domenica 21 dicembre 2008

Ed ecco le short stories

Finalmente giunge l’ora di parlare dell’interessante, almeno all’inizio, collana proposta da Repubblica. Racconti, mediamente brevi, con testo inglese a fronte ed un ricco corredo di note al testo, non tanto per spiegarne passi, quanto per spiegarne la traduzione. In questo, un’opera veramente meritoria, ricca di spunti per chi, come me ad esempio, conosce un’inglese d’uso ma a volte poco sa dei meandri della lingua e delle sue potenzialità.

Poiché sono brevi, in queste note ne tratto a mezze dozzine, sia per non tediare troppo, sia per non dilungarmi oltremodo; in fatti, la collana, all’inizio prevista sulla quindicina di titolo, si sta man mano dilatando, e, da un certo punto di vista, perdendo di mordente, tanto che credo la lascerò presto.

Per ora veniamo ai primi titoli che ho letto, equamente ripartiti: due uomini, due donne e due gay.  

Martin Amis “Passaggi di carriera” Repubblica Short Stories euro 4,50

È la prima storia che ho letto di questa collana. Non so ancora le altre, questa ha sicuramente dell’interesse. In poche pagine rovescia il mondo letterario, mettendo in prima linea fantomatici scrittori di poesie (i cui titoli sono presi dalle opere dei maggiori poeti anglo-sassoni, creando un discreto effetto comico) che con le loro opere guadagnano milioni. Ed in seconda fila la vita stentata dei poveri sceneggiatori di film, soprattutto di B-movie, che devono fare la gavetta per vedere pubblicate le loro opere. Tra l’altro con citazioni trasversali legate alle opere di fantascienza in cui il padre Kingsley si cimentò. Per arrivare ad una morale: comunque lo si rivolti, il potere è cattivo, e porta a corrompere qualsiasi cosa. Interessanti, come detto, anche le note al testo, che delucidano su alcuni problemi di traduzione e su una serie di modalità discorsive usate nel testo inglese, che vengono senz’altro a mancare nella pur bella traduzione. Un po’ faticoso, ma mi ha soddisfatto – stimolato.

A parte la citazione del padre summenzionato, e ricordare che Martin è nato il 25 agosto del 1949 a Oxford, per il resto rimando a http://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Amis.

Il secondo, è un grande tra gli americani, anche se a me poco familiare.

Truman Capote “Il Giorno del Ringraziamento” Repubblica Short Stories euro 4,50

Confesso, infatti, che è il primo scritto di Truman Capote che leggo. Mi ha sempre innervosito quella sua aria da gay superiore agli altri (innervosito dalla parte snob, non dalla parte gay). Quindi, tralasciando il fatto che per me Colazione da Tiffany è sempre e soltanto Audery Hepburn, diciamo che questa prova di scrittura è decisamente convincente. A meno che… A meno che non si comincia a riflettere del suo rapporto con Harper Lee, di cui per caso ho letto (e scritto) da poco “Il buio oltre la siepe”. E questo racconto le è dedicato. Nell’impianto, nelle descrizioni, in alcuni personaggi questo Giorno riecheggia grandemente il libro della Lee. La parabola poi è oltremodo chiara. Siamo nel Sud, e si parla di “altro”. Vuoi esso negro (nella Lee) vuoi esso povero (qui). Si parla dell’agnizione che pian piano si fa verso lo stato di ribellione indotto dalla povertà. Si parla del giovane Buddy, del compagno di scuola "cattivo", della tenera Sook, forse un po’ fuori di testa, ma così da potersi avvicinare ai bambini ed alle loro sensibilità (che sono propri dei bambini e non degli adulti che interpretano i bisogni dei bambini). E si parla di un giorno di festa nella solitaria e sconfinata campagna dell'Alabama. Qualcosa si scriverà sul suo inglese, ricco di richiami. Certo siamo sempre nel Sud, e c’è sempre il grande Faulkner da qualche parte.

Di Truman tanto si scrive in giro, qui ricordo solo che era una bilancia e che Capote era il nome del patrigno (il suo era Truman Steckfus Persons). Anche qui, rimando a http://it.wikipedia.org/wiki/Truman_Capote.

Torniamo al continente, ed ad un’autrice di cui già parlai non bene.

Antonia S. Byatt “Zucchero” Repubblica Short Stories euro 4,50

Ulteriore riprova che a me, per ora, la Byatt non mi coinvolge. Il tema è ricco, mi tocca, ma non il suo girovagare tra le parole, facendo vedere che lei è una che sa, ma con il tono di chi lo vuole mostrare. Chi sa riesce a far trapelare la sua “sapienza” senza ad ogni passo dire “vedi, conosco anche questo”. Un lungo giro intorno per parlare della morte del padre. Perché la Byatt capisce che, morendo, egli porterà con sé molte storie di famiglia, storie che hanno dato forma ad altre storie, e sono state raccontate in molte versioni, più o meno attendibili e veritiere. Se il padre, uomo di legge, onesto e autoironico, rappresenta nell'equilibrio famigliare la trasparenza e l'integrità intellettuale, è soprattutto la figura materna a incarnare l'inattendibilità del racconto e la tendenza a ricamare intorno alle storie. Ma forse, più che della morte del padre, quindi si parla delle origini familiari. Del perché il padre, perché la madre, la zia, i fratelli e sorelle, e via discorrendo. E perché io-narrante. Ripeto, mi sfastidia il fatto di dover fare vedere quanto sono colto, e l’utilizzo di un inglese anche qui alto, da studio.

