Ma passiamo subito alle note.
Lucía Etxebarria “Amore, prozac e altre curiosità” SuperPocket euro
5,90
[in: 04/10/2009 – out: 02/02/2010]
Una buona scrittrice spagnola che
non conoscevo, su di un argomento scivoloso. La storia di tre sorelle diverse
per caratteri, comportamenti e fisico, ma alla fine, tolti gli orpelli
superficiali, con un fondo di similitudine e con la stessa angoscia. A volte
sembra che giochi un po’ a voler fare la saputa o la scandalosa. Ma, da uomo,
non mi sono annoiato a leggere delle peripezie mentali di donne, scritte da una
donna (che si suppone ne sappia). Caterina la bella, la giovane è tutto sesso.
Rosa, alta e seriosa, è tutto lavoro. Anita è tutta casa e bambino. Ma le loro
sono ossessioni, coazioni a ripetere gesti e situazioni che, in altro contesto,
in altro spirito, avevano dato loro qualcosa. Che si è perso, e che va
ritrovato. Ed allora ognuna di loro lo ricerca esasperando uno dei propri lati
(appunto sesso, lavoro e casa). Ma nessuna lì troverà la propria via d’uscita.
Bello anche l’intrecciarsi di storie da più angoli (quando bambine si
innamorano/incapricciano dello stesso ragazzo e si rivede la scena descritta
dalle loro angolature). Il crollo psicologico di Anita porterà alla fine a
riflettere su tutto ciò ed ognuna di loro prenderà le (proprie) giuste misure
per affrontare il resto della vita. A volte qualche sparatella proto-femminista
(ma non ci sta male). A volte qualche ingenuità. Molta poi la carne al fuoco, e
come in ogni grigliata, un po’ se ne brucia ed un po’ rimane troppo al sangue.
Ripeto, non conoscevo la scrittrice, che approfondendo sembra essere un bel
caso nel mondo letterario spagnolo. Un po’ arrabbiata, un po’ chiacchierata
alla Sagan. Ma il testo scorre, qualche messaggio arriva. Cosa chiedere di più?
Forse un bel giro di tapas nella notte madrilena.
“era la prima scopata del mese… Mi sentivo sola, disperatamente sola,
affamata di affetto, avida di coccole …. Abbiamo tutti bisogno di abbracci di quando
in quando” (11)
“Se la vita si potesse pulire come le tendine, se potessimo far sparire
le nostre macchie in una lavatrice, tutto sarebbe più facile” (80)
“Se qualcosa è giusto perché non funziona? L’amore ci separerà …
l’amore distrugge. Ferisce profondamente, dolorosamente” (229)
Lucía Etxebarria “Beatriz e i corpi celesti” TEA euro 8,60 (in realtà,
scontato 1,72 euro)
[in: 07/02/2010 – out: 23/06/2010]
Mi aveva incuriosito la spagnola,
ed ecco che, appena finito il precedente, ho trovato in super offerta il suo
secondo libro, l’ho preso ed ora, con calma, letto. Mi è decisamente piaciuto
meno. L’ho trovato come se cominciasse a prendersi troppo sul serio, per cui,
ogni tanto, si scapola dalla storia (dalle storie) e si comincia a fare
tiratine filosofiche sulla vita come solitudine, sulle reciproche lontananze
come tra corpi celesti. Tutto per dimostrare, per arrivare a dire che, dopo
alcuni rivolgimenti della vita, ci si può ritrovare con un’immagine
dell’altro/a come quella di una stella lontana anni luce di cui vediamo il
colore ma che potrebbe essere (o è) già morta. Pur tuttavia la storia ha un suo
interesse, mentre seguiamo questa adolescente che diviene donna con tutti i
problemi che può avere un tale tipico personaggio: famiglia distante mentalmente
(padre inesistente, madre sotto psicofarmaci), crisi di identità, proiezione di
sé nell’altra, bella, sicura, indipendente, fuga da Madrid a Edimburgo dove si
potrebbe trovare l’amore, tra le braccia della bellissima Cat o dell’ombroso
Ralph. Solita scelta, tipica della letteratura a cavallo di secolo, dell’andare
su e giù per il tempo ma non a flashback, piuttosto a cartoline che ti portano
un po’ a spasso tra gli avvenimenti, di cui a volte si spiega il perché e poi
se ne narra (ed è un tipo di scrittura che a volte mi riesce ostica). Così
mentre si sta in un pub della fredda Scozia, si parla delle scorribande da
piccolo spaccio nelle calde notti madrilene. Beatriz è poi questo, un groviglio
di buone idee che non riescono a sfociare in azioni positive, per cui ci si
lascia trasportare, a volte rischiando di andare al di là di quella sottile
linea di confine verso i baratri del non ritorno (droga, alcool, sesso che
sia). E viene quasi voglia di prenderle la testa e scuoterla forte,
chiedendole, ma cosa vuoi fare della tua vita? Questa è, questa sola, non
lasciartela scorrere addosso come se fosse un'altra cosa, come se si potesse
cancellare e ricominciare, come in un bel film. E mentre lei vagheggia per anni
su quello che poteva essere, magari non si accorge di quello che è. Sempre
positivo, devo però riconoscere, almeno per me, il continuare a vedere molte
cose, soprattutto il sesso e l’amore, dalla parte e con l’occhio della donna.
