Giancarlo De Cataldo “Un cuore sleale”
Repubblica Essenza Noir 8 euro 8,90 (in realtà, scontato a 8,45 euro)
[A: 12/10/2022 – I: 11/01/2025 – T: 12/01/2025]
&&
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 267; anno:
2020]
Giancarlo De Cataldo da buon ex-magistrato e
da eccellente scrittore, a lungo nelle sue opere ha privilegiato storie anche
forti, ma che erano conchiuse nello spazio di un libro. Ecco invece che, da
circa sei anni, ha affiancato alla sua produzione tradizionale, dei romanzi
seriali, basati sul protagonista principale, il procuratore Manrico Spinori. Ne
ho letto il primo episodio, direi discreto, ed eccoci al secondo romanzo, dove
alcuni caratteri si definiscono meglio, anche se la storia in sé risulta meno
avvincente.
Il protagonista, dicevo, è un procuratore
(il cui nome completo, mi piace ripetere, è Manrico Leopoldo Costante Severo
Fruttuoso Spinori della Rocca dei conti di Albis e Santa Gioconda, ed anche per
questo è soprannominato “il contino”). A fronte del suo carattere un po’
“tombeur de femme”, ha divorziato dalla moglie Adelaide, ed ha frequentazioni
episodiche con il figlio Alex (anche se, pur su versanti opposti, sono
appassionati di musica). In più deve fare i conti con una madre ludopatica che
ha sperperato il patrimonio familiare.
Manrico è un appassionato dell’opera (tanto
che spesso la cita, ed altrettanto spesso ne trae spunto per interpretare
quanto gli succede, foss’anche i delitti su cui va ad indagare). E tramite la
lirica ha una convergenza con Maria Giulia. Convergenza non semplice, che lei
ha problemi familiari non meglio identificati, e Manrico sembra rifuggire i
problemi, tanto che, nelle more della lontananza di lei, ha una storia di sesso
con Stella, la giovane anatomopatologa.
Sul fronte del gruppo che contorna il
nostro, ci sono le sue collaboratrici. Sullo sfondo Gavina, la maga dei
computer, e Stella, ordinata archiviatrice in preda a pene d’amore (di cui per
ora si sa poco). In primo piano Deborah, l’ispettora “romana de Roma”, che fa
da contraltare giovane e giovanile di Manrico. Lui contino serioso, quando
pensa sentiamo sempre in sottofondo le note dell’opera, lei sempre pronta a
partire in resta, con molto dialetto ed irruenza.
Come sembra ovvio, l’idea di fondo è di
mettere sempre in contrasto le visioni dei problemi di Deborah e Manrico, in
modo che dal contrasto ne possa nascere l’intuizione giusta. Cosa che
puntualmente è avvenuta nel primo episodio ed avverrà in questo.
La trama “noir” comincia il 9 dicembre. I
maschi della famiglia Proietti, per celebrare la ricorrenza della morte della
moglie del capofamiglia, fanno una gita sullo yacht di famiglia. Una super
nave, battezzata “ChiWi”, dato che sono laziali, ed il nome si riferisce a
Chinaglia e Wilson. Sul mega-yacht ci sono piscine, una pedana per allenarsi al
golf, stanze, cucine, saloni. Insomma, il lusso che lui Ademaro Proietti ha
costruito (anche un po’ al nero da buon palazzinaro romano). Con lui appunto
Umberto e Tommaso, i gemelli, Renzo, il figlio giovane, e Brian, lo sposo di
Sofia, l’unica donna di famiglia.
Peccato che al ritorno non ci sia traccia di
Ademaro, che viene ripescato il giorno dopo, morto, di certo annegato, ma con
una strana contusione alla base del cranio. Da qui si scatena la sarabanda
della faida familiare. Brian è pieno di debiti e viene mantenuto solo per la
presenza di Sofia. Renzo è gay (anche se poco palesato) e viene accudito dalla
protetta del capo, Flavia, donna “con le palle”, come dice Ademaro che con lei
ha avuto una storia (finita), ma non nota ai più. I gemelli sono al solito a specchio:
uno forte, Umberto, ma sempre pronto ad imbarcarsi in imprese fallimentari, ed
uno debole, Tommaso, sempre pronto a chinare la testa.
