lunedì 2 giugno 2014

Bones - 02 giugno 2014

Come in una puntata dei seriali migliori (quelli della mia amica Rosa), ecco quattro puntate “live” della serie che dal libro è passata anche sul piccolo schermo. Le avventure della dottoressa Temperance Brennan, scritte (seppur con alterna riuscita) dalla sempre brava Kathy Reichs. Non potevo certo lasciarvi a secco per troppo tempo, tra l’altro con quattro titoli che vanno a poco a poco riportando verso l’alto il livello della serie, ultimamente in ribasso.
Kathy Reichs “Skeleton” BUR euro 9,90
[A: 12/10/2012– I: 28/06/2013 – T: 01/07/2013] - &&
[tit. or.: Bones to Ashes; ling. or.: inglese; pagine: 394; anno 2007]
Ora, che senso ha mettere un titolo inglese che significa scheletro, quando l’originale parla di ossa che vanno in cenere? Già è lunga la mia diatriba con i traduttori per lo scempio dei titoli. Qui si rasenta il ridicolo, mette un titolo inglese che poco ha da spartire con l’originale. Decidiamoci una buona volta: se il titolo è in inglese, tanto vale lasciare l’originale o se traduciamo, traduciamolo attinentemente. Per il resto, questa nuova avventura di Tempe Brennan e della sua corte di personaggi ritorna ai livelli di dignità standard dei suoi romanzi. Certo, l’impianto base del racconto non può discostarsi molto dal modello vincente (ossa da identificare, cause del decesso, tempo della morte, e tutto il resto delle “normali” attività forensi), ma quello che varia è il contorno, le difficoltà immesse sul cammino, e gli inciampi (soprattutto della vita privata) cui la nostra Tempe incorre. Infatti, mentre al solito lavora su nuovi casi, la mente non molla il pensiero di Ryan, ed il riavvicinamento di quest'ultimo alla madre di sua figlia, in quanto ha frainteso l'intesa tra l'antropologa e l'ex-marito, che avevamo visto rinascere nell’ultimo romanzo. Ma Pete invece vuole il divorzio per potersi risposare. E tuttavia ipotizziamo che forse la storia con il bel tenente canadese potrebbero riannodarsi. Intanto, le ossa sul tavolo la rimandano alle sue avventure bambine, alle vacanze con la sorella Harry a Pawley's Island, nel South Carolina, ed alla scomparsa della loro amica di origini canadesi e con l'aspirazione di diventare poetessa, Evangeline Landry. Le solite sensazioni di Tempe le fanno supporre che i resti che sta esaminando appartengano proprio a lei. La fisionomia, l'età e la zona in cui son state trovate le ossa, dove abitava la piccola Landry, sembrano confermare la supposizione della dottoressa. Da questo caso, nascono a grappolo altre situazioni, escono fuori altre ossa, riguardanti bambine scomparse molto tempo addietro e ad aiutarla nelle indagini, oltre a Ryan, agli altri agenti ed ai vari tecnici o scienziati, ci sarà anche la stessa sorella Harry, giunta in Canada con l'ennesimo divorzio alle spalle. Con l’usuale tecnica alla Alexandre Dumas che ho descritto altrove, la Reichs ci tiene incollati alla pagina, anche se non ci fa partecipi moltissimo dei disvelamenti del problema. Fortunatamente abbiamo però modo, oltre che imparare nuove e diverse tecniche forensi, di far conoscenza di un’altra minoranza canadese: gli acadiani. Sono i discendenti dei primi coloni francesi, che alla fine del XVIII secolo vennero coinvolti in un’epurazione di massa da parte degli inglesi, uno dei primi genocidi (12.000 morti e non sono certo pochi). Alcune enclavi si salvano, come quella dove vive e prospera il cattivo pornografo artefice delle suddette morti, in cui coinvolge il pornografo buono (ma può esistere?). Non può esimersi, la nostra Tempe, da un finale periglioso, dove sono in difficoltà sia lei che Harry. Ma ce la faranno, e Tempe riuscirà a risolvere anche il mistero della più che ventennale scomparsa dell’amica Evangeline. Come dire, la scrittura della Reichs ormai all’undicesimo episodio ha pochi misteri da svelarci. La conosciamo, conosciamo ed apprezziamo i suoi trucchi, e la capacità (e non è da tutti) di non perdersi nessun personaggio secondario, siano essi il gatto Birdie o l’uccello, o alcuni detective del Quebec o della Carolina. Come rivediamo anche questa volta, di fondo, una piccola denuncia sociale riesce a farla: laddove la pornografia tocca ed ingloba la pedofilia. Ci aspettiamo tuttavia, una piccola rinascita, che su queste basi poco avrà vita facile il futuro della nostra antropologa forense.
