martedì 10 aprile 2012

Altri gialli seriali - 16 gennaio 2011

Approfittando della mia scarsa vena innovativa del momento, anche questa settimana torniamo a dei gialli, anche se di altro tipo. Gialli seriali, perché i protagonisti fanno parte di diversi libri dei loro autori, e mi piace seguirli e vederli evolvere. Ogni volta è come ritrovare vecchi amici. Alcuni sempre immutati nel piacere di ritrovarli, come Hieronymus Bosch detto Harry o l’ispettore Lynely, altri un po’ invecchiati e forse un po’ esauriti nelle cariche di piacevolezza, come Arkady Renko.
Cominciamo allora da Bosch e da Connelly (di cui avevo parlato nel primo episodio nell’aprile 09).
Michael Connelly “Ghiaccio nero” Piemme euro 10,50 (in realtà, scontato euro 9,35)
[in: 23/04/2010 – out: 23/09/2010]

La seconda avventura di Harry Bosch. Gradevole, anche perché mi aspetto di sentire suonare quel sassofono, suono sempre annunciato e che mai arriva. Si va precisando il carattere del detective solitario, anche lui alieno ai giochi di potere (come un po’ il primo Montalbano), ma qui in America queste cose te le fanno pagare, e visto che nel primo libro si era alienato i vertici della Squadra Omicidi per fare di testa sua, ora lo troviamo degradato a fare il poliziotto da pattuglia, di quelli che vanno in giro per Los Angeles ad arrabattarsi sui crimini minori. Ma quando nel suo turno di lavoro, scopre la morte di un collega, col quale aveva parlato di casi da risolvere e che gli era rimasto in mente per quella sua aria un po’ stralunata (che si scoprirà dovuto ad un complesso di problemi, dal divorzio ad altri legati al ruolo di poliziotto antidroga) non riesce a tirarsi indietro. O forse non vuole. Nasce così un bel percorso di indagine, dove troviamo tanti ingredienti ben dosati e miscelati. Droga. Lotta di potere tra cartelli hawaiani e mafiosi messicani. Immigrazione clandestina. Lotte di potere ai vertici delle diverse squadre anti-crimine. La Omicidi contro l’Antidroga, l’Antisofisticazioni contro le Squadre Speciali. Connelly ci guida per mano anche nei meandri dove nasce il malessere dei messicani di confine, che devono trovare il modo di uscire fuori dalla melma, e molte volte (spesso) l’unico modo è violando la legge. Sempre presente questa nota dolente della difficoltà di vivere. Delle scelte difficili. Dei rapporti tra padri e figli (sia lui che il morto sono stati abbandonati da piccoli dai rispettivi padri). E dei rapporti con le donne. Bosch è un solitario, ma ce lo immaginiamo se non bello, piacente, tanto che ha la sua buona razione di avventure galanti. Ma la sua lotta solitaria e perdente contro l’ingiustizia continua a portarla avanti. Forse non tutto andrà come sarebbe bello andasse. Ma Bosch dipana la matassa, fa scontare il fio a qualche poliziotto corrotto, e tutti i tasselli alla fine avranno un posto dove collocarsi. E non è poco. Certo, un po’ lunga e fuori contesto la lunga battaglia dell’Antidroga contro i contrabbandieri, che risente ancora del passato “guerresco – vietnamita”, ma ci può stare, nel complesso del romanzo. Ed alla fine torniamo a cercare l’avventura seguente di questo improbabile Hieronymus "Harry" Bosch!
“Chandler: non c’è trappola più mortale di quella che ci prepariamo da soli” (47)
“La mente di Bosch sfiorò il ricordo dell’unico breve incontro che lui aveva avuto con suo padre. Un uomo vecchio e malato sul letto di morte. Bosch lo aveva perdonato di ogni secondo di cui era stato derubato. Sapeva che doveva farlo, altrimenti per il resto della sua vita avrebbe dovuto fronteggiare quel dolore inutile” (313)
“Le cose che non vuoi sapere o ricordare continuano a tormentarti” (391)

Proseguiamo con l’inglese George, anche lei un habitué di queste trame (è il quinto libro che recensisco).
Elizabeth George “Corsa verso il baratro” TEA euro 8,90 (in realtà, scontato con Feltrinelli+ 1,78 euro)
[in: 07/02/2010 – out: 27/09/2010]

