domenica 23 ottobre 2022

Una buona settimana italiana - 22 ottobre 2022

Torniamo a rilassarci, dopo una settimana di saggi impegnativi, con del buono e sano giallo di matrice italica. Una settimana quasi tutta sopra la media, con due gradite letture del Salvatore Lamanna di Makari (ad onta del passaggio letterario), una passata lombarda della coppia Cocco&Magella e l’entrata in campo della detective che ascolta gli animali di Sarah Savioli. Rimane un po’ sotto media l’ultima avventura di Mike Balestrieri scritta da Roberto Costantini, che, come sanno chi mi segue da un po’, non mi ha mai convinto.

Gaetano Savatteri “Il delitto di Kolymbetra” Sellerio euro 14 (in realtà, scontato a 9 euro)

[A: 02/01/2019 – I: 12/04/2022 – T: 13/04/2022] &&&  

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 247; anno: 2018]

Anche senza aspettarsi particolari sussulti, e poi vi spiego perché, a me la lettura delle avventure di Saverio Lamanna piacciono sempre. O meglio, piace sempre leggere il modo in cui Savatteri le porge, piene anche di piccoli rimandi, giochi di parole ed altre ironie che sono da sempre nelle mie corde.

La mancanza di sussulti deriva dal fatto di aver seguito, con piacere, la serie tv che ne è stata tratta, con Claudio Gioé nella parte di Saverio, Ester Pantano in quella di Suleima nonché Domenico Cantamore che interpreta l’imperdibile Peppe Piccionello. Quindi, personalmente, la storia mi era nota, e ne ho potuto apprezzare i non pochi scostamenti tra scritto e filmato. O almeno gli scostamenti significativi.

Come in molte storie di Savatteri-Lamanna, ci sono varie storie che si intrecciano. Qui ne abbiamo due “gialle” ed una, la solita, rosa.

La storia rosa è l’annosa questione dei rapporti tra Saverio e Suleima, che in tv erano molto più complicati, dalla presenza ingombrante di Teodoro/Teodorico, il capo di Suleima, bello, fascinoso, che vuole promuovere il lavoro nell’isola. Qui, prima diversità, la Farm dei giovani è finanziata da altri, ed il nostro ne è solo il boss pieno di idee. Inoltre, tanto per sopire la gelosia di Saverio, viene anche detto che ha moglie e tre figli su al nord (seconda diversità). La storia tra i nostri prosegue quindi un po’ marginalmente, come è giusto che sia. Unico innesto, finalmente, la presentazione della bella al padre di Saverio, e tra i due scoppia una ben motivata simpatia.

La prima storia noir coinvolge la nipote di Peppe che da due anni vive in alloggi protetti in quanto lei ed il marito sono messi sotto tiro dalla mafia. I rapporti con l’esterno e con la polizia sono gestiti dal cognato di lei, che appare subito un personaggio quanto meno poco affidabile. Si intuiscono ben presto motivi e mosse dei vari interpreti, con una conclusione movimentata ma purtroppo assai scontata.

La parte migliore, almeno per ampiezza e per agganci culturali, è ovviamente quella legata alla Kolymbetra. In particolare, ai giardini omonimi, ed al tempio greco che fu ritrovato, o almeno che ne furono trovate le prime tracce nel 2016, due anni prima della scrittura del testo.

Su questo ritrovamento, Savatteri costruisce la sua storia. Basata sulla conferenza di lancio dei nuovi scavi, cui presenzia la troupe archeologica guidata dal professor Demetrio Alù, comprendente la sua assistente Rosalia, il suo secondo Sapienza ed il factotum promotore di finanziamenti Modica.

La morte violenta di Alù che, ad onta di tutte le indicazioni di altri, avrebbe indicato quale, secondo lui, fosse realmente il sito archeologico getta tutti nelle peste. Compreso Saverio, presente sul luogo perché, a corto di soldi, decide di accettare un’offerta per produrre piccoli video promozionali di bellezze siciliane. Ovvio che, stando sul logo, si senta coinvolgere nella ricerca dell’assassino.