“I fatti non cessano di esistere solo perché vengono ignorati.” (189)
Kathy Reichs “Le ossa del diavolo” BUR euro 9,90
[A: 01/11/2012– I: 01/09/2013 – T: 04/09/2013] - && e ½
[tit. or.: Devil Bones; ling. or.: inglese; pagine: 376; anno 2008]
Ci sono voluti una dozzina di romanzi per convincere i responsabili editoriali ad utilizzare correttamente i titoli. Così, finalmente abbiamo le ossa del diavolo che ci vengono restituite anche in italiano. In un romanzo dove la Reichs mantiene il buon livello precedente. Senza troppo altro, senza raggiungere i migliori risultati dei primi libri. Ma tant’è, meglio un buono standard che alcune delle prove scialbe di cui ho parlato. Certo la parte “thriller” rimane ancora in sordina, senza troppi patemi, anche se nel finale si cerca di imbrogliare un po’ le carte (e forse il finale è un filo troppo affettato). Intanto, nell’alternanza dei lavori della nostra patologa forense, questa volta torniamo a Charlotte in Carolina. E nel solco classico della Reichs, che ogni volta se la prende con qualche “stereotipo” americano, questa volta siamo alle prese con satanisti e compagnia. Sette diaboliche ed altre turpitudini che sembra trovino sempre un fertile terreno di là dell’Oceano. Ossa in uno scantinato di un santero ecuadoriano, che poi muore misteriosamente (ma per colpa sua, vedremo poi). Con simboli strani. E cadavere ritrovato in riva al fiume, vicino ad un ritrovo di altri settari. Questi sono uno dei tanti elementi di interesse che sempre la scrittrice inserisce, facendoci conoscere altri elementi poco noti (almeno a me). Sono i wiccani, seguaci appunto della Wicca, che come tutti sanno (??) è la più diffusa delle religioni neopagane. Esce allo scoperto nel 1954, ed ha una grande diffusione fino all’anno 2000. Poi rimane lì, forse qualcuno ne conosce meglio. Fatto sta (e questo sembrerebbe assodato) che i wiccani americani siano più sul versante new age che su quello satanico. Ma torniamo al nostro libro, dove anche sul lato patologico – osteologico vengo a scoprire altri elementi nuovi. Dei solchi strani (i canali haversiani credo si chiamino) che consentono di conoscere altri elementi della nostra vita. Qui servono a Tempe per avere un’illuminazione finale: il secondo cadavere è stato congelato. E questo spiega tutti i misteri del suo diverso andamento post-mortem. Una battaglia, intanto, si era scatenato sulle sette e sulla scarsa incisività dei tribunali contro di loro. Guidati da un commissario - John Wayne che entra in rotta di collisione con la nostra. Peccato che invece si tratti del sottobosco degli omosessuali. E dove si scopre coinvolto l’entourage del commissario fai da te. Alla fine, quindi, le sette non c’entrano, i cattivi (che anche io non avevo individuato, colpo della fretta nella parte finale) vengono scoperti e puniti. Purtroppo ci rimette le penne anche un buon poliziotto. Ed un povero wicca, colpito da quella giustizia piena di armi e personale di cui è tanto (ed inutilmente) piena l’America. Altrettanto ricca, anche se non conclusiva, è la parte della vita privata della nostra eroina. In piena crisi, come dagli ultimi libri emerge, non sapendo più se potere o riuscire a ritornare insieme al tenente Ryan. Qui interviene anche l’insoddisfatta figlia Kay che cerca di coinvolgere la mamma in nuove storie. In particolare con Charlie, che poi si scopre, oltre ad essere avvocato, anche una vecchia fiamma del liceo. Ma Ryan inopinatamente ricompare, dicendo che le sue storie con la ex sono cosa da chiudere nei cassetti del passato. Mentre l’ex-marito Pete sta sempre più spingendo per la sua nuova (e veramente stupidina) fiamma. Tanti punti nel calderone della passione di Tempe (con un bell’ossimoro, tra fuoco e temperanza). Riuscirà a staccarsi definitivamente da Pete? Si rimetterà con Ryan o lo lascerà? Come si evolve il nuovo rapporto con Charlie (che poi è anche vedovo, la moglie essendo morta dentro le Twin Tower)? Insomma tanti punti aperti, per una scrittura seriale che ha ancora numerose puntate al suo arco.