Insomma, uno scenario tipico, dove già
capiamo il possibile evolversi. Che però si evolve piano, che sembra arenarsi
più volte, e che solo per un capriccio del caso, unito alle conoscenze di
Deborah nel mondo “di mezzo” ed alle intuizioni melomani di Manrico, porterà
all’inevitabile soluzione del caso. Ed è proprio la parte finale, forse, quella
più debole di tutto il testo.
Una trama, tuttavia, sempre piena di Roma,
sia per gli intrecci che per i luoghi dove si muovono i protagonisti (ovvio, ad
esempio, sia Ostia per le barche che Piazzale Clodio per il tribunale). Ed
anche per i rimandi, dove, casualmente, come nel da poco letto libro di
Caringella imperniato sul giudice Virginia Della Valle, si fa cenno anche alla
lontana vicenda romana dei coniugi Bebawi (che vi invito nuovamente a
ripercorrere). C’è forse un filo di troppo dialetto romano. E c’è il dubbio se
il cuore sleale sia della famiglia Proietti o dei tradimenti che al solito
sembrano essere una costante del cuore di Manrico.
Stiamo allora pronti a capirne le
evoluzioni.
Giancarlo De Cataldo “Il suo freddo pianto”
Repubblica Mistero Noir 1 euro 8,90
[A: 21/06/2024 – I: 20/01/2025 – T: 21/01/2025]
&&
e ½
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 237; anno:
2021]
Eccoci allora alla terza puntata delle
avventure del PM Manrico Spinori e della sua banda, nonché esimia scrittura del
tarantino De Cataldo (ci tenevo a sottolineare la diversa pugliesità con il
barese Carofiglio).
Una storia un filo più interessante della
precedente, anche se non tutta riuscita. Molto centrata su Manrico stesso, e su
alcuni problemi “giudiziari”, che da sempre tormentano ed esaltano la giustizia
italiana. Devo però anche qui rimarcare che, sebbene lo scrittore sia sempre su
buone corde, non ha più ripreso i toni delle grandi epopee da “Romanzo
criminale”.
Rispetto al precedente, allora, rimangono
molto sullo sfondo le sue collaboratrici. Gavina Orru fa il suo come maestra
dell’informatica, riuscendo a scovare informazioni e connessioni in rete che
servono al nostro per ragionare sul fatto criminoso. Sandra Vitale, alle prese
con la sua crisi matrimoniale, che forse si evolve verso una riappacificazione,
rimane nella sua veste di ordinatrice delle informazioni accumulate.
Come sullo sfondo con qualche cammeo
rimangono la madre Elena, ludopatica con alti e bassi di vincite e ripicche, il
fido maggiordomo Camillo, forse anche badante della madre, ed il figlio Alex,
che attraversa rapido un paio di capitoli, il primo per lasciare la fidanzatina
Dora, il secondo per incontrare la figlia di un collega del padre e forse
imbastire una nuova storia.
Ed a proposito di storie, sempre presenti,
ed anche ben incasinate, sono le vicende amorose del nostro. Maria Giulia si è
trasferita dalle figlie a Milano, e non ha più quell’empatia musicale con
Manrico. La patologa Stella Dubois entra ed esce dalle grazie di Manrico,
entrando a gamba tesa e proponendosi al nostro, che non sa né vuole rifiutarsi,
ma uscendone quando passa per Roma il suo fidanzato vagabondo. Compare Sibilla,
ex compagna di liceo e moglie del suo amico Alfredo. Una piccola apparizione con
sesso a latere, ma più per motivi sentimental-storici che per instaurare
qualche cosa di serie. E compare la muova procuratrice Valentina Poli, che
ancora non si palesa come possibile compagna di letto, ma non si sa mai.
Prima di passare a Manrico, avevo
volutamente tralasciato il suo braccio armato, l’ispettora Deborah Cianchetti.
In fondo, la persona più simpatica del lotto, fresca e ruspante, piena di
risorse ed iniziative, tanto che sarà una sua mossa a sorpresa a consentire a
Manrico di chiudere in maniera positiva il caso. Ma anche con qualche problema
evolutivo nel corso del futuro della serie. Da un lato perché studia per
diventare commissario, e dall’altro perché abbiamo il forte sospetto che sia
rimasta incinta.
