domenica 18 dicembre 2011

Oggi si torna all’oggi - 3 maggio 2009

Questa settimana tre autori moderni, ancora viventi, e senza troppo giallo intorno. Tre lingue e tre scritture diverse: un’inglese molto british, uno spagnolo molto cubano, ed un tedesco molto crucco. Anche se ve li propongo ora, li ho letti a cavallo della Mauritania, ma sono quanto di più lontano da quegli spazi aperti. Anche se il tedesco fa venire voglia di muoversi. Ma andiamo con ordine. Sotto le tende maure ho letto:
Alan Bennett “La sovrana lettrice” Adelphi s.p. (regalo)
Se non me lo regalava non lo leggevo, credo, perché mi ero innervosito con “La visita guidata”. Invece è carino, scorrevole, ed è stato oggetto di pubblica lettura serale in Mauritania, a mo’ di surrogato televisivo. Il titolo italiano cerca di riprodurre il gioco di parole inglese, anche se con poca efficacia (qui si gioca sul termine sovrano, spesso usato per mettere il lettore al di sopra dell’autore, lì, dove il titolo era “The uncommon reader”, sul lettore comune, che si nutre di bassa lettura, e sul non-comune della lettrice specifica). Si gioca, come altrove, sull’ironia e lo spaesamento. Questa Maestà, che per bizzarria del caso, si immerge nei libri, creando lo sconcerto prima e lo scompiglio poi, nel programmato mondo della regalità britannica. Ma leggere produce pensiero, se lo si fa con la testa. Ed i pensieri non possono che scardinare il protocollo reale, dedito alla più pura facciata. In controluce, vedo altre scene in cui l’apparire ha completamente tolto il posto all’essere. Quanto sarebbe bello che anche questo nostro apparire venisse buttato all’aria da un sano ritorno al leggere, cioè al pensare. Cioè, in definitiva, all’agire per un bene comune, non per un egocentrismo narcisistico. Il libro è corto e veloce, e mi riconcilia con il Bennett che conoscevo, quello del bellissimo e fulminante “Nudi e crudi”.
“l’attrattiva della letteratura … consisteva nella sua indifferenza… i libri se ne infischiavano di chi li leggeva, loro stavano bene lo stesso”
“era meglio incontrare gli autori dentro le pagine dei romanzi, creature dell’immaginazione del lettore come i personaggi”
“io guardo le cose in prospettiva, come del resto ho sempre fatto. A ottant’anni le cose non succedono, si ripetono”
Il secondo l’ho letto in un baleno nel letto di dolore di una dissenteria post-viaggio.
Leonardo Padura Fuentes “Addio Hemingway” Il Saggiatore 9 (in realtà scontato 7,20 euro)
Non si fa, ma comincio con la critica: non al libro, ma all’operazione editoriale. Non va bene vendere un libro dove nel titolo e nella quarta si parla di un romanzo, e poi ti trovi due racconti, il secondo del quale non si trova citato da nessuna parte, neanche in un misero indice finale. Con lo spaesamento che entrambi hanno per protagonista il detective Mario Conde. Ma quello del titolo è un Conde posteriore, uscito dalla polizia per motivi di scrittura. Mentre il secondo racconto ce lo presenta ancora in forza alla polizia cubana. Comunque, devo aver letto del Conde qualche vita fa, mi ricorda qualcosa. Il racconto su Hemingway, in ogni caso, è bello anche se non avvincente. Cerca di tratteggiare da cubano la vita dello scrittore che tanto tempo passo sull’isola, senza forse capire bene i cubani stessi. Certo c’è un cadavere, e la ricerca di un assassino, anche se di quarant’anni fa. Ma il centro è lo scrittore, con il suo non accettare la decadenza del fisico e della mente. E con i suoi amici cubani, tra cui emerge la figura dell’integerrimo Ruperto che preferisce la povertà allo sfruttamento del nome dell’amico. Il Conde, ora anche lui tentato dalla scrittura, deve fare i conti con questo vecchio che oltre ad essere un grande scrittore, era un uomo sfaccettato, a volte anche meschino nell’umiliare i deboli, anche se scrittori anche loro (bello il pezzo su Dos Passos). Si faranno i conti con tutto ciò. E il Conde potrà dire addio a questa ossessione, che lo aveva preso sin da bambino quando salutò Papa Hemingway sul molo, e tornare ad vivere la sua vita. Poi si fa un salto di 