domenica 14 dicembre 2008

Dell’Islam occidentale

Veniamo a riprendere, ora che si completa la trilogia, dei libri scritti da autori arabi o arabofoni che per vicende varie, da anni sono in Occidente. Per lavoro, per fuga, per scelta (obbligata o meno). Cominciamo con quello che a me è più caro. L’unico che mi rimanda il senso del luogo.

Sélim Nassib “L’amante palestinese” E/O 8,50 (in realtà, scontato 6,80)

Qui si narra dell’amore (romanzato?) della giovane Golda Meir. Non so se e quanto sia vero, ma Sélim riesce a piazzare alcune frecce al suo arco, sia nella descrizione delle prime immigrazioni ebree in Palestina negli anni ’20, sia con la descrizione dell’atteggiamento ondivago degli arabi di fronte ad una vicenda che hanno capito quando ormai era troppo tardi. Nel 1928, il Libano è sotto mandato francese e la Palestina sotto mandato britannico. Ma gli inglesi promettono una nazione agli ebrei in Palestina. È soltanto una striscia di terra e da sempre un terreno di confronto tra le varie Comunità, culture, utopie, passioni… Si passa da un mondo all'altro: da un Kibbutz agricolo con le sue norme rigorose per il benessere collettivo, al salone d'onore di un ippodromo dove si costeggiano il mondo degli affari e della politica. E l'amore in tutto ciò? Golda Meir figura politica di sinistra e del sionismo, ha dovuto nascondere per tutta la sua vita il suo amante palestinese, Albert Pharaon banchiere, discendente di una ricca famiglia libanese. Si ameranno fino a farsi male ed a doversi in ogni caso lasciare. Nassib mescola la storia, la biografia, e la leggenda in questo racconto appassionante “di un avvenimento impossibile.„ O no? Al solito, inoltre, anche vivendo in Francia, Nassib riesce a presentare con estrema accuratezza l’essere arabo. Ora come allora. Non è un caso che mette in bocca al libanese Albert le parole di mutua convivenza che tutti avrebbero auspicato, ma che… Bisognerebbe primo o poi andare oltre le parole, e, come direbbero Terzani o Gesualdi, fare un passo indietro. Speriamo.

“ciò che hai dentro è più forte di te … È ora che tu decida cosa vuoi fare della tua vita”

Ho parlato di Nassib il 22 marzo di quest’anno. Per chi vuole approfondire, può fare un salto su http://it.wikipedia.org/wiki/Sélim_Nassib.

Con il secondo autore, torniamo invece in Afghanistan.

Khaled Hosseini “Mille splendidi soli” Piemme s.p. (regalato)

Meglio del primo, di cui parlai (e male) più di un anno fa. Anche se rimane la sensazione: questo è l’Afghanistan visto da dove? Da un’America lontana? O… Storia di donne raccontata da un uomo (e questo spesso lascia limiti irrisolti), parla di Miriam e di Laila. La prima, figlia bastarda di un ricco uomo di Herat, sarà la prima sposa di un afghano di Kabul che per avere figli poi sposerà Laila, nata insieme alla rivoluzione dei talebani del 1978. E quello che poteva diventare un conflitto diventa un rapporto vero, che le renderà sorelle e che alla fine cambierà il corso delle loro vite e di quelle dei loro discendenti. Esce con forza l’amore per la famiglia che porta a fare gesti inauditi. Ma esce anche tutto l’orrore di anni e anni di repressione ed oscurantismo. Ripeto, si legge, commuove (tanti i tasti di facile sommovimento interiore), ma non entra nel problema. Descrizione esterna, esteriore, di chi, ben o male a 15 anni se ne va in California.

