domenica 12 febbraio 2012

L’Italia vista da dentro - 02 maggio 2010

Torniamo a scrittori italiani, e soprattutto a due, che per diversi versi (non si dovrebbe scrivere così ma mi diverte) me li sento vicini. O forse sento simpatia. O empatia. Cioè pathos più qualcosa. E spesso (come in questo caso) son frutto di graditi regali. O di arditi scavi nei recessi del non letto passato. Vengo qui a trattare le ultime fatiche note di Baricco e De Luca, più il primo Erri rispolverato dalle nebbie del tempo. I due sembrano portarmi verso strade che si incrociano (Calvino?) che un tempo chi amai ora si allontana e chi non c’era chiama. Tanto ho amato il torinese quanto poco mi ritrovo nel suo ultimo scritto. Tanto mi innervosiva il napoletano quanto mi affascinano sempre più i suoi racconti in filo di penna (non tutti, ma molti).
Allora questa settimana cominciamo dal Nord.
Alessandro Baricco “Emmaus” Feltrinelli s.p. (regalo di Alessandra)
Deluso? No, ma molto perplesso. Che vuol dire? Cosa cerca di dirci? Alla fine, mi è sembrato un pasticcio inutile. Dovrò pensarci su. Lo stile è il suo, quello del Baricco che mi piace, ed il nodo legato al titolo è forse l’unica cosa che veramente mi è piaciuta. Tanto che lo riporto: “Un episodio dei Vangeli testimonia che, qualche giorno dopo la morte del Cristo, due uomini camminavano verso la cittadina di Emmaus e parlavano di quello che era successo a Gerusalemme. A un certo punto, si avvicinò un uomo e chiese loro di cosa stessero parlando. I due lo misero al corrente di tutto e, siccome si faceva tardi, lo invitarono a restare con loro, a mangiare insieme. L’uomo accettò, mangiò con loro, spezzò il pane. Guardandolo, i due capirono che quell’uomo era il Messia e, a quel punto, il Messia sparì. Rimasero soli, chiedendosi come non avessero potuto capire che si trattava del Messia. Eppure era stato con loro tutto quel tempo...” Ecco, l’idea è quella, di come sia sempre, in tutti i tempi, difficile vedere. Com’è stato possibile? Com’è possibile che non riconosciamo e comprendiamo davvero le persone che abbiamo intorno? Mangiano con noi, vivono con noi, eppure non li riconosciamo. Ma per dimostrare questo assunto, Baricco ci racconta la storia di questi quattro amici, negli anni ’70 di una Torino cattolica, bravi ragazzi, che fanno la carità, vanno in Chiesa, stanno con le ragazze ma senza oltre passare la soglia. E poi si incontrano con il mondo, che è altro, che non capiscono, e ne sono travolti, fino a scenderne tutti i gradini ed esserne disintegrati. Ma tutta questa storia è raccontata come se fosse controvoglia, senza farcene assumere il pathos, la voglia, tutto scorre così. Da un lato la tradizione, dall’altro… Forse la perdizione, ma anche lì, senza che con cognizione si veda quello che si sta facendo, lo si capisca. Sempre rimanendo dietro un velo, di non detto, di non fatto. Ed ora ripercorrendolo con la memoria, mi accorgo che non lascia traccia, non lascia emozioni, non lascia la voglia di farsi quella domanda che il più delle volte mi fa amare un libro: e poi? E cosa succede, oltre ed al di là di tutto ciò? Nulla invece, il vuoto, la delusione. Insomma, un libro che furbescamente ammicca, di cui ho letto dopo critiche che ne trovano i risvolti intessuti della realtà odierna. Ma io sono drastico. Se mi piace lo dico. E questa l’ho trovata un’operazione furba, natalizia, forse all’inseguimento di qualcosa che non esce fuori, che non capisco. Alla fine dei conti, dalla perplessità iniziale, posso serenamente passare al biasimo finale.
“Siamo pieni di parole di cui non conosciamo il significato, e una è la parola dolore. Un’altra è la parola morte. Non sappiamo cosa indicano, ma le usiamo.” (28)
“Adesso che era lì, di colpo mi ricordavo come mi era mancato il suo corpo in ogni istante dopo quella notte” (102)
Veniamo al doppio Erri che contornano il viaggio in Mali: uno finito la notte prima di partire, l’altro iniziato il giorno del ritorno. Chissà se avrà un senso tutto ciò?
Erri De Luca “Il peso della farfalla” Feltrinelli euro s.p. (regalo di Paola)
Un bell’apologo il primo racconto che titola il libro. Una palla il raccontino. Solo il sospetto che, come altrove Baricco, qui De Luca ogni tanto “faccia il furbo”. Ma veniamo al bel racconto. Dove si narra del re dei camosci, animale ormai stanco. Solitario e orgoglioso, da anni ha imposto al branco la sua supremazia. Forse è giunto il tempo che le sue corna si arrendano. Dalla valle sale l'odore dell'uomo, che gran parte della sua vita ha passato a cacciare di frodo le bestie in montagna. A ritmi alterni entriamo nelle due solitudini, e soprattutto nei due tramonti della vita. Quella del camoscio che ha imposto la sua legge al branco, anche se il suo è un branco diverso, più coeso di altri che scorribandano le alte vette. E quella dell’uomo che dal branco è fuggito, che ha avuto una vita di là, ma che ha deciso che non era più la sua. Così come decide di uccidere di frodo solo certi animali, ed in un certo modo. Quasi con rispetto dell’altro, così come fa intuire che non aveva rispetto prima, nel branco. Si intuisce che ha fatto qualcosa, forse di riprovevole, certo non lineare. Il camoscio sa che ormai è alla fine della sua vita, ma non vuole cedere ai giovani camosci, non vuole che sia sparso