Cominciamo con la napoletana, di
cui scrissi la prima volta ben 4 anni fa sull’onda di quella lettura fantastica
di “Mosca + balena”.
Valeria Parrella “Ma quale amore” Rizzoli
euro 15
[in: 07/05/10 – out: 26/05/10]
Fatti
subiti i ringraziamenti per il debito di riconoscenza a Loredana che mi fece
scoprire questa autrice napoletana, e sottolineando che l’ho preso a prezzo
pieno (una volta tanto) come auto-regalo di compleanno, che vogliamo dire di
questa prova? Tutto sommato mi è piaciuta, come al solito i suoi libri. Certo
ci sono momenti felici e passaggi più ardui, ma ha almeno tre frecce che mi
hanno colpito. Perché parla di Buenos Aires, perché parla di Borges e perché
parla d’amore. L’Argentina è da tempo in qualche angolo della mia testa, e
passeggiare con lei tra Palermo vecchia e la Recoleta è stato un bel modo di
iniziarmi ad una città che non conosco e che spero di conoscere. E poi Borges.
In poche frasi, riesce ad esprimere l’odio-amore (ma molto più amore che odio)
verso questo grande vecchio che primo mi ha iniziato ai mestieri del leggere.
Non posso poi che assentire con lei, ritenendo la versione di Lucentini di
‘Finzioni” una delle migliori traduzioni che siano mai state fatte. Ed infine
l’amore. Anche la fine di un amore. Visto da occhi che io non potrò avere mai.
Tutto il percorso dall’accorgersi che si sta esaurendo, alla rabbia, alla
volontà di fare qualcosa, ai diecimila propositi ed alle undicimila sconfitte.
Ma ovviamente con occhi femminili, che mi fanno rivedere le stesse cose in
altre prospettive. Un po’ come l’ultima esperienza con i detenuti, dove ho
presentato i miei brani sia alla sezione maschile (e qui riconoscevo ed
anticipavo le reazioni) sia a quella femminile (che mi ha sorpreso per le
diverse valenze che ne venivano date; mi aspettavo qualcosa, ma è stato molto
più bello di come pensassi, e molto più difficile). Anche qui viene messo bene
in discussione il mio ruolo di maschio. Non che mi riconosca in Michele, anche
se alcuni tratti sono presenti in molti maschietti. Ma è la percezione degli
accadimenti che mi ha lasciato senza fiato. La profondità di certi dolori. La
vetta irraggiungibile di certe speranze. Da qui non andrei a filosofeggiare sul
tutto finisce, sulle difficoltà del vivere, sull’accettare le cose così come
vengono. È un discorso che va un po’ fuori queste righe. Parrella comunque ne
affronta alcuni margini, li lucida ben bene, e me li presenta perché anche io,
maschio infingardo, li possa capire. Ci sarebbe poi tutto un capitolo da aprire
sulla parte finale, su come si comporta Michele e sulle sue aspettative, e su
come lei risponda. Ma ne parleremo con chi avrà voglia di leggere il libro,
cosa che consiglio. E poi se ne discute davanti ad un mate caldo.
“Sono sprofondata in un’impasse del rapporto per cui non riesco a dire
in modo naturale quello che sento.” (62)
“Un grande amore, quando diventa un ex grande amore, smette di essere
un grande amore” (100)
Passiamo
alla tosca, di tanti premi insignita, e che, in definitiva, non mi ha deluso.
