domenica 11 dicembre 2011

Morozzeide - 15 marzo 2009

Sì perché questa settimana mi concentro su di un solo autore. La settimana è stata dura, piena di arrivi e di partenze. Inoltre ha visto il partorire anche la quarta edizione del corso per detenuti sulle tematiche “Umano/disumano”, e non è stato un parto semplice.
Allora mi fermo su di un solo autore, di cui nel corso degli ultimi 11 mesi ho letto tre libri che quindi qui riporto, in ordine di lettura.
Dell’autore poi, parliamo subito, trattandosi del bolognese Gianluca Morozzi, e visto anche che da poco ha festeggiato il compleanno (38 anni l’11 marzo). Bolognese, scrittore e musicista, tre caratteristiche che compaiono come costanti nei libri che di lui ho letto. 
Veniamo, adunque, alle letture.
Gianluca Morozzi “Despero” Guanda euro 10
Il primo che ho letto. Bello, mi è piaciuto, mi ha divertito. Qualche debito verso la scrittura alla Nick Hornby, ma glielo concedo. E poi una grande Bologna, con i suoi sapori, colori, suoni e luci. Una voglia ed un’incapacità di crescere. Allegro anche quando è triste. Questo romanzo racconta la storia di Kabra, il peggior chitarrista del mondo, e dei suoi due grandi amori: i Despero (la sua band) e Sarah, la ragazza che ama in segreto per dodici anni. Dodici anni di furori rock e sconforti sentimentali, concerti disastrosi e speranze disilluse, fino all'inevitabile conclusione. Dodici anni di amore e chitarre, sullo sfondo di una Bologna che cambia, dal 1988 ai giorni nostri, anni di rock scalcinato e amore platonico, con i Despero a calcare palchi improbabili e ad azzuffarsi con la band rivale degli Zeronero, e il tenero Kabra a scrivere lettere mai spedite per Sarah. Ho amato l’ironia e poi è infarcito di citazioni musicali, di rock duro, della vita dura dei reietti ai limiti della sopravvivenza perché portano avanti il loro credo: in questo caso suonare, suonare e suonare.
“è maglio aver amato e perduto che non aver amato per niente”
Gianluca Morozzi “Blackout” TEA euro 7,80
Questo il romanzo dell’acclamazione di Morozzi come autore solido, ed, in effetti, ha un suo fascino. Soprattutto nella costruzione e nella prima parte. In un torrido ferragosto bolognese, tre persone entrano insieme nell'ascensore di un palazzo di venti piani, una grande torre bianca che svetta su un quartiere popolare. Di colpo si spengono le luci, e i tre si ritrovano intrappolati tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. Claudia studentessa omosessuale costretta a fare la cameriera in un bar stretta in un’improbabile divisa sexy kitch, Tomas ragazzetto tenero e idealista che ha appena conosciuto la fidanzatina della sua vita conosciuta in una chat di un sito dei Pearl Jam e si appresta a coronare l’unione con una fuga d’amore ad Amsterdam e infine Aldo Ferro  proprietario di tre noti locali, marito e padre esemplare, preda però della propria produzione di testosterone in eccesso e di troppi film americani sul tema serial killer. Tuttavia il sottofinale ed il finale “tirano un po’ via”, anche se ci possono stare. Non è proprio da buttare via. Poi, sono apprezzabili al solito tutte le citazioni musicali, come la ricorrente frase finale di Thunder Road (vero Loredana?). Comunque preferisco il primo.
Gianluca Morozzi “L’era del porco” TEA 8,60 (in realtà, scontato a 5,90 euro)
Sulla falsariga di Despero. Alcuni momenti di sorriso, ma un po’ ripetitivo. Come tutti gli autori di un buon livello, ma non fuori dall’ordinario, tende quindi a ripercorrere strade note. Quindi di nuovo, band musicali e sottofondi bolognesi, con qualche caratterizzazione in più, e forse con qualche anno in più sulle spalle dei protagonisti rispetto al primo libro. Alcune invenzioni nuove, tipo l’aspirare a diventare scrittore, che un po’ sembra auto biografare i percorsi dello stesso autore (e di tanti aspiranti scrittori). Anche qui c’è sempre la donna irraggiungibile dello sfortunato protagonista. Ma tutto è di legno un po’ più grezzo. Il sesso diventa più duro, a volte disperato. E le sbornie più estranianti. Piace il modo leggero con cui fioccano le battute, anche se non graffiano molto. Tuttavia, si fanno sorrisi piacevoli. E poi si finisce così, un po’ perché la storia ha detto tutto, un po’ perché si spera di trovare altre storie con Lajos (qualcuno si domanda perché ha un’iride bicolore come Morozzi?), lo sfigato Lobo, la passionale Betty, e soprattutto il mitico Orrido. Rimango abbarbicato al piacere del primo, anche se questo mi è scorso via facilmente, pur in un periodo di non facili tempi di lettura.
Fa sempre piacere vedere gli sforzi premiati di autori che anche se non buttano giù capolavori, bene o male ci aiutano a guardare nel mondo che viviamo.
Poi, niente di meglio che parlare di un bolognese mentre si sta a Bologna.

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