del sangue inutile. Ed il cacciatore sa che per quel camoscio che da tanti anni cerca e che gli sfugge, avrà rispetto fino in fondo, fino a farci capire la pietà interna che può scaturire da una vita per altri versi, forse, sbagliata-sballata. Ecco, questo mi rimane delle sessanta paginette che in un volo di farfalla ho letto prima della partenza di Capodanno. La solita scrittura lieve, si forse con qualche concessione all’ammiccamento del dire e del non dire. Ma a me è piaciuto. Meno, anzi nullo è il piacere, per quelle ultime dieci pagine sulla storia dell’albero, che, ove notoriamente si sa la mia scarsa affinità con questa botanica, mi lasciano proprio freddo e distante. Forse quando canuto e bianco cercherò anche io miei spazi solitari e silenti, ove la mia scrittura sia per me sola e per me conforto, potrò recuperare tutto ciò. Ma ora, preferisco il peso di una farfalla che sola può far crollare mondi interi.
“Un uomo che non frequenta donne dimentica che hanno di superiore la volontà. Un uomo non arriva a volere quanto una donna, si distrae, si interrompe, una donna no. … Un uomo che non frequenta donne è un uomo senza.” (35)
“Non era pentito, non poteva risarcire il torto, poteva rinunciare. I debiti si pagano alla fine, una volta per tutte” (40)
Erri De Luca “Non ora, non qui” Feltrinelli euro 6 (in realtà, scontato 3,90 euro)
Il primo racconto lungo di De Luca, d’or son 20 anni. La scrittura è già quasi lei. Così come la tristezza. Forse qui molto accentuata. In fondo è un libro fato di niente, osservare una foto sul filo dei ricordi, e ripercorrere qualcosa: lo sguardo della madre, gli occhi sempre più deboli del padre, un po’ di Napoli, prima molto misera, poi un po’ imborghesita. A me, ha riportato alla mia di infanzia, ed al dolore sotteso (in questi casi mi viene sempre in mente quell’attacco fulminante di Aden, Arabia di Paul Nizan “Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”) di tutte quelle cose che ora, con il distacco del tempo e dell’età, magari ci fanno sorridere. Ma mentre le stavamo vivendo, ahi quanto dolore ci portavano dentro. La difficoltà di trovare le parole per dire quello che si sentiva. L’amore che c’era (perché c’era) per le figure dei genitori, ma che anche lì non trovava il modo di esprimersi. Ed ora che avremmo le parole per dirlo, magari non abbiamo più il soggetto a cui dirle. Un’immagine mi torna potente dalle parole di Erri: quel camminare in famiglia, i genitori avanti, e lui, adolescente che deve andare con loro, qualche passo indietro, come a sottolineare con lo spazio fisico una presa di distanza sulle cose e sugli avvenimenti. Mi viene in mente una foto della mia giovinezza, della prima volta a Parigi con i miei, a camminare per Saint Germain, io non dietro ma di lato, ed un po’ scostato, quasi a far vedere che non faccio parte di quel gruppo lì, di quella madre preoccupata del freddo, di quel padre sempre a ragionare di cose più grandi di me, di quel fratellino che non si capisce che sia venuto a fare, se non a farmi perdere il ruolo centrale, di unico essere amato nel consesso familiare. Ecco di questo mi parla il libricino. Perché se lo riprendo in mano, e lo sfoglio di nuovo, non ci sono grumi di parole che mi si attaccano al cuore od al cervello. C’è questa vaga tristezza della difficoltà del crescere, dell’incapacità dello stare, della felicità di trovare momenti propri a me soli, che non condividevo con nessuno. E del dolore di gridare amore a qualcuno che non c’è più. Cercate, miei giovani amici, miei figli di amici, di non far passare invano quei momenti. Cercate di dire, anche lì dove non ci sono parole. Se le cose si sentono, le parole ne prendono la forma. E si fanno capire.
“Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, una richiesta che un giorno qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto, rivolge: d’improvviso uno riconosce di aspettare da tempo quella interrogazione, forse anche banale ma che in lui risuona come un annuncio, e sa che proverà a risponder ad essa con tutta la vita” (60)
“Papà aveva ragione, ero un bambino che non sapeva domandare” (66)
Come da tradizione la prima trama del mese riporto l’elenco dei libri letti in febbraio, in cui ricompaiono saggi che non si leggevano da tempo.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
1
Sue Roe
Impressionisti
Laterza
12,50
2
Lucia Etxebarria
Amore, Prozac e altre curiosità
SuperPocket
5,90
3
Gyles Brandreth
Oscar Wilde e i delitti a lume di candela
Sperling & Kupfer
9,50
4
Henning Mankell
Il cervello di Kennedy
Mondadori
9
5
Marcela Serrano
I quaderni del pianto
Feltrinelli
7,50
6
Valerio Varesi
La casa del comandante
Noir Repubblica
7,90
7
Clive Cussler Craig Dirgo
La pietra sacra
TEA
8,90
8
Zygmunt Bauman
Modus vivendi
Laterza
6,90
9
Andrea Camilleri
La rizzagliata
Sellerio
s.p.
10
Mark Crick
Il sifone di Sartre
Ponte alle Grazie
s.p.
11
Sergio Atzeni
Il figlio di Bakunin
Sellerio
8
12
Amadu Hampatè Bà
Il Saggio di Bandiagara
Neri Pozza
14
Ed ora ad affrontare un’altra settimana non dico difficile, ma intensa. Si ritorna a Brussels, si aspettano notizie sulla salute del Presidente, e quasi senza passare per il via ci si avvia (si finisce come si comincia) verso uno strampalato congresso spagnolo.

Nessun commento:

Posta un commento