazionale convergono a Roma, Pedra Delicado da Barcellona (e su
di lei non c’è niente da dire, essendo assai nota) e Bernadette Boudret da
Marsiglia (creata dalla penna di Massimo Carlotto per il romanzo “Respiro
corto”, un buon noir letto una decina di anni fa, e dove l’ispettrice aveva un
suo ruolo, ma neanche tanto simpatico).
Sul
lato calcistico si parla di un Bari – Juventus poco prima del Natale, e ci sta,
che il 13 dicembre 2009 si giocò la partita, ma non ci fu mai un “3-0”, che
certo, vinse il Bari “3-1”, ma il primo tempo fini in pareggio con un goal di
Trezeguet. Mentre bisogna passare al campionato successivo per aver il derby
Bari – Lecce, che nella realtà fu vinto dal Lecce per “2-0”, cosa che condannò
il Bari alla serie B. Insomma, c’è un po’ di confusione.
Riscattata,
in parte, dall’omaggio in dedica a Floriano Ludwig, primo portiere del Bari
(fece un’unica partita ufficiale subendo sei goal) e fondatore della squadra.
Nominato “pioniere del calcio”, a lui è dedicata la strada che porta allo
stadio San Nicola.
Spero
però di tornare presto alla lettura di altro della nostra scrittrice, magari
più avvincente.
Ultima,
ed anche quarta trama del mese, quindi nessun aiuto allegabile, né di cura né
di felicità.
Pur
sapendo che non sono amante né buon frequentatore di poesie, ogni tanto qualche
verso trafigge il mio povero cuore. Come fu per il buon bengalese Rabindranath
Tagore (che tra l’altro era nato il 7 maggio!), dove mi rimasero in testa e
nel cuore questi due versi presi dalla raccolta: "Hai colorato i miei
pensieri e i miei sogni". Il primo lo custodisco per i miei viaggi "I
sogni non possono essere imprigionati". Il secondo per il mio amore "Hai
colorato i miei pensieri e i miei sogni ... trasfigurando la mia vita. Hai
mutato il mio dolore in gioia immensa".
Visto che ora non ci resta che cullarci molto nei sogni, nonché nella costruzione di quanto possiamo ancora permetterci di fare, è bello continuare a prodigare a tutti un abbraccio.
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