lunedì 19 dicembre 2011

E poi si ritorna in Italia - 10 maggio 2009

Avendo felicemente passato un altro (comple)anno dalle tende maure della scorsa settimana, torniamo a parlare di autori italiani, con delle prove oneste, da cui speravo, per titoli e quarte di copertina, uscisse qualcosa di meglio. Non che siano prove da cestinare, anzi, ma, come si leggerà, speravo di più. D’altro canto, direte miei Voi che state là, chi è che non spera di più?
Cominciamo allora con l’unico di cui già si lesse.
Domenico Seminerio “Il manoscritto di Shakespeare” Sellerio euro 13 (in realtà, scontato 10,40 euro)
Pensavo e speravo meglio. Qualcosa, ma non sono convinto della scrittura, così come non lo era nel primo libro di Seminerio che ho letto. L’idea mi piace, è ancora stimolante. Chi era veramente Shakespeare? Ci sono coincidenze che ne potrebbero fare un italiano, a limite un siciliano, tal Florio (perché ambientare una commedia a Messina?). Il libro si barcamena tra questi due registri. Portare piccoli brandelli alla costruzione dello Shakespeare-Florio e girare intorno alle prove rubate di questa identità. A quel manoscritto che potrebbe definitivamente dimostrare la tesi sconvolgente. Ma tutto si ingarbuglia, sempre per il benedetto vizio di voler dire tanto, forse troppo. Di mettere troppe frecce allo stesso arco. E questo modo narrativo, del tutto alla terza persona, senza dialoghi diretti, alla fine è un po’ faticoso. Anzi artificiale. Riviene anche fuori il carattere “siciliano”, con i suoi stereotipi. Lo scrittore bravo che insegna al liceo, il maresciallo colto, la mafia (o meglio “la famiglia” ed il benessere delle sue persone). Questa è la parte debole, che cerca di dire troppo. Meglio il povero illuso che per tutta la vita si muove dietro alla speranza di trovare qualcosa per cui sarà ricordato. L’immortalità dedicata alla demistificazione del mito shakespeariano. Ripeto pensavo più vicino alla descrizione della sicilianità dello scrittore inglese. Questa si intrigante base di un narrare non usuale (anche se pare ci siano altri libri che lo hanno fatto). Alla fine, ho fatto fatico a leggere le 300 pagine, segno che non ne ero convinto/coinvolto fino in fondo.
“per essere ottimista basta avere una fede, una qualsiasi, sia essa religiosa o politica, o economica o sportiva o teatrale o letteraria, persino”
“e se quando muoio me ne vado in paradiso, se non ci trovo te, neanche ci entro. [Dalla Cavalleria Rusticana]”
“lei… gli diceva che c’è grande differenza tra amare e volere bene. L’amare è quello dei sensi, la passione che ti sconvolge; il voler bene è quello del cuore, il sentimento. Si può amare e non voler bene, e viceversa”
“quanto è meglio piangere di gioia che gioire del pianto. [Da Molto rumore per nulla]”
Dalla Sicilia risaliamo alla Toscana.
Francesco Recami “Il correttore di bozze” Sellerio euro 12 (in realtà, euro 9,60 scontato)
Pensavo meglio. Un po’ irrisolto. Il correttore come metafora. La scrittura mi è piaciuta, in fondo. Questo entrare ed uscire da più piani narrativi: il correttore, il libro da correggere, l’autore che sembra intervenire. Questo poi cercando di confondere le acque, facendo apparire che qualcosa possa succedere. Però, purtroppo, non succede. Ed alla fine, che immane tristezza, questa dell’essere solo a leggere per entrare nella parola dell’autore. Questo capirne i trucchi e non esserne abbagliato (il disincanto di chi molto ha letto, ma che molto vuole ancora leggere). Alla fine, tanta tristezza, perché il correttore è e sarà sempre un gregario che può correggere la forma, ma che non ha la scintilla per essere dall’altra parte della pagina stampata, di quella così detta creativa. L’irrisolto mi viene da tutta questa carne, che messa così al fuoco poteva portare a lungo, a fondo in altre vertigini di lettura. Magari a ritrovare tutti i fili sparsi qua e là lungo le pagine. Certo, mi si dice che spesso la vita è così, un po’ sospesa. Che spesso non tutto si riesce a portare a compimento. Ma questa è la vita e quello è un libro. O no? Ma ne consiglio vivamente la lettura, sperando che capiti anche a voi lo spaesamento e l’emozione, dopo un po’ di pagine, di saltare sulla sedia quando Lucilla si accorge di avere un “carattere di meda” (tra virgolette perché così c’è scritto nella bozza…).
“coloro che sottolineano o evidenziano i libri, siano essi presi a prestito, i libri, ma io direi anche se sono di loro proprietà, dovrebbero essere arrestati, puniti severamente. E pene severe ci dovrebbero essere per quelli che i libri li spiegazzano, li scartabellano, li ungono.”
Finiamo poi, sempre e comunque al centro nella mia amata Roma.
Errico Buonanno “L’accademia Pessoa” Einaudi euro 10 (in realtà, gratis con Feltrinelli +)
Alcuni buoni spunti di romanzo “en abime”, alcuni momenti di vicinità con Reccami, altri punti irrisolti e/o irrisolvibili. Nel complesso un sufficiente scritto che stimola un po’ il cervello, anche se non il cuore. Come un algido Baricco, senza il fuoco della passione. Certo è che i libri che parlano di libri sono per me un’attrazione fatale. Qui, inoltre, l’idea non è male: una confraternita che (senza dirselo, o confessarlo) scrive raccordi tra i classici di modo che Pinocchio altro non sia che la continuazione dei Promessi Sposi e questo la continuazione del Don Chisciotte, o del Conte di Montecristo e così via creando una specie di biblioteca borgesiana, ma creando anche un “mostro” che per poter vivere deve alla fine distruggere i propri creatori. A volte sembra una trama gialla e ci si aspetta di trovare colpevoli, moventi e spiegazioni annesse. Poi si riflette e si scopra che il nome del protagonista (nano fuggito dal Marocco) non è altro che quello riportato da Cervantes come scrittore originario del Chisciotte di cui lui non fa che la traduzione in spagnolo. Alla fine, tanta la carne al fuoco. Irruenta e piena di buone intenzioni, ma a volte val meglio passare un po’ di tempo (anche tanto) tra piatti macrobiotici.
“scrivere è brutto ma … noi non riusciamo a farne a meno, perché … l’arte è la prova che la vita non basta; perché c’è una felicità segreta nel complicarsi l’esistenza che, come tutte le felicità più pure, non vuole essere spiegata”
Ed allora, dove aver per l’ottava volta compiuto sette anni, non è certo questo il momento di fare bilanci. In fondo poco si chiede ad un bambino, basta non far capricci. Si spera soltanto che sia il momento dello sblocco, si passa da bimbi ad adolescenti, e forse si ricomincia a viaggiare.
In questa giornata della mamma, poi, un bacio speciale a tutte le mie amiche mamme.
Ma visto che sono generoso, ed è Domenica ma non Domenico, un bacio a tutti.

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