giovedì 16 febbraio 2012

Falsi e pastiche - 30 maggio 2010

Dopo due settimane passate a raccontare trame dei nuovi amori viaggiatori (nuovi nella prospettiva secolare perché mi accompagnano da almeno 30 anni), torniamo ad un vecchio amore, anche se ben mescolato. Quello dei falsi e dei pastiche. Pastiche intesi nel senso di prendere un personaggio storico e fargli fare tutt’altro. Falsi intesi nel senso di compilare un racconto alla maniera di. Ed una via di mezzo, un falso, pastiche, anche un po’ ucronico. Sarà per la loro eterogeneità, devo subito confessare che questa terzina è un po’ debolina. La sorregge solo la combinazione cabalistica di essere entrati nella mia libreria il giorno 24, anche se di mesi diversi.
Cominciamo allora con l’inglese dal nome impronunciabile.
Jasper Fforde “Il caso Jane Eyre” Marcos y Marcos euro 17
[in: 24/10/2009  - out: 12/01/2010]
Erano anni che lo volevo leggere, incuriosito dall’idea di eroi del romanzo che entrano ed escono dalla vita di tutti i giorni. Purtroppo mi ha deluso tantissimo. Non è altro che un romanzo un po’ ucronico, un po’ fantascientifico. Condito da una buona conoscenza degli autori classici inglesi. Ma emozioni? Zero. Si svolge in un 1985 diverso, in un mondo dove i libri sono il bene più prezioso. E i confini tra realtà e fantasia sono più morbidi del consueto. Mycroft, vecchio inventore, escogita un sistema per entrare di persona in romanzi e poesie. Acheron Hades, criminale diabolico, se ne appropria e rapisce prima un manoscritto di Dickens, poi addirittura "Jane Eyre" dal manoscritto originale di Charlotte Brontë: a indagare arriva Thursday Next, Detective Letteraria. Reduce dalla guerra di Crimea (che imperversa da centotrenta anni), ha in sospeso un amore. Le indagini la riportano a Swindon, sua città natale; sbarcata da un dirigibile di linea, salta in groppa a una fuoriserie decappottabile dai mille colori. E comincia a lottare per rimettere in sesto il libro e la sua vita. Certo l’ex-sceneggiatore sa di libri, e soprattutto di libri inglesi. Cita poeti, autori, si gingilla con Shakespeare e con il mistero della sua esistenza (fino ad escogitare un trucco di bassa fantascienza a doppio cerchio, non sapendo come risolverlo fa in modo che un attore del ‘600 abbia in mano le opere di Shakespeare del futuro, e le possa scrivere… Ma chi sa di fantascienza, sa che questo è un trucco sporco e senza sbocchi). Ecco, io mi aspettavo qualcosa di più “finemente letterario”, un mondo dove si entrava ed usciva dai romanzi e questo modificava in diverso modo gli avvenimenti del mondo reale (a patto di decidere quale sia il mondo reale). Invece è un gran pastiche, pieno di invenzioncelle, senza avere la robustezza e la coerenza di una fantascienza pura. Mi sembra quasi un vorrei ma non sono tanto capace. Perché in definitiva è tutto sulla forza che possono avere i libri, ma qualcuno si potrà mai domandare sul serio se si possano scatenare risse furibonde tra i seguaci di Milton e quelli di Bacone? O analoghe beghe letterario-radical-chic? Quindi molto deluso, di aver aspettato anni la sua uscita in economica, di aver ceduto all’acquisto a prezzo pieno, e rimasto deluso del suo poco, per me, valore. Qualcuno che sa e che scrive mi spiegherà la sua bellezza. Ma io non riesco a sorridere dei totem che nei centri commerciali declamano a pagamento versi dell’Amleto.
“tutti facciamo degli sbagli in certi momenti della nostra vita” (197)
Il secondo è uno dei tanti pastiche che affollano le librerie, anche se l’autore (quanto meno) è un ottimo esperto di Oscar Wilde.