Manrico è al solito al centro del romanzo.
In molta parte per i suoi tormenti esistenziali verso il gentil sesso (vedi
sopra), in altra per i tormenti verso una giustizia ben amministrata. Infatti,
il caso nasce dalle dichiarazioni di un pentito relative ad un caso di dieci
anni prima gestito dal nostro. La trans Veronica viene trovata uccisa con poche
prove per addebitarne l’omicidio a qualcuno. Ma qualcosa esce fuori, nelle
frequentazioni della stessa. In particolare, viene implicato un colonnello che
travolto dagli eventi si suicida. Caso chiuso.
Ma il pentito mette una zeppa nel
ragionamento di Manrico di dieci anni prima. Ora, per buona parte del rapporto
tra Manrico, l’avvocato che gestisce il pentito ed il pentito stesso, viene
alla luce la discussione sull’affidabilità dei pentiti e sul loro ruolo
all’interno del cartello giudiziario. Non essendo però noi giuristi neanche di
basso livello, ci esimiamo dal parlarne.
Ripercorrendo allora le vicende, la nostra
squadra scopre: che Betty, l’amica di Veronica, muore un anno dopo di overdose,
che a scoprire le due morti sono sempre la stessa coppia di agenti, Luberti e
Pimpinella. Il primo si dimette dalla polizia ed ora gestisce la security di
una grossa impresa gestita da un suo collega di paese, Giulioni; un’impresa con
molte mani in pasta in commesse anche di livello. Il secondo è invece rimasto
in polizia, ma ai margini, affondando nella solitudine e nell’alcool. Il terzo
fatto avviene quando, volendo fare delle confessioni a Deborah, Pimpinella non
vi riesce, risultando investito da un furgone rubato.
Tanti punti non chiari rafforzano sempre di
più il sospetto di qualcosa di losco. Anche perché viene ritrovato un frammento
di tappeto con del DNA sospetto, e perché i nostri vengono spiati attraverso
l’uso di trojan nei cellulari (se no sapete cosa sono, cercatene), che
ovviamente non possono che venire da qualcuno esperto in materia. Facendo
collegare DNA, mezze parole e intercettazioni, Deborah riesce a stanare
qualcuno meglio informato dei fatti, e portare Manrico alla soluzione anche di
questo caso.
Soluzione che Manrico aveva raggiunto anche
da solo, compulsando le sue opere liriche, ma senza poter avere le prove.
Questa volta l’opera si capisce, perché viene citata espressamente la “Lulù” di
Alban Berg. Un opera difficile, anche incompleta, dove Lulù, per tutti e tre
gli atti impegnata in scaramucce sentimentali ed economiche con altri
personaggi, alla fine viene uccisa da Jack lo Squartatore, che compare senza
precedenti motivi nelle ultime tre pagine del libretto d’opera. Dove poco prima
c’è un duetto tra Lulù e la contessa che spiega il mistero del titolo.
Oltre a questa, a lungo si parla di un’altra
opera che mi ha incuriosito per la sua originalità. Parlo de “L’Arlesiana” di
Bizet, dove la donna di Arles del titolo è presente per tutta l’opera ma non
entra mai in scena. Un’idea bizzarra ma affascinante.
Lasciamo quindi Manrico ad una fuga in moto
con Stella, Deborah alle prese con un test di gravidanza che non sa se vuole
fare, e De Cataldo alla sua scrittura, sempre gradevole, meglio costruita che
in alter occasioni, e tuttavia ad un livello solo di mera sufficienza.