10 anni indietro e si passa ad un’indagine nel quartiere cinese de l’Havana. Qui bella è l’ambientazione in questo luogo che non ti aspetti esistere. La storia è poverina, la morte di un povero cinese, che poi si scopre essere più importante di quello che sembrava, e dei motivi della sua morte. E l’intreccio di amicizie e parentele cinesi, che costringono anche a fare i conti con i cattivi. Che sono cattivi ma non cinesi cattivi. Sono cattivi perché il cattivo è già una categoria a sé. Anche il cinese è una categoria, laddove si rinchiude e non si integra nella vita del posto in cui si stabilisce. Alla fine però la storia ne esce lenta, poco avvincente, e propria da raccontino. Una prova sbilenca, che merita un appello per il bravo Fuentes.
“cominciò a convincersi che molte delle domande che si sarebbe posto da quel momento in poi sarebbero rimaste senza risposta, ma lo rasserenò ricordare che qualcosa del genere gli era già successo con molte altre domande che si era trascinato in lungo e in largo per tutta la vita, fino a quando non aveva accettato la perfida evidenza di dover vivere con più dubbi che certezze.”
“a questo servono gli amici, a ricordarsi a vicenda”
Il terzo invece viene dalla baraonda dei giorni della mamma malata e ricoverata.
Daniel Kehlmann “La misura del mondo” Feltrinelli euro 8 (in realtà, 6,40 scontato)
Questo mi è piaciuto di più del primo (ricordo “è tutta una finzione"). La storia parallela di von Humboldt e Gauss è ben trattata. Certo non è quel capolavoro di filosofia che vuole la quarta di copertina. Ma si fa leggere. In fondo non è una vera e propria storia. A capitoli alterni ripercorre la vita dei due grandi tedeschi, fino a raccontare del loro (forse vero) incontro a Berlino nel 1826. Due personaggi che, in ambiti diversi, hanno cercato di misurare il mondo. Chi attraverso i numeri e le loro proprietà (la testa), chi girando per le nuove terre alla ricerca di animali, vegetali, minerali e quanto possa servire a descrivere l’ignoto in cui viviamo (il corpo). Come sottoprodotto non banale, poi, Humboldt serve a simbolo del rapporto tra fratelli (che si lasciano, si riprendono, sono in ogni caso vicini anche se lontani fisicamente e intellettualmente). Mentre Gauss ripercorre i rapporti padre-figlio (in special modo tra padre genio e figlio normale e sul come sia difficile accettare gli altri se sono diversi da sé; mi tornano in mente le discussioni sull’intelligenza globale rispetto ad una normale ed ahi quanto migliore empatia). Ripeto, nessun capolavoro di disquisizioni filosofiche sull’esistere, ma riflessioni queste sì sul nostro stare in questo ingarbugliato mondo.
“disse che … lui voleva viaggiare… è un desiderio che provano in tanti… e tutti se ne pentono. Perché? Perché non si ritorna mai”
“i ricordi… non riportano una data. Le cose si conservano nella memoria e solo con la riflessione una persona riesce a sistemarle in un ordine temporale”
“i numeri non sottraggono una persona dalla realtà, al contrario, gliela rendono più che mai chiara e manifesta”
“l’indovino reclinò il capo. Disse che niente è sicuro. Può venire così o così. Ognuno è artefice del proprio destino. Chi mai conosce il futuro!”
“chi viaggia in posti lontani, disse, apprende molte cose. Qualcuna anche su se stesso”
“qualche volta bisogna accettare di non poter aiutare le persone.”
Essendo la prima domenica del mese, mettiamo anche l’elenco delle letture di febbraio, anche qui con un andamento da canicola piuttosto che da camino.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
1
Pete Dexter
Un affare di famiglia
Einaudi
12
2
Francesco Recami
Il correttore di bozze
Sellerio
12
3
Amos Oz
Una storia d’amore e di tenebra
Feltrinelli
s.p.
4
Errico Buonanno
L’accademia Pessoa
Einaudi
10
5
Isabella Allende
Ines dell’anima mia
Feltrinelli
8,50
6
Massimo Carlotto
Cristiani di Allah
E/O
19,50
7
Henning Mankell
Il ritorno del maestro di danza
SuperPocket
5,90

Vogliamo parlare della prossima settimana? Forse è meglio tacere. Forse è meglio tornare a sognare.

Nessun commento:

Posta un commento