Una settimana dedicata alla scrittrice canadese Louise Penny ed al suo personaggio seriale, l’ispettore capo della Squadra Omicidi del Québec, Armand Gamache. Con una lettura che inizia a ricucire, ove possibile, il filo delle storie, dato che le insensate politiche editoriali italiane hanno iniziato a pubblicarne le avventure da circa la metà della serie, per poi accorgersi che, dato il moderato successo, forse era bene riprenderlo dall’inizio.
Così qui troviamo i primi due episodi
scritti, che servono molto da introduzione al personaggio ed agli altri
protagonisti fissi delle vicende. Nonché a presentarci il “luogo magico” dei
Tre Pini, dove i nostri convergono e dove lo stesso Armand deciderà ad un certo
punto di trasferirsi.
In ogni caso la scrittura è gradevole
e gli episodi scorrono con un giudizio sicuramente superiore alla media.
Louise
Penny “Natura morta” Repubblica Profondo Noir 4 euro 8,90
[A: 24/07/2023 – I: 08/04/2024 – T: 10/04/2024] - &&&
[tit. or.: Still Life; ling. or.: inglese; pagine: 350; anno 2005]
AG01
Finalmente
incrocio il primo episodio delle avventure dell’ispettore capo, una serie
interessante per le modalità quasi “alla Christie” della scrittura (non a caso
Louise Penny ha più volte vinto l’Agatha Christie Award), ma che in Italia, per
leggerne, si devono fare un po’ di ricerche, visto che non è stata seguita la
cronologia originaria. Ora se ne stanno pubblicando a balzi, un po’ dei nuovi
ed un po’ dei vecchi.
Comunque,
questa è la prima uscita di quasi vent’anni fa, dove vediamo nascere la stella
di Gamache, vediamo iniziare le sue modalità di indagine, cominciamo a
conoscere il suo entourage, e, soprattutto, entriamo alla grande nella comunità
inventata di Three Pines.
In
questa prima uscita, Gamache è sui cinquantacinque anni, non incontriamo la
moglie Reine-Marie (anche se viene nominata), mentre incrociamo i suoi
aiutanti. Il suo braccio destro, cui si rivolge nelle elucubrazioni sugli
avvenimenti, Jean-Guy Beauvoir, e la neo-agente Yvette Nichol (che mi sa si
perderà prima o poi…).
Vediamo
anche la cittadina e la comunità di Three Pines, che ovviamente è inventata, ma
ha il sapore della piccole comunità rurali sparse tra Montreal e Québec, verso
il Vermont ed il Maine. Non a caso, sono anglofone in uno spazio francofono del
Canada. Oltre alle case antiche, non può mancare un mulino, una chiesa, ed
ovviamente tanti aceri.
In
questa comunità impareremo a conoscerne i principali attori. Sulla scena quasi
sempre Clara e Peter Morrow, i due artisti di spicco del posto, Ruth una
poetessa dal grande passato ma con accenni di demenza senile, Myrna,
un’ex-psicologa che, non sopportando più i pazienti, ha mollato tutto ed aperto
una libreria, e Olivier e Gabri, i due omosessuali proprietari di un bistro con
annesso B&B.
La
trama è apparentemente lineare: poco prima del giorno del Ringraziamento, viene
ritrovata senza vita Jane Neal, una delle abitanti di Three Pines. Ex-maestra
in pensione, molto ferma nei suoi propositi e con una vena artistica inespressa
o forse incompresa. Ha sempre dipinto, ma mai mostrato le sue opere. Ora che ha
deciso il grande passo, mostrando alla comunità un suo strano quadro intitolato
“Giorno di festa”, all’alba ha il cuore trapassato da una freccia.
La
scrittrice introduce così due elementi che saranno (per quel che ho letto di
lei) costanti nei suoi scritti. Uno sguardo all’arte ed alle sue forme ed un
omaggio alle tradizioni radicate nell’anima popolare dei québecois. La pittura
di Jane è potentemente naif, con una vena strana che prende l’occhio e la testa
di chi guarda. Le tradizioni sono evocate dall’arco e dalle frecce, essendo la
caccia con l’arco e l’uso agonistico delle frecce due elementi tipici della
zona.
È
ovvio però che l’esile traccia serve a Louise per introdurre anche il paesotto,
i suoi abitanti ed il nostro ispettore e le sue indagini. Veniamo gradualmente
a conoscere i personaggi sopra citati, che saranno l’ossatura futura dei
romanzi. Ma anche Jane, la sua empatia con tutti, ed il suo rigore, che non le
faceva passare nulla sottogamba. E poi Ben, artigiano locale cui da poco è
morta la madre, uno dei pilastri di Three Pines. E la famiglia Croft, con i
genitori paurosi di tutto e protettivi ed il giovane figlio un po’ arrogante
(ma forse solo in apparenza).