Kathy Reichs “Duecentosei ossa” BUR euro 9,90 (in realtà, scontato a 8,42 euro)
[A: 04/10/2012– I: 12/12/2013 – T: 14/12/2013] - &&&
[tit. or.: 206 Bones; ling. or.: inglese; pagine: 394; anno 2009]
Ci avviciniamo a grandi passi alla Kathy Reichs coeva, con qualche freccetta e molte, forse troppe pause. Intanto, e fortunatamente, il traduttore non è riuscito a rovinare il titolo, che le ossa erano 206, e così sono rimaste. Che questo (pare, non essendo io un osteopata) è il numero delle ossa presenti nel corpo umano. Quindi materia principe della nostra dr.ssa Brennan e del suo lavoro forense. Purtroppo il meccanismo ideato dalla Reichs questa volta lascia poco spazio all’inventiva, ed anche alla suspense, checché ne dicano i risvolti di copertina. Da un lato c’è l’usuale lavoro di Tempe alle prese con cadaveri, o meglio scheletri, cui bisogna risalire nel tempo per trovarne l’origine. E purtroppo non ci sono invenzioni o scoperte mediche nuove o stimolanti, come in altre opere di patologia forense. Solo una micro-informazione, che probabilmente è nota a tutti i dentisti, riguardante una formazione particolare del primo molare superiore, e nota come “cuspide del Carabelli”. Grazie a questa particolarità, e all’uso della tetraciclina in un’altra otturazione, la nostra esperta riuscirà a risolvere la parte “osteologica” del romanzo. Che invece, dal punto di vista centrale, è al solito occupato da qualcuno che vuole male a Tempe. Qui troviamo di fila tutta una serie di repertoriazioni che sembrano andare nel verso sbagliato, come se Tempe e le sue colleghe non riescano ad azzeccare una diagnosi che è una. Una prima persona anziana morte alcolizzata ma potrebbe essere stata uccisa. Una seconda cui spariscono alcune ossa della mano. Una terza che pare morta di contusioni o forse uccisa da un colpo di pistola che non prova lesioni ossee. Insomma tutta una serie di analisi che portano in crisi il rapporto tra la Brennan ed i suoi superiori. Facendo nel contempo crescere la notorietà di una nuova patologa dell’Istituto Canadese, Marie-Andrea Briel. È lei che rimette i puntini sulle “i” di tutti i presunti errori del reparto. Anche perché vuol fare pubblicità alla ditta di patologia forense privata gestita dal marito. Al solito, il mondo scientifico a volte è avaro di comunicativa, che sarebbe bastato un po’ più di informazione circolante per smascherare velocemente la Briel. Ed anche un po’ più di attenzione. Noi lettori onniscienti, anche se la Reichs non c e lo dice, capiamo subito che le ossa della mano di cui sopra sono state trafugate da qualcuno. E non ci meraviglieremo più di tanto, alla fine, alla scoperta che i cattivi sono dalla parte della Briel. Magari ci hanno messo del loro, andando oltre quanto la stessa immaginava. Fatto sta che qualcuno (la Briel? Il marito della Briel? Il giovane di laboratorio della Briel? La dottoranda della Briel?) decida che Tempe è di troppo, ed alla fine la sequestra e seppellisce in un cimitero di ossa ignoto ai più (nemesi per una dottoressa che vive sull’analisi delle ossa stesse). E come nei peggiori B-movie questo andamento “periglioso” per la nostra eroina, è narrato in contemporanea, facendo andare le vicende analitiche dei corpi quasi in flashback. Fino a ricongiungersi in un finale non particolarmente entusiasmante. Che Tempe riesce a recidere i legacci, ed a fuggire dalla tomba, al sopraggiungere del personaggio negativo di turno. Che guarda caso sarà messo a tacere per sempre dal sempre vicino Andrew Ryan. Mentre su questo torneremo, diciamo di passaggio che Tempe indagava su degli scheletri ritrovati in un lago, e su quattro persone anziane uccise in modo efferato. E che l’analisi delle ossa, nonché l’uso temporale di sostanze chimiche prima o dopo delle presunte morti, fa in modo che la polizia canadese acciuffi il corretto colpevole di ogni crimine. Rimane quello detto poco fa sulle vicende private della nostra. Ryan le sta vicino per tutto il tempo, ma lei fa finta di nulla. È ancora scottata da quell’allontanamento del bel tenente che cercava di far uscire la figlia dal tunnel della droga, riavvicinandosi alla prima moglie. Ma quel tentativo andato a vuoto, Ryan torna verso Tempe. Tuttavia non riesce a parlarne (ma quando impareranno i personaggi della Reichs che parlare è meglio che tacere?). E Tempe pensa che riaccostarsi ad Andrew sia rischioso per scottarsi di nuovo. E si frequenta quel Charlie della fine del precedente libro, ma con scarso successo di critica e di pubblico. Ovviamente, il pericolo riavvicina i cuori. Ma mi aspetto al prossimo romanzo che salti fuori di nuovo qualcosa che ostacoli il giusto corso degli eventi. Per questo dicevo, pur rispettando il buono scrivere dell’autrice, è un romanzo in minore, con poche invenzioni degne di nota, ed una struttura narrativa decisamente troppo scontata per un’autrice della sua esperienza. Ci si tornerà alla prossima.
