venerdì 12 dicembre 2008

Intermezzo di qualità

Come primo intermezzo nello scadenzarsi di questo strano dicembre, vi porto tre chicche, certo di diverso tono e gradimento, ma che riportano il livello delle letture ad un buono standard di qualità. Tra un argentino che scrive di sport ed una franco-algerina che parla dell’amore, inserisco un italiano di scarsa fortuna ma di spessore (peccato sia morto troppo presto).

Cominciamo da oltre oceano

Martin Kohan “Fuori i secondi” Einaudi euro 12,50 (in realtà, scontato 10 euro)

Uno scrittore argentino che scrive bene, arrotonda le storie per farle intersecare. Certo, quando si parla di Buenos Aires, la mia mente vaga tra un Borges inarrivabile ed un Osvaldo Soriano straripante di invenzioni. Kohan si colloca qui un po’ sul versante Soriano, anche se il tentativo di mescolare tutti gli ingredienti, rende il piatto un po’ simile a quelle insalate di riso dove qualcuno per forza vuole mettere anche i wurstel. Lo spunto è molto interessante: nel 1973, nella città argentina di Trelew, sperduto sito lontano da Baires, il giornale locale compie cinquant'anni. Per celebrare l'evento ogni responsabile del giornale deve scegliere un fatto di cronaca avvenuto nel settembre 1923 da inserire in un supplemento speciale. Il giornalista sportivo non ci pensa un attimo: il "furto" di una legittima vittoria sarà il suo argomento, un combattimento storico di boxe, Dempsey contro Firpo. Anche il responsabile della cultura non esita: sempre nel settembre 1923 Richard Strauss aveva diretto a Buenos Aires i Wiener Philarmoniker eseguendo, tra l'altro, la Prima di Mahler. Fra questi due avvenimenti se ne insinua uno minore, misterioso e passato sotto silenzio all'epoca: uno dei musicisti dell'orchestra viene trovato impiccato in una camera del migliore hotel di Buenos Aires. Kohan mescola il tutto, entrando ed uscendo dal tempo. Parlando del ’23, del ’73 ma anche dei tempi nostri. Qualcosa alla fine rimane nell’ombra. Troppi gli ingredienti usati (e vorrei sapere che fine fa Quelita la figlia dei Ledesma). Devo dire però che sicuramente mi ha incuriosito, tanto che vi metto anche il link alla pagina che narra del combattimento di boxe http://en.wikipedia.org/wiki/Jack_Dempsey_vs._Luis_Ángel_Firpo. A, per concludere, a me la boxe non è che piace tanto.

Martín Kohan è nato a Buenos Aires in gennaio 1967. Insegna Teoria Letteraria all'Università di Buenos Aires ed all'Università della Patagonia. Ha pubblicato tre saggi Imágenes de vida, relatos de muerte. Eva Perón, cuerpo y política (Immagini di vita, storie di decessi. Eva Perón, corpo e politica) (1998; in collaborazione con Paola Courtois Rocca), Zona urbana. Ensayo de lectura sobre Walter Benjamin  (zona urbana. Saggio di lettura su Walter Benjamin) (2004) e Narrar a San Martín  (Raccontare a San Martín) (2005); due libri di racconti, Muero contento (Muoio contento) (1994) ed Una pena extraordinaria  (Una pena straordinaria) (1998); e sei romanzi, La pérdida de Laura  (La perdita di Laura) (1993), El informe  (La relazione) (1997), Los cautivos  (I prigionieri) (2000), Dos veces junio (Due volte giugno) (2002), Segundos afuera (Fuori i secondi) (2005) e Museo de la Revolución  (Museo della rivoluzione) (2006).

Veniamo al libro della vita del buon professore napoletano.

