venerdì 23 dicembre 2011

Dalla Germania all’Italia - 07 giugno 2009

E non si tratta di sola lettura. Nella bufera di brutto tempo germanico, grande prima dello spettacolo co-retto di Rosa. Un’ora e mezza di frizzi e lazzi molieriani in tedesco! E come sanno bene i miei due lettori, io sono ostico alla poesia e al tedesco. E non mi sorprende che ora mi si dica che il tedesco è la lingua poetica per antonomasia. Nonostante ciò, lo spettacolo è gradevole, si nota (almeno io l’ho visto) il lavoro di movimento di Rosa. Sarebbe bello portarlo in Italia (ma anche in giro per l’Europa: che battage comunitario – un autore francese recitato in tedesco da una compagnia italiana!!!!).
Ma poi si torna in Italia, ed avrei voluto parlare di poesie o di teatro, ma torno invece a parlare di autori italiani, di giovane e vecchia assiduità.
Cominciamo dal più giovane e meno logorato.
Francesco Ceccamea “Silenzi vietati” Avagliano editore euro 13 (in realtà, scontato 10,40 €)
Un po’ irrisolto, ma abbastanza gradevole, con alcuni spunti di buona ilarità. La storia della propria vita, quella del buon Francesco, raccontato attraverso un racconto che una volta sarebbe stato epistolare, ma che ora si svolge sul filo della posta elettronica. Con questo racconto a senso unico, di cui vediamo il lato Francesco ed intuiamo il lato della vita vera. Vita di un aspirante scrittore, che intanto fa il segretario in uno studio di analisi chimiche dopo aver fatto mille mestieri, compreso il becchino. E lo seguiamo nella sua paranoia nei rapporti con gli altri, e soprattutto con l’altro sesso, amato-odiato. Nella costruzione del suo mondo familiare, soprattutto verso l’amata madre. Bello il sottofinale dove sottopone i suoi genitori ad un’intervista incrociata, da dove ne emergono in filigrana le bontà e le malvagità. Ben reso anche il rapporto con lo psicologo, anche se questi sembra un po’ troppo interventista. Invece di ascoltare e rimandare, propone e costruisce. Non sappiamo (almeno per ora) come andrà questa costruzione, se riuscirà a dichiararsi alla ragazza già fidanzata. Né sappiamo altro del suo rapporto con il ricevente delle mail, il Massimo Onofri, mentore del ragazzo ai tempi del liceo. Alla fine, come rivelato all’inizio, qualcosa non viene dipanata dal trentenne Francesco, ma la lettura è scorrevole, si arriva verso la fine senza troppa stanchezza. Cosa non da poco di questi tempi.
“l’idea di leggere mi piace, e mi piace di più comprare libri, e poi non leggerli” (15)
“le donne sono come gli uomini. O almeno credo. Sono complesse quanto noi, solo che prima lo nascondevano” (63)
“adoro le bambine… e piaccio loro, non so perché, fino a verso i sei anni, poi mi dimenticano e diventano le imperscrutabili giovinette che tanto temo” (70)
“io ho paura delle donne. Ho paura, anche se le amo. Non so se si possa aver paura di ciò che più si ama. Non saprei amare le padelle senza manico, solo averne un terrore smisurato, perché, al pari delle donne, non le capisco proprio.” (70)
“ho preso a lungo in seria considerazione di diventare ginecologo, per lo meno avrei visto un po’ di fica, ma poi non ricordo dove ho letto che una donna, quando va a farsi visitare dal ginecologo, a tutto pensa tranne che al sesso, al di là delle barzellette e dei film di Tinto Brass” (80)
“forse spero di trovare qualcuno che capisca che ho bisogno di aiuto” (88)
“quando incontro una ragazza che mi piace io ho paura di fraintendere, di cogliere un interessamento dove interesse non c’è. E questo perché mi è capitato un sacco di volte di farmi un film tutto da solo” (102)
“c’è un antico detto indiano che dice più o meno così: ‘Quando si è da soli a sognare è un sogno, ma quando si è in due a sognare si è già nella realtà” (129)
“[dovrei] avvertire quella ragazza a cosa va incontro se [mi] dice di si: e cioè alla serata più allucinante della sua vita … Nel mio mondo … ho coltivato delle illusioni, ho creduto che fosse possibile avere una donna, anche senza dover far finta di essere ciò che non sono, cioè un tipo normale che trova assolutamente normale chiedere ad una ragazza di uscire con lui” (145-146)
Veniamo poi invece ad uno con più esperienza e libri alle spalle. Non lo conoscevo ma dopo averne letto questi due, mi sembra che se ne possano leggere altri.
Alessandro Perissinotto “Una piccola storia ignobile” SuperPocket euro 5,60 (in realtà, scontato euro 4,48)