Ed è anche abbastanza ovvio che i sospettati non possano essere che i tre sopracitati. Con l’aiuto di una centralinista e del suo ragazzo hippie, Saverio ricostruisce il bandolo, pur non troppo difficile. Aiutato da Suleima, ne trova le prove, che fornisce al suo amico-nemico commissario che chiude brillantemente l’indagine.

Due sono i ringraziamenti finali che devo inviare a Savatteri. Il primo, in generale, perché porta al grande pubblico uno dei luoghi magici italiani, che andrebbe visto e visitato da tutti. Non solo la valle dei Templi agrigentina, ma tutto il complesso, compreso appunto il bellissimo giardino, da più di venti anni curato egregiamente dal FAI.

Il secondo, oltre ai piccoli calembour che vi invito a cercare, è la citazione di un articolo, pietra miliare del giornalismo investigativo italiano. Per parlare della misteriosa morte di Alù, Saverio non trova di meglio che citare l’articolo di Tommaso Besozzi, grande giornalista dell’Europeo di Arrigo Benedetti, che svolse un’accurata indagine sulla morte di Salvatore Giuliano, sfatando le fandonie che Stato e carabinieri avevano alimentato. Un’indagine che intitolò: “Di sicuro c’è solo che è morto”. Un articolo giornalistico da leggere e conservare.

Mentre di Savatteri conserviamo invece la scrittura scanzonata, che non fa mai male in questi tempi cupi.

Gaetano Savatteri “Il lusso della giovinezza” Sellerio euro 14

[A: 16/03/2021 – I: 04/06/2022 – T: 06/06/2022] &&&-- 

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 241; anno: 2020]

Con questo titolo, arriviamo alla fine dei romanzi incentrati sulla figura di Saverio Lamanna, che tanta fortuna hanno portato al simpatico Savatteri. Un po’ per la scrittura in sé, molto per la trasposizione televisiva, dove, senza acuti particolari, ma sfruttando una buona dose di caratteristi in spolvero nelle rispettive parti, si è avuto un discreto successo. Ora, prima o poi, toccherà anche ai racconti, che, si sa, hanno tempi di lettura più lenti.

Tra l’altro, questa nuova puntata della saga di Saverio e Piccionello, è quella che più si discosta dalla trasformazione televisive. O per meglio dire, è la seconda che se ne discosta. Per un primo motivo di costruzione della trama, ovviamente. Molta parte della costruzione televisiva, infatti, si basava sulla gelosia di Saverio verso l’imprenditore del Nord, venuto ad investire in Sicilia e nei giovani. Dove lì era un più o meno giovane archistar (mediamente coevo di Saverio). Qui, invece, è più grande. Come lo apostrofa Carlos, “è un vecchio” (anche se per Carlos tutti, dai quaranta in su, sono vecchi).

Decade quindi la tensione con Suleima sulla parte sessuale, rimane solo il gioco “giovani-vecchi”, o meglio, speranze nel futuro vs. disillusione pragmatica. Tutto il libro ne rimane in un certo senso permeato. Negli scontri tra i “ragazzi di Steve”, con Suleima ed Emma, la nipote di Piccionello, in testa, e i signori locali. In primis l’avvocato Niccodemo, intrallazzone. Defilato, Don Cesare, da tutti additato come mafioso, ma che è solo un uomo d’onore. Laddove, a volte, questo termine viene stirato a destra e a manca, come più fa comodo.

Ma venendo “in media res”, la storia sulla carta si dipana in modo un po’ stanco. Saverio e Piccionello sono sempre a battibeccarsi in quel di Makari, con le solite invenzioni verbali gustose e colte, passando da Bufalino a Saul Bellow (che poi diventa un riferimento lontano alle paturnie da “splendido quasi cinquantenne” di Saverio, che cita a più riprese “Herzog”).