Enzo Striano “Il resto di niente” Mondadori euro 8,40 (in realtà, scontato 5,86)

Non bellissimo, ma mi è piaciuto. Riesce a dare un quadro di circa 50 anni di Napoli dal 1750 al 1800 con una scorrevolezza che non ti abbandona per tutte le 400 pagine. Anche se a volte va avanti un po’ a bozzetti, a piccoli quadri come un pittore che cerca di fissare sulla tela non solo immagini, ma anche odori e rumori. In un certo senso, quello che risalta di meno è il corale di fondo, la nascita e la crescita degli intellettuali napoletani di grande ingegno che, pur nello svolgersi del quotidiano, alla fine riescono a trovare la fiamma dell’ideale. Rivolgendosi alla Francia dei Robespierre, ma rimanendo deluso (e non poteva essere altro) dalla Francia di Napoleone. In tutto ciò, la figura, in primo piano, di donna, prima che di intellettuale di Leonor (simpatica eponima) che dubita, ragiona, cresce, cerca, ed alla fine trova il suo spazio fino a rivendicarne tutta la forza rivoluzionaria. E’ una donna che, sfidando quelle che erano cose vietate al “sesso debole”, ama la cultura, che la guida durante la sua vita, infatti, legge libri, scrive poesie e diviene una delle prime giornaliste d’Europa, dirigendo il “Monitore napolitano”, con il quale cerca di avvicinare il popolo alle sue idee repubblicane, e la politica, di cui ama discutere con i suoi amici. Lei, alla fine, unica donna che troverà il suo spazio nella rivoluzione maschile. Nel bene e nel tragico epilogo, quando dopo aver fatto tanto, come dice nel titolo, non rimane che il resto di niente. Il punto sotto l’eccellenza è per non aver saputo mostrare il coro della nascita. Un po’ come se si dovesse sapere chi erano i Filangieri, i Cuoco, i Pagano, i Serra. Mentre ben riusciti sono i cambi di lingua, che varia a seconda dei personaggi, dalla lingua colta di corte, alla bassa parlata dei lazzari. Comunque grande alla fine, rendo omaggio allo scomparso autore di questo libro uscito con fatica 25 anni fa, ma che rimane fresco e vivo.

“Quando una persona non ha scopo per vivere, spegne lentamente la fiamma dell’animo”


E per finire un colpo d’ala.

Brigitte Giraud “L’amore è sopravvalutato” Guanda 10 (in realtà, scontato 8 euro)

Bello, straziante, lacerante. Un libricino di 11 racconti, tutti sul tema dell’abbandono. E la Giraud riesce con pochi tratti a presentarne tutti gli aspetti salienti. Il dolore, la paura, a volte la stanchezza. Saltando dagli occhi di lei a quello di, eventuali, figli. Una donna non sa come dire al proprio uomo che ha smesso di amarlo senza una ragione, tanto che ormai anche la sua semplice presenza le risulta molesta; una mamma, all'improvviso e inspiegabilmente, abbandona il marito e, con lui, la figlia, lasciando dietro di sé un annichilito senso di solitudine e smarrimento; una ragazza si illude di poter ricominciare ad amare soltanto perché ne ha una voglia infinita e impacciata. La fine di un amore è sempre straziante, si ripassano i cosa poteva essere, i perché è stato. Cosa ho detto, cosa hai fatto. E via facendoci del male. Anche se a volte questo male serve per poter rinascer, per poterne uscire. I primi sono i migliori, verso la fine affiora qualche stanchezza (un po’ “inutile” il racconto sulla vedovanza). Non conosco l’autrice, l’ho presa un po’ a scatola chiusa perché mi piaceva il titolo. Mi aspettavo una storia d’amore. Ma quello che ho trovato mi è piaciuto, forse perché inaspettato. E finiamo pensando che l’amore non sia sopravvalutato, va soltanto alimentato, giorno per giorno. Mi viene sempre in mente, quando ci giro intorno, quel brano della Serrano dove la nonna consiglia alla nipote di trovare l’amore in una persona con cui è piacevole parlare. Perché finiti i furori, le cose da fare, rimane sempre la parola per potersi scambiare qualcosa.

Brigitte Giraud è nata in Algeria nel 1960 a Sidi-Bel-Abbés. Giornalista, libraia, traduttrice, ora è incaricata della programmazione del Festival del Libro di Bron (Rodano). Vive a Lione. Ha scritto romanzi e libri di poesie pubblicati in Francia "La Chambre des parents" (Prix Littéraire des étudiants), "Nico", "Marée noire",  "À présent" e "J'apprends".

Buona settimana a tutti.

Giovanni

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