lunedì 19 marzo 2012

Lucía de l’alma mia - 03 ottobre 2010

Casualmente, anche questo mese il primo scritto si incentra su di un autore soltanto. Anzi autrice. La spagnola Etxebarria, abbastanza nota in patria ed anche al centro di polemiche (tipo plagi e così via). Ne ho letto un romanzo ad inizio anno e mi sembrava promettente, poi gli altri sono andati in calando.
Ma passiamo subito alle note.
Lucía Etxebarria “Amore, prozac e altre curiosità” SuperPocket euro 5,90
[in: 04/10/2009 – out: 02/02/2010]
Una buona scrittrice spagnola che non conoscevo, su di un argomento scivoloso. La storia di tre sorelle diverse per caratteri, comportamenti e fisico, ma alla fine, tolti gli orpelli superficiali, con un fondo di similitudine e con la stessa angoscia. A volte sembra che giochi un po’ a voler fare la saputa o la scandalosa. Ma, da uomo, non mi sono annoiato a leggere delle peripezie mentali di donne, scritte da una donna (che si suppone ne sappia). Caterina la bella, la giovane è tutto sesso. Rosa, alta e seriosa, è tutto lavoro. Anita è tutta casa e bambino. Ma le loro sono ossessioni, coazioni a ripetere gesti e situazioni che, in altro contesto, in altro spirito, avevano dato loro qualcosa. Che si è perso, e che va ritrovato. Ed allora ognuna di loro lo ricerca esasperando uno dei propri lati (appunto sesso, lavoro e casa). Ma nessuna lì troverà la propria via d’uscita. Bello anche l’intrecciarsi di storie da più angoli (quando bambine si innamorano/incapricciano dello stesso ragazzo e si rivede la scena descritta dalle loro angolature). Il crollo psicologico di Anita porterà alla fine a riflettere su tutto ciò ed ognuna di loro prenderà le (proprie) giuste misure per affrontare il resto della vita. A volte qualche sparatella proto-femminista (ma non ci sta male). A volte qualche ingenuità. Molta poi la carne al fuoco, e come in ogni grigliata, un po’ se ne brucia ed un po’ rimane troppo al sangue. Ripeto, non conoscevo la scrittrice, che approfondendo sembra essere un bel caso nel mondo letterario spagnolo. Un po’ arrabbiata, un po’ chiacchierata alla Sagan. Ma il testo scorre, qualche messaggio arriva. Cosa chiedere di più? Forse un bel giro di tapas nella notte madrilena.
“era la prima scopata del mese… Mi sentivo sola, disperatamente sola, affamata di affetto, avida di coccole …. Abbiamo tutti bisogno di abbracci di quando in quando” (11)
“Se la vita si potesse pulire come le tendine, se potessimo far sparire le nostre macchie in una lavatrice, tutto sarebbe più facile” (80)
“Se qualcosa è giusto perché non funziona? L’amore ci separerà … l’amore distrugge. Ferisce profondamente, dolorosamente” (229)
Lucía Etxebarria “Beatriz e i corpi celesti” TEA euro 8,60 (in realtà, scontato 1,72 euro)
[in: 07/02/2010 – out: 23/06/2010]
Mi aveva incuriosito la spagnola, ed ecco che, appena finito il precedente, ho trovato in super offerta il suo secondo libro, l’ho preso ed ora, con calma, letto. Mi è decisamente piaciuto meno. L’ho trovato come se cominciasse a prendersi troppo sul serio, per cui, ogni tanto, si scapola dalla storia (dalle storie) e si comincia a fare tiratine filosofiche sulla vita come solitudine, sulle reciproche lontananze come tra corpi celesti. Tutto per dimostrare, per arrivare a dire che, dopo alcuni rivolgimenti della vita, ci si può ritrovare con un’immagine dell’altro/a come quella di una stella lontana anni luce di cui vediamo il colore ma che potrebbe essere (o è) già morta. Pur tuttavia la storia ha un suo interesse, mentre seguiamo questa adolescente che diviene donna con tutti i problemi che può avere un tale tipico personaggio: famiglia distante mentalmente (padre inesistente, madre sotto psicofarmaci), crisi di identità, proiezione di sé nell’altra, bella, sicura, indipendente, fuga da Madrid a Edimburgo dove si potrebbe trovare l’amore, tra le braccia della bellissima Cat o dell’ombroso Ralph. Solita scelta, tipica della letteratura a cavallo di secolo, dell’andare su e giù per il tempo ma non a flashback, piuttosto a cartoline che ti portano un po’ a spasso tra gli avvenimenti, di cui a volte si spiega il perché e poi se ne narra (ed è un tipo di scrittura che a volte mi riesce ostica). Così mentre si sta in un pub della fredda Scozia, si parla delle scorribande da piccolo spaccio nelle calde notti madrilene. Beatriz è poi questo, un groviglio di buone idee che non riescono a sfociare in azioni positive, per cui ci si lascia trasportare, a volte rischiando di andare al di là di quella sottile linea di confine verso i baratri del non ritorno (droga, alcool, sesso che sia). E viene quasi voglia di prenderle la testa e scuoterla forte, chiedendole, ma cosa vuoi fare della tua vita? Questa è, questa sola, non lasciartela scorrere addosso come se fosse un'altra cosa, come se si potesse cancellare e ricominciare, come in un bel film. E mentre lei vagheggia per anni su quello che poteva essere, magari non si accorge di quello che è. Sempre positivo, devo però riconoscere, almeno per me, il continuare a vedere molte cose, soprattutto il sesso e l’amore, dalla parte e con l’occhio della donna. Per me uomo, ovviamente. Sarebbe interessante saperne un parere dell’altra metà del cielo. Il voto finale però è un po’ più basso di quanto mi aspettassi. Mi ha lasciato un po’ deluso l’andamento scontato dell’ultima parte. Con io sempre lì, a dire a Beatriz cavolo, fai qualcosa, scegli. Magari ti penti, ma scegli qualcosa. Troppa manzanilla e poche tapas, alla fine. Dovrà leggerne ancora per orizzontarmi meglio.