Mentre Suleima e i giovani stanno dando vita ad una possibile strada di nuovi impieghi sui monti delle Madonie. Il “casus belli” è la morte del motore dell’iniziativa, Steve. Pare accidentale, ma forse no, che molti sono gli indizi che non hanno spiegazioni. La macchina in paese, e come ha fatto ad andare sui monti? Le strane reticenze sia dell’avvocato Niccodemo sia del braccio destro di Steve, il Carlos di cui sopra.

Tutto congiura a far sì che Saverio vada sui monti ad aiutar Suleima. Ed ovvio che, anche non volendo, si immischia nelle indagini. Scopre facilmente le menzogne di Carlos, banalmente scoperte per uno sciopero dei mezzi pubblici. Si trova invischiato nei triangoli amorosi o meno della comunità. Dove, tra l’altro, ci perdiamo i tentativi di seduzione della ex di Carlos, la belga Constance, che un po’ fa il filo a Saverio (ma in tv era più esplicito), un po’, scatenando la sua gelosia e le capacità informatiche di un altro giovane, trovando la seconda traccia delle bugie del fedifrago.

Tutti stavano lì sui monti, Steve, Carlos, Niccodemo, anche Don Cesare. Una volta scappatoci il morto, vedete voi chi ha fatto cosa e quando, che è di sicuro la parte più blanda.

Noi si torna a fare il tifo affinché Saverio e Suleima si chiariscano, e diano il là ad una più intensa e coinvolgente storia amorosa. Si torna a cercare il gioco di parole che da sempre contorna le magliette di Emma (ed a sentire tenerezza per Piccionello, uno che non è mai stato padre, ma che ha scelto di esserlo). Infine, c’è l’intermezzo dei rapporti, sempre in un saliscendi da montagne russe, tra Saverio e suo padre. Che sembra essersi preso una sbandatella per una splendida sessantenne, cosa che manda Saverio ai pazzi. Ma il chiarimento tra i due è sempre una delle corde forti nell’arco di Savatteri.

L’ultimo cenno è verso quei “calembour” di cui io sono ghiotto, anche in mancanza d’altra. Perché lì a Castelbuono c’è la miglior produzione mondiale di manna, una linfa estratta dalla corteccia del frassino, che viene usata nella gastronomia, ed in particolare per farcire il panettone. Così che a più riprese, Savatteri gioca sulla doppia di lettura di “panettone alla manna”, e di panettone per il nostro Saverio, per la cena di riconciliazione con i giovani (“panettone a Lamanna”). Io rido, spero anche voi.

Per il resto, come detto, a me Savatteri piace, anche se, confesso, qui l’ho trovato un po’ sottotono rispetto agli altri romanzi. E pur tuttavia, fa sempre voglia di andare a Makari.

“[Da che parte stai?] Sto dalla mia parte. Maggiorenne, adulto e vaccinato. Sono un splendido … e me ne vanto.” (116) [sostituite ai puntini l’età che volete]

Giovanni Cocco & Amneris Magella “Ombre sul lago” Feltrinelli euro 10

[A: 30/09/2019 – I: 28/04/2022 – T: 29/04/2022] &&& --

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 300; anno: 2013]

Dopo quasi tre anni si torna sulla strana coppia di scrittori comaschi, uniti nella sigla “Cocco & Magella”, prendendo in mano il primo volume della serie indicata (da Feltrinelli) come “I delitti del lago di Como”, mentre in rete viene promossa come la “Serie del Commissario Valenti”. Sia come sia, tre anni fa lessi la seconda puntata, così che ora torno sulla prima (in attesa di vedere se sono convinto dalle altre due uscite).

Sono così portato a vedere la nascita del personaggi e delle relazioni. Il centro della storia è il commissario di polizia Stefania Valenti, separata da tal Guido, distante e troppo efficiente, con una figlia, l’undicenne Camilla, simpatica e puntigliosa. Stefania è ben tratteggiata nel suo essere donna in un mondo prettamente maschile, con tutte le complicazioni di dover conciliare gli orari impossibili del commissariato con la scuola di Camilla e con gli orari dei pasti, sempre un po’ sballati.

