Come in una puntata dei seriali
migliori (quelli della mia amica Rosa), ecco quattro puntate “live” della serie
che dal libro è passata anche sul piccolo schermo. Le avventure della
dottoressa Temperance Brennan, scritte (seppur con alterna riuscita) dalla
sempre brava Kathy Reichs. Non potevo certo lasciarvi a secco per troppo tempo,
tra l’altro con quattro titoli che vanno a poco a poco riportando verso l’alto
il livello della serie, ultimamente in ribasso.
Kathy Reichs “Skeleton” BUR
euro 9,90
[A: 12/10/2012– I:
28/06/2013 – T: 01/07/2013] - &&
[tit. or.: Bones to Ashes; ling. or.: inglese; pagine: 394; anno 2007]
Ora,
che senso ha mettere un titolo inglese che significa scheletro, quando
l’originale parla di ossa che vanno in cenere? Già è lunga la mia diatriba con
i traduttori per lo scempio dei titoli. Qui si rasenta il ridicolo, mette un
titolo inglese che poco ha da spartire con l’originale. Decidiamoci una buona
volta: se il titolo è in inglese, tanto vale lasciare l’originale o se traduciamo,
traduciamolo attinentemente. Per il resto, questa nuova avventura di Tempe
Brennan e della sua corte di personaggi ritorna ai livelli di dignità standard
dei suoi romanzi. Certo, l’impianto base del racconto non può discostarsi molto
dal modello vincente (ossa da identificare, cause del decesso, tempo della
morte, e tutto il resto delle “normali” attività forensi), ma quello che varia
è il contorno, le difficoltà immesse sul cammino, e gli inciampi (soprattutto
della vita privata) cui la nostra Tempe incorre. Infatti, mentre al solito
lavora su nuovi casi, la mente non molla il pensiero di Ryan, ed il
riavvicinamento di quest'ultimo alla madre di sua figlia, in quanto ha
frainteso l'intesa tra l'antropologa e l'ex-marito, che avevamo visto rinascere
nell’ultimo romanzo. Ma Pete invece vuole il divorzio per potersi risposare. E
tuttavia ipotizziamo che forse la storia con il bel tenente canadese potrebbero
riannodarsi. Intanto, le ossa sul tavolo la rimandano alle sue avventure
bambine, alle vacanze con la sorella Harry a Pawley's Island, nel South
Carolina, ed alla scomparsa della loro amica di origini canadesi e con
l'aspirazione di diventare poetessa, Evangeline Landry. Le solite sensazioni di
Tempe le fanno supporre che i resti che sta esaminando appartengano proprio a
lei. La fisionomia, l'età e la zona in cui son state trovate le ossa, dove
abitava la piccola Landry, sembrano confermare la supposizione della
dottoressa. Da questo caso, nascono a grappolo altre situazioni, escono fuori
altre ossa, riguardanti bambine scomparse molto tempo addietro e ad aiutarla
nelle indagini, oltre a Ryan, agli altri agenti ed ai vari tecnici o
scienziati, ci sarà anche la stessa sorella Harry, giunta in Canada con
l'ennesimo divorzio alle spalle. Con l’usuale tecnica alla Alexandre Dumas che
ho descritto altrove, la Reichs ci tiene incollati alla pagina, anche se non ci
fa partecipi moltissimo dei disvelamenti del problema. Fortunatamente abbiamo
però modo, oltre che imparare nuove e diverse tecniche forensi, di far
conoscenza di un’altra minoranza canadese: gli acadiani. Sono i discendenti dei
primi coloni francesi, che alla fine del XVIII secolo vennero coinvolti in
un’epurazione di massa da parte degli inglesi, uno dei primi genocidi (12.000
morti e non sono certo pochi). Alcune enclavi si salvano, come quella dove vive
e prospera il cattivo pornografo artefice delle suddette morti, in cui
coinvolge il pornografo buono (ma può esistere?). Non può esimersi, la nostra
Tempe, da un finale periglioso, dove sono in difficoltà sia lei che Harry. Ma
ce la faranno, e Tempe riuscirà a risolvere anche il mistero della più che
ventennale scomparsa dell’amica Evangeline. Come dire, la scrittura della
Reichs ormai all’undicesimo episodio ha pochi misteri da svelarci. La conosciamo,
conosciamo ed apprezziamo i suoi trucchi, e la capacità (e non è da tutti) di
non perdersi nessun personaggio secondario, siano essi il gatto Birdie o
l’uccello, o alcuni detective del Quebec o della Carolina. Come rivediamo anche
questa volta, di fondo, una piccola denuncia sociale riesce a farla: laddove la
pornografia tocca ed ingloba la pedofilia. Ci aspettiamo tuttavia, una piccola
rinascita, che su queste basi poco avrà vita facile il futuro della nostra
antropologa forense.
