Andrea Camilleri “Il birraio di Preston”
Sellerio euro 8 (in realtà, scontato 4 euro)
[in: 04/10/2009 – out: 28/11/2009]
Finalmente
sono riuscito a leggere il libro che ha dato il via alla saga di Camilleri, non
nel senso di Montalbano, ma nel senso della Sicilia in generale e di Vigata in
particolare. Piacevole e pieno di spunti, anche se mi ha fatto arrabbiare
trovarmi scippato di un’altra idea mia (dopo quella rubatami da Diego Da Silva
sui testi delle canzoni degli anni settanta), quella di utilizzare brani di
altri libri come commento ai capitoli, per mescolare il tutto (e rendere un
sano omaggio a Calvino). Qui si usano gli incipit di vari autori per
principiare i capitoli che puntellano la saga del teatro vigatese. In un gioco
tutto di equivoci e scambi vari. Strano poi avere questa sensazione di libro
datato (in fondo è uscito una ventina d’anni fa) ma fuori dal tempo. Uno dei
migliori esempi della verve di Camilleri. Storie che si intrecciano (gli amanti
per una notte, il poliziotto cortese, il mazziniano romano fuori di testa, il
prefetto piemontese forte della sua autorità, il mafiosetto locale, ed il
grande capomafia, non a caso chiamato l’onorevole) intorno al nodo principale:
l’inaugurazione del nuovo teatro di Vigata dove il prefetto vuole a tutti i
costi far rappresentare un’opera risibile, quel ‘Birraio di Preston” di Luigi
Ricci, realmente rappresentato al Teatro della Pergola in Firenze nel 1847 (e
di cui il libretto d’opera esiste ed è conservato nella Biblioteca Nazionale
Australiana!!!), pensando di averlo visto con la sua futura sposa (ma si
sbagliava, era il Boccherini). E da questo scambio, e dalla pervicacia ed
arroganza del potere, nascono tutti gli altri scambi, di persone, di amanti, di
situazioni. La cifra è allegra, la lingua di base il dialetto vigatese, con
inserti piemontesi (il prefetto), toscani (la prefettessa) e romani (il
mazziniano). Peccato che alla fine dei giochi tutto vada un po’ male, e non c’è
nessuno che ne esca non dico felice, ma neanche allegro. Questo sembra poi il
messaggio finale di Camilleri, dove i soldi ed il potere mettono le mani non
può che finire sempre e comunque male. Una lettura di testa e non di cuore, ma
comunque letto con gusto.
Andrea Camilleri “La rizzagliata” Sellerio s.p. (regalato a e ripreso
da Mamma)
[in: 19/10/2009 – out: 17/02/2010]
Un romanzetto gialletto senza il
commissario. Ma, come dice il risvolto, qui ci sarebbe entrato a fatica. Non ci
si può muovere con l’elefantiasi Montalbaniana nei meandri del
giallo-politico-mafioso di Palermo. Da un delitto in stile Garlasco, ad una
vicenda che intreccia poteri forti e deboli, nonché con delle buone frecciate
verso i mass-media. Di buon effetto, ritornando un po’ alla falsariga comico-impegnata
del famoso birraio. Qui, siamo nell’attuale e l’atmosfera si fa cupa. C’è la
lotta di potere all’interno di una testata regionale RAI. Ci sono corna e
contro-corna (cioè corna fatte per amore e contro fatte per spregio o per
carriera). C’è il famoso delitto di cui sopra, dove si intrecciano mafia e
gelosia. Ma ci si innesta anche la politica con tutta la pletora di
clientelismo che vi girano intorno. Sarà il buon senatore (forse buon non è la
parola esatta) che da lontano, da Roma, intreccerà e streccerà inganni e
svisamenti, in modo che la vicenda, passo dopo passo, avrà una sua fine. Ed
ovviamente, non sarà una fine positiva. I cattivi non avranno pene per le loro
malefatte (o comunque non quelle che si meritavano). I cattivelli continueranno
ad avanzare. I cattivi che sbagliano saranno puniti dai cattivi che non
sbagliano. E i buoni? Beh, quelli non sono presenti, neanche di passaggio. Ma
tutto avrà un suo fine, una sua logica (e questo è sempre un buon punto per un
autore). Svelando anche il mistero di quel titolo preso, non casualmente, dalla
pesca. Qualcuno lo sa decifrare senza andare subito su Internet?
