mercoledì 8 febbraio 2012

Sellerio - Memoria - 04 aprile 2010

La ripresa di una collana fantastica nel 30° anniversario delle prime uscite. I primi tre autori pubblicati, tutti ormai, purtroppo, che ci hanno lasciato. In una collana appunto dedicata alla memoria. E quale miglior epigrafe, in questa tonda Pasqua, che ripensare. Perché memoria non è rimpianto, ma meditazione sulle cose fatte, che lasciano i segni, ma che, elaborate, danno la forza di raggiungere nuove mete. Io no so quali, intanto ho fatto due nuove lezioni ai detenuti, e dovrò avere prima o poi il tempo di parlarne. Interessanti e soprattutto stimolanti nel contrappunto tra sezione maschile e sezione femminile. Ma torniamo a questa memoria scritta. Il classico del saggio di Recalmuto. Una prova minore, ma sempre di stimolo, del vagabondo cileno. Una fiondata nel profondo delle pieghe umane dell’altro isolano.
Leonardo Sciascia “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel” Sellerio euro 8 (in realtà scontato 4 euro)
Un gioiellino, seppur di una brevità disarmante, ma che mostra tutta una serie di cose su cui vale la pena riflettere. La prima è comunque la capacità, curiosità, ed oserei dire intelligenza a tutto tondo che mostra di avere un vero “intellettuale”. Non sono certo io a dover tessere le lodi di Sciascia (io qui riporto solo una scoperta che ho fatto ora leggendolo, nel titolo, quella doppia ripetizione della scia… bellissima). Allora quali sono le cose sui cui mi ha fatto riflettere? Primo, che non bisogna aver paura di affrontare un argomento se mostra delle ombre anche a distanza di anni, di decenni. Secondo che si può sempre parlare di tutto, e farlo con garbo e capacità di “presa sull’ascoltatore”. Ultimo che a volte basta scorrere delle verità ufficiali per poterne scorgere in controluce tutta una serie di increspatura che ci fanno domandare: sarà poi questa la verità? (e rimando alle parole di Lessing riportate dalla Arendt sulla necessità di rispettare LE verità). Qui si parte da un fatto all’apparenza banale: la morte di uno scrittore francese, dalla psicologia instabile e problematica, avvenuta in una stanza d’albergo a Palermo. Banale perché catalogato più o meno come suicidio, o forse come utilizzo sovrappensiero di un numero eccessivo di sonniferi. Partendo da lì, Sciascia affronta le carte ufficiali (appunto gli “Atti relativi…”) e scopre che… non spiegano nulla. Sono contraddittorie, non affrontano l’argomento, lasciano andare testimonianze che potrebbero dar fastidio al Regime (in fondo siamo in piena era fascista, ed il togliersi la vita non è comunque visto come azione da “pubblicizzare”, meglio scivolare nelle incongruenze e far pensare a sbadataggini). Qui c’è il sotto-prodotto della sua scrittura: la critica al potere che, se nelle sue volontà e possibilità, utilizza tutti i suoi mezzi per disinformare. Alla fine non sappiamo se Roussel si uccide, se è stata la sua finta amante a farlo, se c’entra qualcosa l’autista (ma forse anche qualcosa in più) che scompare a Palermo e riappare a Parigi pochi giorni dopo la morte. Sappiamo che non si volle affrontare un argomento scabroso. E ne usciamo consapevoli di quanto poco dista una verità (non LA verità) da un’ingiustizia. Cinquanta pagine da leggere d’un fiato, con un po’ di cioccolato in una giornata fredda, per tirarsi un po’ su.
Roberto Bolaño “Stella distante” Sellerio 8  (in realtà scontato 4 euro)
Altalenante, comunque sempre affascinante. Ho seguito a balzi e salti l’irregolare carriera di Bolaño, che, come dice da qualche parte, ha in fondo scritto un unico libro, fatto di tanti capitoli che sono stati pubblicati come fossero libri. Qui lo riprendo, dopo molto tempo, dopo i tempi lontani e di tanto de “La pista di ghiaccio”, che non mi aveva convinto, ed i tempi medi di ‘Romanzetto canaglia’, migliore senz’altro. Ora torniamo nel pieno della crisi cilena, in una descrizione (inventata ma forse per questo più reale) degli anni prima, durante e dopo il golpe. Visti da un’ottica alla Scola del film sulla Rivoluzione Francese. La gente normale, alle prese con i grandi moti della storia. Un gruppo di studenti, imbevuti nel sacro furore della poesia (e d’altra parte i due premi Nobel cileni poeti sono, e sicuramente li conoscete) che arrivano sull’orlo del baratro e sono buttati giù nel fiordo da questo strano poeta, che in realtà è un pilota dell’aviazione militare, che in realtà è (forse) una spia, che in realtà è (sicuramente) un sadico-estetico che sembra da subito aver perso il lume ed il filo della ragione. Tutto si incastra in un gioco di scatole cinesi, dove