sabato 18 febbraio 2012

Scandinavo senza commissario - 06 giugno 2010

Questa settimana, dopo che s’è visto l’ultimo Millennium, facciamo un omaggio all’altro grande scrittore svedese, a noi ben noto per la saga del commissario Wallander. Ma anche, per chi non lo sapesse, sia per il suo impegno sociale in Mozambico (dove vive 6 mesi l’anno) sia per il suo impegno umanitario (era sulla nave che ha tentato di raggiungere Gaza). Qui ne riportiamo delle letture senza commissario. Devo dire che in queste prove non mi ha convinto molto. Forse solo la prima, dove, per continuità, ci presenta la figlia ormai cresciuta del commissario. Le altre hanno qualche idea (come dirò) ma nel complesso mi hanno lasciato un po’ freddo (certo è scandinavo!). Però mi piace nel suo complesso, e continuerò a parlarne.
Henning Mankell “Prima del gelo” Mondadori euro 8,80 (in realtà, scontato a 4,64 euro con Feltrinelli+)
[in: 25/01/2009 - out: 25/10/2009]
Qui siamo sul versante del quasi-dopo, dove si cerca un rinnovamento nella continuità. Ancora mi sembra da rodare. Il dopo, è che il commissario Wallander invecchia, e bisogna trovare un sostituto. Entra quindi a poco a poco, in scena la figlia, che decide di entrare inopinatamente in polizia, e qui viene coinvolta, poco prima della sua entrata in servizio, in una inchiesta tipica delle storie del commissario. Premesse altre, come al solito, e contesto attualizzato: si inizia ai tempi del suicidio di massa dei Bambini di Dio e si termina davanti ad un televisore l’11 settembre del 2001. In mezzo la storia di uno pseudo – svitato che fonda una setta religiosa e cerca di mettere a ferro e fuoco le chiese svedesi. Il tutto condito da un paio di rapimenti, qualche omicidio, ed una larvata storia d’amore (questa molto Mankelliana: l’ispettore del Ritorno del maestro di Danza, chiede il trasferimento nel commissariato di Wallander ed incontra la figlia di lui… vedremo il seguito). Le parti più deboli sono le lunghe tirate para – teologiche sulla (cattiva) interpretazione della Bibbia e delle Sacre Scritture (godibile l’intervento del teologo donna). Sembrano un po’ “appiccicate” come se facessero parte di altro. Ed un sospetto viene, che si tenti anche una minima operazione trasversale di instillare il pensiero che non solo il fondamentalismo mussulmano, ma anche quello cristiano non possano che portare a guasti e dolori. Più interessante la costruzione del personaggio di Linda, che nelle altre puntate Wallanderiane abbiamo a volte incrociato, e che qui si cerca di (ri-)costruire. I rapporti con la madre ed il padre (anche se questi probabilmente andranno avanti nei seguiti) e quelli con il nonno che disegna solo paesaggi scarni con o senza galli cedroni. Viene fuori un ritratto aggiornato di una svedese d’oggi, con le problematiche che ci aspettiamo nelle persone della fredda Scandinavia. Ma un po’ di dubbi me lo lascia il fatto che Henning è di un'altra generazione e vede i trentenni con i suoi occhi da sessantenne. Nel complesso, comunque, una buona lettura domenicale, ed una speranza che i commissariati svedesi non ci lascino soli.
Henning Mankell “Il cervello di Kennedy” Mondadori euro 9 (in realtà, scontato a 7,20 euro)
[in: 27/11/2009 - out: 06/02/2010]
Qui siamo sul versante “niente Wallander”. Comincia come un giallo e finisce come un reportage. Si sente tuttavia la partecipazione dell’autore, perché si parla di AIDS e molta parte della vicenda è ambientata nella sua Maputo. Ma il tutto, alla fine, non è che convince molto. Tra l’altro (forse volutamente) ti mette un’angoscia addosso, quando la madre archeologa, ad inizio libro (non rivelo nulla) va dal figlio e lo trova morto: omicidio o suicidio? In ogni caso una bella angoscia. Così come poi si continua con l’ineffabile Louise che si aggira per il mondo e (più o meno) sembrano morire tutte le persone buone che incontra. Comunque parte come un giallo e poi, Louise cerca di scoprire chi è il figlio realmente (e scopre che aveva soldi da vendere e case in affitto in mezzo mondo…). Non si capisce mai bene cosa c’entri il cervello di Kennedy, se non che pare sia scomparso… Ma poi tutto va verso l’AIDS, l’Africa ed il Mozambico tanto caro all’autore (ci vive per metà dell’anno). A questo punto prende la piega meno gialla e più reportage, e non decolla. Si vede la partecipazione emotiva dell’autore a questo gigantesco, incommensurabile dramma moderno. Ma non è nelle sue corde. Sì, maschera un po’ ritrovamenti casuali con filippiche contro il Congo Belga ed il colonialismo anni ’60 (tipo l’Africa sarebbe un paradiso se non ci fossero gli africani…). Alla fine, non essendo un vero giallo, i nodi sembrano sciogliersi (ma molto in sfumata). Rimane la voglia di fare qualcosa per i malati. E per trovarne cause e rimedi. Ma senza incisività, dato che la pena non è un grande aiuto nel fare. Interessante rimane la figura del padre Artur, lassù nei boschi scandinavi (ma perché aggiungere anche il mistero/dolore della morte della moglie? Non bastavano quelli già espressi?) con i suoi amati cani e la sensibilità della solitudine. Delle prove senza la famiglia Wallander, questa mi sembra la meno riuscita (anche se la più partecipata). Forse questo ha danneggiato un po’ il tutto. Rimane un buon scrittore, ma di altro (e altro mi dicono esca e sia uscito di buono e leggibile).
