giovedì 23 febbraio 2012

Estate classica - 04 luglio 2010

Comincia l’estate (anche perché fino a pochi giorni fa si aveva ancora il maglioncino), e si tornano ad affrontare dei classici. Accomunati da alcune particolarità: sono tutti e tre Adelphi (e questo non è un caso), e sono tutti e tre scrittori nati lontano dalla patria (il primo in India, il secondo, francese, a Torino, ed il terzo, inglese, a Parigi). Ed ovviamente, essendo classici, sono tutti morti. Domanda ardua: si può diventare classico in vita? Il primo è uno di quegli autori che nel libricino delle possibili letture sono da anni presenti, ma che per chissà quale ragione sempre si rimandava. Il francese è una scoperta, piacevole, della meritoria mini-serie dell’Adelphi. Ed il caustico inglese, è rimasto nel cuore dopo “La diva Julia” di cui si parlò tempo fa.
Gerald Durrell “La mia famiglia e altri animali” Adelphi euro 9 (in realtà, scontato 4 euro)
[in: 04/10/2009 – out: 11/12/2009]
Un classico, cinquantenne, con una passione dentro e con dei momenti veramente esilaranti (tra tutti la cena finale funestata dagli animali di Gerry e dove tutti gli animali, anche quelli a due zampe, danno il loro meglio). La storia è abbastanza nota, data la sua vecchia datazione, ma riassumendola non è altro che l’epopea della famiglia Durrell (tra l’altro, il fratello maggiore che qui viene spesso ritratto come un po’ troppo presupponente, divenne un ottimo scrittore, autore di quel Quartetto di Alessandria che prima o poi rileggerò), che, spinta dalle folli idee appunto di Larry decide di lasciare la brumosa Inghilterra per andare nel sole del Sud, e precisamente in quel di Corfù, dove, tra alti e bassi, vivono 5-6 anni di formazione per il buon Gerald detto Gerry. Ed è appunto Gerry che fa da perno a tutte le vicende, guardandole con il suo occhio di ragazzo che cresce, ed avendo un’empatia gigante con tutti gli animali, anche i più “schifosi”. Durante questi anni, di sfuggita, vediamo crescere anche gli altri due fratelli di Gerry, il cacciatore Leslie, e la ragazzina, la Margo, che a poco a poco diventerà donna. E su tutte la madre, che sarebbe ben interpretata da una Stefania Sandrelli in grazia, svampita ma buona, dolce, e soprattutto capace sempre di assecondare le follie dei suoi 4 figli (anche quando Gerry le porta in casa due sconquassati cani che, per le loro caratteristiche, chiamerà Pipì e Vomito). Facciamo anche conoscenza di tutta la fauna dell’isola, dai grechi furbetti che non parlano una parola di inglese e cercano di raggranellare qualcosa, a personaggi più simpatici, come lo Spiro che diverrà il deus ex-machina dei rapporti con i locali e Lugaretzia che affliggerà tutti con i suoi veri o finti malanni. Gerry cresce e per non rimanere indietro gli vengono appioppati tutta una serie di improbabili precettori, finché non trova il suo pendant nello scienziato Theodore che lo inizia ai misteri dei microscopi (e delle rane botola, e di altri improbabili animali). Fino a che, per varie cause e peripezie, si deve lasciare l’isola del sole e tornare a quella della pioggia. Ma tutto ciò lascerà un segno indelebile in Gerald che continuerà ad amare e studiare gli animali, dedicando loro tutto il resto della sua vita. Libro agile, con una passione dentro che mi ha commosso (quando un amore sconvolge tutta la vita, come quello di Gerald per tutti gli animali). E con un tocco di leggerezza nel descrivere situazioni e modi che mi è molto piaciuto. Certo, a volte, alcune descrizioni sono troppo “animal-dipendenti” per cui ne perdo il filo. Come perdo il filo quando si parla di alberi ed altre botaniche ricercatezze. Ma alla resa dei conti, una lettura, avvenuta in ritardo, ma che non rimpiango affatto.