Vediamo inoltre l’inizio della possibile storia con Luca, che si trasformerà, nella seconda uscita, in una storia presente e a distanza, come conviene a chi ha una serie notevoli di affinità, ma anche delle incombenze poco conciliabili, al momento. Come quelle di Stefania con Camilla. Certo, noi che sappiamo già un po’ dell’evoluzione della storia, ne leggiamo con più gusto, cercando di percepire quei momenti di avvicinamento che porteranno altrove.

D’altra parte, ed io l’ho gustato a prescindere, è intrigante quel loro camminare per le valli comasche, scoprendo posti, naturalistici, ma anche chiese, ville e castelli. Un po’ di trekking amoroso che non guasta (anche se di amore ancora non si parla).

Infine, in sottofondo, utili ma non ancora ben piantati sulla scena come succederà, i due aiutanti: il sardo Piras con la prole in aumento ed il toscano Lucchesi, single ma preciso ed utile sul lavoro (e sul supporto magari ad indagini poco autorizzate).

Come in tutte le storie seriali, questa “privata” è solo una parte della vicenda, magari quella cui ci si affeziona di più, che poi i personaggi li portiamo con noi (ovvio, se ci sono piaciuti). Poi c’è la trama poliziesca. Che si rivela un classico “cold case”. Sbancando territori montani per costruire strade, si scopre una “nevèra” con dentro un morto che risale senza dubbio alla Seconda Guerra Mondiale.

Inciso, le “nevère” sono particolari costruzioni che venivano riempite di neve con funzione di frigorifero alimentare naturale, in special modo per il latte. Sono diffuse in particolare nel ticinese, nella zona del Monte Generoso, che appunto è uno dei luoghi del romanzo.

Ma torniamo alla storia. Il morto è ormai poco riconoscibile, rimanendo solo un portasigarette con le iniziale K.D. ed un monile femminile. L’unico indizio è la zona, tutta di proprietà della famiglia Cappelletti e discendenti vari. Inclusa la bellissima Villa Regina.

Sarà proprio indagando sulla storia della Villa che, passo dopo passo, la nostra caparbia Stefania si avvicina alla verità. La villa era di proprietà di una famiglia ebrea, i Montalti, che, a seguito delle leggi raziali del ’38 e delle deportazioni, sono costretti a vendere la villa ai Cappelletti. Una famiglia guidata dal patriarca Remo, contrabbandiere e passatore, con una moglie poco rilevante, e tre figli: Margherita, Maria e Giovanni.

Durante gli ultimi mesi di guerra, la Villa divenne ospedale per tedeschi convalescenti, con le signorine Cappelletti a far da infermiere, e gli svizzeri Durand, amici dei Montalti, a fare da tramite economico alle transazioni varie, con la presenza costante in Villa della giovane Germaine Durand. Noi sappiamo, ora, a valle della storia, che Margherita muore in circostanze poco chiarite, che Maria decide di farsi suora, che Remo, sconvolto da chissà quali pensieri, muore cascando in un dirupo, e che Germaine sposa Giovanni e diviene la matriarca del posto.

Dopo aver preso contatto con i Montalti ormai svizzeri, dopo aver appreso della fuga da Villa Regina del loro zio Heinrich con il suo attendente Karl Dressler, ed avendo poi saputo che Karl scompare misteriosamente, il commissario Valenti ricostruisce tutta la vicenda. Con la bravura dei nostri autori a farcela scoprire non tutta insieme, ma per approssimazioni successive. Anche se, a parte qualche dettaglio, se ne poteva intuire l’andamento.

In conclusione, un libro gradevole, che invoglia a visitare entrambi i lati del lago di Como (ed anche la Svizzera). Forse non sempre con la stessa tensione e suspense, ma ci sta.

Un tentativo laterale, che però rimane non sfruttato, sarebbe quello di insistere sulle due famiglie, i Montalti e i Cappelletti. Sia perché Como si presta a storie d’amore (Renzo e Lucia), sia perché Cappelletti era il nome (oltre che di una mia amica) originario dei veronesi Capuleti.