Non torno invece sulla Byatt, di cui ho scritto il 26/06/2007.

Ripassiamo l’oceano e troviamo un altro gay.

David Leavitt “Ballo di famiglia” Repubblica Short Stories euro 4,50

Solito “pamphlettino” del solito Leavitt, uno che si crede ma non è Hemingway. Raccontino, dove succedono stati d’animo, e momenti pesanti raccontati con la finta leggerezza di chi parla d’altro. Si vede che mi piace poco? È la storia di tutta quella serie di minimalisti, epigoni minori di Cheever, che stravedono nel far andare avanti per pagine una sensazione, fatta quasi di niente. La madre americana e i suoi problemi (e sempre primo l’alcool), la figlia grassa, l’amico gay, il padre che sceglie un’altra, più giovane e più bella. Tutto che forse sta per accadere, che potrebbe. Ma che non accade durante il racconto. Forse dopo, a pagine chiuse, succederà. Ma ci vorrà altra tempra per poterne narrare. Dopo questi racconti, rivado sempre al film “America” di Altman. E rimango a pensare. Il racconto era il primo della sua prima raccolta dallo stesso titolo. Uno stile inglese di mezzo, anzi meglio ancora, uno stile americano moderno di mezzo, non troppo volgarizzato. Forse per questo, sembra anche qui scivolare sulle parole, piuttosto che usarle per incidere.

David Leavitt nasce a Pittsburgh il 23 giugno 1961 e vive a lungo in Italia di cui scrive a lungo. Per il resto, potete leggere su http://it.wikipedia.org/wiki/David_Leavitt.

Finalmente un grande, in assoluto, una scrittura da meditare.

William Faulkner “Fumo” Repubblica Short Stories euro 4,50

Bellissimo, il Sud di 60 anni fa come il West di 150, da dare schiaffi sonori a Cormac. Ed in una lingua usata con una ricchezza da studio. Ho poi scoperto, andando in giro su Internet, che questo fa parte di una raccolta di “scritti polizieschi” di Faulkner, basati sulla figura dell’avvocato che qui risolve il giallo, con un’abile manovra (che non svelo). Ma quello che viene ben descritto è il Sud degli Stati Uniti. Un Sud così detto di frontiera, con i pascoli, le terre, i buoni ed i cattivi. Con la storia del padre che non vuole lasciare le terre ai figli e che qualcuno (fortunatamente) uccide. Alla fine si saprà tutto, chi come e perché. Ma quello che ho scoperto con piacere è sia l’andamento del racconto (solo alla metà ci si accorge che l’io-narrante è uno dei giurati del processo), sia la lingua, fine di una ricchezza che (a me povero anglo-ignorante) è sembrata magica. Sarà da riprendere qualche altra volta.

Anche qui, un’altra bilancia, anch’essa di settembre, premio Nobel e grande scrittore, di cui, più esaurientemente, si legge in http://it.wikipedia.org/wiki/William_Faulkner.

Ed infine un’altra donna.

Joyce Carol Oates “Riccioli rossi” Repubblica Short Stories euro 4,50

Un’altra autrice che non conoscevo. Mi piace. Mi piace il modo di usare la lingua, qui utilmente bassa e dura, come dura è la vita della provincia americana. E dure sono le scelte della protagonista tredicenne tra la lealtà alla famiglia e la denuncia del fratello forse assassino. Ma quello che esce fuori benissimo è il rapporto con il padre. Anche qui, come con la Byatt, con un padre morente. Qui, però, siamo sulla vita reale, dove gli odi e i rancori si portano appresso, fin oltre la tomba. Qui non c’è perdono salvifico. C’è solo il rimpianto di cosa poteva essere stato e non lo è. Anche se tutti hanno seguito la propria coscienza. A volte però se ognuno segue la propria e non si apre alle ragioni dell’altro, si rischia di creare soltanto dolore. Racconto cupo, quindi. Ma che apre alla lettura di altre opere dell’autrice.

Joyce Carol Oates di giugno come Leavitt, anche se un Gemelli. Leggere meglio su http://it.wikipedia.org/wiki/Joyce_Carol_Oates

Spero che questo breve viaggio in lingua vi abbia interessato. Ora si va a preparare bagagli, Natale, pranzi e cene (ma non dimentichiamo le bilance).

Buona settimana

Giovanni

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