“I fatti non cessano di esistere solo perché
vengono ignorati.” (189)
Kathy Reichs “Le ossa del diavolo” BUR euro 9,90
[A: 01/11/2012– I: 01/09/2013 – T: 04/09/2013] - &&
e ½
[tit. or.: Devil Bones; ling. or.: inglese; pagine: 376;
anno 2008]
Ci
sono voluti una dozzina di romanzi per convincere i responsabili editoriali ad
utilizzare correttamente i titoli. Così, finalmente abbiamo le ossa del diavolo
che ci vengono restituite anche in italiano. In un romanzo dove la Reichs
mantiene il buon livello precedente. Senza troppo altro, senza raggiungere i
migliori risultati dei primi libri. Ma tant’è, meglio un buono standard che
alcune delle prove scialbe di cui ho parlato. Certo la parte “thriller” rimane
ancora in sordina, senza troppi patemi, anche se nel finale si cerca di imbrogliare
un po’ le carte (e forse il finale è un filo troppo affettato). Intanto,
nell’alternanza dei lavori della nostra patologa forense, questa volta torniamo
a Charlotte in Carolina. E nel solco classico della Reichs, che ogni volta se
la prende con qualche “stereotipo” americano, questa volta siamo alle prese con
satanisti e compagnia. Sette diaboliche ed altre turpitudini che sembra trovino
sempre un fertile terreno di là dell’Oceano. Ossa in uno scantinato di un
santero ecuadoriano, che poi muore misteriosamente (ma per colpa sua, vedremo
poi). Con simboli strani. E cadavere ritrovato in riva al fiume, vicino ad un
ritrovo di altri settari. Questi sono uno dei tanti elementi di interesse che
sempre la scrittrice inserisce, facendoci conoscere altri elementi poco noti
(almeno a me). Sono i wiccani, seguaci appunto della Wicca, che come tutti
sanno (??) è la più diffusa delle religioni neopagane. Esce allo scoperto nel
1954, ed ha una grande diffusione fino all’anno 2000. Poi rimane lì, forse
qualcuno ne conosce meglio. Fatto sta (e questo sembrerebbe assodato) che i
wiccani americani siano più sul versante new age che su quello satanico. Ma
torniamo al nostro libro, dove anche sul lato patologico – osteologico vengo a
scoprire altri elementi nuovi. Dei solchi strani (i canali haversiani credo si
chiamino) che consentono di conoscere altri elementi della nostra vita. Qui
servono a Tempe per avere un’illuminazione finale: il secondo cadavere è stato
congelato. E questo spiega tutti i misteri del suo diverso andamento
post-mortem. Una battaglia, intanto, si era scatenato sulle sette e sulla
scarsa incisività dei tribunali contro di loro. Guidati da un commissario -
John Wayne che entra in rotta di collisione con la nostra. Peccato che invece
si tratti del sottobosco degli omosessuali. E dove si scopre coinvolto
l’entourage del commissario fai da te. Alla fine, quindi, le sette non
c’entrano, i cattivi (che anche io non avevo individuato, colpo della fretta
nella parte finale) vengono scoperti e puniti. Purtroppo ci rimette le penne
anche un buon poliziotto. Ed un povero wicca, colpito da quella giustizia piena
di armi e personale di cui è tanto (ed inutilmente) piena l’America.