Giancarlo De Cataldo “Colpo di ritorno” Einaudi
euro 13 (in realtà, scontato a 6,20 euro)
[A: 18/01/2025 – I: 13/02/2025 – T: 14/02/2025]
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e ½
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 238; anno:
2023]
Siamo così giunti al quarto episodio delle
storie del PM Manrico Spinori (di cui vi risparmio il nome completo che ormai
abbiamo citato già troppe volte). Ed ormai possiamo dire che i meccanismi
narrativi di De Cataldo, in queste avventure seriali, sono abbastanza noti. Lo
scrittore prima sceglie un’opera lirica di riferimento, su cui avvolgere tutta
la vicenda. Un’opera che Manrico ci rivelerà solo nel finale. Nel mezzo, oltre
le indagini, i due filoni narrativi consolidati: il rapporto tra Manrico e le
donne, ed i duetti scenici tra Manrico il contino e l’ispettora Deborah la
coatta. Tutto ciò fa sì che, seppur gradevoli e ben confezionate, le storie
stiano a poco a poco perdendo di mordente.
Qui, la prima cosa da affrontare è comunque
il titolo che, come la trama principale del libro, è legato alla magia, e si
riferisce agli effetti negativi che tornano indietro verso chi ha lanciato una
fattura che non è andata a buon fine.
Fatte queste prime due precisazioni, il leit
motiv delle avventure erotiche (molto soft) del nostro saccente ed onesto PM,
cominciano a rarefarsi ed incartarsi. Nella precedente storia, con Maria
Giulia, la sua ormai “storica” amante, i sentimenti andavano su e giù, anche
per colpa della breve storia con la rampante Stella. Qui sembra esserci un
riavvicinamento (nella prima scena i due sono addirittura ancor a letto), in
attesa (un’attesa che durerà tutto il libro) di fare una vacanza insieme in
Giappone per la fioritura dei ciliegi. Vedremo nell’ultima scena se
quest’idillio svolterà sul bello o sul brutto.
I duetti Manrico e Deborah sono in vece in minore, che la
nostra ispettora sta ancora elaborando la mancata gravidanza. Oltre ad
interloquire con la sua forte parlata romanesca (che a volte è un po’ troppo
eccessiva e caricaturale), funziona sempre da buona spalla, suggerendo percorsi
di indagine e, soprattutto, tenendo le fila della compagnia di supporto del PM:
la maga del computer Gavina, la maga degli archivi Sandra e la bella segretaria
Brunella.
Non a caso ho parlato di maghi, che tutto
nasce dall’omicidio del famoso mago Narouz, che, dopo un colpo di fortuna (o
forse una spinta alla stessa) era diventato un punto di riferimento per
politici, attori e vip in genere. Un piccolo inciso “colto”, come rileva il
dotto Manrico, il mago aveva preso il nome da uno dei personaggi del “Quartetto
di Alessandria” di Lawrence Durrell. Forse De Cataldo voleva seminare qualche
indizio fuorviante, ma la citazione risulta troppo colta per l’intreccio della
trama.
Comunque, è da qui che parte l’indagine e
l’intreccio tra potere e superstizione. C’è una senatrice molto assidua del
mago, Bianca Maria Olivieri, cui chiedeva consigli anche politici. C’è l’onorevole
Frosoni un suo collega di partito che invece usava il mago come procacciatore
di bellezze femminili. C’è un’incallita giocatrice la signora altolocata Cornelia Villalta cui il mago
forniva “numeri magici” che le consentissero vincite al tavolo da gioco. C’è
l’attrice che aveva beneficiato del colpo di fortuna (era seconda nella
gerarchia di possibili conduttrici di uno show televisivo, quando la prima si
tira fuori, pare, e sottolineo pare, perché infortunatasi ad una gamba). E poi,
ad aumentare il nugolo di sospettati e sospettabili c’è il cognato Silvestro
Boni che l’ha trovato; ci sono le sorelle Floriana e Doriana Bucci; c’è il
rivale, il mago Gayan; c’è la presentatrice televisiva Giusy Flakki, e la sua
rivale Alessia Mantelli; fino ad arrivare all’associazione esoterica Azazel con
il capo Asmodeus. E speriamo che basti.
Insomma, il mago era al centro di molte ed
intrigate trame. Manrico comincia a seguirne alcune. Prima possibili truffe,
poi possibile prossenetismo. Il tutto per condire la trama anche di altri
maghi, imbroglioni e truffatori. Ma anche di persone che credono fermamente
allo spiritismo, come il marchese Baioni-Conestabile, tra l’altro zio di
Manrico. Sarà comunque alla morte del cognato del mago che tutto comincia a
prendere una nuova dimensione, anche se Manrico tentenna su quale sia la strada
migliore.
