mercoledì 3 gennaio 2007

Parliamo di saggi (12 novembre)

Questa settimana parliamo di saggi e non di romanzi. A volte fa bene anche qualcosa di meno effimero, anche se potremo aprire un dibattito sulla reale leggerezza del romanzo.

Comunque, saggi di diverso peso. Cominciamo da quello che sto rileggendo, perché ci sono dei punti che vorrei capire (o capire meglio).


”La differenza cristiana” Einaudi 8 euro

Mi sono accostato con un po’ di timore/tremore ad un testo pieno di scrittura cristiana che prova a tirar fuori linee di interpretazione in un mondo che per sua natura è “variegato”. Una riflessione sulla laicità inclusiva. Non penso sia un caso trovarvi differenze (per tutta la parte più vicina alla dottrina, sulla quale ho le maggiori difficoltà di comprensione) ma anche similarità (il senso della vita, la pace, il rapporto con l’altro che, chiudendo il cerchio, da senso alla propria vita). Infine il peso enorme e benefico dell’ascolto, con la stupenda affermazione che mi si scoplisce nella testa “ascoltare è ospitare l’altro dentro di noi, ritirarsi per lasciare campo libero anche all’altro”

Il secondo è il più leggero.


I giganti del jazz” Sellerio 10 euro

13 mini-grafie su alcuni giganti del jazz da Louis Armstrong a John Coltrane, certamente ben scritte. Ma sembra che tutti abbiano se non vita facile almeno “semplificata”. E i dolori? La droga? L’alcool? Tutto in sordina. Operazione comunque datata poiché scritta 30 anni fa (e forse andava scritto nella manchette di lancio). Introduttiva ma con poco mordente. Anche un po’ trionfalistico: “il jazz poteva nascere solo in America”

Il terzo riprende ed approfondisce temi più “morali”.


Alcune questioni di filosofia morale” Einaudi 8,50 euro

L’autrice della “Banalità del male” si interroga sulla morale, sul rapporto dell’io con se stesso e su come fare a distinguere/scegliere il bene e il male. “Le nostre decisioni sul bene e sul male dipendono dalla scelta … di coloro con cui vogliamo passare il resto dei nostri giorni”. Passando per Kant (“Mantenere il rispetto di sé”) e ricordando Socrate (“Meglio patire il male che farlo”) e Platone (“Io che sono uno solo” - nel senso che io sarò sempre con me, il me con cui parlo e con cui (almeno lui) passerò tutta la vita, e se lui/io non mi approva come passerò la vita?)

Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità

 

Una buona settimana di riflessione a tutti






[1] Bianchi è nato a Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunità monastica ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi è direttore della rivista biblica Parola, Spirito e Vita, membro della redazione della rivista internazionale Concilium ed autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualità cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a La Stampa, Avvenire e Luoghi dell’infinito.



[2] Louis "Studs" Terkel (nato il 15 maggio 1912) è un autore americano, storico e giornalista. Nato a New York, all’età di 10 anni si sposta a Chicago, dove ha passato la maggior parte della sua vita. Padre sarto, tre fratelli, dal ’26 al ’36 la famiglia Terkel aprì un albergo, e Studs confessa di ritenere la sua conoscenza del momndo provenire da questa umanità variopinta frequentante Bughouse Square. Nel 1939, si sposa con Ida Goldberg ed hanno un filgio. Studia all’Univversità di Chicago, dove ottiene un Junior Degree ma poi decise di non continuare la carriera giurisperita. Invece si unì ad un progetto federale di radio-scrittori, dove si adattò a tutto, dallo scrivere al fare l’attore nelle soap opera, dal fare l’annunciatore sportivo al presentatore di spettacoli musicali. Pubblicò la prima edizione di Giganti del Jazz nel 1956. Scrisse poi molti libri incentrati sulla storia orale degli Stati Uniti. Non ha mai preso la patente, in quanto sofferente di ommatofobia. Il suo libro più noto è del 1970 “Hard Times: An Oral History of the Great Depression”, dove riprende la sua passione per l’oralità per raccontare un momento cruciale della vita americna. Prende nel 1985 il premio Pulitzer con il libro ”The Good War”, dove parla dei momenti di soldiarietà e orgoglio nazionale durante la seconda gueraa mondiale.



[3] Hannah Arendt (Hannover, 14 ottobre 1906 – New York 4 dicembre, 1975) fu una teorica della politica, di cittadinanza americana e origini tedesche. È stata spesso definita come una filosofa, sebbene abbia sempre rifiutato questa definizione. Nata da una famiglia ebrea ad Hannover e cresciuta a Königsberg prima (città natale del suo ammirato precursore Immanuel Kant) e Berlino poi, la Arendt fu studentessa di filosofia presso Martin Heidegger, all'università di Marburg. Ebbe una relazione sentimentale con quest'ultimo, rapporto che non le impedì poi di criticarne le simpatie naziste. Dopo aver chiuso questa relazione, la Arendt si trasferì a Heidelberg dove si laureò su una tesi sul concetto d'amore di sant'Agostino, sotto la tutela del filosofo (ex psicologo) Karl Jaspers. La tesi fu pubblicata nel 1929, ma alla Arendt fu negata la possibilità di venire abilitata all'insegnamento nelle università tedesche (mediante la possibilità di scrivere una seconda tesi) nel 1933, per via delle sue origini ebraiche. Dopodiché lasciò la Germania per Parigi, dove conobbe il critico letterario marxista Walter Benjamin. Durante la sua permanenza in Francia la Arendt si prodigò per aiutare gli esuli ebrei della Germania nazista. Ad ogni modo, dopo l'invasione tedesca (e conseguente occupazione) della Francia durante la seconda guerra mondiale, e la seguente deportazione degli ebrei verso i campi di concentramento tedeschi, Hannah Arendt dovette emigrare anche da qui. Nel 1940 sposò il poeta e filosofo tedesco Heinrich Blücher, con cui emigrò (assieme a sua madre) per gli Stati uniti, con l'aiuto del giornalista americano Varian Fry. Dopodiché divenne attivista nella comunità ebrea tedesca di New York, e scrisse per il settimanale Aufbau. Dopo la seconda guerra mondiale si riconciliò con Heidegger e testimoniò in suo favore durante un processo in cui lo si accusava di aver favorito il regime nazista. Alla sua morte nel 1975, Hannah Arendt fu seppellita al Bard College, New York, dove suo marito insegnò per molti anni. I lavori della Arendt riguardarono la natura del potere, la politica, l'autorità e il totalitarismo. Nel suo resoconto del processo ad Eichmann per il New Yorker, che divenne poi il libro “La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme”, ha sollevato la questione che il male possa non essere radicale ma semplicemente originato dalla banalità e dalla propensione a non correre rischi del popolo sotto il regime nazista, che evitò ogni ribellione. Scrisse anche “Le origini del totalitarismo”, in cui tracciò le radici dello stalinismo e del nazismo, e le loro connessioni con l'antisemitismo. Questo libro fu al centro di molte controversie, poiché comparava due ideologie che alla maggior parte degli studiosi sembravano diametralmente opposte.


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