Vediamo
Gamache entrare nella comunità, sedere al bistrot sorseggiando un tè, guardare
la vita del paese per coglierne le dinamiche. Cercando di istruire la giovane
recluta Yvette. Sia con la frase che riporto in finale sia con altre perle di
saggezza, come: “La vita è una scelta. Tutto il giorno, tutti i giorni. Con chi
parliamo, dove ci sediamo, cosa diciamo, come lo diciamo. E le nostre vite
diventano definite dalle nostre scelte”. Insomma, impariamo il metodo Gamache: assorbire
tutte le vibrazioni emotive dell’ambiente del crimine per decifrare relazioni e
comprendere le motivazioni.
Vi
lascio percorrere le strade che seguono le indagini, sottolineando che in
alcuni passi ci sono piccole deviazioni erudite sulle tradizioni canadesi
relative al tiro con l’arco. Ma anche gustare il progressivo avvicinamento di
Gamache alla soluzione. Dove all’inizio tutti pensavano ad un incidente di
caccia, e lui, solo, immaginava scenari delittuosi.
Di
sicuro ritornerò sull’autrice e sugli altri suoi libri. Vorrei solo finire
ricordando una bella citazione posta verso l’inizio del libro, tratta dalla
poesia “Herman Melville” di W. H. Austen: "Il male non è spettacolare e
sempre umano, e condivide il nostro letto e mangia alla nostra stessa
tavola". Forse è proprio da queste frasi che nasce l’embrione dell’idea di
costruire una storia.
“Ci
sono quattro frasi che dobbiamo imparare a dire con sincerità … Non lo so. Ho
bisogno di aiuto. Mi dispiace. E un'altra ancora … Non mi ricordo.” (97) [la
quarta frase era ‘Ho sbagliato’, ma Gamache in quel momento non lo ricordava, e
la confusione farà nascere comici equivoci]
Louise Penny “La grazia dell’inverno”
Repubblica Mistero Noir 5 euro 8,90
[A: 18/07/2024 – I: 23/09/2024 – T:
25/09/2024] - &&&
e ½
[tit. or.: A Fatal Grace; ling. or.: inglese; pagine: 407;
anno 2006]
AG02
Pochi
mesi dopo aver letto il primo episodio, eccomi ad affrontare la seconda
avventura del commissario Armand Gamache, sempre con l’assillo
dell’incomprensibile gestione italiana che vede pubblicare i libri senza
seguire l’ordine di scrittura. Non solo, ma anche utilizzando la solita poco
intelligente idea di rititolarli. Come in questo caso, dove “Una Grazia Fatale”
che di certo è ambientata nei dintorni del Natale, fa spuntare un riferimento
all’inverno, lasciando per strada l’indicazione che quella “grazia” può essere
causa di morte (cioè fatale).
Siamo
ancora agli inizi dell’amore di Gamache per il luogo che, libro dopo libro,
diverrà il quadro ideale delle storie. Ma abbiamo anche a che fare con un
inizio degli approfondimenti dei personaggi che abitano nel piccolo borgo
canadese quasi al confine con il Vermont. Così che ritroviamo e cominciamo ad
apprezzare i caposaldi del luogo. I Morrow, gli artisti, con Peter pittore più
tradizionale e Clara che nella pittura infonde approfondimenti sulle persone e
sulle cose dipinte. Myrna, la psicologa che non sopportando più i pazienti,
lasciato tutto per aprire una libreria nel piccolo borgo. Ruth, la poetessa con
qualche riconoscimento, caustica fino all’irriverenza, con sempre più marcati
accenti di una possibile demenza senile. Per finire con la “coppia comica”
(anche se non sono comici) gli omosessuali Oliver e Gabriel, che gestiscono il
bar e l’annesso b&b.
Sono
i personaggi di contorno (per ora) ma che servono come corifei alle imprese del
nostro commissario. Con Gamache sempre seguito da presso dal suo più fidato
assistente, Jean-Guy. E con la presenza inquietante dell’ispettrice Yvette
Nichols. Che sembra imbranata, che combina disastri su disastri, ma che (ci fa
intuire Louise) nasconde qualche piccolo (o grande) segreto che prima o poi
deflagrerà. Ma anche con la sensazione che Gamache sia sull’orlo di una
rovinosa caduta. La sua onestà ha scoperchiato alcuni vasi oscuri della polizia
canadese, e sembra che qualcuno voglia farglielo pagare.
Qui
entra anche meglio nel quadro la moglie Reine-Marie, bibliotecaria, capace di
leggere i rapporti polizieschi per trovarne i punti non chiariti. E con una
assoluta dedizione e concordanza con il marito Armand. Una signora Maigret con
un po’ più di personalità.