Come spesso succede (purtroppo) il finale si
preannuncia veloce ed innescato da elementi che per duecento pagine anche noi
lettori ignoravamo. Tra l’altro, con un aiuto decisivo che viene anch’esso
inaspettato dalla simpatica madre del contino. Tutto si risolve, tutto si
chiarisce, sembrava così anche nelle trame femminili di Manrico, se non ci
fosse la scena aeroportuale che rimette tutto in discussione. Certo, De Cataldo
vuol mantenere il suo PM in una zona grigia, che farlo pendere verso
un’attrazione univoca sembrerebbe limitare le potenzialità. Tuttavia, a me
questo tentenna non mi convince granché.
La scrittura di De Cataldo è al solito
lineare come piace a me, senza inutili fronzoli, con solo divagazioni per lo
più musicali, e talvolta dedicate alla città di Roma. A questo proposito, mi
piace sottolineare che a pagina 117 il contino prende una gelato alla
“Gelateria di Gracchi” secondo me, forse, il miglior gelato di cioccolato e
pistacchio di Roma.
Mentre per le divagazioni musicali, ci
sorbiamo lunghe disquisizioni sulla possibilità, visto l’ambiente legato ai
maghi, che l’opera cui si lega il testo sia “L’elisir d’amore” di Gaetano
Donizetti. Ma che alla fine si rivelerà un’opera di Čajkovskij, ma non vi dico
quale.
Sapendo infine con l’autore che benché si
parli di magia, nessuno, usandola, può dare una svolta ai propri problemi di
salute, di lavoro o financo di sentimento. Siamo solo noi i responsabili della
nostra vita. E con ciò, attendiamo di leggere l’ultimo capitolo pubblicato
della saga del nostro amico Manrico.
Giancarlo De Cataldo “Il bacio del
calabrone” s.p. (prestito/regalo di Fako)
[A: 07/01/2025 – I: 20/02/2025 – T: 22/02/2025]
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[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 237; anno:
2024]
Ormai alla quinta indagine del PM Manrico
Spinori creato dalla fertile penna di Giancarlo De Cataldo, noi assidui lettori
ci aspettavamo qualcosa in più. Non che sia scritto male o che ne sia faticosa
la lettura. Ma il canovaccio generale torna ad essere ripetitivo e quindi
foriero di poche sorprese.
Un morto forse un omicidio o forse no.
Indagini che stentano. Piccoli passi spesso più casuali che volutamente
cercati. Spinori che vuole abbandonare l’indagine. La sua squadra, ed in
particolare l’ispettora Deborah Cianchetti che trovano elementi nuovi, uniti ad
altre morti questa volta non sospette, cioè sicuramente omicidi. Soluzione del
caso per una congiunzione astrale di fortuna e ragionamento. Opera lirica che
viene trovata a suggellare il caso. Condita da tutti tormenti di Spinori verso
l’universo femminile.
Mettete il contesto nuovo (qui ci muoviamo
nel mondo dell’alta moda) e qualche piccola divagazione sul tema, e la nuova
impresa di Spinori è ben descritta ed archiviata.
Come accennato, De Cataldo ci porta qui nel
mondo dell’haute couture, cominciando da un evento che lega la moda alla
passione principe di Manrico, l’opera. La prima del “Trovatore” di Verdi è
legata alla sfilata di moda della maison Cannelli, dove il titolare, Tito, ha
anche l’interesse di agevolare la vendita della sua casa ad investitori arabi,
con la mediazione del suo avvocato personale Mainz, e di presentarsi
pubblicamente con la sua prossima sposa, cresciuta nella sua ditta, l’altezzosa
Irina Zed.
Peccato che durante la sfilata, Cannelli
muoia per uno shock anafilattico dovuto alla puntura di una variante asiatica
del calabrone, la Vespa Mandarinia, un calabrone gigante normalmente nativo nei
sottoboschi giapponesi. Sembrerebbe una fatalità, ma ben presto vengono fuori
un primo video di minacce durante la cena, che evidenzia una serie di conflitti
e gelosie fra i vertici dell’azienda di Tito Cannelli, collegate anche ad aspre
competizioni per acquisizioni varie che vedono in competizione acquirenti arabi
e francesi, e che sembrerebbero manovrati dall’avvocato della casa, Wolfgang
Mainz.