“Andare a casa, cenare, magari leggere un buon libro: Alexander McCall Smith o Nora Roberts.” (123)
Kathy Reichs “Le ossa del ragno” BUR euro 9,90 (in realtà, scontato a 4,46 euro con Feltrinelli+)
[A: 20/05/2013– I: 18/05/2014 – T: 21/05/2014] - &&& e ½
[tit. or.: Spider Bones; ling. or.: inglese; pagine: 376; anno 2010]
Essendo notoria la presenza cartilaginea negli aracnidacei, il titolo tenta una captatio benevolentiae, degna però di miglior causa. Perché, se vogliamo essere filologici, il libro avrebbe dovuto intitolarsi “Le ossa di Ragno” e non “del”, dato che per tutto il romanzo ci imbattiamo nelle ossa appunto di una persona che, fin da piccolo, era stato soprannominato “Spider”, cioè Ragno. Mettere il determinativo e la minuscola, regala un titolo inutile, per un libro, non certo “capolavoro”, ma decisamente un pochino meglio degli ultimi della scrittrice. La trama è al solito farcita di delizie anatomo – patologiche e di qualche chicca antropologica (la mitica Tempe sfoggia una cultura della lingua hawaiana veramente insospettata), ma ha una sua scorrevolezza. Anche perché non si dilunga troppo nella parte “rosa”, dedicata alle ormai arcinote vicende di cuore della dottoressa. Tutto inizia dal ritrovamento di un cadavere morto durante una sessione di autoerotismo subacqueo (vi lascio deliziarvi come). Peccato che per accertarne l’identità si scopre che il morto dovrebbe essere morto quaranta anni prima in Vietnam. Peccato anche che sia stato sepolto con gli onori militari dovuti ai caduti in guerra. La nostra intrepida dottoressa allora viene coinvolta nel gioco della scoperta di chi sia il vero morto. Per scoprirlo, bisognerà recarsi alle Hawaii, dove ha sede un istituto dedicato al ritrovamento dei militari americani dispersi in guerra. Quale migliore occasione allora per prendersi qualche giorno di ferie al sole delle isole, insieme alla figlia Katy, distrutta per la morte di un suo spasimato in Afghanistan? Le due vanno quindi bell’arcipelago, e, tra una mangiata di pesce ed un bagno al tramonto sulla spiaggia di Waikiki (per me sempre la mitica “Sweet Hawaiian Sunshine” di Jorma Kaukonen), si incomincia ad ingrossare la trama. Con i patologi dell’esercito, la dottoressa Brennan scopre che il sepolto non può essere Johnny detto Spider. Scopre inoltre un morto “senza nome” che potrebbe essere un meticcio americano, presente anche lui sull’elicottero caduto. Ora, abbiamo 6 corpi provenienti da quell’incidente: tre ricostruiti subito e li mettiamo da parte. Poi ci sono Spider e Alvarez. Infine, il sesto ignoto. Mentre Tempe continua ad indagare, tempestando di telefonate l’ex-amore Ryan, il tenente della Omicidi che indaga sulla morte iniziale, altri avvenimenti delittuosi avvengono nell’isola. Che il capo dei patologi locali, un’avvenente hawaiana, richiede l’aiuto della nostra dottoressa dopo il ritrovamento di un resto umano morto e poi dilaniato dagli squali. Lavoro di routine, per la nostra campionessa, che fa trovare le fila di questo morto. E di un secondo non direi cadavere, ma “resto umano” (in effetti, si trova solo la gamba sinistra, ma anche del primo c’era la gamba sinistra, quindi gli squali ne hanno mangiati due). Con rapidità si risale ad una gang di samoani, che, con l’aiuto di qualcuno del continente, cercano di infiltrarsi nel traffico locale di stupefacenti. Peccato, che il capo dei cattivi di Honolulu se ne accorga e ne faccia fettine per i pesci. In parallelo, avanzano le indagini sui 3 cadaveri, e si scopre la possibilità che il terzo sia un locale hawaiano, tale Xander. Sommersa dalle coincidenze, Tempe chiede aiuto a Ryan, che pensa