Altrettanto ricca, anche se non conclusiva, è la parte della vita privata della
nostra eroina. In piena crisi, come dagli ultimi libri emerge, non sapendo più
se potere o riuscire a ritornare insieme al tenente Ryan. Qui interviene anche
l’insoddisfatta figlia Kay che cerca di coinvolgere la mamma in nuove storie.
In particolare con Charlie, che poi si scopre, oltre ad essere avvocato, anche
una vecchia fiamma del liceo. Ma Ryan inopinatamente ricompare, dicendo che le
sue storie con la ex sono cosa da chiudere nei cassetti del passato. Mentre
l’ex-marito Pete sta sempre più spingendo per la sua nuova (e veramente
stupidina) fiamma. Tanti punti nel calderone della passione di Tempe (con un
bell’ossimoro, tra fuoco e temperanza). Riuscirà a staccarsi definitivamente da
Pete? Si rimetterà con Ryan o lo lascerà? Come si evolve il nuovo rapporto con
Charlie (che poi è anche vedovo, la moglie essendo morta dentro le Twin Tower)?
Insomma tanti punti aperti, per una scrittura seriale che ha ancora numerose
puntate al suo arco.
Kathy Reichs “Duecentosei ossa” BUR euro 9,90 (in realtà, scontato a
8,42 euro)
[A: 04/10/2012– I: 12/12/2013 – T: 14/12/2013] - &&&
[tit. or.: 206 Bones; ling. or.: inglese; pagine: 394;
anno 2009]
Ci
avviciniamo a grandi passi alla Kathy Reichs coeva, con qualche freccetta e
molte, forse troppe pause. Intanto, e fortunatamente, il traduttore non è
riuscito a rovinare il titolo, che le ossa erano 206, e così sono rimaste. Che
questo (pare, non essendo io un osteopata) è il numero delle ossa presenti nel
corpo umano. Quindi materia principe della nostra dr.ssa Brennan e del suo
lavoro forense. Purtroppo il meccanismo ideato dalla Reichs questa volta lascia
poco spazio all’inventiva, ed anche alla suspense, checché ne dicano i risvolti
di copertina. Da un lato c’è l’usuale lavoro di Tempe alle prese con cadaveri,
o meglio scheletri, cui bisogna risalire nel tempo per trovarne l’origine. E
purtroppo non ci sono invenzioni o scoperte mediche nuove o stimolanti, come in
altre opere di patologia forense. Solo una micro-informazione, che probabilmente
è nota a tutti i dentisti, riguardante una formazione particolare del primo
molare superiore, e nota come “cuspide del Carabelli”. Grazie a questa
particolarità, e all’uso della tetraciclina in un’altra otturazione, la nostra
esperta riuscirà a risolvere la parte “osteologica” del romanzo. Che invece,
dal punto di vista centrale, è al solito occupato da qualcuno che vuole male a
Tempe. Qui troviamo di fila tutta una serie di repertoriazioni che sembrano
andare nel verso sbagliato, come se Tempe e le sue colleghe non riescano ad
azzeccare una diagnosi che è una. Una prima persona anziana morte alcolizzata
ma potrebbe essere stata uccisa. Una seconda cui spariscono alcune ossa della
mano. Una terza che pare morta di contusioni o forse uccisa da un colpo di
pistola che non prova lesioni ossee. Insomma tutta una serie di analisi che
portano in crisi il rapporto tra la Brennan ed i suoi superiori. Facendo nel
contempo crescere la notorietà di una nuova patologa dell’Istituto Canadese,
Marie-Andrea Briel. È lei che rimette i puntini sulle “i” di tutti i presunti
errori del reparto. Anche perché vuol fare pubblicità alla ditta di patologia
forense privata gestita dal marito. Al solito, il mondo scientifico a volte è
avaro di comunicativa, che sarebbe bastato un po’ più di informazione
circolante per smascherare velocemente la Briel. Ed anche un po’ più di
attenzione. Noi lettori onniscienti, anche se la Reichs non c e lo dice,
capiamo subito che le ossa della mano di cui sopra sono state trafugate da
qualcuno. E non ci meraviglieremo più di tanto, alla fine, alla scoperta che i
cattivi sono dalla parte della Briel. Magari ci hanno messo del loro, andando
oltre quanto la stessa immaginava. Fatto sta che qualcuno (la Briel? Il marito
della Briel? Il giovane di laboratorio della Briel? La dottoranda della Briel?)
