lunedì 20 febbraio 2012

Anti-salveide - 20 giugno 2010

Questa settimana, in attesa dell’atteso libro a 4 mani con Lucarelli, e per rendere omaggio a chi va in Sicilia (o in viaggio di nozze o solo per vacanza) si parla di Camilleri. E, come accenna il titolo, di Camilleri senza Montalbano. Ho preso in mano due delle prime uscite, e la penultima. Come dire? Ci sono momenti che senza Montalbano funzionano meglio. Altri meno. Certo il buon commissario scicli-vigatese porta quel tocco di buonismo che manca in altri scritti. Ma non sempre le cose del mondo sono buone. Poi, soprattutto nel Birraio, ci sono momenti di grande ilarità. Correggo l’errore, di citare il Birraio come primo, essendo il secondo, ma peccato veniale fu. Infine, rispetto ad alcune delle penultime prove montalbaniche, qui si sente la penna del grande vecchio. Una buona penna, comunque sopra gli standard.
Andrea Camilleri “Il birraio di Preston” Sellerio euro 8 (in realtà, scontato 4 euro)
[in: 04/10/2009 – out: 28/11/2009]
Finalmente sono riuscito a leggere il libro che ha dato il via alla saga di Camilleri, non nel senso di Montalbano, ma nel senso della Sicilia in generale e di Vigata in particolare. Piacevole e pieno di spunti, anche se mi ha fatto arrabbiare trovarmi scippato di un’altra idea mia (dopo quella rubatami da Diego Da Silva sui testi delle canzoni degli anni settanta), quella di utilizzare brani di altri libri come commento ai capitoli, per mescolare il tutto (e rendere un sano omaggio a Calvino). Qui si usano gli incipit di vari autori per principiare i capitoli che puntellano la saga del teatro vigatese. In un gioco tutto di equivoci e scambi vari. Strano poi avere questa sensazione di libro datato (in fondo è uscito una ventina d’anni fa) ma fuori dal tempo. Uno dei migliori esempi della verve di Camilleri. Storie che si intrecciano (gli amanti per una notte, il poliziotto cortese, il mazziniano romano fuori di testa, il prefetto piemontese forte della sua autorità, il mafiosetto locale, ed il grande capomafia, non a caso chiamato l’onorevole) intorno al nodo principale: l’inaugurazione del nuovo teatro di Vigata dove il prefetto vuole a tutti i costi far rappresentare un’opera risibile, quel ‘Birraio di Preston” di Luigi Ricci, realmente rappresentato al Teatro della Pergola in Firenze nel 1847 (e di cui il libretto d’opera esiste ed è conservato nella Biblioteca Nazionale Australiana!!!), pensando di averlo visto con la sua futura sposa (ma si sbagliava, era il Boccherini). E da questo scambio, e dalla pervicacia ed arroganza del potere, nascono tutti gli altri scambi, di persone, di amanti, di situazioni. La cifra è allegra, la lingua di base il dialetto vigatese, con inserti piemontesi (il prefetto), toscani (la prefettessa) e romani (il mazziniano). Peccato che alla fine dei giochi tutto vada un po’ male, e non c’è nessuno che ne esca non dico felice, ma neanche allegro. Questo sembra poi il messaggio finale di Camilleri, dove i soldi ed il potere mettono le mani non può che finire sempre e comunque male. Una lettura di testa e non di cuore, ma comunque letto con gusto.
Andrea Camilleri “La rizzagliata” Sellerio s.p. (regalato a e ripreso da Mamma)
[in: 19/10/2009 – out: 17/02/2010]
Un romanzetto gialletto senza il commissario. Ma, come dice il risvolto, qui ci sarebbe entrato a fatica. Non ci si può muovere con l’elefantiasi Montalbaniana nei meandri del giallo-politico-mafioso di Palermo. Da un delitto in stile Garlasco, ad una vicenda che intreccia poteri forti e deboli, nonché con delle buone frecciate verso i mass-media. Di buon effetto, ritornando un po’ alla falsariga comico-impegnata del famoso birraio. Qui, siamo nell’attuale e l’atmosfera si fa cupa. C’è la lotta di potere all’interno di una testata regionale RAI. Ci sono corna e contro-corna (cioè corna fatte per amore e contro fatte per spregio o per carriera). C’è il famoso delitto di cui sopra, dove si intrecciano mafia e gelosia. Ma ci si innesta anche la politica con tutta la pletora di clientelismo che vi girano intorno. Sarà il buon senatore (forse buon non è la parola esatta) che da lontano, da Roma, intreccerà e streccerà inganni e svisamenti, in modo che la vicenda, passo dopo passo, avrà una sua fine. Ed ovviamente, non sarà una fine positiva. I cattivi non avranno pene per le loro malefatte (o comunque non quelle che si meritavano). I cattivelli continueranno ad avanzare. I cattivi che sbagliano saranno puniti dai cattivi che non sbagliano. E i buoni? Beh, quelli non sono presenti, neanche di passaggio. Ma tutto avrà un suo fine, una sua logica (e questo è sempre un buon punto per un autore). Svelando anche il mistero di quel titolo preso, non casualmente, dalla pesca. Qualcuno lo sa decifrare senza andare subito su Internet?