Gyles Brandreth “Oscar Wilde e i delitti a lume di candela” Sperling & Kupfer euro 9,50 (in realtà, scontato euro 6,18)
[in: 24/07/2009  - out: 05/02/2010]
Un altro dei gialli che utilizzano personaggi noti e li fanno “investigare”. Una lunga serie con alti e bassi, anzi più bassi che alti. Forse l’unico interessante è l’Aristotele della Doddy, sempre meglio del Dante di Guido Leoni, del Giulio Verne di J. Prevost e via narrando. Questo si pone nella schiera dei bassi. Lo riscatta solo la conoscenza (approfondita, devo dire) di Wilde da parte dell’autore, e la presenza, come comprimario, di Arthur Conan Doyle. La conoscenza che porta ad una grande messe di citazioni e sottolineature che sarebbero carine fossero dell’autore, ma sono (quasi) tutte di Wilde. Ed allora se ne sente il peso. La storia parla di un misterioso omicidio di un ragazzo di sedici anni, che, già si capisce, fa parte di quel mondo che pochi anni dopo porterà alla distruzione del personaggio Wilde. Ma qui è più tutta allegria e gioia di vivere. Anche se dal punto di vista del giallo puro e semplice, si capisce metà della soluzione dopo 15 pagine e tutta prima di metà libro. Un po’ leggerino per essere un giallo. Si riscatta benino nella minuziosa descrizione della Londra e del suo mondo degli anni ’80 del secolo XIX. Con quelle gigantesche mangiate e bevute che farebbero inorridire dietologi attuali (e andare in brodo di giuggiole enologi che sentono parlare di vino e champagne prima della peronospora). Ma Oscar Wilde non ha la stoffa del detective, anche se tra citazioni di Poe (velate) ed aiutini di Conan Doyle (palesi) si riscatta. Certo, inorridiamo quando attacca tiritere di spiegazioni sul perché la cameriera che non conosce e non ha sentito parlare, sia irlandese: la croce al collo, l’andatura, ed altri elementi sherlockiani. Si inorridisce pensando al dandy irlandese che si mette a fare il pedante. Congeniale alla trama, non lo nego, ma snatura il personaggio. Per questo lo colloco nella fascia bassa degli imitatori. Aristotele, quando indaga, rimane Aristotele ed usa il suo aristotelismo per dipanare il mistero. Qui Wilde non wildeggia se non in citazioni, di cui al solito riporto quelle a me più congeniale. Allora, una chicca da biblioteca non un filone da seguitare ad osservare. Un lavoro senile di un ex-membro del Parlamento ormai fuori dai giochi, che però sarebbe stato meglio avesse continuato con le passioni giovanili (quando era campione riconosciuto a livello agonistico di Scrabble).
“La caricatura è il tributo che la mediocrità paga al genio” (27)
“L’amore è una cosa bellissima, ma … l’amicizia vale molto di più.” (30)
“Bisognerebbe sempre essere innamorati. È per questo che non bisognerebbe sposarsi” (41)
“Tradiva la moglie con altre donne? … E se era così, si trattava di vero tradimento? Oppure lui riteneva – come io ritenevo e ritengo – che si possa amare più di una persona ed essere comunque fedele?” (72)
“Gli attori sono fortunati. … Possono scegliere se stare un una commedia o in una tragedia. … La vita vera è diversa. Non c’è scelta. Tutto il mondo è un palcoscenico, ma noi dobbiamo recitare la parte che ci è stata assegnata” (83)
“Sai qual è la mia regola: l’unico modo di comportarsi con una donna è farci l’amore se è graziosa e farlo con qualcun’altra se è bruttina. Quante ridicole chiacchiere si fanno sulla fedeltà! I giovani vogliono essere fedeli e non lo sono, i vecchi vogliono essere infedeli e non possono” (133)
“Non ci può essere amicizia tra uomo e donna. … C’è passione, avversione, adorazione, amore, ma non amicizia” (149)
“Tutte le volte che qualcuno è d’accordo con me, ho sempre la sensazione di essere nel torto” (168)
“Dicono che ogni uomo uccida ciò che ama” (222)
“Spesso sono coloro che detestiamo di più quelli che amiamo di più. E detestiamo noi stessi per il fatto di amare quando non dovremmo, di amare chi sappiamo che non è degno del nostro amore” (240)
“Io l’amavo per la sua personalità, che era unica. La personalità è una cosa misteriosa. Non sempre un uomo può essere giudicato in base a ciò che fa: può rispettare la legge eppure non valere niente,  e può infrangerla eppure essere un’ottima persona.” (262)
 “è importante capire gli altri se si vuole capire sé stessi” (297)
“Non v’è nei Cieli rabbia pari all’amore divenuto odio, né all’Inferno furia pari a quella di una donna sdegnata – William Congreve” (320)
Finiamo quindi con l’autore dei falsi.