“io sono troppo vecchia e tu sei troppo giovane per l’amore, eppure sprechiamo il nostro tempo a cantare canzoni d’amore” (51)
“Tu pensi sempre che le cose che fanno gli altri siano semplici” (216)
“Quasi tutti sostengono che man mano che si invecchia … si diventa più aperti alle idee. Che sciocchezza! Tutti i vecchi che conosco hanno la mente chiusa come un’ostrica grigia e ruvida sin da quando avevano quindici anni” (564)
Félix Fénéon “Romanzi in tre righe” Adelphi euro 5,50
[in: 20/01/2010 – out: 01/04/2010]
Fulminanti ma inscindibili dal “personaggio Fénéon”, sorta di letterato vissuto più di 80 anni a cavallo tra il 19 ed il 20 secolo. Dei pezzi riempitivi che per un anno hanno popolato le colonne del giornale “Le matin”, narrando della vita, alla maniera giornalistica. Ma con un taglio di una pura bellezza estetica: una riga per l’ambiente, una per la cronaca del fatto, una per l’epilogo. E poiché non siamo dal lato del “bravo giornalista”, ma del valente letterato, ecco che l’epilogo è lì per stravolgere il senso e la visuale delle righe. Ma serve anche a collassare in uno spazio risibile un mondo di avvenimenti. Del tipo
“Un colpo apoplettico ha steso il signor André, 75 anni, di Levallois, nei paraggi del pallino. La sua boccia rotolava ancora, e lui non c’era già più” (sentite la bellezza della fine in originale:
“Sa boule roulait encore qu’il n’était déjà plus”).
O ancora meglio
“Un uomo sulla trentina si è ucciso in un albergo di Macon, lasciando un biglietto: ‘Non cercate di scoprire il mio nome’”
Oppure
« Mme Olympe Fraisse conte que, dans le bois de Bordezac (Gard), un faune fit subir de merveilleux outrages à ses 66 ans »
Notate la bellezza di quel “meravigliosi oltraggi”!! Son degli haiku occidentali, opera di questo strano critico d’arte ed altro, vicino ai gruppi anarchici francesi (tanto da essere implicato e processato per un attentato, ma assolto anche per il modo come, durante l’interrogatorio in Tribunal, riuscì a ridicolizzare il Pubblico Ministero). Tra l’altro Fénéon in vita ha pubblicato un solo pezzo, che però almeno nella mia memoria, lo avrebbe reso immortale: un breve articolo sugli impressionisti che nel 1886 avrebbe consentito di rendere immortale la loro definizione. In realtà, pubblica anche un libro sull’opera completa di Degas, ma senza una riga di commento ai quadri: ne presenta il nome, le dimensioni, i colori (a volte aggiungendone la tipologia di costruzione). Mi rendo conto che divago, rispetto all’agile libretto, cui va aggiunta una post-fazione mirabile di Matteo Codignola sull’autore che me ne ha fatto conoscere l’opera e cui vanno sentiti ringraziamenti. Un autore o meglio un letterato da ritrovare nelle pieghe della letteratura.
Félix Fénéon nasce come detto a Torino l’anno dell’unità d’Italia, vive nella sua Francia dove muore a 83 anni sul finire della seconda guerra mondiale. Anarchico e critico d’arte, come sopra riportato, andrebbe ripreso nel famoso dibattimento sulle bombe anarchiche degli anni ’90 francesi, con la sua ormai classica presa in giro del giudice del tribunale, con una maestria tale, che, seppur probabilmente colpevole, la giuria lo assolve.