La
cifra di fondo delle storie di Louise Penny comincia anche a precisarsi. C’è
sempre qualcosa di canadese nella trama, non ultimi i problemi sociali. Qui
abbiamo alcune pagine dedicate al curling, sport che ho imparato a conoscere
nelle Olimpiadi Invernali (una partita a bocce sulla neve in pratica). Ma anche
i problemi dell’emarginazione, dei senzatetto. Toccando anche temi generali
come la violenza psicologica e la fede.
La
storia ruota, al solito, intorno ad un personaggio. Questa volta si tratta di
CC de Poitiers che impariamo a conoscere nelle sue esternazioni. Una presunta
designer e filosofa (inventrice della dottrina “Li Bien” che fantasticamente si
contrappone al “Feng Shui”) corredata da un amante che la detesta, da un marito
ignavo ed una figlia molto sovrappeso e da lei molto maltrattata
psicologicamente. CC che ha comprato la casa al centro del primo episodio, ma
questo non l’ha inserita nella comunità, anzi tutta la cittadina detesta i suoi
modi tirannici.
Ovviamente
sarà lei a morire, folgorata in maniera alquanto laboriosa durante una partita
di curling cui assiste tutto il villaggio, così che tutti sono sospettabili.
Che nessuno in realtà la sopporta.
In
maniera parallela, per strane combinazioni casuali, i coniugi Gamache indagano
sullo strano omicidio di una senzatetto, che, da alcuni indizi, sembra avere
collegamenti con Three Pines.
Al
solito, per quanto conosciamo della sua scrittura, le storie si intrecciano,
elementi del presente si collegano al passato, sia di Gamache che del
villaggio, così che vengono alla ribalta meglio le personalità in gioco.
Laddove, facendo perno sul commissario, appunto c’è la storia dell’omicidio e
di CC che non si chiama Poitiers ed altre amenità collegate. E c’è il rapporto
conflittuale con l’agente Nichols che da un lato sembra subire la personalità
di Armand e dall’altro pare tirare fuori elementi che vanno nella direzione
contraria.
Mentre
l’indagine avrà il suo giusto fine, un po’ macchinoso nella realizzazione, ma
comprensibile fin dalle prime battute di CC, lo strano mix comportamentale di
Yvette rimane in sospeso, laddove credo che nei successivi episodi dovrà
sicuramente avere una sua conclusione, anche se non riesco ancora ad ipotizzare
quale.
La
scrittrice, attraverso Gamache, ci porta in un universo quasi maigrettiano,
dove più che arrivare a trovare il colpevole, bisogna capire la ragione che lo
porta al male estremo, le modalità con cui il male entra nella mente e nei
comportamenti dell’esecutore del dramma. E come in Simenon, c’è sempre un
atteggiamento misericordioso per tutte le persone travolte dal male.
E
per tornare, e finire, con il titolo, c’è anche, in tutto il libro, un
sentimento di rispetto verso la vecchiaia e l’invecchiamento, che le tre grazie
che vedremo agire in contraltare con le persone uccise, incarnano in maniera
esemplare.
Una
serie che sicuramente continuerò a leggere, cercando di ritrovarne il filo
cronologico.
Louise Penny “Case di vetro” Repubblica Essenza
Noir 2 euro 8,90
[A: 03/07/2022 – I: 26/09/2024 – T: 28/09/2024] - &&& e ½
[tit. or.: Glass Houses; ling. or.: inglese; pagine: 509; anno 2006]
AG13
Come
vedete, abbiamo saltato ben undici capitoli, anche se il settimo e l’undicesimo
episodi li ho già letti e tramati. Dobbiamo quindi cercare di ricostruire la
trama e le vicende dei personaggi, magari ricorrendo a qualche citazione non
testuale (cioè non legata a questo testo).
Quindi,
ricordando che il sottotitolo della serie è “Le inchieste di Armand Gamache”,
vediamo di ricostruire cosa possa essere successo negli episodi precedenti.
Intanto,
già sappiamo che Gamache, indagando sui primi due omicidi, comincia ad avere un
sentimento di comunanza con la cittadine di Three Pines e con i suoi abitanti.
Tanto di decidersi, quando la moglie Reine-Marie va in pensione dal suo lavoro
di bibliotecaria, di trasferirsi nel villaggio. Che comunque è a distanza
agevole da Montreal e dalla sede della Sûreté dove lavora il nostro. I coniugi
Gamache hanno due figli, Daniel (di cui ha perso le tracce, per ora) e Annie
che in un qualche episodio precedente sposa Jean-Guy, il braccio destro di
Armand. I due inoltre allietano i Gamache con l’arrivo di un nipotino, Honoré.
Nei
primi episodi, Armand era in bilico all’interno della struttura poliziesca,
posizione che però deve aver risolto in qualche modo. Tant’è che qui lo vediamo
essere nominato responsabile della Sûreté, mantenendo Jean-Guy come suo
assistente e nominando Isabelle Lacoste, una delle sue agenti preferite, al
posto da lui occupato nella Omicidi. Capiamo subito (beh, forse dopo un po’)
che il nostro ha accettato il posto di responsabilità per continuare la sua
opera di raddrizzamento delle storture del potere. Così che riesce anche a far
nominare responsabile della narcotici una poliziotta canadese di origini
caribiche (e quindi di colore, ahi, ahi).