La situazione è confusa, e Spinori non può
che muoversi a tutto tondo, cercando motivi e spiegazioni nelle varie
personalità coinvolte nella vicenda. Primo fra tutti, lo stilista Luciano
Righi, che ha riportato in auge la casa di mode, ma che Tito ed Irina hanno
licenziato poco prima della sfilata. Licenziamento che Righi non ha digerito,
minacciando sopra le righe i due. Ovvio che anche Irina debba essere coinvolta,
per il suo strano astio verso Righi e per la sua veloce e poco giustificata
scalata ai vertici aziendali. C’è anche Jacky, uno stravagante modello in cerca
di fama e di un posto al sole, che girava per la sfilata con un cellulare “a
tutto video”. E come dimenticare l’avvocato Mainz, forse ripulito, ma in
passato in odore di collusione con la mafia calabrese, grazie anche alle sue
origini materne.
Il tutto condito dalla presenza,
esteticamente gradita da Manrico, ma con alti e bassi di avvicinamenti e
allontanamenti, dell’affascinante Vera Grant, redattrice di un rivista di moda.
Che conosce tutti, e che sa molti segreti. Inciso: intanto Spinori si è
definitivamente lasciato, per motivi che poco ci interessano, con la sua storia
Maria Giulia, motivo per cui non è indifferente alla bella Vera. Con cui, dopo
diverse esitazioni, passa anche momenti eroticamente rilevanti.
Quando anche l’avvocato Mainz ed il rampante
Jacky vengono uccisi, il quadro di fa più chiaro (sono tutti omicidi) ma anche
più oscuro (non si trovano motivi seri per collegare le diverse morti). Anche
se sicuramente il recente viaggio di tutta la maison Cannelli in Giappone può
far nascere il sospetto di dove sia sbucata la vespa assassina (per la
fioritura dei ciliegi in Giappone c’erano tutti i possibili sospetti della
vicenda: Tito, Irina, Righi, Jacky, Vera, Mainz, gli arabi, i francesi, altri
di cui non ricordo il nome; c’era anche Manrico nella sfortunata vacanza con
Maria Giulia che li ha portati alla rottura).
Mentre Manrico, dopo essere andato a letto
con Vera, vuole tirarsi indietro, la nostra infaticabile Deborah prende il
controllo laterale delle operazioni. Vede i video, controlla i telefoni con
Gavina, scopre contatti strani tra un cellulare ed il tribunale, reperiscono
oggetti legati ad un incidente stradale avvenuto quindici anni prima. E così,
con la solita imprevedibilità delle svolte nei finali dei testi di De Cataldo,
una volta rimessi sul piatto tutte le possibili mosse ed attività, il nostro
PM, sulle ali di un’opera di Puccini, ci svela i misteri, i come ed i perché.
Come vedete, mi sono dilungato in
particolari, ma il nucleo è quello citato nelle prime righe iniziali. Rimane il
gradimento di leggere un testo che non pone troppi problemi, e che scorre senza
troppi intoppi. Con la curiosità di capire cosa succederà ora a Manrico. Con la
sottolineatura della greve romanità di Deborah. Insomma, con i binari tracciati
su cui il treno della serie continua a muoversi. Forse non proprio con una
sufficienza piena, ma con la leggerezza che tutto sommato ne veniva richiesta.
Roberto Perrone “L’estate degli inganni”
BUR euro 13 (in realtà, scontato a 10,40 euro)
[A: 22/05/2021 – I: 05/02/2025 – T:
07/02/2025] &&
[titolo: originale; lingua: italiano; pagine: 360; anno:
2018]
Come dicevo tramando il primo episodio delle
storie di Annibale Canessa, sono fortemente dispiaciuto di scriverne quando
ormai l’ottimo giornalista del Corriere sono ormai due anni che ci ha lasciato.
Così che posso dire di sapere che è uscito un terzo libro di Canessa nel 2019,
ma poi è tutto finito. Prima per la pandemia, poi per la breve e definitiva
malattia.