Andrea Camilleri “Il corso delle cose”
Sellerio euro 8 (in realtà, scontato 6,40 euro)
[in: 23/04/2010 – out: 08/06/2010]
Sfatiamo
subito il mito, che ho scritto due trame più su (ma che ho corretto
nell’introduzione). Questo è in realtà il primo libro scritto dal buon
Camilleri a 42 anni, solo che (come narra nella breve post-fazione) ha avuta
una laboriosa e praticamente clandestina uscita. Solo la riproposizione presso
Sellerio consente di apprezzarne la scrittura e la trama. E come primo
tentativo, pur nell’altalenarsi ancora di momenti di peso diseguale, ha già un
suo interesse. Per la lingua, dove appunto si usa il parlato, anche se ancora
non a livelli dei bofonchiamenti dell’ultimo Montalbano. Un parlato molto
diluito, ma che comincia a contenere espressioni e modi che non vanno
“tradotti” (come dice lo stesso Camilleri, trasportarli in italiano fa
risultare la prosa distaccata) ma fluiti, forse non capiti parola per parola,
ma se ne sente il senso. Ed alcuni intarsi “di folklore e di costume”, ancora
sbozzati, ma, soprattutto nelle pagine sulla genesi e lo svolgimento della saga
di San Calogero (Calò per gli amici) si sente l’irrompere del “suo” mondo
siciliano. Che, libro dopo libro, anche un po’ nostro è diventato. E non manca
quell’impegno (o almeno tentativo) di libro di critica sociale, un po’ sulla
scia di quelli che considerava i suoi maestri, i famosi svedesi Sjowall & Wahloo
del commissario Beck. Qui ci si limita ad un accenno al “bandito Giuliano”, e
poi all’atmosfera generale. Quella delle piccole e grandi mafie, degli sgarri,
del dire e non dire, del mandare segnali di fumo, prima di arrivare al fuoco
vero e proprio. Anche lo svolgimento è interessante, perché (d’altra parte ce
lo avverte il titolo che il corso delle cose è sinuoso) si srotola a poco a
poco, da una parte con un morto di mafia sicura, che i carabinieri non riescono
a dipanare, dall’altra mentre seguiamo le avventure del buon Vito, che certo
nulla ha a che vedere con quei fatti, ma che ci si trova invischiato senza la
capacità di uscirne. Proprio perché è uno che non vorrebbe far torto a nessuno,
che non vuole essere messo in mezzo. Ma questo suo defilamento si scontra con
la sua “innocenza” (sbadataggine?) che gli farà fare dei passi più pericolosi
di quanto sembra. Usando già questo rincorrere di fatti, prendendo spunto dei
mille rivoli della storia, divagando tra personaggi e “pupi”, Camilleri ci
costruisce una bella foto di uno spaccato di Sicilia che, purtroppo, ben reale
40 anni fa, non credo sia del tutto sparito. Si sarà evoluto (come si evolve la
sua scrittura, se paragonata all’ultimo libro giallognolo senza Montalbano, di
cui alla trama poco sopra). Ma certo non sparito. Come tutte le opere del suo
spaccato di vita, è sempre un po’ con poche speranze, e soprattutto senza dei
veri “buoni” (che si incarneranno soltanto in Montalbano, che, solo, riuscirà,
nel suo piccolo, a raggiungere punti positivi). Insomma, pur avendo l’età di
Camilleri quando lo scrisse, il romanzo scorre piacevolmente in questo inizio
d’estate, promettendo succose granite di limone ai lettori.
“forse, come al dolore, c’è anche un limite
alla paura, oltre il quale non si può andare, ed è così che, certe volte, i
vigliacchi finiscono per diventare coraggiosi” (122)
Rendendo ancora omaggio ai
novelli sposi, mi accingo a fare l’ennesimo bagaglio per una conferenza di
lavoro in quel di Bled (Slovenia). E sottolineare come nel giro dio pochi
giorni (in effetti meno di una settimana) abbia deciso di accettare un giro avventuroso
(Sudafrica – Mozambico) che nel giro di un volgere di ore, si è già chiuso. Ma
tutti in Sudafrica vanno, quest’anno?
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