Riguardo
al contesto del villaggio, constatiamo soltanto il perdurare degli elementi
positivi: la pittrice Clare, la libraria Myrna, la poetessa Ruth, nonché Oliver
e Gabriel, gli omosessuali che gestiscono locanda ed alloggi in quel di Three
Pines.
La
bellezza ed il coinvolgimento di questo nuovo episodio derivano anche da una
scelta molto rischiosa e difficile fatta dalla scrittrice. Infatti, si
intrecciano due linee narrative complementari ma temporalmente sfasate.
Seguiamo cioè in diretta il processo per la morte di una persona, avvenuta
ovviamente nel villaggio. E senza particolari accorgimenti, dal processo
saltiamo alla narrazione di come si è arrivati all’omicidio, ed a tutto il
contorno che coinvolge una grande impresa, ideata e organizzata da Gamache.
Il
fronte dell’omicidio coinvolge una storia che parte da lontano, anche se non
dalle tradizioni canadesi, ma da quelle europee e spagnole in particolare.
Quella del “cobrador”, un termine che indica una persona che riscuote debiti,
ma che, storicamente, indicava una persona che veniva a far da monito per una
qualche malefatta commessa. Una malefatta spesso morale più che materiale. Ed
un cobrador si affaccia a Three Pines, in un momento in cui alcuni nuovi
personaggi si affacciano sulla scena del villaggio.
Ci
sono quattro amici, che annualmente vengono nel villaggio per delle loro
celebrazioni private. Amici che si conoscono dai tempi dell’Università. Uniti
anche dal suicidio, al tempo, del quinto elemento. E c’è una coppia, Jacqueline
panettiera e Antoine cuoco, che si trovano anche loro a Three Pines, ma forse
per altri motivi rispetto alle loro professioni.
Dopo
che per tre giorni, la spettrale figura sta immobile a monito di qualcosa,
viene trovata uccisa la donna dei quattro, vestita da cobrador. Era lei? Era
qualche d’un altro? Che rapporti c’erano tra i quattro amici e i due
neoarrivati? Sarà un intreccio difficile da districare, dove Gamache arresta
una persona, quella di cui seguiremo il processo. Anche se fino alle ultime
pagine Louise riesce a non menzionarla mai direttamente.
Ma
c’è il secondo filone che interessa maggiormente Gamache. Perché da Three
Pines, una volta luogo di contrabbando ai tempi del proibizionismo, passa la
nuova rotta della droga che sta invadendo il territorio americano. Gamache ed i
suoi intuiscono tutti gli elementi di questa partita dai risvolti pesanti. Ed
il nostro costruisce una sottotrama per debellare il traffico ed i suoi capi
che va a confliggere con le vicende dell’omicidio.
Vedremo
come il sovraintendente capo riuscirà a portare avanti due anni di indagine
senza deflettere, anzi commettendo lui stesso delle violazioni del suo codice
morale (mentirà in tribunale e ci saranno lunghe discussioni tra lui e Jean-Guy
sulla liceità di questo comportamento).
Il
rischio che si assume Gamache, alla fine, sarà vincente. Sia sul fronte
dell’incriminazione dell’omicida, sia su quello della droga. Anche se un prezzo
dovrà essere pagato. Ancora non se ne capisce l’entità, che spero ci venga
svelata nel prossimo episodio.
È
una lunga canata sul concetto di responsabilità civile, ma anche su quello di
giustizia e di quanto giustizia e verità non sempre coincidono. Una bella
riflessione, sulla quale personalmente non avrei dubbi su dove schierarmi: la
giustizia, il bene della collettività, va sempre posto in prima linea. Con una
sapiente dose di contro gioco, Louise Penny ci fa sempre vedere sullo sfondo
l’altra faccia del mondo, un luogo dove la tolleranza vince sull’odio, la
gentilezza scalza la cattiveria e la bontà sconfigge la prepotenza. Ovvio che
stiamo parlando del nostro villaggio di speranza, Three Pines.
Per
fare un summa dei temi toccati, al fine, direi che due sono le parole che
caratterizzano questo testo: l’apparenza, dove ciò che vediamo potrebbe non
essere ciò che è in realtà, ed il confine, quella linea sottile tra Bene e
Male, tra Giusto e Sbagliato, che meriterebbero una discussione a loro
dedicata.
Infine,
l’idea della scrittrice di avere come filo conduttore il processo che si tiene
sei mesi dopo l’omicidio, e dove vediamo i fili sparsi riunirsi ed arrivare
alla loro conclusione è un accorgimento che ho trovato innovativo e ben gestito
dall’autrice, con tutte le difficoltà di non anticipare quello che potrebbe
essere successo, ma che scopriamo pagina dopo pagina, saltando nel corso del
tempo. Spero che le prossime prove non mi deludano.
