sabato 3 dicembre 2011

Bianco e Nero: cioè gli scacchi - 18 gennaio 2009

Vi eravate spaventati? Pensavate ad una lezione sullo ying e sullo yang? Invece, parliamo di libri che trattano di scacchi. Ovviamente romanzi, e non saggi. Tanti nel tempo sono stati romanzi che, in varia e diversa misura, hanno toccato l’argomento. Questi che ho letto negli ultimi tempi, pur nella loro diversità, sono di un buon interesse.
Cominciamo dai due di autore italiano, anzi da quello che più mi è piaciuto:
Paolo Maurensig “La variante di Lüneburg” Adelphi euro 7,50
Avevo sentito parlare del libro di Maurensig (vecchio ormai di una quindicina di anni) ma non ne avevo avuto l’occasione di lettura. Devo dire che mantiene le sue promesse: è un libro ben scritto, con uno svolgimento (un po’ a scatole cinesi se vogliamo) interessante. Si apre con un colpo di pistola che stronca la vita del Dottor Frisch, un facoltoso uomo d'affari tedesco. Di cosa si tratta? Omicidio? Incidente? Suicidio? La risposta è sorprendente: non si tratta d'altro che di una mossa di scacchi, l'unica rimasta per poter proseguire una partita durata decenni tra la vittima ed il suo avversario, il suo nemico giurato, la sua nemesi. Partendo dall'ultima mossa ricostruisce a ritroso passo dopo passo tutte le fasi della partita giocata dai due maestri del gioco in una versione del tutto inedita: col mondo come scacchiera e persone come pedine. Cerca inoltre di dare (o far dare) uno sguardo sul mondo degli scacchi penso senza spaesare chi poco di scacchi sa. Certo, sapere già del mito cubano Capablanca o del russo che lo sconfisse può aumentare un primo divertimento. Ma la storia è altra, legata ai personaggi che scopriamo a poco a poco. La tirata finale sa di déjà vu, ma forse è solo che di questo tipo se ne legge (o da qui se ne lesse). Forse avrei sciolto meglio (con più sapore scacchistico) i dettagli della variante. E forse avrei cercato di entrare di più nella psicologia del rimorso. Tuttavia lo ritengo un romanzo da annoverare tra i libri che ricordo con piacere. Certo il piacere può anche essere doloroso, ma è la vita, baby.
Paolo Maurensig (Gorizia, 1943) è uno scrittore italiano, approdato alla scrittura dopo aver fatto l'agente di commercio ed il riparatore di strumenti musicali antichi. Il successo letterario è arrivato nel 1993 proprio con “La variante di Lüneburg”. Il secondo romanzo, “Canone inverso” del 1996, è invece incentrato sulla musica, in una cornice mitteleuropea che è stata la base per la versione cinematografica diretta da Ricky Tognazzi.
Il secondo mi ha incuriosito, per il riferimento che portava nel titolo al mitico campione cubano:
Fabio Stassi “La rivincita di Capablanca” minimum fax euro 11,50 (in realtà, scontato euro 9,20)
Non bello ma interessante. Vien voglia di andare a vedere la vita dei grandi Maestri. Stassi scrive in modo leggibile, anche se a volte perde un po’ il ritmo. Ma la storia avvince: si comincia con il ritrovamento del cadavere di Aljechin e si finisce con la morte di Capablanca. Il tutto per raccontarne le storie parallele, anche se è il cubano a prendere il centro della scena. Il russo è visto come i pezzi neri, ombrosi e minacciosi. Il bianco domina la scena, con il suo genio istintivo, la padronanza della scena. Ricorda alla lontana I Duellanti di Ridley Scott, perché dopo un lungo incontro in cui Aljechin batte il campione del mondo cubano, Capablanca cerca per tutta la vita di avere la rivincita. E la sua vita si attorciglia e si perde intorno a questa speranza. Belli i momenti di aurea scacchistica (i circoli, i tornei mondiali, i grandi Maestri). Qualcosa meno nelle descrizioni delle epoche che trascorrono. Anche qui, come in Maurensig, senza mai citare una mossa (l’opposto del successivo Zugzwang). Ma allo scadere, piacevolmente letto.
“per i libri si era iscritto alla New York Public Library e ne saccheggiava le riserve aurifere con puntuale cadenza: un romanzo ogni tre giorni”
