venerdì 17 febbraio 2012

Scrittura al femminile - 02 giugno 2010

Edizione straordinaria!
Visto che le trame viaggiano il dì di festa, essendo oggi la ricorrenza del 2 giugno, ho deciso di mandare una trama in più (che se ne sono accumulate troppe, visto che quest’anno ho preso un ritmo un po’ veloce).  Inoltre, ricordando a memoria che il 2/6/46 dovrebbe essere stata la prima volta del voto femminile, prendo la palla al balzo e vi parlo di scrittrici. Accumunate dalla prima lettera del nome. L’italiana, alla mia terza prova di lettura, resiste con un buon piglio. La cilena, di cui ho pur letto tutto, direi che non è nella sua forma migliore. La greca, beh, aspetterei qualche altra prova, che questa non mi ha convinto.
Dopo il mal di pietre ed un corto (cui pezzi di scrittura si ricollegano a questa prova), ho letto un altro libro edito dalla piccola ma agguerrita Nottetempo.
Milena Agus “La contessa di ricotta” Nottetempo euro s.p. (regalato e ripreso Mamma)
[in: 19/10/2009 - out: 29/01/2010]
Solito spaccato di vita cagliaritana. Buona scrittura. Mi aspettavo qualcosa in più. La  Agus ha una bella scrittura, con quel suo tono un po’ distaccato, ma con delle lunghe pennellate, che ritraggono e fanno vedere le cose. Fanno vedere questa parte della vita delle tre sorelle, una volta ricche ed ora in decadenza in quella che era la casa avita. Ognuna con le sue paure, manie, modi di affrontare la vita. E tutta alla ricerca di qualcosa che se avessimo coraggio chiameremo amore. Noemi che lo cerca in Elias e nel tentativo di trovare i modi di tornare agli antichi splendori. Maddalena che lo cerca in Salvatore e nei figli che non riesce ad avere. E la terza, quella di cui non sappiamo il nome, la contessa di ricotta, chiamata così perché qualunque cosa faccia le cade dalle mani (“mani di ricotta”) e si rompe, lo cerca in ogni persona che incontra ed in quel figlio bruttino che ha avuto da un padre che ogni tanto compare ma non si capisce perché ci sia. Noemi perderà Elias, Maddalena non avrà figli. Solo la contessa di ricotta, che non chiede molto, forse (forse perché tutto rimane un po’ sospeso com’è nel suo stile) avrà qualcosa. E con loro ci aggiriamo tra le strade del rione Castello di Cagliari, ed un po’ ci addentriamo nella campagna, in quel mondo rurale che è sempre presente nell’immaginario sardo (come diceva Fois in quel bel saggio “In Sardegna non c’è il mare”). Come in ogni buon modo di porgere gli accadimenti, dopo le lodi, qualche critica. Ma soltanto perché mi aspettavo una storia più strutturata, non un bozzetto, mi aspettavo un disegno più forte, e non un passaggio di stelle purtroppo cadenti. Ma se come dice Rosa, fermiamoci a guardare quelle stelle, dobbiamo trovarne il tempo. Allora anche queste hanno un loro perché. E tutto sommato non è dispiacente l’averne letto.
“l’importante è fare del bene e dovresti essere felice di renderti utile a qualcuno” (57)
“A…  piacciono le donne, ma non le emozioni travolgenti, come per esempio soffrire se … non c’è. ‘Ci lasceremo’ dice… ‘Perché?’  ‘Non è che sarà per sempre. Niente è per sempre’” (59)
“Stavo così bene e adesso ho soltanto voglia di morire se penso che … non ci sarà. On mi importa di nessuno. … Perfino Dio, lo prego soltanto perché … telefoni, arrivi qui da me. … Non sono fatto per l’amore. Non lo reggo. Io l’amore lo odio.” (66)
“Mi dispiace ma quando sono di malumore voglio essere lasciato in pace. … è che lei ha un carattere così … schivoso” (105)
“Forse era meglio prima…  anche se non l’amava e non era una cosa seria. O magari invece l’amava, ma lei, per crederci, doveva capire perché e non trovava dei motivi plausibili che la rassicurassero, visto che non era né giovane, né bella, né dolce, né simpatica” (115)
“Nessuno ama davvero e chi ama non ama spassionatamente, ma sempre per qualcosa.” (121)
“In fondo non possiamo sapere e capire davvero nessuna cosa. … perché fare sesso con amore, comunque stiano le cose, è bellissimo” (125)
Facciamo un bel volo in aereo, ed atterriamo alla periferia di Santiago in tempo per accompagnarci con l’amica cilena in momenti dolorosi della loro storia.