Andrea Camilleri “Il corso delle cose” Sellerio euro 8 (in realtà, scontato 6,40 euro)
[in: 23/04/2010 – out: 08/06/2010]
Sfatiamo subito il mito, che ho scritto due trame più su (ma che ho corretto nell’introduzione). Questo è in realtà il primo libro scritto dal buon Camilleri a 42 anni, solo che (come narra nella breve post-fazione) ha avuta una laboriosa e praticamente clandestina uscita. Solo la riproposizione presso Sellerio consente di apprezzarne la scrittura e la trama. E come primo tentativo, pur nell’altalenarsi ancora di momenti di peso diseguale, ha già un suo interesse. Per la lingua, dove appunto si usa il parlato, anche se ancora non a livelli dei bofonchiamenti dell’ultimo Montalbano. Un parlato molto diluito, ma che comincia a contenere espressioni e modi che non vanno “tradotti” (come dice lo stesso Camilleri, trasportarli in italiano fa risultare la prosa distaccata) ma fluiti, forse non capiti parola per parola, ma se ne sente il senso. Ed alcuni intarsi “di folklore e di costume”, ancora sbozzati, ma, soprattutto nelle pagine sulla genesi e lo svolgimento della saga di San Calogero (Calò per gli amici) si sente l’irrompere del “suo” mondo siciliano. Che, libro dopo libro, anche un po’ nostro è diventato. E non manca quell’impegno (o almeno tentativo) di libro di critica sociale, un po’ sulla scia di quelli che considerava i suoi maestri, i famosi svedesi Sjowall & Wahloo del commissario Beck. Qui ci si limita ad un accenno al “bandito Giuliano”, e poi all’atmosfera generale. Quella delle piccole e grandi mafie, degli sgarri, del dire e non dire, del mandare segnali di fumo, prima di arrivare al fuoco vero e proprio. Anche lo svolgimento è interessante, perché (d’altra parte ce lo avverte il titolo che il corso delle cose è sinuoso) si srotola a poco a poco, da una parte con un morto di mafia sicura, che i carabinieri non riescono a dipanare, dall’altra mentre seguiamo le avventure del buon Vito, che certo nulla ha a che vedere con quei fatti, ma che ci si trova invischiato senza la capacità di uscirne. Proprio perché è uno che non vorrebbe far torto a nessuno, che non vuole essere messo in mezzo. Ma questo suo defilamento si scontra con la sua “innocenza” (sbadataggine?) che gli farà fare dei passi più pericolosi di quanto sembra. Usando già questo rincorrere di fatti, prendendo spunto dei mille rivoli della storia, divagando tra personaggi e “pupi”, Camilleri ci costruisce una bella foto di uno spaccato di Sicilia che, purtroppo, ben reale 40 anni fa, non credo sia del tutto sparito. Si sarà evoluto (come si evolve la sua scrittura, se paragonata all’ultimo libro giallognolo senza Montalbano, di cui alla trama poco sopra). Ma certo non sparito. Come tutte le opere del suo spaccato di vita, è sempre un po’ con poche speranze, e soprattutto senza dei veri “buoni” (che si incarneranno soltanto in Montalbano, che, solo, riuscirà, nel suo piccolo, a raggiungere punti positivi). Insomma, pur avendo l’età di Camilleri quando lo scrisse, il romanzo scorre piacevolmente in questo inizio d’estate, promettendo succose granite di limone ai lettori.
“forse, come al dolore, c’è anche un limite alla paura, oltre il quale non si può andare, ed è così che, certe volte, i vigliacchi finiscono per diventare coraggiosi” (122)
Rendendo ancora omaggio ai novelli sposi, mi accingo a fare l’ennesimo bagaglio per una conferenza di lavoro in quel di Bled (Slovenia). E sottolineare come nel giro dio pochi giorni (in effetti meno di una settimana) abbia deciso di accettare un giro avventuroso (Sudafrica – Mozambico) che nel giro di un volgere di ore, si è già chiuso. Ma tutti in Sudafrica vanno, quest’anno?

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