“in definitiva, tutto quanto viene scritto finisce per essere una nota a piè di pagina di qualcosa che è stato scritto in precedenza” (17)
“Il fatto è che dall’amore, come dalla vita, ci si aspetta sempre di più e non ci si accontenta mai.” (28)
“e io non voglio impegnarmi prima di essere sicura dei miei sentimenti, perché sospetto che il mio lato peggiore finirebbe per stabilirsi in quella intersezione tra le circonferenze delle nostre rispettive solitudini. Non c’è solitudine peggiore della solitudine condivisa” (29)
“[è] molto meglio cambiare persona piuttosto che cambiare una persona” (189)
“sapevo che non mi stava usando e che mi amava, che mi amava davvero, che sarebbe stata accanto a me in caso di bisogno, che non mi avrebbe mai fatto del male di proposito, e forse nemmeno inconsapevolmente”  (191)
“perché ti ossessiona ciò che non hai? Perché non accetti una dannata volta che quello che non può essere, non può essere e inoltre è impossibile?” (253)
“Tutti siamo allo stesso tempo vittime e artefici della nostra vita. Nel bene e nel male, tutti i sentieri del possibile sono aperti al passaggio del reale. Ma non tutti siamo così saggi da capirlo né così audaci da aprirci la nostra strada” (263)
Lucía Etxebarria “Nosotras que no somos como las demàs” Booket euro 5,95
[in: 07/05/2010 – out: 16/07/2010]
Comprato a Granada sull’onda del successo conferenziero. E quindi in originale per continuare la pratica di lingua e la conoscenza di questa strana scrittrice di 44 anni. Risultato: un libro palloso, sbagliato, piatto. Cominciamo dallo sbagliato: cosa fa la buona Lucìa? Per un po’ scrive racconti, visto che di qualcosa bisogna campare e fanno sempre bene. Poi (magari sull’onda del successo dei primi romanzi) qualcuno (un editore?) gli chiede un altro romanzo. Ma l’ispirazione tarda a venire, ed allora prendiamo tutti questi racconti, ed inventiamoci una trama che li unisca. Ne esce fuori questo romanzo in 16 capitoli, dove entrano ed escono le sue donne come protagoniste, quelle che “non sono come le altre”. Ma per cercare il filo nascosto, i racconti cambiano nome, unficandosi a queste 4 protagoniste. Si perde la loro identità di racconto. Una volta capito il gioco, ho cercato di leggerlo astraendomi dai nomi. Ci sono racconti/capitoli che reggono ed altri che sono vacui. Tutta la parte sul versante “bondage” rimane appiccicata senza un perché. Le parti inglesi sembrano essere prese dal precedente “Beatriz…” lì dove non erano funzionali al romanzo, e riciclate. Rachel verrebbe la voglia di prenderla per il naso e farla girare in tondo. Forse è lei quella che più mi ha fatto saltare la mosca al naso. Protagonista trasversale di quasi tutto, cambia atteggiamento di racconto in racconto. Prima è forte, poi è fragile. Prima è ubriaca come una cucuzza, poi diventa quasi astemia e non-smoking. L’episodio della cleptomania è poi un tentativo imbelle di raccordare varie storie (o vari livelli di storia), con una giuntura che non reggerebbe al primo filo d’acqua che scorre. Quindi sbagliato, o forse meglio, raffazzonato. Di conseguenza palloso, perché privo di una vera scintilla creativa. Non c’è un’idea forte dietro la nascita di queste quattro donne che non sono come le altre. Forse. Ma sembrano tanto una “sex and the city” in salsa catalana. Ho letto romanzi d’amore spagnoli più intriganti. Ho letto storie spagnole che ti facevano girare per le strade delle cittadine assolate e te ne facevano innamorare. Ho letto storie ambientate ad Edimburgo che ti fanno voglia di prendere il primo aereo ed andare là. Ho letto storie erotiche che ti facevano eccitare alla lettura. Ebbene questo voleva essere così, e non lo è. Da qui la terza definizione di piatto. Sì, ritornano alcuni motivi forti della scrittura della Etxebarria: le donne, il loro mondo, il loro modo di guardare la realtà (e di questo continuo ad esserle grato, io, in quanto uomo, e quindi incapace di vedere quella prospettiva). Ma poi ci si perde come in un bicchiere di rum annacquato. E parlo di rum annacquato perché è il solo liquore che, avvicinato all’acqua mi fa rivoltare. Insomma una delusione grossa. Rimane il piacere di aver ricordato-scoperto termini poco ricorrenti nel mio spagnolo scolastico (non si parla di sesso in conferenze e riunioni di lavoro, quindi è utile ripassare alcuni fondamentali). Ma passerà del tempo prima di ritornare alla lettura di Lucía.