Finirei con un problema di fine calcolo delle probabilità da sottoporre alla mia amica Cristina: avendo di fronte 220 libri di argomento poliziesco, qual è la probabilità che, prendendone due a caso, entrambi facciano riferimento, nella bibliografia utilizzata, dello stesso libro. A me è successo, che sia questo che il precedente letto indicano nei libri consultati la “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo” di Renzo De Felice. Misteri della casualità!

Roberto Costantini “Da molto lontano” Feltrinelli euro 13

[A: 06/08/2020 – I: 21/05/2022 – T: 24/05/2022] && e ½   

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 597; anno: 2018]

Ultima credo scrittura da parte del docente della Luiss relative alle “avventure” di Michele “Mike” Balistreri. Devo dire che, rispetto ai primi, pur non essendo proprio nelle mie corde, migliora sensibilmente nella scrittura. Pur tuttavia restando ancorato ad un marchio di fabbrica della divisione in due delle storie che alla fine risulta assai poco accattivante.

Infatti, in tutte le storie di Michele c’è una parte di racconto che si svolge nel passato, dove si intrecciano indagini, ricerche, piste ed altro. Poi c’è un salto verso il presente (almeno nella scrittura) dove molte delle cose che si davano per scontate nella prima parte vengono messe in discussione, cambiate, rivoltate, per arrivare ad una conclusione della vicenda che mette (o cerca di mettere) tutte le cose al loro posto.

Così abbiamo 320 pagine che si svolgono nei primi mesi di luglio del 1990 (altro marchio “Costantini”, poi ci torniamo) e le ultime 280 a cavallo tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018. Dicevo del marchio ’90, che, come nella prima storia della “Trilogia del Male”, ci si avventura in macchinazioni intorno alle date del Campionato del Mondo. Il primo era quello dell’82, quello del Mondiale Italiano. Questo, invece, è quello del Mondiale svoltosi in Italia.

Se poi vogliamo mettere puntini sulle lettere opportune, questa serialità contorta delle storie di Balistreri meriterebbe anche maggiore attenzione sulla presentazione dei personaggi, che anche qui vengono, agiscono, ma non sempre ne veniamo delucidati sul loro pregresso, e sulla loro interazione con il protagonista. Se poi ci fosse un bravo critico, prenderebbe i sei libri, e ne riordinerebbe trame e personaggi, per farne un filo congruente.

Insomma, tornando alla trama, si parte dalle partite di Italia ’90, cominciando dalla semifinale tra Italia e Argentina e finendo con la finale vinta dalla Germania. Il tutto cominciando con la presunta scomparsa di tal Umberto, figlio di un magnate del calcestruzzo, partito per liti ignoti (o sequestrato o altro) con tal Penny, bellezza del Sud.

Qui si intrecciano le vicende delle due famiglie. C’è quella del Sud, borderline con la camorra, con Penny che abbandona gli studi religiosi per sostenere la famiglia, la sorellina Francy, libera e scapestrata, e Sonny, mafioso di consistenza, che un po’ le protegge, ed un po’ le sfrutta. C’è quella del generone romano con il capofamiglia Prospero, gran puttaniere, ed i suoi due figli: Umberto, quello scomparso, il maschio ma non allineato alla famiglia, ed Elide, la femmina, quella che in realtà “ha le palle”, ed è destinata a prendere in mano i destini della famiglia.

Succedono tante cose in queste prime 300 pagine, anche perché, oltre al nostro, c’è il magistrato Locatelli, che vuol prendere in mano l’inchiesta, con uno strano rapporto con la sua assistente Silvana, forse lesbica, forse no, di sicuro misteriosa.

Per accorciare i tempi, molte morti avvengono in queste prime pagine. L’avvocato di famiglia con la sua amante in una barca, un tenutario di un locale di scambisti, losco e legato al Sonny di cui sopra. Ed alla fine, dopo ricatti, fughe in Svizzera, ed altre amenità, si ritrovano anche i corpi di Umberto e della donna. In una tragica notte, tra Maradona e pistole, si arriva alla fine della prima parte.