Non avendone scritto allora, vi parlo di Khaled Hosseini che nasce a Kabul il 4 marzo 1965 (22 anni dopo Lucio Dalla). Dal 1980 vive negli Stati Uniti ed è l'autore del libro campione di vendite, Il cacciatore di aquiloni, edizioni Piemme (2004). Nel 2007, ha pubblicato questo nuovo libro che, solo in Italia, ha venduto più di un milione di copie. Hosseini è ultimo di cinque fratelli. Suo padre era un diplomatico in servizio presso il Ministero degli Esteri afghano e sua madre insegnava persiano e storia in un liceo femminile di Kabul. Nel 1970 il Ministero degli Esteri mandò la sua famiglia a Teheran, in Iran, dove il padre lavorò presso l'ambasciata dell'Afghanistan. Nel 1973 tornarono a Kabul. Nel luglio 1973, nella stessa notte in cui nacque il fratello più piccolo di Hosseini, il re afghano, Zahir Shah, fu spodestato in un colpo di stato dal cugino, Mohammed Daoud Khan. Nel 1976 il Ministero trasferì ancora una volta la famiglia Hosseini, questa volta a Parigi. Nel 1980 sarebbero dovuti tornare a Kabul, ma nel frattempo (1979) in Afghanistan il potere era nelle mani di un'amministrazione filo-comunista, appoggiata dall'Armata Rossa. Temendo l'impatto della guerra sovietica in Afghanistan, la famiglia Hosseini chiese e ottenne l'asilo politico negli Stati Uniti e, nel settembre 1980, si trasferirono a San José, in California. Dato che avevano lasciato tutte le loro proprietà in Afghanistan, per un breve periodo vissero di sussidi statali, fino a che il padre riuscì a risollevare le sorti della famiglia intraprendendo numerosi lavori. In California, Hosseini si laurea in medicina ed inizia la professione medica. Solo dopo i 40 anni, decide di ripensare alla sua terra natale e comincia a scrivere.

Finiamo con l’unica donna, anch’essa ormai da anni in Francia, e con il libro che mi ha più deluso, forse perché mi aspettavo appunto qualcosa di arabo, ma che mi rimanda una foto di quel mondo visto ormai dal di fuori.

Salwa Al-Neimi “La prova del miele” Feltrinelli euro 10 (in realtà 7,50 euro, sconto Feltrinelli +)

Infatti, la prima domanda è: se non vivesse a Parigi, avrebbe scritto allo stesso modo? È vero che il libro è uscito in Libano, ma in realtà, mi ha un po’ deluso – e forse annoiato. Voleva suscitare scandalo? No, perché in fondo sono solo parole. Non c’è storia, non si segue un filone. Si parla degli antichi libri arabi come summe di erotismo volto al bene dell’individuo, a farlo star meglio, e cose analoghe. E si accenna per via alle modalità non liberali cui il sesso viene visto e vissuto nei paesi arabi. Interessante il mini-racconto della donna che divorzia dal marito perché lo trova in flagrante adulterio. E ne sopporta le conseguenze, quasi che fosse meglio subire e perdonare. Ma poi tutta la libertà di cui gode la narratrice è messa lì, un po’ per “èpater le bourgeois”, per fare scandalo. Sono parole, non c’è l’intreccio che porta a capire, man mano che si snoda come la componente sessuale sia vissuta dalla protagonista. Lo dice lei, libertà vo cercando. E uomini e situazioni. Ed il sesso con il Pensatore, vero o inventato che sia. Calcando un po’ la mano, in alcuni punti, ma, ripeto, solo per spaventare i benpensanti, non perché sia utile alla trama, al suo svolgersi, a dipanare i motivi e le ragioni. Utili mi rimangono le citazioni degli autori da ricercare (da Muhammad bin Zakarya ad Ibn al-Azraq, via via sino alle storie di Hubà la Medinese). Ma mi aspettavo di più e meglio. Come romanzo non sostiene l’intreccio e finisce accumulando parole ma non emozioni. Come saggio dice dei nomi, ma li butta lì, un po’ spendendo la propria cultura, piuttosto che condividendola.

“le risposte, come le storie, arrivano da sole, con i loro tempi”

“tutti abbiamo un Pensatore … che ci aspetta in qualche angolo del mondo per rivelarci come siamo, per farci scoprire le nostre capacità”

“lo scandalo sta nel fare qualcosa o nel rendere pubblico ciò che si fa?”

“io non son bella, sono viva”

Poche le notizie sull’autrice. Salwa al-Neimi è nata a Damasco. Dopo aver conseguito la laurea in Letteratura araba presso l’università della capitale siriana, a metà degli anni settanta si è trasferita a Parigi, dove vive tuttora, per studiare teatro alla Sorbona. Oggi, oltre a dedicarsi alla creazione letteraria, lavora come giornalista e responsabile ufficio stampa. Tra i lavori pubblicati, ricordiamo una raccolta di racconti e vari volumi di poesia.

Tra dieci giorni si parte ancora una volta per i paesi arabi. Vedremo confronti tra realtà e fantasia.

Buona settimana a tutti

Giovanni

Nessun commento:

Posta un commento