bene di venire alle Hawaii con la figlia Lily, quella sempre sulle fila della tossicodipendenza, e motivo dell’allontanamento tra i due. Tralascio la parte rosa, o quasi rosa, di battibecchi tra Katy e Lily, tra Ryan e Tempe, gli allontanamenti e poi gli avvicinamenti. Il bello della vicenda viene quando si scopre che i due “squalizzati”, sono pupilli di un losco figuro californiano di nome Xander. Sarebbe tutto molto semplice, se si riuscisse a fare il test del DNA a qualche morto, ma l’unico che potrebbe (il padre di Spider) si rifiuta. Con sotterfugi e manovre astute, la nostra intrepida, pur rischiando prima la sua pelle, poi quella di Kay ed infine quella di Lily (fortunatamente si salvano tutte e tre), dicevo la grande Tempe riesce a mettere in fila la grande confusione ossea. La madre di Spider aveva quello che in gergo medico si chiama chimerismo umano, cioè la presenza di un duplice DNA con alterazioni e sequenze diverse (tipico esempio, occhi di colore diverso; ma se ne sono riscontrati ad ora, al mondo, circa 30 casi, e guarda tu la fortuna, proprio uno nella storia della Reichs!). Per cui sembra che Spider non sia suo figlio. Invece lo è. Non lo è quello che si fa chiamare Xander. E non lo è Reggie, un cugino di Spider, che ad un certo punto salta fuori essendone (dalle foto) tanto somigliante che li scambiano per gemelli. A questo punto abbiamo tre morti ed un vivo, e quattro nomi: Spider, Alvarez, Xander e Reggie. L’intuito sopraffino di Tempe metterà ordine a tutto ciò, dando un filo logico a tutte le morti. Dicevo quindi una bella trama scorrevole, da lettura serale distensiva, con un tocco finale di citazione da “Il ponte di San Louis Rey” di Thornton Wilder, degno di un libricino in più nei giudizi.
Prima trama del mese ed andiamo ad elencare le letture di marzo, intervallate dal viaggio sudafricano. Un mese molto positivo, con ben quattro letture “quasi” immancabili: un Licalzi pensieroso, una Hustvedt ed una Ortese da sottolineare, la scoperta della lettura filmica di Schlink, e la riscoperta di un lontanissimo Tim Robbins. Di converso, ci sono anche due letture che non mi sono piaciute: il riso di Kundera, che non mi ha coinvolto per nulla, e l’ultima puntata della saga di Matilde Asensi, molto deludente.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Lorenzo Licalzi
Un lungo fortissimo abbraccio
BUR
9,90
4
2
Glenway Wescott
Appartamento ad Atene
Adelphi
s.p.
3
3
Luigi Guicciardi
La morte ha mille mani
Sole 24 ore – Noir
6,90
3
4
Siri Hustvedt
L’estate senza uomini
Einaudi
9,50
4
5
Anna Maria Ortese
Il mare non bagna Napoli
Adelphi
10
4
6
Milan Kundera
Il libro del riso e dell’oblio
Adelphi
10
1
7
Bernhard Schlink
A voce alta
Garzanti
9,90
4
8
Massimo Cassani
Pioggia battente
Sole 24 ore – Noir
6,90
2
9
Valerio Varesi
Ultime notizie di una fuga
Frassinelli
12,50
2
10
Knut Hamsun
Fame
Adelphi
10
3
1
Vito Di Bari
Nessuno è come sembra
Mondadori
4,90
2
12
Principessa Bibesco
Nobiltà dell’abito
Sellerio
s.p.
3
13
Matilde Asensi
La congiura di Cortés
BUR
8,90
1
14
Alberto Paleari
Il colore della vergogna
Sole 24 ore – Noir
6,90
3
15
Deon Meyer
Dead at Daybreak
Hodder
12
3
16
Tom Robbins
Natura morta con picchio
Baldini Castaldi Dellai
8,90
4

Come detto sopra, non potevo abbandonare i miei fedeli lettori per troppo tempo. E non potevo non dire loro quanto è stato bello il viaggio in Turchia e Cappadocia. Veramente da ricordare, per i posti visti e per la riuscita del viaggio stesso. Si riparte? Per ora si andrà a Bologna per un sentito e doveroso omaggio a Raul e Viviana (e loro sanno perché). 

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