Con un salto di più di 25 anni, troviamo poi il seguito. Intanto, Mike è andato in pensione, e soffre di una amnesia retrograda per alcuni avvenimenti della prima parte. Poi incontriamo i personaggi, introdotti negli altri libri, e qui inseriti con fare troppo scontato. Bianca, che ormai è la donna di Mike. Laura che abbiamo scoperto essere la figlia di Mike e del suo unico amore di gioventù (vedi “Tu sei il Male”). Nonché la squadra di Mike, con Corvu che ha preso il suo posto, e la simpatica Giulia come vice.

Il via alla seconda parte è l’uscita dal carcere di Sonny, che si è fatto vent’anni di carcere, e non vi dico perché. Che accende il cerino sul fuoco: sostiene (ed a ragione) di non aver ucciso lui Umberto e la donna. In base a nuove carte, ed alla sapienza giornalistica di Laura, Prospero e l’ex-PM Locatelli vengono messi alle strette. Così che i veri artefici di tutta la vicenda vengono allo scoperto. Scopriremo il ruolo di Elide, di Silvana, delle sorelle Penny e Francy, di Sonny, e perché no, anche di Suor Francesca.

La storia è ben congeniata, tutto sommato, anche se al solito Costantini ha il vizio di metterci troppa carne. Figuratevi che nei rivoli c’entra anche il regime fascista argentino, i desaparecidos, gli appalti truccati della camorra, e tanto altro che la metà bastava.

Ma è proprio la fine dei giochi, che non ci manca neanche la pace finale tra Mike ed Angelo sulle dune tunisine. Direte, ma che c’entra? Se leggete tutti e sei volumi ne capirete i motivi.

Quindi, bella penna, che non certo manca a chi, comunque, di didattica se ne intende. Belle idee da sviluppare, anche se a volte pendono in rivoli che non mi convincono. Ma alla fine, ci vuole un Nebbiolo d’annata per mandare giù tutto. E forse anche una grappa di monovitigno per digerire.

Costantini ora scrive di altri personaggi, che, per il momento, non hanno intenzione di affacciarsi ai miei scaffali.

Sarah Savioli “Le inchieste degli insospettabili” Feltrinelli euro 16

[A: 03/07/2022 – I: 16/07/2022 – T: 19/07/2022] &&& +

[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 540; anno: 2022]

Un libro visto negli scaffali di Feltrinelli che ha attirato la mia attenzione per quel dalmata in copertina. Scoperto poi che si trattava di un volume doppio con le prime indagini di tal Anna Melissari mi sono incuriosito ed affrettato ad acquistarlo, anche senza saper nulla dell’autrice. Che poi si è rivelata essere sarda, quasi cinquantenne, ex-perito forense, e con una divertente dose di scrittura, tra l’impegno e l’ironia.

Anche perché il tratto distintivo della nostra “detective” è quello di parlare con gli animali e con le piante, che poi diventeranno aiuti per le sue indagini. La scrittura è fresca ed accogliente, si vede che Sarah sa parlare ed esporre. Come al solito, in genere, data la mia esperienza di lettore, la prima opera riesce meglio, ed anche qui ne confermiamo il giudizio. Anche se la seconda è di tutto rispetto, in attesa che, credo, esca il terzo libro della serie.

Ma veniamo allo scritto.

“Gli insospettabili” pagine 3-236, anno: 2020; &&&& -

Ovviamente, quando si inizia un romanzo seriale, bisogna creare l’atmosfera, introdurre adeguatamente i personaggi che ci faranno compagnia qui per almeno 200 pagine, e poi forse in altri libri, se i personaggi piacciono.