Rispetto al primo che aveva qualche idea
innovativa, questa seconda prova l’ho trovata un po’ ripetitiva. Riprende
stilemi della prima, riprende l’idea pasoliniana “Io so, ma non ho le prove”.
Ci fornisce un quadro possibile della nostra martoriata Italia, ma prende poco.
Anzi, alcune scelte raffreddano molto la sensazione di avere in Canessa un
affidabile compagno di viaggio.
Mentre nel primo libro si parlava di BR e
affini, qui si passa sul versante nero del terrorismo italico del secolo
scorso. Ripercorrendo il periodo di inizio degli anni ’80 che fu ben pesante in
termini di vittime, ed ancora mai completamente acclarato. Il colpo multiplo di
quegli anni inizia il 27 giugno 1980 con l’incidente (chiamiamolo così) aereo
sul cielo di Ustica dove muoiono 81 persone tra passeggeri e membri
dell’equipaggio. Non è mai stato chiarito il modo, ma una delle tesi più
accreditate è che l’aereo sia stato colpito da un missile NATO. Prosegue poi il
18 luglio con il ritrovamento di un MiG libico schiantatosi sulla Sila, ma con
forti dubbi sulla data, poiché il corpo del pilota libico risulterebbe essere
morto molti giorni prima del 18 luglio, forse lo stesso 27 giugno. Infine, il 2
agosto dello stesso anno, una bomba piazzata alla stazione di Bologna provoca
85 morti e 200 feriti.
Questo, per collocare il quadro storico in
cui si muove la fantapolitica di Perrone. Che ipotizza l’aereo libico guidato
da un figlio naturale di Gheddafi. Aereo non armato, e con permesso di
transito. Permesso però non comunicato ad una pattuglia NATO che abbatte
l’aereo. Molto furioso, è lo stesso Gheddafi che assolda un terrorista sciolto
per mettere la bomba a Bologna a mo’ di vendetta personale.
La storia quindi parte da queste ipotesi
molto labili, e dove nel presente, mentre è in gita in Israele, Canessa viene
avvicinato da un agente del Mossad che gli fornisce documenti che vanno nella
direzione sopra espressa. Ovvio che Canessa, pur attento ai dettagli, non può
esimersi di seguire questa pista. Trovando il terrorista di cui sopra ormai in
fin di vita per cancro che gli conferma il dossier. Quando però Canessa vuol
farlo testimoniare in via ufficiale, lo trova morto. E scopre ben presto non per
cause naturali.
Come muore in un incidente un carabiniere
che sta aiutando Canessa nelle indagini. Così che lo stesso Annibale comincia a
temere per sé, per la sua donna, la giovane Carla, nonché per la cognata e la
nipote. Il tutto, ovviamente, viene condito dalla presenza di ministri e
politici dell’epoca, che forse sapevano, che forse tramavano, che forse
Gheddafi aveva detto loro che …, oppure che anche senza prove dirette, era
meglio far guardare in altre direzioni.
Insomma, c’è tutto l’impianto possibile,
teoricamente ma anche praticamente, che riguarda i servizi segreti deviati ed
altre piccole e grandi storie (o piccole e grandi bufale) che hanno
imperversato in Italia per anni. Ma che, in alcuni rivoli, ed in molti
complottisti di vari livelli, sono ancora presenti. In un certo senso, se
Perrone avesse inserito anche la Banda della Magliana il cerchio sarebbe stato
veramente completo e onnicomprensivo.
Ovviamente, da fantalibro di
fantadiplomazia, non può mancare il killer di tutte le morti attuali, che
neanche il Mossad riesce a fermare. Altrettanto ovviamente, sarà “Carrarmato”
Canessa che troverà il modo di bloccare anche il killer. Mentre, seguendo
l’esempio di uno dei suoi punti di riferimenti della scrittura, Gerard de
Villers, Perrone non potrà fare a meno, saltuariamente ma in modo costante, di
inserire scene di sesso, per tenere un po’ desta l’attenzione del lettore.
Attenzione che viene anche destata da una svolta inattesa che porta ben oltre
la crisi il rapporto tra Carla ed il nostro. Tanto che ci si domanda se tutto
ciò avrà un futuro. Che forse potrà scoprirsi nel caso venga letto il terzo ed
ultimo romanzo della serie.