decida che Tempe è di troppo, ed alla fine la sequestra e seppellisce in un
cimitero di ossa ignoto ai più (nemesi per una dottoressa che vive sull’analisi
delle ossa stesse). E come nei peggiori B-movie questo andamento “periglioso”
per la nostra eroina, è narrato in contemporanea, facendo andare le vicende
analitiche dei corpi quasi in flashback. Fino a ricongiungersi in un finale non
particolarmente entusiasmante. Che Tempe riesce a recidere i legacci, ed a
fuggire dalla tomba, al sopraggiungere del personaggio negativo di turno. Che
guarda caso sarà messo a tacere per sempre dal sempre vicino Andrew Ryan.
Mentre su questo torneremo, diciamo di passaggio che Tempe indagava su degli
scheletri ritrovati in un lago, e su quattro persone anziane uccise in modo
efferato. E che l’analisi delle ossa, nonché l’uso temporale di sostanze
chimiche prima o dopo delle presunte morti, fa in modo che la polizia canadese
acciuffi il corretto colpevole di ogni crimine. Rimane quello detto poco fa
sulle vicende private della nostra. Ryan le sta vicino per tutto il tempo, ma
lei fa finta di nulla. È ancora scottata da quell’allontanamento del bel
tenente che cercava di far uscire la figlia dal tunnel della droga,
riavvicinandosi alla prima moglie. Ma quel tentativo andato a vuoto, Ryan torna
verso Tempe. Tuttavia non riesce a parlarne (ma quando impareranno i personaggi
della Reichs che parlare è meglio che tacere?). E Tempe pensa che riaccostarsi
ad Andrew sia rischioso per scottarsi di nuovo. E si frequenta quel Charlie
della fine del precedente libro, ma con scarso successo di critica e di
pubblico. Ovviamente, il pericolo riavvicina i cuori. Ma mi aspetto al prossimo
romanzo che salti fuori di nuovo qualcosa che ostacoli il giusto corso degli
eventi. Per questo dicevo, pur rispettando il buono scrivere dell’autrice, è un
romanzo in minore, con poche invenzioni degne di nota, ed una struttura
narrativa decisamente troppo scontata per un’autrice della sua esperienza. Ci
si tornerà alla prossima.
“Andare a casa, cenare, magari leggere un
buon libro: Alexander McCall Smith o Nora Roberts.” (123)
Kathy Reichs “Le ossa del ragno” BUR euro 9,90 (in realtà, scontato a 4,46
euro con Feltrinelli+)
[A: 20/05/2013– I: 18/05/2014 – T: 21/05/2014] - &&&
e ½
[tit. or.: Spider Bones; ling. or.: inglese; pagine: 376;
anno 2010]
Essendo
notoria la presenza cartilaginea negli aracnidacei, il titolo tenta una
captatio benevolentiae, degna però di miglior causa. Perché, se vogliamo essere
filologici, il libro avrebbe dovuto intitolarsi “Le ossa di Ragno” e non “del”,
dato che per tutto il romanzo ci imbattiamo nelle ossa appunto di una persona
che, fin da piccolo, era stato soprannominato “Spider”, cioè Ragno. Mettere il
determinativo e la minuscola, regala un titolo inutile, per un libro, non certo
“capolavoro”, ma decisamente un pochino meglio degli ultimi della scrittrice.