Louise Penny “Il regno delle ombre”
Repubblica Brivido Noir 5 euro 8,90
[A: 07/07/2020 – I: 07/10/2024 – T: 09/10/2024] - &&&
[tit. or.: Kingdom of the Blind; ling. or.: inglese; pagine: 491; anno 2018]
AG14
Ora,
invece, siamo in piena sequenza. E sebbene sia sempre convinto che la scrittura
di Louise Penny sia gradevole, devo dire che una buona parte della suspense del
libro deriva dalle avventure del libro precedente, motivo per cui il gradimento
globale rimane su di una sufficienza ampia, senza salire altre vette, che
potevano essere raggiunte.
Il
secondo motivo di (velata) irritazione è la solita poca cura dei curatori
italiani dei titoli. Devo ancora capire il significato del titolo italiano,
cioè da dove vengono quelle ombre. Perché siamo nel grande nord canadese, e c’è
poca luce? Perché la vita dei nostri protagonisti è in bilico, e le ombre della
paura si fanno minacciose? In realtà, il titolo originale era coerente con il
testo, e ne riprende anche un momento saliente.
È
una citazione, parziale, che poi si capisce meglio nel corso del libro. Iniziamo
con la citazione completa, che riporta “in the land of the blind, the one-eyed
man is king”, dove a volte, i primi termini sono sostituiti da “in the Kingdom”.
Quindi, sarebbe completa in italiano come “nel regno dei ciechi, il guercio è
un re”. La forma completa della citazione è riportata da Erasmo da Rotterdam
nei suoi “Adagi” del 1503, riprendendo un’antica forma latina di egual
significato (“in regione caecorum rex est luscus”), a sua volta derivata
dall’originale aramaico contenuto nel Libro della Genesi, che, nella sua
espressione completa (vi riporto la traduzione italiana non l’aramaico) sta per
“nella via dei cechi, l’orbo è la luce che guida”.
Capisco
che chiamare il testo “Il regno dei ciechi”, avrebbe ai più letterati riportato
alla mente il racconto di H. G. Wells “Il paese dei ciechi”, ma il testo
avrebbe presto contribuito a riportare le citazioni al loro giusto posto, anche
perché, appunto, nel corso della trama, molti sono i ciechi, e pochi i guerci.
Dopo
questa dotta introduzione, non ci resta che entrare nel merito della trama,
constatando che, come spesso accade ad un certo punto nei romanzi seriali, il
romanzo sviluppa due trame: il basso continuo (citazione musicale) che
attraversa diversi episodi e le variazioni sul tema, proprie del libro in sé.
Per
la prima parte, non ci si meraviglia che riprendiamo il discorso legato
all’invasione di una nuova droga sul territorio nordamericano, che Gamache, il
nostro eroe, aveva quasi sventato seguendo un percorso difficile e solitario.
Tanto che, pur avendo bloccato il grosso della fornitura (come abbiamo visto)
c’è ancora un carico di droga vagante. Ma il comportamento di Gamache ha avuto
i suoi prezzi: la fida Isabelle ha lottato a lungo tra la vita e la morte,
uscendone, sì, ma con qualche problema, e Gamache è stato sospeso dal suo ruolo
di capo della Sûreté, affidato protempore al suo fido aiutante nonché genero
Jean-Guy.
Pur
in panchina il nostro continua ad ordire la sua trama di lunga durata,
coinvolgendo la giovane recluta Amelia, ex-drogata e sua protetta, in una lotta
senza esclusione di colpi. Che vedrà una sua fine positiva, come ci si augura,
anche qui con qualche strascico. Amelia viene cacciata dalla scuola di polizia,
rischia di morire per overdose, ed alla fine si salva, ma sarà reintegrata?
Jean-Guy, stanco di trame e di sparatorie, accetta un posto in una finanziaria,
peccato che dovrà trasferirsi a Parigi, con moglie e nipote tanto amato dai
nonni Armand e Reine-Marie. Gamache, vincitore al fine anche se zoppicante (in
senso morale) dovrebbe (ma qui uso un potente condizionale) riprendere le sue
funzioni.
Più
interessante è la trama propria di questo romanzo, che si sviluppa con
agnizioni successive, riuscendo a farcene vedere tutto il portato solo verso la
fine. Ci sono alcuni rimandi ai personaggi che dall’inizio fanno parte del cast
del villaggio dei Tre Pini: la pittrice Clara ed i suoi ritratti molto
caratteristici, in particolare quello della poetessa Ruth che avrà un suo ruolo
nella vicenda (il ritratto non Ruth), la psicologa Myrna, comprimaria di alcune
azioni di Armand, i simpatici Oliver e Gabriel, senza nessuna nuova iniziativa,
nonché Reine-Marie, sempre presente anche se nell’ombra. C’è anche un nuovo
entrato, Billy, dove vediamo tutta la difficoltà dei traduttori. Billy parla un
patois (dialetto) molto stretto, che nella traduzione viene riportato in
italiano, così che spesso non capiamo perché Armand non comprende cosa dica il
nostro.
