giovedì 29 marzo 2012

Inqualificabili - 05 dicembre 2010

Ma non nel senso negativo del termine. Sono libri un po’ atipici, che non hanno certo molto in comune tra loro, ma che, inoltre, non è facile accomunare con altre letture. Un libro di ricette, alcune riflessioni su passi biblici, un pamphlet di letteratura inventata. Cosa trovare di più eterogeneo. Ma si sa, io leggo di tutto, e di tutto commento.
Cominciamo allora con l’a me poco noto cuoco.
Sapo Matteucci “Q.B. la cucina quanto basta” Laterza euro 10,50 (in realtà scontato 9 euro)
[in: 16/04/2010 – out: 12/05/2010]
Un libro di ricette, ebbene sì, che ho letto come un saggio e che ogni tanto ha dei bei richiami mentali a tavole e convivi. Intanto il mistero del nome Sapo abbreviazione di Saporoso, che solo qualcuno nato in Toscana poteva trovare. Poi l’umiltà che vi ho trovato quando nell’accostarsi al cucinamento di piatti, ci si pone sempre con grande timore. Tutto può andare male, anche il piatto più rodato. Bisogna sempre e comunque essere rispettosi degli alimenti e trattarli da pari a pari. Con uno stile quindi molto colloquiale, che ho sommamente apprezzato, si va di situazione in situazione (da quelle banali di semplici piatti per i figli ed i loro amici a quelle super difficoltose del cucinare per sé, molto più “angosciante” del cucinare per altri, perché si può mentire a tutti, ma non a sé stessi), sottolineando i momenti (e sono molto coinvolgenti) di quella cucina comunitaria, dove ci si divide i compiti per un risultato finale all’unisono e di cui tutti si gode. Soprattutto per il pesce (che piacere leggere del sauté di vongole!). Pieno inoltre di piccoli e grandi aperitivi (grande mojito, e sorry per chi non ama la menta), e di accompagnamenti divini/di vini. E che gran gioia di papille, passare in poche righe da quella grande pietanza nazionale della parmigiana di melanzane a quell’altrettanto grande e napoletana del gattò di patate. Un bello sforzo, l’apprezzare quello scivolare su sapori aulici, scarsamente riproducibili, ma senza l’affettazione del grande critico culinario, né quella finto - ironica alla Burbery. Come quando sento i profumi del legno di faggio che affumica il sale Danese. O mi congratulo per l’utile smitizzazione di pepi “aromatici”, rispetto ad un sano e robusto pepe naturale. Come non andare insieme da Tonino l’ortolano a prendere della verdura di stagione, fino a salire alle alte vette di quella cucina tanto semplice da essere inarrivabile. Due esempi su tutti: gli spaghetti aglio e olio e le uova al pomodoro. Piatti semplici, ma di una bontà senza uguali. Certo poi si può anche arrivare al “Framasson di Monzù Terremoto” e se qualcuno vuole gliene parlo. Ma lì il massimo è leggerne per vedere come viene fatto. A farlo… insomma, letto metà all’andata e metà al ritorno nella trasferta madrilena, mi ha fatto compagnia con il suono italico mentre andavo a gustare un “jamon de pata negra bellota” (ne possiamo parlare?). Buona digestione a tutti.
“Il primo tentativo, forse non solo quello, sarà per voi, come è stato per me, un mezzo fallimento. Ma non desiste: coraggiosi, verso un prossimo e trionfale successo. In fondo non esistono piatti difficili, o, senza un po’ di passione-attenzione, lo sono tutti” (164)
Passiamo poi ad uno dei miei sempreverdi, anche se non al meglio.