volviò a evitar la imagen que se incontraba en el espejo ... pero la imagen no esta en el espejo, esta en el ojo que la mira.” [cercò di nuovo di evitare l’immagine riflessa nello specchio … però l’immagine non sta nello specchio, ma nell’occhio di chi guarda] (74)
“- Tu no hablas mucho verdad? - ... – Escuchar es mucho mas interesante” [-Tu non parli molto vero? … - Ascoltare è molto più interessante]  (94)
 “Las ciudades se llevan dentro, no se huye de ellas con tanta facilidad... eso lo dijo Kavafis” [Le città sono dentro di noi, non si fugge da loro facilmente ... così diceva Kavafis] (114)
“Iré donde tu vayas, me quedaré donde estés ... tu tierra serà mi tierra, y tu dios mi dios” [Andrò dove tu vai, mi fermerò dove tu sarai ... la tua terra sarà la mia terra, e il tuo Dio il mio Dio] (155)
“Elsa detesta hablar de amor porque ha comprobado que del amor ... cada cual tiene una idea diferente y que del amor ... siempre se espera mas nunca se esta satisfecho. ... La gente non comprende por qué Elsa se empena a vivir sola, y hay quien afirma que non es capaz de amar.... Y por eso a Elsa no le gusta hablar de amor, solo le gusta praicarlo y eso en contados ocasiones” [Elsa odia parlare di amore, perché ha provato che dell'amore ... ognuno ha una idea diversa e che dall’amore ... sempre ci si aspetta di più e non si è mai soddisfatti. ... La gente non capisce perché Elsa si ostina a vivere da sola, e alcuni sostengono che non è capace di amare .... è per questo che ad Elsa non piace parlare di amore, le piace soltanto praticarlo e solo in rare occasioni] (214)
“Sabe que todos los dolores acaban por suavizarse, coincide con Wilde en suplicarle a Dios que la libre del dolor fisico, que del moral ya se ocupara ella” [Sa che ogni dolore finisce per diminuire, ed allora in linea con Wilde prega Dio di liberarla dal dolore fisico che lei si occuperà del dolore morale] (232)
“le demostraba ... que habia dejado pasar una parte demasiado importante de su vida sin hacer lo que queria hacer ni lo que disfrutaba haciendo, condenado a vivir segun los deseos de otros” [Questo provava ... che aveva perso troppo tempo della sua vita senza fare quello che voleva fare o le sarebbe piaciuto fare, condannata a vivere secondo i desideri degli altri] (261)
 “Nada muere se permanece en el recuerdo” [Niente muore, se rimane nella memoria] (381)
Essendo la prima trama del mese riporto l’elenco dei libri letti in luglio, altro mese nella media del 12. Mese di letture medio - basse con solo un picco per l’amato Schmitt.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Giancarlo De Cataldo
Nero come il cuore
Einaudi
12
3
2
Cormac McCarthy
Il guardiano del frutteto
Einaudi
12
2
3
Carlos Ruiz Zafon
Marina
Mondadori
19,50
3
4
Erri De Luca
Una nuvola come tappeto
Feltrinelli
6,50
3
5
Èric-Emmanuel Schmitt
Monsieur Ibrahim et les Fleurs du Coran
Magnard
5
4
6
Lucìa Etxebarria
Nosotras que no somos como las demàs
Booket
5,95
1
7
Elisabetta Bucciarelli
Io ti perdono
Kowalski
14
2
8
Laurence Cossé
La libreria del buon romanzo
E/O
s.p.
3
9
Alexander McCall Smith
Il piacere sottile della pioggia
TEA
8,60
3
10
Ahmed Abodehman
La cintura
Epoche
14
3
11
Diego De Silva
La donna di scorta
Einaudi
9,50
3
12
Arnaldur Indriðason
La signora in verde
TEA
9
3

Settimana di fuoco sotto molti punti di vista, con almeno tre congiunzioni astrali che si accavallano. Allora mandiamo intanto un pensiero al nostro medico in trasferta, sperando che stia ben lavorando in quel d’Africa. Le congiunzioni speriamo di scioglierle alla prossima trama.

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