Per me uomo, ovviamente. Sarebbe interessante saperne un parere dell’altra metà
del cielo. Il voto finale però è un po’ più basso di quanto mi aspettassi. Mi
ha lasciato un po’ deluso l’andamento scontato dell’ultima parte. Con io sempre
lì, a dire a Beatriz cavolo, fai qualcosa, scegli. Magari ti penti, ma scegli
qualcosa. Troppa manzanilla e poche tapas, alla fine. Dovrà leggerne ancora per
orizzontarmi meglio.
“in definitiva, tutto quanto viene scritto finisce per essere una nota
a piè di pagina di qualcosa che è stato scritto in precedenza” (17)
“Il fatto è che dall’amore, come dalla vita, ci si aspetta sempre di
più e non ci si accontenta mai.” (28)
“e io non voglio impegnarmi prima di essere sicura dei miei sentimenti,
perché sospetto che il mio lato peggiore finirebbe per stabilirsi in quella
intersezione tra le circonferenze delle nostre rispettive solitudini. Non c’è
solitudine peggiore della solitudine condivisa” (29)
“[è] molto meglio cambiare persona piuttosto che cambiare una persona”
(189)
“sapevo che non mi stava usando e che mi amava, che mi amava davvero, che
sarebbe stata accanto a me in caso di bisogno, che non mi avrebbe mai fatto del
male di proposito, e forse nemmeno inconsapevolmente” (191)
“perché ti ossessiona ciò che non hai? Perché non accetti una dannata
volta che quello che non può essere, non può essere e inoltre è impossibile?”
(253)
“Tutti siamo allo stesso tempo vittime e artefici della nostra vita.
Nel bene e nel male, tutti i sentieri del possibile sono aperti al passaggio
del reale. Ma non tutti siamo così saggi da capirlo né così audaci da aprirci
la nostra strada” (263)
Lucía Etxebarria “Nosotras que no somos como las demàs” Booket euro 5,95
[in: 07/05/2010 – out: 16/07/2010]
Comprato a Granada sull’onda del
successo conferenziero. E quindi in originale per continuare la pratica di
lingua e la conoscenza di questa strana scrittrice di 44 anni. Risultato: un
libro palloso, sbagliato, piatto. Cominciamo dallo sbagliato: cosa fa la buona
Lucìa? Per un po’ scrive racconti, visto che di qualcosa bisogna campare e
fanno sempre bene. Poi (magari sull’onda del successo dei primi romanzi)
qualcuno (un editore?) gli chiede un altro romanzo. Ma l’ispirazione tarda a
venire, ed allora prendiamo tutti questi racconti, ed inventiamoci una trama
che li unisca. Ne esce fuori questo romanzo in 16 capitoli, dove entrano ed
escono le sue donne come protagoniste, quelle che “non sono come le altre”. Ma
per cercare il filo nascosto, i racconti cambiano nome, unficandosi a queste 4
protagoniste. Si perde la loro identità di racconto. Una volta capito il gioco,
ho cercato di leggerlo astraendomi dai nomi. Ci sono racconti/capitoli che
reggono ed altri che sono vacui. Tutta la parte sul versante “bondage” rimane
appiccicata senza un perché. Le parti inglesi sembrano essere prese dal
precedente “Beatriz…” lì dove non erano funzionali al romanzo, e riciclate.
Rachel verrebbe la voglia di prenderla per il naso e farla girare in tondo.
Forse è lei quella che più mi ha fatto saltare la mosca al naso. Protagonista
trasversale di quasi tutto, cambia atteggiamento di racconto in racconto. Prima
è forte, poi è fragile. Prima è ubriaca come una cucuzza, poi diventa quasi
astemia e non-smoking. L’episodio della cleptomania è poi un tentativo imbelle
di raccordare varie storie (o vari livelli di storia), con una giuntura che non
reggerebbe al primo filo d’acqua che scorre. Quindi sbagliato, o forse meglio,
raffazzonato. Di conseguenza palloso, perché privo di una vera scintilla
creativa. Non c’è un’idea forte dietro la nascita di queste quattro donne che
non sono come le altre. Forse. Ma sembrano tanto una “sex and the city” in
salsa catalana. Ho letto romanzi d’amore spagnoli più intriganti. Ho letto
storie spagnole che ti facevano girare per le strade delle cittadine assolate e
te ne facevano innamorare. Ho letto storie ambientate ad Edimburgo che ti fanno
voglia di prendere il primo aereo ed andare là. Ho letto storie erotiche che ti
facevano eccitare alla lettura. Ebbene questo voleva essere così, e non lo è.