Un peccato avere questo dubbio, che la
squadra “Canessa” sembrava essere ben affiatata, sia con Carla, ma soprattutto
con l’ex braccio destro di Annibale ne pensionamento, il maresciallo Ivan
Repetto, e l’amico factotum e senza limiti di spesa, il Vampa (una sorta di
Wolf di Pulp Fiction). Non poteva poi mancare il lato gourmet di Perrone, dove
mi basta citare una merenda a base di “provolone del Monaco”, un DOP di
Agerola, innaffiato da un rosso, la Querciola della cantina Massa Vecchia (un
chicca da 80 euro a bottiglia).
Insomma, un risultato modesto, anche se
Perrone rimane tra gli autori che nel tempo mi hanno ispirato immediata
simpatia. Peccato.
Passiamo allora alle letture del mese di
marzo, un mese che ha toccato una delle vette di lettura con i suoi diciannove
titoli. Di cui ben tre che si collocano nelle prime posizioni di gradimento: il
libro dedicato al mondo dei game (ed alle dinamiche relative a chi li produce)
di Gabrielle Zevin, un delicato giapponese di Kawakami Hiromi ed uno dei libri
della cinquina dello Strega, l’interessante romanzo di Andrea Bajani. Ed anche
un mese di letture anche non eccelse, per cui non posso non segnalare due
inutili gialli, il primo di Ippolito Ferrario nella collana discesa dai
Fratelli Frilli, il secondo di Enrico Luceri, nei Gialli Mondadori.
# |
Autore |
Titolo |
Editore |
Euro |
J |
1 |
Mario Rigoni
Stern |
Le stagioni di
Giacomo |
Repubblica
Montagna |
9,90 |
2 |
2 |
Ippolito Ferrario |
Il banchiere di
Milano |
Corriere Gazzetta |
7,99 |
1 |
3 |
Gabrielle
Zevin |
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow |
TEA |
9 |
4 |
4 |
Roberto Perrone |
L’estate degli
inganni |
BUR |
13 |
2 |
5 |
Gerd B. Achenbach |
Il libro della
quiete interiore |
Repubblica
Filosofia Viva |
9,90 |
2 |
6 |
Grazia Verasani |
Senza Ragione
Apparente |
Repubblica Noir |
8,90 |
2 |
7 |
Valérie Perrin |
Tatà |
E/O |
s.p. |
2,5 |
8 |
Antonio Paolacci
& Paola Ronco |
Il punto di vista
di Dio |
Repubblica Noir |
8,90 |
3 |
9 |
Kawakami Hiromi |
La cartella del
professore |
Corriere Giappone |
8,90 |
4 |
10 |
Arnaldur Indriðason |
I
figli della polvere |
TEA |
14 |
3 |
11 |
Enrico Luceri |
L’ombra dei vecchi
peccati |
Mondadori |
7,90 |
1 |
12 |
Haruki Murakami |
L’assassinio del
Commendatore |
Corriere Giappone |
9,90 |
2 |
13 |
Gaetano Savatteri |
Quattro indagini
a Màkari |
Sellerio |
15 |
3 |
14 |
Andrea Bajani |
L’anniversario |
Feltrinelli |
16 |
4 |
15 |
Soseki Natsume |
Guanciale d’erba |
Repubblica
Giappone |
8,90 |
3 |
16 |
Grazia Verasani |
Come la pioggia
sul cellofan |
Repubblica Noir |
8,90 |
2,5 |
17 |
Beppe Severgnini |
Socrate, Agata e
il futuro |
Rizzoli |
17,50 |
2 |
18 |
Michael Connelly |
La morte è il mio
mestiere |
Pickwick |
10,90 |
3 |
19 |
Angelo Del Boca |
Nella notte ci
guidano le stelle |
Repubblica
Resistenza |
7,90 |
3 |
Questo mese, niente citazioni, niente rimandi, visto che siamo un po’ in formazione ridotta, sballottati tra le varie location per sistemare tutto il sistemabile in vista di quest’inizio estivo. Ma avremo modo di rifarci a breve, per cui vi abbraccio.
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