Benedetta Cibrario “Rossovermiglio“
Feltrinelli euro 7,50
[in: 04/03/2010 – out: 29/05/2010]
Mi ero segnato di leggerlo dai
tempi del Campiello di due anni fa. Ora l’ho letto, e tutto sommato con segni
finali positivi, anche se per 200 pagine mi aspettavo qualcosa in più, che poi
non è arrivata. I malevoli l’hanno etichettata come un ”Via col vento” in salsa
toscana (o meglio al profumo di sangiovese). Seppur lo spunto ne apparenta qualcosa,
la protagonista del romanzo mi è sembrata volare attraverso altri lidi, come un
grande affresco di un mutamento epocale, iniziando la narrazione da un ormai
lontano 1928 per terminare in qualche imprecisato anno prima della fine del
secolo. Certo si vede che l’autrice ha letto, ed ogni tanto citazioni e rimandi
affiorano alla penna. Come quando dice
“Ho diciannove anni e non so che cosa farmene” che mi rimanda sempre all’attacco di “Aden,
Arabia” di Paul Nizan o afferma con Tabucchiana precisione “Mi ricordo. SI, mi
ricordo”. Per il resto è un buon gradevole alternarsi tra passato e presente,
sul filo dei ricordi di questa anziana signora che nella tenuta toscana vicino
Siena (che non a caso si chiama ‘La Bandita’) cerca di annodarli prima che
siano inannodabili. E sul filo di quel passaggio ci si presentano ben descritti
(si vede che è una signorina di buona famiglia) uso, costumi e andamenti
mondani degli anni venti e trenta. Rimango sempre affascinato da quelle belle
descrizioni (qui, come in Augias, o similia) che mi immergono in momenti
atemporali e mi immagino un buon scrittore del futuro (anche prossimo) che con
abile penna vada a descrivere i nostri anni ed il lettore coevo che tipo di
immagine si figura. E ogni volta che mi immergo nel filo dei ricordi torna il
buon Augè con i suoi ammonimenti (difficile che ti ricordi quello che è
avvenuto, al più ti ricordi quello che ti fa piacere dell’avvenuto, e non
scordiamo che il termine ‘fa piacere’ è inteso anche che possiamo ricordarci
cose dolorose, ma che servono di stimolo al nostro cervello; e si andrebbe
avanti per ore proustianamente ad aprire incisi su incisi). Ma “revenons à nos
moutons“ come ammonirebbe il colto conoscitore di letterature. Ed alla storia
che per soprassalti segue anche l’andare e venire del Rhett-Trott e del suo
sparire misterioso poco dopo la fine della guerra, dopo però aver insegnato
alla bella signora come fare del buon vino, cioè come fare l’ottimo
Rossovermiglio del titolo. Ogni tanto poi incontriamo persone che si erano
perse nei meandri della giovinezza. La focosa Nina, il cugino omosessuale
Oddone, il Carlino, l’Aimone (che nome, eh?) e financo un bel pre-finale con
Francesco Rocca di Villaforesta. Il finale scioglie molte riserve, ma lascia
degli amari in bocca, come un pranzo in cui si è ecceduto un po’ in tannini.
Questo per non dare il massimo dei voti. Da leggere accanto al cammino del
Forte, sorseggiando un non troppo impegnativo ‘Lunediante’.
“Allora ebbi solo l’indubitabile certezza di essere bella, ai suoi occhi,
come mai più sarei stata agli occhi di qualcuno” (28)
“Se osserva la propria vita a
ritroso, ognuno di noi è in grado di valutare il peso di alcuni momenti, che,
per lo più, si sono annunciati in sordina – mattine annoiate, o serate che
sarebbero dovute essere uguali a tante altre e che invece, inopinatamente, sono
state dei punti di svolta” (65)
“Se sono stata pigra, forse lo sono stata di sentimenti: ho faticato a
esprimere un’emozione o un turbamento. Sono stata semmai una lunediante del
cuore” (81) (lunediante = operaio che non si presenta al lavoro il lunedì
mattina per smaltire l’ubriacatura della domenica, per esteso sinonimo di
pigro)
“Penso che non conosciamo mai veramente le persone. O forse, dobbiamo
ammettere che gli individui cambiano, che le loro qualità nascoste emergono in
superficie o s’inabissano definitivamente quando la vita entra in rotta di
collisione con loro” (94)
“Curioso come alla volte, per
conquistare ciò che si desidera fortemente, ci vogliono in pari misura coraggio
e sventatezza.” (105)
“sono invecchiata rapidamente, un secolo mi è sgusciato tra le dita in
un soffio. Quando mi guardo indietro, mi pare di aver avuto vent’anni fino a
ieri l’altro. Ne ho invece più di ottanta, anche se tutti si fa finta di non
pensarci. Come si dice nel calcio, siamo giocatori in panchina …; in attesa di
uscire, però, non di giocare” (142)
“I veri nomadi, lo so, hanno uno sguardo fermo e sereno, quando
osservano il mutare dei paesaggi e delle consuetudini; uno sguardo che guarda
fisso, avanti; è la prossima tappa ciò che conta, non quello che si lascia
dietro; non li turba il cambiamento, né quella forma più sottile e incurabile
di mutazione che è la sparizione.” (202)
Finiamo la risalita dello stivale
nella mia rimembrata Udine, con questa giovane e comunque interessante autrice.
Valentina Brunettin “I cani vanno avanti”
Alet euro 10 (in realtà, scontato 7,50 euro)
[in: 03/04/2010 – out: 30/06/2010]
Non
eccelso, forse non bello, ma con qualche spunto che mi ha preso. Innanzi tutto
c’è una piccola analisi da fare tra testo e contesto. È vero che bisognerebbe
separare l’autore da quello che scrive e magari esprimersi sul testo. Ma la
storia della Brunettin (che non conoscevo prima di comprare il libro) dà una
lettura diversa anche al testo. La scrittrice una decina di anni fa alla tenera
età di 18 anni vince un premio importante (il Campiello), poi scribacchia, poi
tace fino ad ora. E cosa andiamo a leggere se non (uno dei filoni della storia
che si intreccia nel libro) di una scrittrice che non riesce a scrivere. Cioè
che vuole scrivere qualcosa di suo e si trova a scrivere qualcosa di altro.