La trama è al solito farcita di delizie anatomo – patologiche e di qualche
chicca antropologica (la mitica Tempe sfoggia una cultura della lingua hawaiana
veramente insospettata), ma ha una sua scorrevolezza. Anche perché non si
dilunga troppo nella parte “rosa”, dedicata alle ormai arcinote vicende di
cuore della dottoressa. Tutto inizia dal ritrovamento di un cadavere morto
durante una sessione di autoerotismo subacqueo (vi lascio deliziarvi come).
Peccato che per accertarne l’identità si scopre che il morto dovrebbe essere
morto quaranta anni prima in Vietnam. Peccato anche che sia stato sepolto con
gli onori militari dovuti ai caduti in guerra. La nostra intrepida dottoressa
allora viene coinvolta nel gioco della scoperta di chi sia il vero morto. Per
scoprirlo, bisognerà recarsi alle Hawaii, dove ha sede un istituto dedicato al
ritrovamento dei militari americani dispersi in guerra. Quale migliore
occasione allora per prendersi qualche giorno di ferie al sole delle isole,
insieme alla figlia Katy, distrutta per la morte di un suo spasimato in
Afghanistan? Le due vanno quindi bell’arcipelago, e, tra una mangiata di pesce
ed un bagno al tramonto sulla spiaggia di Waikiki (per me sempre la mitica
“Sweet Hawaiian Sunshine” di Jorma Kaukonen), si incomincia ad ingrossare la
trama. Con i patologi dell’esercito, la dottoressa Brennan scopre che il
sepolto non può essere Johnny detto Spider. Scopre inoltre un morto “senza nome”
che potrebbe essere un meticcio americano, presente anche lui sull’elicottero
caduto. Ora, abbiamo 6 corpi provenienti da quell’incidente: tre ricostruiti
subito e li mettiamo da parte. Poi ci sono Spider e Alvarez. Infine, il sesto
ignoto. Mentre Tempe continua ad indagare, tempestando di telefonate l’ex-amore
Ryan, il tenente della Omicidi che indaga sulla morte iniziale, altri
avvenimenti delittuosi avvengono nell’isola. Che il capo dei patologi locali,
un’avvenente hawaiana, richiede l’aiuto della nostra dottoressa dopo il
ritrovamento di un resto umano morto e poi dilaniato dagli squali. Lavoro di
routine, per la nostra campionessa, che fa trovare le fila di questo morto. E
di un secondo non direi cadavere, ma “resto umano” (in effetti, si trova solo
la gamba sinistra, ma anche del primo c’era la gamba sinistra, quindi gli
squali ne hanno mangiati due). Con rapidità si risale ad una gang di samoani,
che, con l’aiuto di qualcuno del continente, cercano di infiltrarsi nel
traffico locale di stupefacenti. Peccato, che il capo dei cattivi di Honolulu
se ne accorga e ne faccia fettine per i pesci. In parallelo, avanzano le
indagini sui 3 cadaveri, e si scopre la possibilità che il terzo sia un locale
hawaiano, tale Xander. Sommersa dalle coincidenze, Tempe chiede aiuto a Ryan,
che pensa bene di venire alle Hawaii con la figlia Lily, quella sempre sulle
fila della tossicodipendenza, e motivo dell’allontanamento tra i due. Tralascio
la parte rosa, o quasi rosa, di battibecchi tra Katy e Lily, tra Ryan e Tempe,
gli allontanamenti e poi gli avvicinamenti. Il bello della vicenda viene quando
si scopre che i due “squalizzati”, sono pupilli di un losco figuro californiano
di nome Xander. Sarebbe tutto molto semplice, se si riuscisse a fare il test
del DNA a qualche morto, ma l’unico che potrebbe (il padre di Spider) si
rifiuta. Con sotterfugi e manovre astute, la nostra intrepida, pur rischiando
prima la sua pelle, poi quella di Kay ed infine quella di Lily (fortunatamente
si salvano tutte e tre), dicevo la grande Tempe riesce a mettere in fila la
grande confusione ossea. La madre di Spider aveva quello che in gergo medico si
chiama chimerismo umano, cioè la presenza di un duplice DNA con alterazioni e
sequenze diverse (tipico esempio, occhi di colore diverso; ma se ne sono
riscontrati ad ora, al mondo, circa 30 casi, e guarda tu la fortuna, proprio
uno nella storia della Reichs!). Per cui sembra che Spider non sia suo figlio.