La
vicenda parte da lontano: una vecchia donna delle pulizie del villaggio, detta
la Baronessa, dopo aver lasciato da tempo l’attività, muore nominando esecutori
del testamento Armand, Myrna ed un tal Benedict che non sappiamo ancora che
ruolo abbia. Già il fatto è strano, anche perché la donna ha tre figli:
Anthony, Caroline e Hugo. Fatto che si complica vieppiù quando, pochi giorni
dopo, Anthony trova la morte a seguito di una forte mazzata in testa.
Gamache
avvia le solite indagini “alla Maigret”, piene di colloqui con le persone
coinvolte. Riuscendo alla fine a costruire alcune trame interessanti. La donna
si faceva chiamare Baronessa sostenendo di essere discendente di una nobile
famiglia austriaca, in lite da 150 anni che i due gemelli ereditieri all’epoca
si sono fatti la guerra senza ancora trovare pace. Nelle more, scopriamo anche
che Anthony è gay, lavora in una finanziaria dove, dopo aver commesso alcuni
abusi fiscali, viene messo all’angolo. Hugo, il brutto della famiglia, è anche
lui un promotore finanziario, ma lavora in una ditta rivale a quella di
Anthony.
La
lite tra i due rami della famiglia dal Vecchio Continente si era riproposta
anche in Canada, dove scopriamo che Benedict ha dei legami con l’altro ramo.
Non solo, ma nelle carte di Anthony si trova traccia di un forte ammanco
economico, con la sparizione di milioni di dollari in paradisi fiscali
off-shore. Fin dall’inizio quindi siamo sballottolati tra i due corni del
problema: l’omicidio di Anthony deriva dalle vicende ereditarie o da quelle
finanziarie? Ed Anthony è il buono capitato in una brutta trama o il cattivo
vittima delle sue malefatte?
Con
buona sagacia ed ironia, Penny ci porta alla conclusione di tutte le vicende, e
come una buona scrittrice di feuilleton ci lancia alcuni ami per invogliarci a
leggere il seguito delle avventure di Armand Gamache e della comunità di Tre
Pini.
La
scrittura di Louise Penny parte da un nocciolo alla Agatha Christie contaminato
da atmosfere alla Simenon, per poi slanciarsi in un percorso molto canadese
(belle le sue descrizioni della tormenta di neve e della vita campagnolo quando
il termometro va per molti mesi sotto lo zero) dove ci fa seguire i percorsi
mentali degli attori in gioco. Tutto senza forzature e senza balzi in avanti,
ma con tempi e modi giusti.
Una
sana lettura rilassante, con alcune punte di riflessione interessanti (in
particolare i pensieri dedotti da alcune citazioni bibliche o di Erasmo).
“[da
Marco Aurelio contenuto nei ‘Colloqui con sé stesso’] Non è la morte che l’uomo
deve temere, ma il rischio di non aver mai cominciato a vivere.” (129)
Louise Penny “Un uomo migliore”
Repubblica Anima Noir 2 euro 8,90
[A: 02/07/2021 – I: 07/11/2024 – T:
08/11/2024] - &&&--
[tit. or.: A better man; ling. or.: inglese; pagine: 535; anno 2019]
AG15
Proseguiamo
lettura ed analisi del mondo della scrittrice Louise Penny e del suo
personaggio, il commissario di polizia Armand Gamache. Come vedete in alto
siamo arrivati al quindicesimo episodio,
anche se qualcuno ne aggiunge uno che in realtà, dopo aver fatto uno scambio di
mail proprio con la segretaria della scrittrice, ho scoperto essere un episodio
non inseribile nel flusso della storia.
Ad
ora, i titoli pubblicati delle storie di Gamache, del villaggio di Three Pines
e dei suoi abitanti sono arrivati a diciannove, anche se solo dodici editi in
Italia. Mancano alcune delle storie più vecchie (la 4, la 5, e la 6) ed alcune
centrali (la 8, la 9, la 11 e la 12), mentre dalla 13 in poi sono tutte
tradotte (anche se non tutte sono nella mia libreria).
Fatte
queste premesse, devo anche dire che questa va comunque letta in sequenza con
le precedenti, dove, seppur ha dei punti che possono essere portati avanti
autonomamente, molto dell’aria generale del testo deriva dalle vicende
precedenti. Dove vi ricordo brevemente, Gamache aveva imbastito una lunga trama
per fermare un forte traffico di droga, che, seppur riuscita come operazione,
aveva portato degli strascichi pesanti. Gamache aveva comunque fatto passare
della droga, ed in un conflitto a fuoco erano morti degli agenti. Motivo per
cui era stato sospeso. Tra gli agenti era stata ferita anche il suo aiuto
Isabelle Lacoste, che avrà difficoltà a riprendersi al 100%. Durante la
sospensione, il suo ruolo era stato preso da Jean-Guy Beauvoir non solo il suo
aiutante in capo, ma anche suo genero.