Letto in questa luce, l’ordito assume un calore forte in trasparenza. E la
trama? Anzi le trame? C’è il filone principale, il rapporto tra questi due
scrittori che si sposano e continuano a scrivere libri in coppia. Ma è una
coppia sbilenca. Lui tutto teso alla meta, all’esterno, al bello. E tutto gli
va bene. Scrive bene, ha una bella amante (l’ultima di una lunga serie) e tutte
le sue cose volgono al bello. Lei tutta tesa verso di sé a chiedersi chi sia, a
non stare al mondo, ad innamorarsi di persone sbagliate. Per scrivere, la sua
scrittura rende sulla pagina. Non nel mondo reale, dove non fanno presa le sue
storie di donne abusate. E si accartoccia su di sé. Fino a farsi male, fino a
stare male. E poi c’è l’altro filone, quello sotteso, la storia che Emma
vorrebbe scrivere e non gli esce dalla penna. Quella della cagnetta Laika, il
primo essere vivente che esce dall’atmosfera terrestre. Vediamo assaggi di
questa scrittura, e sono belli, coinvolgono. Fino all’incontro catartico con la
poetessa che ha deciso di dedicare la sua vita ai cani. Ed alla comprensione
della bellezza della semplicità canina. Di questo loro godere di quello che c’è
(qui, ora, direbbe la mia mentore), senza farsi domande (ma se la fanno i
cani?) su quello che era e quello che sarà. Accettando tutto, da cani, anche la
propria morte, mettendosi da parte quando si capisce che è finita. Ma non
Laika, che non vorrebbe mettersi da parte, ma che una mano altra pone dentro a
quel missile che andrà in orbita. La Brunettin (ri-)dimostra una bella capacità
di far uscire le persone dalla pagina in poche righe. Ce le fa amare od odiare
perché lei le ama o le odia. Purtroppo poi si perde un po’, i fili si
sfilacciano. Ma leggendo io stavo “soffrendo” con lei, perché si vedeva questo
ordito che cercava di rompere la trama. E si capiva quando anche lei ha momenti
stanchi, quando non riesce ad uscire da un pensiero che si contorce. Non tutti
sono come il bel Virgilio, che una volta deciso, butta giù profluvi di parole,
che troveranno ammiratori ed estimatori. Ma lui rimane tutto esteriore, una
bella statua. Niente vita dentro. La vita è fatta per noi cani che stiamo male,
che cerchiamo una mano consolatrice, che godiamo nello scorrazzare tra i prati.
E ce ne andiamo senza salutare quando si deve partire. Per tirare le somme, una
riuscita a metà. Spero che la scrittrice riesca a trovare anche l’altra metà
della sua scrittura, perché sa mettere le frasi in fila, e non è da poco. La
parte minore, volendo, è la doppia lettura che a volte si fa troppo palese e
dolorosa, e ci si rimane viscosamente preda. Ma una lettura di incoraggiamento
la merita. Brava, non mollare.
“spesso sembra che tu sia capace di scrivere
grandi cose senza veramente capirle. Di questo non dispiacerti, perché nessun
lettore vuole comprendere quanto sai, ma solo quanto sei in grado di dimostrare
di sapere” (122)
“Emma
predilige gli abiti che la fanno sentire a suo agio (e il suo agio è
vulnerabile e volubile, oltre che mimetico) mentre Virgilio predilige gli abiti
che fanno sentire a loro agio coloro che lo circondano” (145)
“è troppo bruttina per innamorarsene ed è
troppo intelligente per evitarla del tutto” (153)
“oggi mi accorgo che la cosa più importante nella
nostra esistenza non è dire, ma tacere. E questo me l’hanno insegnato i cani. I
cani stanno zitti: quando li accarezzi, quando dai loro da mangiare, quando li
stai per sopprimere con una puntura. I cani mi hanno fato capire che nessuno di
noi deve avere sempre qualcosa da dire” (156)
Non
potendo rinunciare ai miei numeri mi verrebbe da dire che il prossimo autore
sarà nato nel 1956 (vedremo …).
Andiamo allora ad incominciare
un'altra settimana di grande intensità. Io devo concentrarmi ancora su delle
cose da scrivere e sui viaggi da organizzare.
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