Quindi, mentre si introduce la scena del crimine (che un giallo è sempre un giallo), veniamo a conoscere Anna, che ha un bimbo di quattro anni che parla e ragiona meglio di un ventenne, e un marito comprensivo, che c’è e non rompe (troppo). Avrebbe anche una sorella, ma Lavinia verrà in scena più tardi. Ma soprattutto, Anna ha avuto un ematoma cerebrale, piccolo che non si è riassorbito. Consentendole, però, di sviluppare una parte inusuale del cervello, così che parla (e lo scopriamo presto) con gli altri due componenti della casa: un gatto lamentoso ed un ficus in fin di vita che non viene innaffiato. Il bello non è tanto che parli con flora e fauna, ma che questi le rispondano e lei capisca le risposte.

Per una serie di cause che scoprirete leggendone, diventa quindi un aiuto per una agenzia investigativa guidata dal burbero Giovanni Cantoni, dove lavorano il sovrappeso napoletano Tonino ma soprattutto Otto, un alano goloso di dolci e bisognoso di coccole. I quattro si dividono il lavoro sulle scene delle loro ricerche: Cantoni e Tonino interrogano gli umani, mentre Anna, spesso aiutata da Otto, si rivolge agli animali: un cane distratto, un piccione che si vuol suicidare, le piante di un giardino, e soprattutto due sorelle tartarughe, Tarta e Rughina, simpatiche anche se un po’ rimbambite.

La nostra strana compagine viene coinvolta nella risoluzione del mistero della morte di tal Armando. Emarginato, habitué dei Centri di Recupero, probabilmente dentro e fuori qualche giro di stupefacenti non autorizzati. Ma Armando si è buttato di sotto o è stato gentilmente fatto volare dal balcone? Le ricerche portano i nostri dal condominio del delitto al centro sociale, dai vicini poco attenti (e poco attendibili) ai veri o falsi amici di Armando.

Ovvio che saranno gli strani amici di Anna che daranno le dritte giuste per arrivare al bandolo del problema, forse un po’ scontato in termini giallistici. Ma divertente nel suo evolversi, nel presentarci il punto di vista delle tartarughe (e della loro mancanza di sequenze temporali, che stavano per far arenare le indagini).

L’importante è riuscire, e ce la faranno, a consolare in qualche modo la madre di Armando. Non fu suicidio. Chi e come, lo lascio ai sussurri delle piante nell’aiola.

Come prima uscita è di certo ironicamente leggibile, scorrevole, ed a me Anna ed i suoi amici han fatto simpatia, nelle loro riflessioni sensibili e strampalate ad un tempo. C’è forse un po’ da lavorare sulla trama, ma possiamo passare senza troppi rimpianti al secondo testo del volume.

“Il testimone chiave” pagine 239-540, anno: 2021; &&&

La seconda indagine della nostra Anna se, dal punto di vista umano, si arricchisce e diventa più vicina ai nostri sensi ironici, dal punto di vista “giallistico” rimane un po’ al di sotto delle aspettative, abbassando il tasso di gradimento della serie. Che però rimane di un buono se non ottimo livello, anche sapendo che ne sono stati venduti i diritti televisivi. Vedremo.

Per adesso leggiamo, che quando si ha bisogno di un relax estivo che però faccia anche riflettere, niente di meglio che un buon giallo, come questo che oltre all’intrigo, ci offre un maggior “insight” nella famiglia di Anna. Avevamo già visto ed apprezzato il figlio Luca (quel quattrenne che si chiede perché gli abitanti dell’Inghilterra non si possano chiamare “inghilterresi”). Ora vediamo l’accudente marito Alessandro, sempre in pensiero per la salute di Anna, anche se non è mai troppo invasivo. Il padre malato, con la seconda moglie accudente ed innamorata. Con momenti che permettono a Sarah di parlare della malattia, dell’invecchiamento, dell’amore e di come accettare quello degli altri. Roba mica da poco. Infine, anche la sorella Lavinia, quella bisognosa d’amore, anche se non sembra sempre debole, ma che ha avuto il grande pregio (involontario) di far incontrare Anna con l’Agenzia Investigativa Cantoni.