Invece lo è. Non lo è quello che si fa chiamare Xander. E non lo è Reggie, un
cugino di Spider, che ad un certo punto salta fuori essendone (dalle foto)
tanto somigliante che li scambiano per gemelli. A questo punto abbiamo tre
morti ed un vivo, e quattro nomi: Spider, Alvarez, Xander e Reggie. L’intuito
sopraffino di Tempe metterà ordine a tutto ciò, dando un filo logico a tutte le
morti. Dicevo quindi una bella trama scorrevole, da lettura serale distensiva,
con un tocco finale di citazione da “Il ponte di San Louis Rey” di Thornton
Wilder, degno di un libricino in più nei giudizi.
Prima
trama del mese ed andiamo ad elencare le letture di marzo, intervallate dal
viaggio sudafricano. Un mese molto positivo, con ben quattro letture “quasi”
immancabili: un Licalzi pensieroso, una Hustvedt ed una Ortese da sottolineare,
la scoperta della lettura filmica di Schlink, e la riscoperta di un
lontanissimo Tim Robbins. Di converso, ci sono anche due letture che non mi
sono piaciute: il riso di Kundera, che non mi ha coinvolto per nulla, e
l’ultima puntata della saga di Matilde Asensi, molto deludente.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Lorenzo Licalzi
|
Un lungo fortissimo abbraccio
|
BUR
|
9,90
|
4
|
2
|
Glenway Wescott
|
Appartamento ad Atene
|
Adelphi
|
s.p.
|
3
|
3
|
Luigi Guicciardi
|
La morte ha mille mani
|
Sole 24 ore – Noir
|
6,90
|
3
|
4
|
Siri Hustvedt
|
L’estate senza uomini
|
Einaudi
|
9,50
|
4
|
5
|
Anna Maria Ortese
|
Il mare non bagna Napoli
|
Adelphi
|
10
|
4
|
6
|
Milan Kundera
|
Il libro del riso e dell’oblio
|
Adelphi
|
10
|
1
|
7
|
Bernhard Schlink
|
A voce alta
|
Garzanti
|
9,90
|
4
|
8
|
Massimo Cassani
|
Pioggia battente
|
Sole 24 ore – Noir
|
6,90
|
2
|
9
|
Valerio Varesi
|
Ultime notizie di una fuga
|
Frassinelli
|
12,50
|
2
|
10
|
Knut Hamsun
|
Fame
|
Adelphi
|
10
|
3
|
1
|
Vito Di Bari
|
Nessuno è come sembra
|
Mondadori
|
4,90
|
2
|
12
|
Principessa Bibesco
|
Nobiltà
dell’abito
|
Sellerio
|
s.p.
|
3
|
13
|
Matilde Asensi
|
La congiura di Cortés
|
BUR
|
8,90
|
1
|
14
|
Alberto Paleari
|
Il colore della vergogna
|
Sole 24 ore – Noir
|
6,90
|
3
|
15
|
Deon Meyer
|
Dead at Daybreak
|
Hodder
|
12
|
3
|
16
|
Tom Robbins
|
Natura morta con picchio
|
Baldini Castaldi Dellai
|
8,90
|
4
|
Come detto sopra, non potevo
abbandonare i miei fedeli lettori per troppo tempo. E non potevo non dire loro
quanto è stato bello il viaggio in Turchia e Cappadocia. Veramente da
ricordare, per i posti visti e per la riuscita del viaggio stesso. Si riparte?
Per ora si andrà a Bologna per un sentito e doveroso omaggio a Raul e Viviana
(e loro sanno perché).
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