Mark Crick “Il sifone di Sartre” Ponte alle Grazie s.p. (regalo di Silvia)
[in: 24/12/2009  - out: 19/02/2010]
Dal sottotitolo, “Manuale di bricolage per l’appassionato di letteratura”, avevo interpretato che l’autore, spigolando tra i testi, avesse trovato esempi di attività manuali descritti da vari autori. Invece (ma non è un giudizio) è un “pastiche”, cioè un tentativo di descrivere un’attività da bricoleur, nello stile dell’autore interpretato. Come tutti i “falsi”, ci sono rese diverse. Alcune hanno una loro spessa dignità, altre sono tirate per i capelli. Intanto non ci sono frasi da ricordare, perché sono frasi alla moda di, e quindi hanno poca presa. Tornando invece al contesto, a volte sembra troppo facile falsificare un vecchio tappezziere che combatte con la carta da parati come quell’altro faceva con il mare, o il costruttore di solai che rinchiude sé stesso in solaio, o il piastrellatore di bagni che con una pistola siliconata cerca di uccidere metaforicamente la vecchia proprietaria del bagno. E che dire del turbamento sessuale della bella e sensuale alla vista del pittore di porte? O il rapporto morboso madre-figlia che esclude tutto il mondo, forse anche l’elettricista? Sicuramente meglio che la fuga tra le buie stanze del decrepito castello alla ricerca del giusto termosifone, o l’ossessivo ripetere di una canzone mentre lui dipinge di blu la stanza che lei abbandona, o il turlupinamento del fattore-factotum, o l’identificazione del sé stesso con la putredine dei condotti di scarico od i silenzi che affligono la donna che guarda l’uomo che cambia la guarnizione (e l’avevo detto era lei, la guarnizione!). Migliori, almeno per la resa che me ne hanno fatto, sono forse la sostituzione del vetro in cui si riflette il tradimento verso sé stessi o il divertente tri-atto per accomodare un cassetto di una cassettiera che affonda sempre più nella sabbia. Lascio fuori da questo mio contro-pastiche letterario soltanto due pezzi che sono “inclassificabili”: l’uno perché trasporta lo scrivere in terza persona di Caio Giulio Cesare ai nostri giorni (ma contiene l’unica invenzione che mi ha fatto veramente sorridere, il rituale evocativo dei nuovi dei adolescenziali, la greca Nike ed il norreno Nokia) e la scrittura di Thompson che è l’unico autore che non conosco. Altresì, mi son divertito a vedere anche le illustrazioni, dove l’autore mini-falsifica Picasso, Van Gogh, Magritte ed altri. A questo punto mi incuriosisce l’altro libro di Crick sulla cucina. Per la gioia dei solutori di enigmi, a parte i due citati, riporto gli altri autori in ordine alfabetico, e magari cercati di accoppiarli alle mini trame che ho descritto. Sono: Samuel Beckett, Emily Brönte, Fëdor Dostoevskij, Marguerite Duras, Johann Wolfgang von Goethe, Ernest Hemingway, Elfriede Jelinek, Milan Kundera, Haruki Murakami, Anaïs Nin, Edgar Allan Poe e Jean - Paul Sartre. Comunque, mi piacevano di più i falsi alla Guido Almansi o financo alla Michele Serra.
Torno brevemente sulle indicazioni entrata-uscita, per sottolineare che servono anche a collocare lo scritto  in prospettiva, visto che le trame vengono redatte durante la lettura ed alla sua conclusione.
Per il resto ci si avvia alle fatiche dell’ultimo mese di lavoro “impegnato” prima del rallentamento estivo, anche se di viaggi non se ne riesce ancora a parlare.

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