Alla fine meno scontato di quanto sembra. La scrittura è scorrevole, mi ha fatto appassionare alla vita di Anna Pavesi, psicologa disoccupata che per caso si trova a fare il detective. Inserita a forza nella ricerca di un cadavere sparito, per poi a poco a poco anche in modo ingenuo da non investigatrice, trovare cosa si cela dietro tutto questo velo. Passando di paure in delusioni, di gioie in momenti di serenità, per sbando lare la matassa di una piccola storia ignobile. Ma qui non c’entra la gucciniana memoria, se non perché la storia è piccola e coinvolge la gente normale di quei paesi dell’ate milanese (Lambrate, Vimercate, Novedrate, e via dicendo). Passando per alcune descrizioni di Bergamo che mi fanno domandare se forse non vada la pena di vederla, anche questa strana città del mio amico Federico. Alla fine forse la storia in sé si regge poco, anzi risulta un po’ scontata, ma la psicologa mi piace, mi piace la sua gatta, ed il suo ritrovarsi con uomini a condividere brandelli di felicità. In fondo sempre lì si finisce. Siamo soli, e forse va bene così. Ma è bello riuscire a condividere alcuni momenti della propria vita. Così come diceva il mio amato Maalouf, per fare dei tratti di strada in comune. Non si sa da dove si viene né dove si va. Ma lì (o qui) è bello stare. Anche se può riaprire antiche ferite. Come il far di nuovo l’amore con una persona che ci si è lasciata alle spalle, capendo che in quel momento si può stare bene. Ma capendo anche che è proprio alle spalle, che non farà più parte del nostro progetto. E se ci si è lasciati, non è stato un capriccio, ma una conseguenza del nostro essere. Mi sa che devo trovarne altri di libri di Perissinotto.
“…ti trovi in una situazione che sembra per forza portare al sesso. Sei lontano da casa… e nasce una complicità, un desiderio reciproco al quale non puoi resistere; anche se lo sai che il giorno dopo non rimarrà più nulla. Anzi, lo fai proprio perché sei sicuro che non resteranno strascichi….”
Alessandro Perissinotto “Treno 8017” Sellerio euro 10 (in realtà, scontato € 8)
Avevo già detto che mi sembrava una bella scrittura, che dovevo leggerne ancora. Lo confermo. Forse una fine un po’ affrettata, ma se ne può parlare. Ma prima di arrivare alla fine, un bell’affresco dell’Italia del dopo-guerra. Con tutti quelli che alla fine si trovano emarginati, solo per essere stati modestamente uguali a sé stessi. Una bella tirata contro l’arroganza e l’arrivismo, e ci sta tutta. La storia è un po’ un pretesto, si dipana a mo’ di giallo, ma senza che ci sia molto da indagare (o meglio, ci sarebbe, ma è abbastanza scontato il lato poliziesco, anche se intrigante). Il bello è camminare per questa Italia in ricostruzione, sui treni di terza classe per Usmate (ci sarà ancora la stazione? E siamo sempre nell’ate dell’altro romanzo). La Napoli del sottosuolo, e poi si torna sempre lì, nella Bergamo dell’autore (mi sa che ci si dovrà andare, prima o poi). D’affetto il mio rapporto con il protagonista Adelmo (avendo una nonna di nome Adelma, si capisce), proprio perché normale. Accetta quello che viene, disposto a non essere, piuttosto che piegarsi a mostrare. Così come non si piega Irene. Due non colpevoli, anche se non innocenti. Ma tra i due termini ci corre tanta storia. Così come sfioriamo la storia che succede nell’Italia del ’43, tra una guerra che c’è ed una miseria quotidiana con cui fare sempre i conti. Il libro ripercorre romanzato la strage di Balvano, ma per parlare d’altro (in fondo quella sempre esserci stata più per incuria che per altro). Ecco, la fine si diceva è un po’ di fretta. Il colpevole c’è, si vede e tutta la vicenda arriva al suo nocciolo, ma mentre si stava bene sulle littorine, alla fine sembra di salire su un Freccia Rossa Alta Velocità. Forse, meglio i vecchi vagoni con i sedili in legno.
“ma come si fa a fare il turista? Fare il turista è un’arte; bisogna esserci nati; essere inglesi, o almeno ricchi, da generazioni” (95)
Infine, essendo la prima trama del mese, vi porto i libri di marzo, ove si torna a poco a poco a ritmi più antichi di lettura. Sarà la vicinanza della Pasqua o la lontananza dell’Epifania?

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
1
Grazia Verasani
Velocemente da nessuna parte
Repubblica Noir
7,90
2
Elizabeth George
Cercando nel buio
SuperPocket
5,90
3
Andrea Camilleri
Il campo del vasaio
Sellerio
s.p.
4
Gianluca Morozzi
L’era del porco
TEA
8,60
5
Clive Cussler Paul Kemprecos
Morte bianca
TEA
8,60
6
Jacques Prévert
Poesie d’amore e libertà
Guanda
s.p.
7
Elizabeth George
Nessun testimone
TEA
9
8
Robert Louis Stevenson
Elogio dell’ozio
La vita felice
6,50
9
Milena Agus
Mal di pietre
Nottetempo
13
10
Margaret Mazzantini
Venuto al mondo
Mondadori
s.p.
11
Ismail Kadaré
La figlia di Agamennone
Longanesi
13
12
Irene Némirovsky
Il colore del sangue
Adelphi
11
13
Carola Susani
L’infanzia è un terremoto
Laterza
9
L’estate si avvicina. Ed i viaggi? Per ora tutto tace.

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