Il terzo è più complesso, con una vera partita citata con tute le mosse. Ma forse proprio questa complessità alla fine mi ha lasciato un po’ distante:
Ronan Bennett “Zugzwang mossa obbligata” Ponte alle grazie euro 15 (gratis da Feltrinelli+)
Veloce, scorrevole, discretamente ben fatto, da rivedere la partita a scacchi (non sono uno scacchista, ma c’è qualche mossa che mi lascia perplesso, verso la fine). San Pietroburgo, primavera del 1914: nel pieno dei fermenti che anticipano la rivoluzione, la città si prepara ad ospitare uno dei più difficili e attesi tornei di scacchi della storia. Chi vince avrà l’onore di essere ammesso alla presenza dello zar, occasione ambita da molti personaggi, per lo più oscuri e doppiogiochisti: essere nella stessa stanza dello zar è, infatti, per motivi diversi, la meta di tanti, politici, rivoluzionari, sicari e poliziotti. In un periodo in cui nessuno si fida del vicino e dell’amico, ogni cosa è vista come una minaccia, gli ebrei sono additati come pericolosi sovversivi, i bolscevichi complottano, la polizia segreta zarista detta le proprie regole incondizionate. E le partite a scacchi non si giocano solo sulla scacchiera ma in ogni strada di una raffinata, ma cupa e fredda San Pietroburgo, che fa da sfondo a un thriller storico per nulla scontato. Ci sono complotti, incontri segreti, esplosioni nel cuore della notte, false identità e falsi amici, mosse e strategie di gioco: in tutto ciò si trova coinvolto il protagonista Otto Spethmann, psicanalista di una certa fama, abituato più agli intrighi della mente che a quelli della politica. E’ un giocatore di scacchi per passione, vedovo e padre di una bella e introversa ragazza, Catherine: la sua è un’esistenza pacifica e senza ombre, che nel giro di una notte viene sconvolta. Nel gioco entrano un ispettore di polizia, tarchiato e subdolo, Lycev, un campione di scacchi traumatizzato dai suoi sensi di colpa e da mille fantasmi, Rozental, un musicista donnaiolo e salottiero, Kopelzon, e un giovane rivoluzionario fascinoso dalla doppia identità, che intreccerà una relazione con la figlia di Otto. Ognuno è legato all’altro da logiche di strategia sottile, come Anna, donna elegante e misteriosa figlia di un potentissimo politico, tormentata dal suo passato e dai legami del presente. E’ l’omicidio di un famoso direttore di giornale a muovere la prima pedina, a dar vita all’intricata partita, e a tessere ogni relazione, fino a condurre la storia e i suoi protagonisti all'inevitabile situazione di Zugzwang, dove qualsiasi mossa fa, il giocatore può solo peggiorare, subire una perdita, o addirittura uno scacco matto. Uno stato di assoluta impotenza: spalle al muro, quindi, come la situazione storica cui il mondo andava incontro, travolto dagli eventi implacabili.
Per quanto ne so Ronan Bennett (nato nel 1956) è un cattolico irlandese che, a vent’anni, viene implicato nell’omicidio di un ispettore di polizia, e poi rilasciato. Spostatosi a Londra viene arrestato per vicende legate all’IRA e passa 16 mesi in prigione, dove studia e si laurea. (A volte viene in mente Carlotto). Comincia a pubblicare romanzi ed ottiene la fama con “The Catastrophist”, dedicato alla salita al potere e poi al crollo di Patrice Lumumba, ma dedicato anche all'impossibile coniugare di amore e politica (e qui si ritrovano gli echi di Nassib). Dopo altri tentativi, esce questo Zugzwang, come un romanzo d’appendice d’altri tempi. Infatti, è pubblicato ad episodi settimanali su “The Observer”. E forse questo spiega alcune note stonate del testo. 
Torniamo ora ad immergerci negli scacchi della realtà, con le loro partite ben più complicate. Con la necessità di badare a mia madre, ricoverata e felicemente operata di calcoli. E perché no, con la voglia di badare a me stesso (il solito buon egocentrico che conoscete). 

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