Erri De Luca “Una nuvola come tappeto” Feltrinelli euro 6,50 (in realtà, scontato 5,20 euro)
[in: 23/04/2010 – out: 11/07/2010]
Interessante, inclassificabile, ma cosa vuole dire? Qui siamo dalle parti dell’Erri dotto, che studia l’ebraico e legge la Bibbia in originale. Ed io immagino che da quella lettura vengano fuori annotazioni, domande, pensieri che, da buon amante della scrittura, De Luca non può fare a meno di prendere. Ed una volta presi, non può fare a meno di rileggerli e di avere la necessità di condividerli. Questo mi sembra il solo filo che lega le pagine di questa nuvola. E noi riflettiamo con lui, su alcuni passi della Bibbia, e sul modo di arrivare a noi di cose difficili e ahi quanto mediate. L’ebraico, come l’arabo che conosco meglio ma la radice è quella, è anch’essa una lingua che si compone di radici consonantiche significative. E quindi con sollecitudine intellettuale, scopriamo i nomi d’origine di situazioni e personaggi che fin dal nome hanno una loro ragione. Giacobbe da Yakov che significa “colui che afferrò il calcagno”, ma le radici del nome significano anche “ingannatore”. Ed una luce nuova si stende sulle sue vicende e su quelle di Esaù (a parte il proustiano ricordo di piatti di lenticchie che in gioventù mi avevano lasciato perplesso e che solo le frequentazioni medio - orientali mi hanno consentito di comprendere). O Giobbe da Iiòv che significa avversato. O la storia della città di Scin’ar e della sua torre che noi siamo abituati a pensare col nome di Babele. Financo tutta la storia (riassunta per capoversi, ma ce ne sono i passi fondanti) che porta da Isacco (colui che ride) a Giacobbe, a Giuseppe, a Mosè, a Giosuè ed all’insediamento delle 12 tribù in Israele. Facendoci anche ricordare che, temporalmente, siamo vicini alla Guerra di Troia. Ma che differenza di atteggiamento tra i bellicosi achei, l’ingannatore Ulisse, ed i mistici ebrei che cercano di conquistare la Terra Promessa. Ed in che modo? Guerreggiando e sconfiggendo coloro che in quella terra vi abitavano. De Luca non se la sente (ed a ragione) di fare ulteriori paragoni tra lo ieri lontano e l’oggi bruciante. Ma come se indicasse un pensiero e dicesse a noi di ragionarvi sopra. Tanti altri pezzi dotti si accumulano nelle poche pagine del libro, che riesce faticoso condensarli in una così breve disamina. Di questo è meglio che si legga, e si legge con piacere e scorrevolezza. Ne esce fuori quella umanità storica senza la quale certi passi, certe decisioni, certi atteggiamenti sembravano rimanere sospesi. Sarcastiche le pagine di San Paolo che prova a parlare del Dio Unico nell’agorà di Atene. Interessanti le righe su Giona e la distruzione di Ninive. Mi ero proprio scordato perché Giona finiva nella balena! Questo è tutto il bene che posso dirne. Ma rimane il mio grido iniziale. Che cosa mi vuoi dire di altro, caro scrittore? Quale urgenza altra, che non ho compreso, spinge la tua penna? Perché se ci si limita ad un esercizio intellettuale, si può nutrire bene il proprio cervello. Ma lo spirito ne rimane non so dire se inquieto o quanto meno disorientato. Ecco, questa è la sensazione mia personale alla fine. Mi sono dilettato nello scoprire cose che non sapevo, le pagine sono volate vie in un lampo. Ma alla fine non è uscito il dolce da quel forte come diceva Sansone (c’è chi si ricorda a mente perché?). Il tuo grido finale di amore per il Mediterraneo è il mio grido di sempre. Però mi aspettavo qualche cosa in più che qui non ho trovato. Ma cercherò ancora.
“Un sogno che non si interpreta è come una lettera non letta” (47)
“Come il martello frantuma la roccia in una moltitudine di frammenti, così un solo passo della Scrittura ha molti significati (Talmud)” (78)
“Per il tempo che le parole sono nella tua bocca sei il loro signore; una volta pronunciate, sei il loro schiavo” (109)
Non parlo ancora del buon napoletano, e salto a più pari verso lo spagnolo anche lui perso in giochi di mente.