Marcela Serrano “I quaderni del pianto” Feltrinelli euro 7,50 (in realtà, scontato 4,88)
[in: 24/07/2009 - out: 07/02/2010]
La Serrano mi piace più o meno sempre, ma qui è ai suoi minimi storici. La storia è interessante ed anche coinvolgente. La scrittura è la sua solita. Così come lo svolgersi del narrato. Il finale lascia tutto un po’ per aria. La scrittura entra subito nel vivo, nella storia di questa donna sudamericana semplice, sopranominata la “llorona” (la piagnona) che è anche il titolo originale. E di un dramma che lascia senza fiato: partorisce una figlia, e dopo due giorni le dicono che è morta. Ma non è vero, è che è stata comprata da ricchi benestanti che non riuscivano ad avere figli. Tutto si svolge poi nello scorrere della sua presa di coscienza, nella lotta prima contro i mulini a vento, poi, a stento ma caparbiamente, portando alla luce brani di verità. Diviene il vessillo delle povere madri ingannate e defraudate, la portabandiera del movimento. Fino a che, per caso o per sfortuna, ricostruisce tutti i brandelli, e ritrova la figlia, ormai decenne, che vive come figlia del Ministro. Come andrà avanti? Come si comporterà? Il finale che imposta la Serrano è la cosa che meno mi ha convinto di tutta la storia. Ma intanto per le scarse pagine, la piagnona è andata avanti ed indietro nel tempo, ripercorrendo brani della sua vita, ricostruendo anche lì, a poco a poco, la sua immagine. Ritrovando comunque sé stessa. Non sempre il ritrovarsi è felice, non sempre la verità fa bene. A volte, come riporto nelle frasi, una bugia aiuta a sopravvivere. Non so, bel dilemma. Mi sono più piaciute altre sue storie, altre sue trame. Qui forse, è tutto troppo veloce, e la velocità non sempre riesce a dipingere tutte le sfumature che si accumulano negli istanti complessi del nostro essere complicati. L’ho letto si di un fiato, non sono molte pagine. Ma ogni tanto mi impuntavo, soprattutto quando, usando una tecnica di scrittura ben nota, anticipa avvenimenti che verranno per spiegare (far capire) quello che succede qui e ora. Ecco, forse questi interventi mi tolgono quell’aurea misteriosa di un procedere di pari passo con la storia e vedere insieme a lei cosa avviene. Comunque sempre brava e sempre da leggere. Aspettiamo la prossima.
“nessuno può avere due paradisi in una sola vita, qui sulla terra. Più tardi mi accorsi che la maggior parte delle donne non riesce ad averne neanche un quarto di paradiso, e io ne avevo avuto uno tutto per me. Ero fortunata” (51)
“gli esseri umani possono essere buoni e cattivi insieme … forse la vita è così, due verità che scorrono insieme come due torrenti paralleli che sfociano nel medesimo fiume” (58)
“voglio che tu mi dica una bugia se questo mi aiuta a sopravvivere” (59)
“ad annoiarsi sono quasi sempre le persone incapaci di partorire un progetto anche minimo, insomma, le persone che non credono nel domani” (84)
E torniamo alla vecchia Europa con il meno riuscito dei tre, anche se pieno di simpatia per questa storia ambientata in regioni greco-turche che non mi dispiace frequentare.