Da qui la terza definizione di piatto. Sì, ritornano alcuni motivi forti della
scrittura della Etxebarria: le donne, il loro mondo, il loro modo di guardare
la realtà (e di questo continuo ad esserle grato, io, in quanto uomo, e quindi
incapace di vedere quella prospettiva). Ma poi ci si perde come in un bicchiere
di rum annacquato. E parlo di rum annacquato perché è il solo liquore che,
avvicinato all’acqua mi fa rivoltare. Insomma una delusione grossa. Rimane il
piacere di aver ricordato-scoperto termini poco ricorrenti nel mio spagnolo
scolastico (non si parla di sesso in conferenze e riunioni di lavoro, quindi è
utile ripassare alcuni fondamentali). Ma passerà del tempo prima di ritornare
alla lettura di Lucía.
“volviò a evitar la imagen que se incontraba en el espejo ... pero la
imagen no esta en el espejo, esta en el ojo que la mira.”
[cercò di nuovo di evitare l’immagine riflessa nello specchio … però
l’immagine non sta nello specchio, ma nell’occhio di chi guarda] (74)
“- Tu no hablas mucho verdad? - ... – Escuchar es mucho mas
interesante” [-Tu non parli molto vero? … - Ascoltare è molto più interessante]
(94)
“Las ciudades se llevan dentro,
no se huye de ellas con tanta facilidad... eso lo dijo Kavafis” [Le città sono
dentro di noi, non si fugge da loro facilmente ... così diceva Kavafis] (114)
“Iré donde tu vayas, me quedaré donde estés ... tu tierra serà mi
tierra, y tu dios mi dios” [Andrò dove tu vai, mi fermerò dove tu sarai ... la
tua terra sarà la mia terra, e il tuo Dio il mio Dio] (155)
“Elsa detesta hablar de amor
porque ha comprobado que del amor ... cada cual tiene una idea diferente y que
del amor ... siempre se espera mas nunca se esta satisfecho. ... La gente non
comprende por qué Elsa se empena a vivir sola, y hay quien afirma que non es
capaz de amar.... Y por eso a Elsa no le gusta hablar de amor, solo le
gusta praicarlo y eso en contados ocasiones” [Elsa odia parlare di amore,
perché ha provato che dell'amore ... ognuno ha una idea diversa e che dall’amore
... sempre ci si aspetta di più e non si è mai soddisfatti. ... La gente non capisce
perché Elsa si ostina a vivere da sola, e alcuni sostengono che non è capace di
amare .... è per questo che ad Elsa non piace parlare di amore, le piace
soltanto praticarlo e solo in rare occasioni] (214)
“Sabe que todos los dolores acaban por suavizarse, coincide con Wilde
en suplicarle a Dios que la libre del dolor fisico, que del moral ya se ocupara
ella” [Sa che ogni dolore finisce per diminuire, ed allora in linea con Wilde prega
Dio di liberarla dal dolore fisico che lei si occuperà del dolore morale] (232)
“le demostraba ... que habia dejado pasar una parte demasiado
importante de su vida sin hacer lo que queria hacer ni lo que disfrutaba
haciendo, condenado a vivir segun los deseos de otros” [Questo provava ... che aveva
perso troppo tempo della sua vita senza fare quello che voleva fare o le
sarebbe piaciuto fare, condannata a vivere secondo i desideri degli altri]
(261)
“Nada muere se permanece en el
recuerdo” [Niente muore, se rimane nella memoria] (381)
Essendo la prima trama del mese
riporto l’elenco dei libri letti in luglio, altro mese nella media del 12. Mese
di letture medio - basse con solo un picco per l’amato Schmitt.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Giancarlo De Cataldo
|
Nero come il cuore
|
Einaudi
|
12
|
3
|
2
|
Cormac McCarthy
|
Il guardiano del frutteto
|
Einaudi
|
12
|
2
|
3
|
Carlos Ruiz Zafon
|
Marina
|
Mondadori
|
19,50
|
3
|
4
|
Erri De Luca
|
Una nuvola come tappeto
|
Feltrinelli
|
6,50
|
3
|
5
|
Èric-Emmanuel Schmitt
|
Monsieur Ibrahim et les Fleurs du Coran
|
Magnard
|
5
|
4
|
6
|
Lucìa Etxebarria
|
Nosotras que no somos como las demàs
|
Booket
|
5,95
|
1
|
7
|
Elisabetta Bucciarelli
|
Io ti perdono
|
Kowalski
|
14
|
2
|
8
|
Laurence Cossé
|
La libreria del buon romanzo
|
E/O
|
s.p.
|
3
|
9
|
Alexander McCall Smith
|
Il piacere sottile della
pioggia
|
TEA
|
8,60
|
3
|
10
|
Ahmed Abodehman
|
La cintura
|
Epoche
|
14
|
3
|
11
|
Diego De Silva
|
La donna di scorta
|
Einaudi
|
9,50
|
3
|
12
|
Arnaldur Indriðason
|
La signora in verde
|
TEA
|
9
|
3
|
Settimana di fuoco sotto molti
punti di vista, con almeno tre congiunzioni astrali che si accavallano. Allora
mandiamo intanto un pensiero al nostro medico in trasferta, sperando che stia
ben lavorando in quel d’Africa. Le congiunzioni speriamo di scioglierle alla
prossima trama.
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