Qui,
alla ripresa del discorso, vediamo che Jean-Guy decide di accettare un posto
presso una ditta di sicurezza a Parigi, dove andrà a raggiungere l’altro figlio
di Gamache. Il nostro, che tutti si aspettano chiede di andare in pensione,
decide invece di restare alla Sûreté, mentre per tutto il testo, Isabelle, pur
dando una mano alle indagini, non sappiamo se decida di rientrare anche lei o
di defilarsi come pensionata invalida.
Ma
su Gamache, la sua squadra e le indagini torneremo, che in questo episodio
notiamo invece il poco apporto che ci viene dalla comunità di Three Pines.
Certo, fanno delle comparse e sottendono una domanda che poi è l’asso portante
del libro, ma né Ruth, né Myrna, né tanto meno i simpatici Olivier e Gabriel
sono molto presenti. In effetti, da questo lato, l’unica che ci fa un po’
compagnia è Clara. Che è in pieno di una crisi esistenziale. Ha deciso di
provare a cambiare genere di pittura, sfornando una serie di miniature per una
mostra. Peccato che tutti i critici ne parlino male, dubitando anche che le sue
opere precedenti siano di valore.
Clara
ha un interessante confronto con una critica dell’arte nonché influencer, che,
se da un lato la riassicura sulle sue qualità pregresse, la fa riflettere (e
Clara non si tirerà indietro) su queste nuove opere. Che Clara pensavo fossero
in linea con la sua opera, ma che in realtà non lo sono. È un modo, per noi e
per Clara, di riflettere sull’opera della nostra vita, e sul fatto che si
possono fare errori e passi falsi. Tutto sta nel rifletterci sopra, magari
tornando indietro su alcune scelte. E solo così, alla fine, si riuscirà ad
essere migliori.
L’interrogativo
di Clara è poi quello di Gamache: l’intricata vicenda precedente, nonché la non
semplice attuale, lo porteranno ad essere un uomo migliore?
Veniamo
allora alla parte “gialla” del libro. Che inizia con la sparizione di una
donna, Vivienne. Sparizione segnalata dal padre Homer al nuovo agente della
squadra di Gamache, Lysette Cloutier, che non solo è la madrina di Vivienne, ma
ha anche un latente innamoramento con il vedovo Homer.
Della
sparizione prima, e della morte poi (che Vivienne viene trovata a galla sul
fiume Bella Bella, quella che contorna Three Pines) il primo indiziato è
Charles, il marito, uomo violento e decisamente brutale, con la tendenza a
prendere a pugni le sue donne, la moglie prima, l’amante poi. Vengono trovate
tutta una serie di prove indiziarie che convergono su di lui, ma nel processo
per l’incriminazione sorgono elementi giudiziari rilevanti che impediscono il
proseguimento del procedimento penale.
Durante
tutta la fase di ricerca di prove ed indizi, vengono fuori una serie di notizie
aggiuntive: Vivienne era incinta, Charles ha un’amante Pauline, l’agente
Cameron, che seguiva le indagini relative a possibili incriminazioni di Charles
per maltrattamenti, pur sposato, ha avuto una breve relazione con la stessa
Vivienne. E sul luogo dell’incidente (un ponte un po’ malmesso sul fiume di cui
sopra) nei tempi del possibile omicidio di Vivienne, in vario modo, erano stati
tutti presenti: Charles, Homer, l’agente Cameron ed anche l’agente Lysette.
Sarà
il solito Gamache, ragionando sulle varie psicologie e sui comportamenti umani,
che dopo alcuni giri a vuoto, imbroccherà la strada maestra della soluzione. Su
come poi i vari componenti del mosaico canadese si comporteranno nel futuro,
dovremmo attendere la lettura del sedicesimo episodio.
Intanto,
un altro elemento che non ho citato come fondamentale, ma che è presente come
un valido motivo di analisi della realtà, è la pioggia persistente che si
scatena nella regione di Montreal. Pioggia che riesca di travolgere Three Pines
con un’esondazione, fortunatamente sventata, ma che serve alla nostra
scrittrice per lanciare giustissimi strali contro la cattiva gestione di
qualsiasi governo rispetto al cambiamento climatico. È un forte atto d’accusa,
laddove devo sottolineare che, per fortuna, Penny riesce sempre ad inserire
elementi inerenti alla natura in tutti i suoi libri.
Una
seconda freccia che spunta tra le righe è l’uso (distolto) dei social media. Ci
sono campagne virali per denigrare Gamache, frecciate da Twitter contro Clara.