Mara Meimaridi “Le streghe di Smirne” E/O euro 9,50 (in realtà scontato 6,18 euro)
[in: 24/07/2009 - out: 13/03/2010]
Forse le 600 pagine sono un po’ troppe e l’autrice non riesce a reggere tutti i fili che tesse. Infatti, è bello ed intrigante nei ricordi e nelle narrazioni della Smirne nei 40 anni a cavallo tra XIX e XX secolo. Con il suo sapiente catalogo di cattiverie, astuzie e sapienze femminili tese alla conquista del maschio che, in quelle società di 150 anni fa, faceva il bello ed il cattivo tempo. Con il sapiente tocco storico, che riporta alla vita di quella città che fu Smirne sino alla guerra civile del 1922, con il dominio della componente greca, più colta, più preparata, dei turchi allora un po’ sbandati. Seguiamo così l’ascesa della greca Katina, che viene dalla campagna, aiutata prima dalla madre vera Eftalia, poi dalla grande strega madre, la turca Attarte. Le pozioni d’amore, i filtri ed altre stregonerie bianche porteranno la brutta Katina ad una serie di matrimoni, perché quello è il solo modo per le donne di uscire dalle secche di una vita dove non hanno accesso ad altri strumenti culturali (e qui si nota e con verve la sua formazione pedagogica infantile). Matrimoni che sono uno più favorevole dell’altro (d’altra parte sono streghe, no?), con i magnati prima del tabacco, poi del cotone. Fino ad ingraziarsi anche il buon Pascià turco (benevolmente innamoratosi di questa campagnola che splendidamente sa cavalcare), e che ne salverà la famiglia al momento delle lotte intestine degli anni venti. Poi, quando si salta all’oggi, l’intrigo delle streghe si fa pesante, contorto, sembra cercare di dire cose “nascoste” ed anche la scrittura si fa poco avvincente. Si certo, la pronipote, la buona Maria (ahi ahi) avrà l’eredità streghesca, ma per farne che? Quali saranno i passi odierni? Ecco, queste sono le 200 pagine che avrei tagliato, perché non sempre scrivere tutto serve a rendere migliore un libro. Ricordo sempre l’insegnamento di Flaubert: scrivete tutto, e poi cominciate a rivedere, tagliando, tagliando, tagliando, finché non avrete uno scritto leggibile e consistente. Consiglio che giro alla nostra sapiente archeologa greca.
“A. aveva un libro con le figure. In ogni pagina c’era anche una storia. Sulla prima c’era Il corvo e la volpe; la storia finiva a fondo pagina. Girata pagina, cominciava un’altra storia, La lepre che voleva tutto. Anche questa finiva. Che dobbiamo fare? Tutto finisce a un certo punto, le cose belle e le cose brutte. A noi è finita una cosa bella. Peccato. Se ne fosse finita una brutta avremmo detto Fortunatamente è finita. Dimmi tu, se tutto il libro avesse parlato solo del corvo, A. che cosa avrebbe imparato? E dimmi ancora, è più saggio chi legge molte storie, o chi ne conosce una sola?” (249)
“La vita dura quanto una canzone, anzi la vita è come una canzone. Ogni canzone parla di cose diverse, come è diversa la vita di ogni essere umano. La maggior parte delle canzoni parlano d’amore, che nella vita è indispensabile. Se la canzone non è buona, non piace a nessuno e nessuno la canterà più, se invece è bella la gente se la ricorda per molti, molti anni.” (569)
Poche invece le notizie della bella Mara (almeno da quanto si desume dal suo sito). Nasce a Kastella (dove ambienta la parte finale delle streghe) e si laurea in Archeologia ad Atene e si specializza a Parigi. In Francia fa anche un dottorato in Biologia, Medicina e Antropologia a Jussieu. Tornata in Grecia si divide tra i lavori di scavo a Micene e ricerche sulla salute infantile presso l’Ospedale Pediatrico “Santa Sofia”. 
Inoltre, essendo la prima trama del mese riporto l’elenco dei libri letti in marzo, con un ottimo livello di piacevolezza, come si può vedere dall’aggiunta di una colonna: l’indice di gradimento (come si dovrebbe vedere dal simboletto; se non si vede, ditemelo che lo cambio) che va (per ora) da 1 a 5, considerando 5 i libri che mi sono piaciuti molto.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
G
1
Carlo Lucarelli
L’ottava vibrazione
Noir Repubblica
7,90
3
2
Massimo Carlotto
La terra della mia anima
E/O
8
3
3
Robert Byron
La via per l’Oxiana
Adelphi
s.p.
4
4
Boris Vian
La schiuma dei giorni
Marcos Y Marcos
s.p.
3
5
Mara Meimaridi
Le streghe di Smirne
E/O
9,50
3
6
Enrico Brizzi
La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco
Laterza
10
3
7
Ryszard Kapuscinski
Shah-in-shah
Feltrinelli
7,50
4
8
George Simenon
Maigret – Pietr le Letton
Le livre de Poche
5,60
4
9
Anne Holt
Non deve accadere
Einaudi
s.p.
3
10
Amin Maalouf
Un mondo senza regole
Bompiani
s.p.
4
11
Lorenzo Licalzi
Il privilegio di essere un guru
Fazi
9,50
3
12
Loriano Macchiavelli
Sarti Antonio. Di nero si muore
Noir Repubblica
7,90
2

Nessuna nuova sui viaggi, una serata rilassante con l’ultimo film della trilogia di Millennium (addio Lizbeth), ed un po’ di riposo. 

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