Enrique Vila-Matas “Storia abbreviata della letteratura portatile” Feltrinelli euro 7 (in realtà, scontato 5,25 euro)
[in: 25/07/2010 – out: 20/10/2010]
Un gioco intellettuale tutto costruito, ma alla fine sterilino. L’idea è quella di costruire un grande pastiche prendendo spunto da gesta (tra vere e inventate) dei surrealisti e della gente che girava a loro intorno, verso gli anni ’20. Vila-Matas è un gran conoscitore di letterature e dei primi decenni del secolo. Socio onorario dei seguaci di Joyce che si riuniscono a Dublino il 16 giugno di ogni anno, scrittore di altri pastiche che hanno per protagonisti il Bartelby di Melville e il Montano di… Sempre sul filone della difficoltà di scrivere. Anche qui, la scrittura diventa un pretesto di vita. Un gioco altro per giocare con tanti frammenti. Inventando la nascita di una società segreta che in codice si fa chiamare SHANDY. Gli adepti devono portare sempre con loro le loro opere, come nella famosa Boîte-en-valise di Marcel Duchamp. E per narrare le loro gesta si inventa la scrittura al contrario di un testo immaginario (La “Storia portatile della letteratura abbreviata” di Tristan Tzara che il franco-rumeno mai si era sognato di scrivere). Oltre a Duchamp, della congiura shandy fanno parte a uguale titolo Walter Benjamin, Jacques Rigaut, Blaise Cendrars, Valery Larbaud, Scott Fitzgerald, Vicente Huidobro, César Vallejo, Salvador Dalí, Tristan Tzara, Ezra Pound, Cyril Connoly, Francis Picabia, Georgina O'Keefe e il principe Mdivani. Con la partecipazione straordinaria di Aleister Crowley e Louis Ferdinand Celine nel ruolo di traditori, presunti o reali che fossero. Ma che cos'è uno shandy? In un primo significato, "Shandy, nel dialetto di alcune zone del contado dello Yorkshire (dove Laurence Sterne, l'autore del Tristam Shandy, visse gran parte della sua vita), significa indistintamente allegro, volubile e un po' picchiatello". Lo shandy è un tipo caratterizzato da una "volontà costante di trasgressione". E, su un altro piano, una persona "impossibile, gratuita e delirante". Ma shandy, più che essere correlato al personaggio di Sterne, deriva più che altro da una bevanda inglese: una sorta di birra amarognola che, tracannata a grandi sorsi in estate, riesce a placare la sete. Shandy soprattutto significa votare la propria vita al nomadismo, e, come corollario, al celibato, alla vita senza troppi pesi. Forse è tutta qui l'essenza del portatile: il paradigma di un uomo celibe, impossibile, libero e delirante, ovvero "un artista portatile, oppure, il che è lo stesso, qualcuno che si potesse portare tranquillamente da qualsiasi parte". Shandy significa votarsi alla non causa di una congiura senza movente e senza scopo. Nessun membro della società segreta sa a cosa serva, a quali superiori destini sia consacrata la congiura. Cospirare tanto per cospirare. Quel che è certo è un metodo di elezione: miniaturizzare la letteratura. Necessità nomade, la letteratura portatile serve a far sì che quando la congiura potenziale si esplicherà, accada quel che accada, tutto l'inessenziale sarà a portata di mano. In una valigetta. E tutto narrato sempre infarcendo reale e menzogna. Oltre alla bibliografia con metà libri inventati, anche le azioni sono mescolate, Jacques Rigaut che si suicida come Roland Roussel, Pola Negri che non si sposa con il principe Mdivani, la malia di Georgia O’Keefe. E via elucubrando. Un gioco letterario (sarebbe curioso farne una contro-lettura, con le “vere” storie dei “veri” artisti) ma alla fine un po’ sterile e fine a sé stesso. Appunto godibile se si sanno tante storie. Altrimenti così, rimane un bel ricordo e nulla più. Se non lo stimolo ad essere sempre più nomade, almeno dentro la testa.
“Più che artisti, che suona vuoto e pomposo, siamo artigiani, cioè gente che fa cose” (69)
“A Siviglia … diventa collezionista di libri e di passioni, perché sa che la caccia di libri … arricchisce la geografia del piacere, e in ciò trova un’altra ragione per vagabondare per il mondo” (101)
Veniamo ora all’elenco delle letture del mese settembrino, iniziate con calma e poi intensificate, con ben 3 (tre) punte di eccellenza.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Beppe Sebaste
Panchine
Laterza
9,50
5
2
Jack London
Il vagabondo delle stelle
Adelphi
13
5
3
Christian Jacq
Le procès de la momie
Pocket
8,50
2
4
Loriano Macchiavelli
Cos’è accaduto alla signora perbene
Einaudi
11
3
5
Alfredo Colitto
Cuore di Ferro
Piemme
11
3
6
Goliarda Sapienza
L’arte della gioia
Einaudi
14,50
5
7
Esmahan Aykol
Hotel Bosforo
Sellerio
13
3
8
Zygmunt Bauman
Vita liquida
Laterza
8,50
5
9
Maxence Fermine
Opium
Livre de Poche
5,60
3
10
Andrea Camilleri
La caccia al tesoro
Sellerio
14
2
11
Michael Connelly
Ghiaccio nero
Piemme
10,50
3
12
Massimo Carlotto
Il fuggiasco
E/O
8
3
13
Elizabeth George
Corsa verso il baratro
TEA
8,90
4
14
Éric-Emmanuel Schmitt
Milarepa
Magnard
5,53
3
15
Gian Mauro Costa
Il libro di legno
Sellerio
13
3

A Merano tutto bene (a parte la neve). Per il resto un gran bisogno di riposo (che spero arriverà) ed un pensiero a tutti i miei amici sagittario – capricornici (sia a Carlo e Luciana in omaggiamento  in questi giorni sia a coloro che verranno, ma che non si fanno in anticipo). 

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