E Penny ci dice: attenti non tanto a come usate i social, ma a come ne leggete
i messaggi. Parole sacrosante.
L’ultima
forte freccia che esce dall’arco di Louise è tutto quanto contorna il
femminicidio. Si parla e si mostra il cattivo comportamento degli uomini
violenti, ma anche la sopportazione, l’accettazione quasi, di alcune tipologie
di donne a quelle violenze, subite con la scusa: ma lui mi ama!, ma forse me lo
merito!
Louise
Penny, e noi con lei, dice con forza: no! La violenza non è mai giustificata,
sulle donne, sui bambini, su nessuno. E non è mai colpa della vittima. La
scrittrice lo dice e ce lo fa vedere lungo tutto il corso dell’indagine.
Alla
fine però, il libro risulta meno brillante di altre prove, forse (a mio gusto)
per il poco peso dato alla comunità del villaggio, anche se l’etica di Gamache,
su cui torneremo, continua ad essermi congeniale. Se ne riparlerà.
“Civiltà
… Se non la distribuiamo in giro, non possiamo aspettarcela dagli altri. E poi
se restiamo calmi le persone ci ascoltano di più. La rabbia è solo rumore
bianco.” (231)
Elenco
di settembre, un mese di corte letture dato il lungo viaggio vietnamita, con
solo due acuti, prima e dopo Hanoi, con le storie di Vanina Guarrasi e Armand
Gamache. Per il resto, comunque, un mese di letture complessivamente sopra la
media.
# |
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
1 |
Franco Faggiani |
La manutenzione dei sensi |
Repubblica Montagna |
9,90 |
3 |
2 |
Cristina Cassar Scalia |
La logica della lampara |
Einaudi |
13 |
3,5 |
3 |
Maria Masella |
Morte a domicilio |
Corriere Gazzetta |
7,99 |
2,5 |
4 |
Haruki Murakami |
L’arte di correre |
Corriere |
8,90 |
3 |
5 |
Louis Oreiller & Irene Borgna |
Il pastore di stambecchi |
Repubblica Montagna |
9,90 |
2,5 |
6 |
Durian
Sukegawa |
Le
ricette della signora Tokue |
Corriere Giappone |
8,90 |
3 |
7 |
Max Solinas |
Il lupo e l’equilibrista |
Repubblica Montagna |
9,90 |
2 |
8 |
Cesare Pavese |
Il compagno |
Repubblica Resistenza |
7,90 |
3 |
9 |
Mariolina Venezia |
Mille anni che sto qui |
Corriere – Saghe |
7,90 |
3 |
10 |
Lou Marinoff |
Platone è meglio del Prozac |
Repubblica Filosofia Viva |
9,90 |
3 |
11 |
Louise Penny |
La grazia dell’inverno |
Repubblica Mistero Noir |
8,90 |
3,5 |
12 |
Cristina
Rava |
Di
punto in bianco |
Repubblica Noir |
8,90 |
3 |
13 |
Louise Penny |
Case di vetro |
Repubblica Essenza Noir |
8,90 |
3 |
14 |
Roberto Bolaño |
Puttane assassine |
Adelphi |
12
|
3 |
Nella mia solita idea sorta da poco di un
contrappasso tra trame e citazioni, questa volta vi riporto dei passi da un
classico del Novecento, “Il soccombente”
di Thomas Bernhard.
Una
frase per noi camminatori: “Ha ragione chiamandomi sempre camminatore di
strade asfaltate … è vero che io cammino solamente sull’asfalto, in campagna
non cammino … mi annoia infinitamente” (27). Una per noi che invece siamo
andati avanti: “Dopo aver superato la soglia dei cinquant’anni, ci sentiamo
infami e senza carattere … si tratta di vedere quanto ancora riusciremo a
sopportare un simile stato. Molti si uccidono nel corso del loro
cinquantunesimo anno.” (34)
Un paio
di citazioni pessimistiche: “Esistere, in sostanza, non significa che
questo: essere disperati” (46) “Non appena esaminiamo un argomento qualsiasi,
rischiamo di soffocare nell’enorme quantità di materiale che in ogni campo è a
nostra disposizione … e pur sapendo tutto ciò, riesaminiamo da capo i nostri
cosiddetti problemi intellettuali e ci lasciamo sedurre da un’idea impossibile:
creare un prodotto intellettuale. Questa sì che è follia!” (64)
Ed una frase che sottolineerei con un
evidenziatore gigante: “Chi non è capace di ridere non va preso sul serio” (77).
A parte ciò, il continuo avanzare di problemi e guerre in ogni dove rischia di restringere sempre più il campo dei nostri viaggi. Facciamo un pensiero di speranza (oltre a contare questi trenta giorni che ci mancano per finire quest’anno un po’ pesante). Il vostro tramatore ottimista, tuttavia, continua ad abbracciarvi.
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