ogni momenti è un pretesto per narrare anche un’altra storia, o una visione diversa della stessa, un altro angolo, e così va. In fondo, è l’anima borgesiana che riaffiora sull’altra sponda del continente sudamericano. Con tutte queste frecce, molti sono i bersagli colpiti. A me rimane la sensazione di orrore e paura, delle descrizioni delle retate e delle morti senza senso, qui crude e dure, e non romanzate o sublimate (non c’è la Isabel Allende, ma neanche Jack Lemmon di Missing). Poi rimane l’immagine di questo poeta aviatore, che con la scia del suo Messerschmit scrive poesie nel cielo cileno. L’immagine è potente, non so se possibile. Tuttavia alla fine Bolaño non è che lasci la bocca dolce e la voglia di andare oltre. In un certo senso si fatica ad andare dietro alle rutilanti invenzioni, perché ad un certo punto ci si aspetta che venga un redde rationem che spieghi, che interpreti, che sveli. Al solito (un po’ come nel primo libro) molto rimane non detto, quando indicibile. Solo rimane il rimpianto che anche lui sia ormai impossibilitato a scrivere (a meno di usare qualche medium). Triste la gente del ’53 che se ne sta andando a rotta di collo…
“era come un sogno, o più esattamente, come la chiave che ci avrebbe aperto la porta dei sogni, gli unici per cui valesse la pena di vivere” (17)
Sergio Atzeni “Il figlio di Bakunin” Sellerio 8 (in realtà, scontato euro 4)
Un po’ alla Enzserberger di Buenaventura Durruti, ma (forse) Tullio Saba è solo fantasia. La coralità è tuttavia ben orchestrata, e ci dispiace che Sergio no sia più tra noi ad affabularci con le sue leggende sarde. Infatti, per tornare al testo, l’autore immagina di fare un’inchiesta intervistando tutte le persone (o molte delle persone) che hanno conosciuto o hanno vissuto ed agito durante la vita del nominato Tullio Saba. Ne esce fuori un ritratto in controluce, dove ognuno dice qualcosa, ma soprattutto di sé nei confronti di Tullio. E se alla fine qualcosa sappiamo di lui, si vengono anche a sapere molte notizie contraddittorie. Perché chi gli voleva bene, lo ammirava, ne esalta i caratteri positivi. Altri invece tendono a tirarne fuori il peggio. Alcune notizie certe, di sicuro escono. Come il fatto che il padre era un anarchico convinto, tanto che Tullio, il figlio, viene da tutti chiamato “il figlio di Bakunìn” (con l’accento sulla i). Ma se poi sia stato un capopopolo, uno sciupafemmine, un amante dei soldi e della bella vita, una persona generosa e dedita al bene, se sia morto in povertà a Cagliari o sia fuggito in Sud America… Chissà se riusciremo mai a saperlo. Ed in fondo, è importante saperlo? Tanto quello che Atzeni ci vuole mostrare (e ci riesce con maestria) è l’avanzare del tempo nei campi barbaricini, prima attraverso gli ultimi anni del fascismo, poi nel faticoso dopoguerra. Con la colonizzazione del continente verso un popolo fiero delle proprie tradizioni. E bene fa l’introduzione editoriale ad accostare questo spaccato con lo spaccato siciliano da cui nasce la casa editrice che ce lo propone (Sellerio, ovviamente). Il testo come detto è agile. Riprende quella scrittura sulla vita dell’anarchico Durruti, condendola con la filosofia cinematografica del Kurosawa di Rashomon. Direi che merita ampiamente di essere letto.
“sui fatti si deposita il velo della memoria, che lentamente distorce, trasforma, infavola il narrare dei protagonisti, non meno che i resoconti degli storici” (153)
Come da tradizione la prima trama del mese riporto l’elenco dei libri letti in gennaio, mese di ripresa e di qualche isolazionismo.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
1
Jasper Fforde
Il caso Jane Eyre
Marcos y Marcos
17
2
Alessandro Baricco
Emmaus
Feltrinelli
s.p.
3
Francesco Recami
Il ragazzo che leggeva Maigret
Sellerio
12
4
Elizabeth Peters
La sfida della mummia
TEA
8,60
5
Corrado Augias
Il fazzoletto azzurro
Noir Repubblica
7,90
6
Erri De Luca
Non ora, non qui
Feltrinelli
6
7
Valerio Magrelli
La vicevita
Laterza
9
8
John Boyne
Il bambino con il pigiama a righe
BUR
10
9
Roberto Riccardi
Legame di sangue
Mondadori
4,20
10
Veit Heinichen
Morte in lista d’attesa
E/O
9
11
Veit Heinichen
Le lunghe ombre della morte
E/O
s.p.
12
Milena Agus
La contessa di ricotta
Nottetempo
s.p.
13
Eric-Emmanuel Schmitt
Piccoli crimini coniugali
E/O
7,50
Detto già sopra della stanchezza successiva alle lezioni carcerarie, si rigira intorno a questa Pasqua di riposo, cercando nella memoria di cui sopra la spinta a superare momenti difficili. Ed in Aprile si comincerà a sondare anche le possibilità estive.

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