Una vecchia avventura (la quinta credo su sedici titoli) dell’ispettore Lynely e del sergente Barbara. Ma anche se datata, bella, piena, con tanti fiumiciattoli che scorrono accanto al fiume principale, e tutti interessanti. Un giallo pieno, con una morte centrale, da cui parte la storia. Che ci porta dalla solita Londra all’ambiente universitario di Cambridge. E guarda caso la morta è figlia di un professore emerito dell’Università. E guarda caso a Cambridge sta vivendo un travagliato momento la sorella della persona di cui si è innamorato l’ispettore. E guarda caso il professore emerito è anche divorziato e fino a poco prima la bella Elena viveva con la madre. E guarda caso bisogna lavorare in trasferta ed il sergente Barbara ha problemi a lasciare sola la madre affetta da Alzheimer. E guarda caso sempre il nostro professore ha una travolgente storia d’amore con una pittrice che, guarda caso, scopre il cadavere di Elena. E guarda caso, una studentessa potrebbe avere elementi chiarificatori delle modalità della morte, ma è presa da altri e personali problemi (una rovente storia d’amore con un’altra studentessa). E guarda caso, per finire, Elena è sorda, ma bella e disinvolta. Quanti ruscelli abbiamo scatenato? Il problema dei figli dei divorziati (sia dal punto di vista dei figli che dei genitori). Il problema del gretto ambiente universitario. Il problema del rapporto con una madre malata. Il problema dell’atteggiamento della comunità dei normalmente abili verso i diversamente abili (e viceversa). Il problema della perdita di creatività da parte di un’artista a fronte di un amore che riempie la vita. Il problema di chi si innamora e non può fare a meno di e di chi ha paura di innamorarsi. Il problema di gestire figli piccoli quando entrambi i genitori hanno promettenti carriere di fronte a loro (sacrificarsi? Uno, entrambi? Trovare una via mediana?). Il problema di come vivere la propria sessualità e di comprenderla e dell’egoismo che a volte (spesso?) c’è dietro i rapporti amorosi. L’abile Elizabeth riesce a non perdersi dietro a tutti questi ruscelli, costruisce piccole dighe d’arginamento, ne fa confluire alcuni, ma, soprattutto, porta al mare della risoluzione il fiume principale. Con qualche cattiveria (anche verso il lettore, facendogli credere e non credere, vedere e non vedere). Ma alla fine delle quasi 500 pagine tutto si risolve (o almeno va verso una soluzione). Una bella atmosfera, una lettura dignitosa, assaporando tutte le possibili gamme di tè e di tisane della provincia londinese. Nota finale: preferivo il primo titolo dell’edizione italiana del 1993, mutuato dall’inglese “For the sake of Helena” (che giocava duplicemente anche con l’amore dell’ispettore anche lei di nome Helena) rispetto a questa “Corsa verso il baratro” che mi lascia perplesso, molto perplesso.
“ – Quella donna le ha dato la vita. – Non sono stata io a chiederlo. – No. Ma ci si sente sempre responsabili verso chi ci ha dato qualcosa. Qual è la scelta migliore da fare? … E la scelta migliore è anche quella giusta oppure si tratta solo di una comoda fuga?” (41) 
“Era la classica situazione che si veniva a creare dopo un divorzio … Una situazione del genere richiede un abile equilibrio fra esigenze disparate, di modo che, anche se un matrimonio finisce, gli ex partner possano costruirsi una vita più produttiva e i figli non subire danni irreparabili” (190)

Finiamo con quello che più mi ha deluso, e che avevo lasciato (forse a ragione) da molti anni.
Martin Cruz Smith “Lupo mangia cane” Noir Repubblica euro 7,90
[in: 04/08/2010 – out: 13/11/2010]

Beh, siamo sul brutto spinto. Faticoso, lungo, con una trama che a volte ammicca, quasi ambisce ad alti voli, ma che non decolla mai. Erano molti anni che non tornavo a leggere di Arkady Renko, di cui mi era rimasto favorevolmente impresso il primo romanzo di Cruz Smith, quel Gorky Park degno del successo avuto. Lo scrittore ne ha fatti altri, intorno al poliziotto onesto in un mondo prima strano, poi crollato, poi decisamente mafioso. Ne lessi qualcosa senza troppi ricordi. Ora ritorna nella collana che mi ostino a seguire, ma che è tra le più deboli tra quelle proposte da Repubblica. E mi domando perché mi ostino (certo l’amore per il poliziesco, l’intreccio, è una cosa che lascia sempre il suo segno). Dato che questo libro è ad uno dei punti più bassi sia della collana, sia delle mie letture. Non fino al punto, Pennac docet, di abbandonarlo, ma certo trascina dolo per giorni e giorni, sperando magari in qualche illuminazione, che purtroppo non avviene. Ci sono magnati russi, che si sono arricchiti certo non in modo pulito, che stranamente muoiono. Suicidi, uccisioni. Mosca decadente. Polizia corrotta. Poi… si cambia scenario, e ci si immerge per tre quarti del libro nell’atmosfera mefitica di Chernobyl. Che poi è la vera trama del libro. L’angoscia individuale e collettiva del disastro del 26 aprile 1986. Ma è un’angoscia vista da un americano che, per quanto bravo, rimane sempre uno spettatore altro rispetto al disastro e dal modo di viverlo della gente che in quei giorni, in quegli anni viveva sul posto. Quindi intesse una descrizione di un mondo “alla moda fantascientifica”, con paludi, cesio, decontaminatori, atmosfere cupe, ladruncoli e ladroni, contadini di ottanta anni che tornano sui loro posti natii, dottori che cercano di salvare il salvabile. Intanto la trama scorre, ma senza sorprese. Ci si aspetta già una fine come poi puntualmente avviene. Si pensa solo ad immaginare se tutti i buoni si salveranno, o, come è più reale, non ci sono tanti salvati, ma tutti che ne escono con delle ferite, più o meno profonde. Il buon Renko si muove dentro tutto ciò, con la forza delle sue idee di correttezza e giustizia, che avranno buon fine s’è detto. Poi c’è la dottoressa Eva, l’unica con un po’ di sole e di ombre. Il mafioso ebreo-americano Hoffmann che rompe le scatole per tutto il libro, ma di cui poco ci importa. Il ricercatore Alex, oppresso dalla figura paterna. Ed ogni tanto compare l’adolescente Zenhya, un po’ autistico, un po’ giocatore di scacchi, abbastanza simpatico (almeno a me) ma non si capisce cosa ci faccia in tutta questa storia. Insomma, un tentativo di descrivere qualcosa che magari si è studiato a fondo, ma non vissuto di persona, e nonostante la bravura dello scrittore, che non si riesce a rendere vivo sulle pagine. Speriamo che il prossimo anno, la serie di Noir di Repubblica ci riservi uscite migliori.
Come detto altrove e in precedenti trame, altra settimana cruciale si annuncia all’orizzonte. Un obiettivo su tutti: la scadenza ufficiale dei miei rapporti con i vari progetti. Si rinnoveranno? Si chiuderanno? Comunque vada, sono contento e prenderemo atto di quello che verrà.

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