giovedì 22 dicembre 2011

Dell’Islam e dintorni - 30 maggio 2009

Con un giorno d’anticipo dovuto a questo interludio tedesco-berlinese inframmezzato dallo spettacolo di Rosa, torno, dopo tanto tempo, a parlare di scrittori che trattano di cose arabe. Anche se la terna di questa settimana è ben composita. Uno scrittore algerino molto datato al suo primo romanzo, un italiano che parla di Algeria, ma di quella dei “pirati”, una svedese che ci fa piombare nell’Afghanistan del dopo 11 settembre. Diversi modi di affrontare l’arabismo. Certo, Dib è l’unico che lo fa dall’interno. Anche se questo suo primo romanzo, ore ri-edito, fu pubblicato prima che io nascessi.
Mohammed Dib “La casa grande” Feltrinelli euro 6,50 (in realtà 5,20 scontato)
Molto “datato e storico”. È il primo romanzo di Dib, scritto sui 30 anni intorno al 1952. L’autore cerca di narrare dell’Algeria sua contemporanea, partendo dalle vicende della famiglia del protagonista, il bimbo Omar, alla vigilia della seconda guerra mondiale. La fame è l’elemento centrale di tutto il romanzo, tutto si fa per la fame. Si lavora per guadagnare due soldi per comprare la farina per fare il pane. E non c’è tempo per fare e pensare ad altro. Si dipingono le altre figure: la madre Aini, dura ma in fondo dolce con i parenti, le sorelle, Hamid l’agitatore, e le donne tutte della Casa Grande di Temlcen. Ma ora inizia la guerra, forse ci saranno nuove prospettive, ed Omar sorride nel grande pranzo finale che chiude il romanzo (e che prelude agli altri che ne faranno seguito). Scrittura naturalista alla Zola. Ma in controluce, ogni personaggio ed ogni azione traluce le vicende del suo paese. Casa = Patria. Madre = algerini sottomessi. Hamid = algerini ribelli. Omar = il popolo che mano a mano acquista coscienza. Certo un piccolo acquarello, toccante nella sua storicità. Ma ora un po’ fuori paese. Difficile da capire se non si è visto un po’ di Algeria.
“abbiamo preso l’abitudine di vivere e non vogliamo più cambiare questa abitudine”
“trovavano strano che un uomo leggesse dei libri”
Nato nel 1920, a trent'anni cominciò la sua prima saga sul mondo algerino, per poi continuare a scrivere sino alla morte nel 2003. 
Come secondo affrontiamo il poliedrico Carlotto, anche lui ci parla dell’Algeria, ma facendo un bel salto all’indietro nel tempo.
Massimo Carlotto “Cristiani di Allah (libro e CD)” E/O euro 19,50 (in realtà, scontato 15,60)
Interessante. La storia dei corsari di Algeri (mi raccomando non pirati), del loro essere stati cristiani, per poi passare all’islam (e si vedrà perché). Operazione complessa, legata anche alla produzione di un CD con alcuni brani degni, come a fare una colonna sonora epica e d’epoca al racconto. All’inizio avevo pensato quasi ad un saggio, ma non lo è, anche se ben documenta un andamento storico ben preciso. La vita di Algeri, nell’attimo d’apice della sottomissione dell’islam ai turchi dominatori. L’utilizzo quindi di corsari (guerriglieri marini ante litteram) che rifornivano le casse dell’impero con le loro imprese (come detto non pirati che pensavano solo al proprio tornaconto personale). E bella ed intrigante la storia degli omosessuali che per nascondersi (o per manifestarsi in modo diverso) trovano il loro mondo rinnegando quello di nascita e trovandosi a vivere sotto le ali di Allah. Storia complessa, di piccoli intrighi, di sguardi, ma anche di bravate mache, e di amore, grande e profondo. Come quello dell’albanese Reduane con il germanico Othmane. Un po’ debole la parte finale, con il canto della donna che viene a lenire il dolore, ma che, per la sua bellezza (di canto) non potrà fare altro che ricordare per sempre quel dolore. Bell’operazione nel complesso, anche se, ma forse mi ripeto, io preferisco sempre il Carlotto dell’Alligatore.
Finiamo con l’unica donna della triade, l’ottima giornalista di guerra norvegese ed il suo a suo tempo acclamato libraio.
Åsne Seierstad “Il libraio di Kabul” BUR euro 8,60 (in realtà, scontato 5,88 euro)
Ci voleva una norvegese per tornare a sentire qualcosa sul mondo arabo che non sia troppo di routine? O troppo indulgente o troppo aliena. Qui invece, usando un buon mestiere di scrittura la Seierstad riesce a portarti nell’universo afghano ed a fartelo sentire. Con tutte le sue contraddizioni. Si entra con facilità nel mondo del libraio Sultan Khan, passando man mano dalle prime pagine di ammirazione alle ultime di rabbia impotente. La sua scrittura ci fa facilmente entrare (con tutte le mediazioni di un occhio occidentale) all’interno di un non facilmente decrittabile mondo. Dove valori e concetti che lo governano per noi risultano altri, inconcepibili, in una parola, alieni. Belli i momenti dove si sente con mano il sorgere del conflitto tra l’occidentalizzazione e l’Islam tradizione. L’interessante è tra l’altro vedere come il non schierato intellettuale Sultan Khan, che ha molto sofferto sotto i regimi precedenti la liberazione, non è poi così differente da tutti gli altri afghani, in particolare nel modo vetero-islamico di trattare la donna. Un pensiero finale: com’è difficile essere coerenti quando, liberati dalle costrizioni, possiamo scegliere.
“posa la tua bocca sulla mia / ma lascia libera la mia lingua per parlare d’amore (poeta afghano)” (57)
“… non è abituata a lottare per qualcosa, al contrario, è abituata a rinunciare. Ma un modo dev’esserci. Deve solo trovarlo” (222)
Allora, buona immersione nel mondo arabofono, e tanti auguri a forseluca senza forse che proprio il 27 di questo mese ha visto la luce (data cabalistica 27 maggio 2009 con 2 meno 7 che porta a 5 – maggio – e 2 più 7 che porta al 9 di quest’anno e tanti altri intrighi numerici che vi spiegherò un’altra volta).
E spero di potervi parlare la prossima volta anche di Georges Dandin.

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