Agenzia che viene ingaggiata da Baroni jr. per indagare non tanto sulla morte del padre, che sembra, e probabilmente sarà, un suicidio. Quanto sullo strano lascito di trentaduemila euro e spiccioli per la badante Oxana. Risolto presto il mistero dei soldi (Baroni sr. era molto legato alla badante e quei soldi servivano per gli studi del figlio), rimane il mistero del suicido, che non sembra avere spiegazioni plausibili.

Ovvio che, a questo punto, l’unico modo di dare una chiave di volta alle indagini è scatenare Anna ed i suoi amici floro-faunicoli. C’è il carlino Carl del morto, che sicuramente ha visto qualcosa, ma è un cane erotomane e ricattatore: dice che parlerà solo dopo una notte d’amore con un alano, possibilmente femmina, ma va bene anche il povero Otto, l’alano dell’Agenzia. Ma ci sono anche, con piccoli elementi di conoscenza, una gatta junghiana che non sopporta più la sua padrona psicanalista freudiana. C’è Bergerac, un cane randagio che si esprime in versi. Un simpatico pitone che ci riempie di freddure. E soprattutto, un branco (chissà se si chiama così o meglio dire stormo) di pipistrelli che svolazzano da un rave all’altro, strafatti di “droga” per aver fatto indigestione di zanzare piene di DDT. Esilarante.

Con tutti questi indizi, Anna entra nella psicologia e nel mondo di Luigi Barani. Industriale fattosi da sé, con una bella industria alle spalle, una moglie di cui era innamorato pazzamente. Quando lei muore dopo una lunga malattia, lascia l’industria ai suoi vice, e si dedica ad un mausoleo per la moglie. Ma scoprirà (non vi dico come, né perché, che è tutta una lunga e parallela storia nella storia) che la moglie non era la santa che credeva. E scoprirà altre piccole cose, che lo porteranno all’unica via d’uscita pensabile, appeso ad una trave.

Era ovvio che lo fosse fin dall’inizio, un suicidio, ma rimaneva il giallo di come arrivarci, cosa che di certo non vi dico. Confermo però, come hanno detto altri, che così facendo, la nostra brava Sarah infrange la regola numero 8 delle “Venti regole per scrivere romanzi polizieschi” di S.S. Van Dine (quella che dice “Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici … Un lettore può gareggiare con un detective che ricorre a metodi razionali: se deve competere con altro … è battuto ab initio”).

Ma, ripeto, i punti forti, oltre alle ironiche battute che si scambiano Anna ed i suoi amici non umani, sono i pensieri che affiorano per la malattia di una persona cara e magari nella difficoltà di accettare le scelte delle persone che amiamo, anche e soprattutto se sono diverse da quelle che avremmo fatto noi.

Comunque, lettura gradevole e rilassante, in attesa di comperare e leggere il terzo episodio.

“Fra quello che vogliamo e quello che riusciamo c’è tutto quello che non possiamo.” (293)

“A volte, anche se la realtà si trova davanti ai nostri occhi, non si è pronti per accettarla.” (488)

Dopo avervi costretti ad una più lunga lettura, che il libro di Sarah contiene due romanzi, vi assillo allora anche con due citazioni tratte da “Il peso della farfalla” di Erri De Luca. La prima valida sempre, soprattutto per noi maschietti: “Un uomo che non frequenta donne dimentica che hanno di superiore la volontà. Un uomo non arriva a volere quanto una donna, si distrae, si interrompe, una donna no. … Un uomo che non frequenta donne è un uomo senza.” (35) La seconda che ci ricorda un peso che non possiamo mai depositare altrove: “Non era pentito, non poteva risarcire il torto, poteva rinunciare. I debiti si pagano alla fine, una volta per tutte”. (40)

Scrivo tuttavia e chiudo in gran velocità, che si è fatto tardi, dopo un week-end in giro per la Versilia in compagnia dell’ottimo fratello. Aspettando notizie di altri viaggi, nonostante acciacchini e stanchezze varie, vi abbraccio.

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