“chi non comprende le proprie sconfitte non porta con sé nulla nel futuro – Aksel Sandemose” (7)
“Ho cinquantaquattro anni. Sono arrivata fino a qui, che direzione devo prendere quando arrivo in fondo alla strada?” (21)
“Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità – Confucio” (101)
“Non sono mai stato sicuro di niente. I compagni della mia vita sono stati l’insicurezza e il dubbio” (108)
“[sulle colline greche] ‘Ero in africa’ – ‘Così lontano… Non è pericoloso laggiù?’ – ‘Cosa intende dire?’ – ‘Tutti quei… selvaggi?...’ – ‘L’Africa è molto simile a qui. Ci dimentichiamo troppo facilmente che gli uomini appartengono tutti alla stessa famiglia. E che ogni paesaggio, per certi aspetti, ricorda quello di altri luoghi’” (284)
Henning Mankell “Nel cuore profondo” Mondadori euro 9,50
[in: 20/01/2010 - out: 23/04/2010]
Piaciuto, non mi è piaciuto. Ha un solo pregio, quello di ruotare idealmente intorno ad una frase che si sente verso la fine sul misurare le distanze e non accorgersi delle vicinanze. Mankell scrive sempre bene, ma quando si allontana dal suo commissario Wallander ogni tanto (non sempre) perde colpi. Come detto, non mi è piaciuto, e l’ho trascinato un po’. Anche se poi, mentre ne penso e ne scrivo, vado recuperandone dei pezzi. E non a caso, molte sono le citazioni che me ne sono rimaste. Perché in fondo è la storia di un uomo e della sua incapacità di capire chi sia, cosa vuole, quali siano i rapporti umani su cui fondare la sua esistenza. Per trovare certezze, si aggrappa al suo mestiere, quello di misurare. Perché lui (siamo nel 1915 circa) fa il batinauta, cioè uno di quei pionieri che con il batimetro misuravano le profondità dei mari per permettere a chi di dovere di tracciare rotte sicure per le barche che sempre più pescano e bisognano di fondali sicuri. Lars si aggrappa a questa sicurezza dove i numeri gli rimandano le certezze che non trova nella fragile moglie, nella vita marinara, e nella scoperta di questa strana donna-pescatrice che vive selvaggia su di un’isola deserta. E qui, tra il retto stare, il misurare, e il trasgredire, il volere tutto, senza sapere poi realmente cosa volere, si consuma il dramma della sua vita. Con il suo percorrere tutti i gradini verso qualcosa che non solo non sa, ma che non credo che troverà mai. Ecco, da questo nocciolo, si dipanano forse troppe pagine, quasi diluendo un brodo che forte sarebbe stato concentrarlo in meno pagine. Certo, empatizzo con questa persona indecisa, cerco di capirne i motivi delle sempre maggiori bugie che come bolle riempiono a poco a poco la sua vita, fino a far uscire tutto fuori. Henrietta, Sara, Laura. Fino a quel passaggio illuminate che citavo prima, sul fatto di aver passato tutta la vita a misurare le distanze e non aver capito di farlo per aver paura delle vicinanze. Perché le persone a noi vicine ci fanno paura, dovendo di forza modificarci per essere. Ed è un compromesso che a molti non va giù. Questo fa riflettere sull’uomo e sulla sua vita sociale. Un punto a favore di Mankell per avere messo a nudo questo nodo. Il resto, come direbbe il Califfo, è noia.
“Il mare è un sogno a cui non piace farsi domare” (23)
“Quale altro volto si nascondeva dentro di lui? Sarebbe mai riuscito ad assomigliare solo a se stesso?” (67)
“Essere soli è molto peggio per un animale che per una persona. Forse, però, per un animale è anche più semplice farla finita” (112)
“Stava tracciando rotte per permettere ad altri di navigare sicuri. Ma per se stesso stava tracciando rotte che non portavano nel posto giusto” (125)
“Si chiese se fosse possibile vivere senza mentire. Aveva mai incontrato qualcuno che non lo facesse? Cercò tra i suoi ricordi, ma non gli venne in mente nessuno” (149)
“L’amore è incomprensibile. Incomprensibile ma forse anche invincibile” (209)
“Ho pensato davvero di aver trovato un uomo capace di mantenere fede alle sue promesse” (322)
“Non puoi dire la verità almeno una volta?” (327)
“A volte i pensieri erano di nuovo chiari. Capiva allora che non sarebbe mai potuto stare vicino ad un’altra persona, aveva troppa paura di perdere se stesso” (343)
Si è aperto alla grande nel giro delle mie stelle di rapporti questo mese gemellare. Un già matrimonio della mia amica Dromy, il battesimo di Pirillo, il sessantacinquesimo compleanno del mio più adulto cugino (ma sarà poi adulto uno che continua ad andare in giro in infradito…), il novantesimo genetliaco del vecchio zio (che imperturbabile continua a scrivere), in attesa di altre feste e ricorrenze dei prossimi giorni e settimane. E chi festeggia lo sa, ed io renderò omaggi ulteriori (e non cito compleanni di meno rotonde cifre, anche se di cari amici/amiche). Si aspettano sempre altri segnali ma il viaggio latita. 

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