W. Somerset Maugham “La lettera” Adelphi euro 5,50
[in: 20/01/2010 – out: 04/06/2010]
Sessanta paginette che si leggono in un fiato (nella fattispecie tra due percorsi di andata e ritorno in metro per andare a vedere un ottimo film argentino “Il segreto dei suoi occhi”). Ed il cinema ci sta bene, non fosse altro perché da questo canovaccio prima Maugham ha tratto una pièce teatrale, poi un film, quelle “Ombre malesi” diretto da William Wyler che nel 1941 arrivarono a collezionare 7 nomination all’Oscar, tra cui l’impagabile presenza come protagonista di Bette Davis e la regia stessa di Wyler (anche se quell’anno vinsero Ginger Rogers nel film “Kitty Foyle, ragazza innamorata” di Sam Wood, John Ford come regista per “Furore”, nonché “Rebecca la prima moglie” di Hitchcock come miglior film) senza vincerne nessuno. E sembra proprio cucito su Bette Davis il personaggio di Mrs. Crosbie. Leggendolo ti balza subito in mente, lei ed i suoi occhi (qualcuno ricorda Kim Carnes?). Maugham ha poi questa straordinaria capacità di farti balenare i personaggi con due righe di scrittura, riuscendo a condensare così in poche righe, elementi che altri avrebbero portato avanti per capitoli interi. Così vediamo il carattere fermo, anche se ormai aduso agli inganni orientali, dell’avvocato Joyce, l’onesto e faticoso lavoro di piantatore (inteso come responsabile di piantagioni) di Mr. Crosbie, la viscidità del cinese Chi Sheng che ha studiato in Occidente e che lì a Singapore rappresenta un po’ il punto di incontro tra la cattiveria occidentale e quella orientale. Il bel mondo degli inglesi trapiantati in Oriente, che vivono in un’isola dorata, fuori dal contesto sociale, riproponendo quello che chiamo “il tè delle 5” in posti dove ci sono 35° all’ombra fin dalle 6 del mattino. Il bello che fa sempre la sua figura in questo tipo di mondo. E poi lei, la ritrosa Mrs. Crosbie che fredda con sei revolverate il bello che cerca di sedurla quando il marito è lontano. Ma il viscido tira fuori una lettera che potrebbe dare un senso del tutto diverso alla faccenda. Chissà come andrà finire? È colpevole Mrs. Crosbie? Riuscirà l’avvocato a trovare qualche bandolo? A voi l’estremo piacere di scorrere queste pagine e di seguire l’affastellamento incalzante di situazioni che ci propone Maugham, fino al suo scioglimento finale. Scioglimento che, è bene sottolineare, è diverso da quello che verrà sviluppato nel film, dove si aggiunge al finale del racconto, quello che viene chiamato un sottofinale che andrà bene per il pubblico delle grandi sale. Ma che se ora dovessi portare il testo sullo schermo lascerei così. Questo è un finale. Quello “un’americanata”. Ricordo comunque che non è mai facile trasportare un testo pensato per un mezzo espressivo (la carta) in un altro mezzo espressivo (lo schermo). Anzi è un’operazione di una difficoltà enorme. Comunque, un grande piccolo classico, da divorare e poi prenderci sopra un bel Martini cocktail ghiacciato. Sarà poi un caso che Maugham (di cui lessi lo stupendo ritratto di attrice “La diva Julia” e di cui ricordo ancora quella frase che giro alla mia amica Rosa “tutto il mondo è teatro … ma la realtà siamo noi, gli attori”) lo leggo sempre a giugno?
Infine, essendo la prima trama del mese riporto l’elenco dei libri letti in aprile, con un gradimento medio, senza grandissime punte, ma con qualche obbrobrio.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
G
1
Félix Fénéon
Romanzi in tre righe
Adelphi
5,50
4
2
Giancarlo De Cataldo
Onora il padre. Quarto comandamento
Noir Repubblica
7,90
3
3
Giulio Castelli
Imperator
Newton Compton
4,90
3
4
Eric-Emmanuel Schmitt
Il bambino di Noè
BUR
5
4
5
Alexander McCall Smith
Amici, amanti, cioccolato
TEA
8,50
3
6
Fabio Volo
Il tempo che vorrei
Mondadori
s.p.
3
7
Benedetto XVI
Caritas in Veritate
Libreria Editrice Vaticana
2
3
8
Barbara Baraldi
Bambole pericolose
Mondadori
4,20
1
9
Massimo Pietroselli
La porta sulle tenebre
Mondadori
4,20
3
10
Henning Mankell
Nel cuore profondo
Mondadori
9,50
2
11
Clive & Dirk Cussler
Il tesoro di Gengis Khan
TEA
8,90
3
12
Arnaldur Indridason
La voce
TEA
8,60
4
13
Gianrico Carofiglio
Le perfezioni provvisorie
Sellerio
14
4
Il mondiale sudafricano è agli sgoccioli ed io continuo nell’organizzazione del viaggio, con i molti ostacoli dovuti al pienone che questo anno mondiale si riversa laggiù. Continuiamo a lavorarci, sperando che vada meglio tra i portoghesi mozambicani.

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