domenica 4 dicembre 2011

Un’altra razione di Corti - 25 gennaio 2009

Questa settimana riprendiamo i libricini di cui si parlò l’anno scorso, i racconti estivi allegati al Corriere della Sera: i Corti di Carta. Quattro racconti molto eterogenei, con un Fabio Volo che ha scritto con la sinistra, mentre la Vinci e Di Stefano sono di un livello interessante e coinvolgente. Forse sono troppi i più di 20 corti pubblicati, così come troppi erano quelli pubblicati in inglese da Repubblica (ma se ne riparlerà).
Andiamo allora in ordine di gradimento.
Fabio Volo “La mela rossa” Corti di Carta euro 3,50
Questo direi è un corto in tono minore. Da una parte c’è la scrittura di Volo, che ho imparato a conoscere e che va bene così, calma, senza troppi voli (scusate il bisticcio). Dall’altra un tentativo che non mi convince. Quando un autore cerca di dar vita alla voce di un personaggio dell’altro sesso, è difficile ottenere risultati soddisfacenti. Certo, in casi di più lungo respiro si trova la misura (penso a Striano e la marchesa Eleonora). Oppure, in momenti anche più brevi si arriva ad un tocco di verità profonda (pensa alla casalinga di Carlotto). Qui, Volo da voce ad una donna, ma è sempre lui che parla. Le sensazioni amorose di una donna sono allora interpretate con le sue nevrosi, con le sue manie. Siamo ben lontani dalla Giraud e dalla sua angoscia, pur se il tema è parallelo. Rispetto ad altri Corti, si trova nel plotone di fondo insieme a De Crescenzo.
Passiamo alla torinese, più espressiva in altre prove.
Paola Mastrocola “La narice del coniglio” Corti di Carta euro 3,50
La sua scrittura sempre mi affascina con il suo andamento piano ma coinvolgente. L’impianto, però, mi sembra sempre ormai quello della Barca nel bosco. Un diverso per un qualche motivo, ed il suo disadattamento nel mondo. Certo, trovo irresistibile che la diversità sia in quel vibrare la narice alla moda del coniglio della sua infanzia. Non a caso, infatti, gli unici momenti di allegria sono con il bambino (innocenza?) e la sua incontenibile allegria.  Dopo un po’, qualcosa stufa, e sembra avviarsi alla fine tanto perché si deve. Rimane la domanda se si deve restare sempre fedeli a sé stessi. Verranno guasti e dolori, ma la mia risposta è sempre affermativa.
Passando al plotone di testa.
Paolo Di Stefano “La catastròfa” Corti di Carta euro 3,50
Inviato (e si sente dal taglio) e di casa al Corriere. Un racconto di riflessione: gli immigrati di oggi e gli italiani in Belgio nelle miniere. Abbiamo perso la memoria? Un bello squarcio sulla catastrofe mineraria di Marcinelle, scritta con piglio soggettivo – documentaristico, ma che fa risaltare in piena luce il rapporto difficile tra italiani e belgi di 50 anni fa. Il narratore tragico nel Catastròfa ha due cuori che gli servono per sopportare la fatica ed il dolore. Mi raccomando l’accento sulla o, perché si parla franco-italiani (c’est la catastrophe). L'autore ha trovato la sua storia visitando la città mineraria belga di Marcinelle, ed ha incontrato un certo numero di minatori italiani pensionati che avevano vissuto gli eventi tragici del 1956. Qui narra la vita ora felice di Mario, che sposa una ragazza belga, contro i desideri del di lei padre e con la quale avrà 10 figli. C'è il suo mondo, il suo carattere che narra le sensazioni, le aspirazioni, i timori, le gioie ed il dolore di molti dei suoi colleghi minatori. Di Stefano si spiega intensamente i paralleli tra 1956 ed una tragedia più recente, più vicina a noi - la morte di sette operai nell’acciaieria ThyssenKrupp a Torino nel dicembre 2007. La sintesi dolorosa dello scandalo di Marcinelle, è che dopo che oltre 50 anni nulla sia realmente cambiato. Gli operai invisibili di Marcinelle sono stati semplicemente sostituiti da altri, che sono essi stessi invisibili alla società ed alla politica e sono privati delle protezioni e delle garanzie del luogo di lavoro. E si parla quindi anche di immigrati, per non far mistero di farne un parallelo con l’attuale disagio verso l’altro. Inducendo in un pensiero: non è che l’immigrato venga a “rubare il posto” al locale, molte volte (sempre?) viene a fare un lavoro che il locale non vuole più fare ma che deve essere fatto. Qui parlo delle raccolte di pomodori e non dello spaccio di droga. Intenso.
Paolo Di Stefano, nato ad Avola (Siracusa) nel 1956, inviato del "Corriere della Sera" è stato capo delle pagine culturali. Laureato con Cesare Segre all’Università di Pavia, ha debuttato nel giornalismo come responsabile del “Corriere del Ticino” di Lugano. Ha lavorato per l’Einaudi, e per il quotidiano “La Repubblica”. Attualmente è giornalista culturale del "Corriere della Sera". Tra le sue opere, la raccolta di poesie Minuti contati (Scheiwiller 1990) e l’intervista con Giulio Einaudi Tutti i nostri mercoledì (Casagrande 2001).
Ed infine, le note affastellate del pesce emiliano (6 marzo del 1970).
Simona Vinci “Un’altra solitudine” Corti di Carta euro 3,50
In fondo non è neanche un racconto. È un percorso sul tema della solitudine. Per questo mi ha preso ed ho impiegato 3 giorni a centellinare le 60 paginette. Un percorso che di bozzetto in bozzetto disegna diverse solitudini. Da quelle scelte, d’alto tenore, i Beckett, le Dickinson, i Wittgenstein. Passando a quelle scelte di vita, come l’eschimese che sente arrivare la morte (e che mi riporta al mio prozio Giovanni, di cui un giorno narrerò qualcosa). A quelle subite, del senza casa, della zingara. Sul filo di quella distinzione, a me consona, della differenza tra isolamento e solitudine. La prima la si subisce, sempre. La seconda la si può scegliere. E trovare dentro di sé quella capacità di entrarci ed uscirci. Perché, come diceva anche la mia terapeuta, chi non sta bene con sé, non sta bene con gli altri. E chiudo rimandando all’ultima frase che riporto, e che sottoscrivo in pieno.
“quando un uomo incomincia a essere solo dentro la sua testa, non si può convincerlo a tornare indietro”
“quando si è immersi nella Natura non si è mai soli”
“la maggior parte delle persone che si sentono sole sono single, oltre i 54 anni”
“la sfida per me non è mai stata con un altro, la sfida era con me!”
“essere soli è stare alla presenza di se stessi”
“la solitudine va bene quando è scelta consapevolmente”
“una persona che non ha mai fatto un viaggio da sola, si conosce poco”
“la solitudine, al contrario del suo compagno cattivo, l’isolamento, può essere uno straordinario esercizio di libertà”
Allora un’altra settimana è passata, così com’è passato un altro anno. Si continua ad andare avanti, e forse si dovrebbe riprendere le parole del saggio mauritano che quando gli si chiedeva che tempo farà domani, rispondeva: “Se c’è il sole, vuol dire che c’è il sole. Se piove, vuol dire che piove”. Ed invece di lambiccarsi sul futuro ci si poteva concentrare sul presente.

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