lunedì 2 aprile 2012

Natale e… buone maniere - 25 dicembre 2010

E dedichiamo quindi questo sabato di festività a celebrare l’autore scozzese di origine coloniale ed i romanzi dedicati ad Isabel Dalhousie, la filosofa che si trova anche casualmente di fronte a qualche trama giallina. Ma quella che più mi piace di questi libri non è il lato giallo, ma il lato di filosofia applicata, quella del nostro quotidiano, quella che ci fa dare con Sandy uno sguardo appassionato alle buone maniere, noi, ora, in questo mondo così urlato e privo di maniera. Fermiamoci ogni tanto con Isabel a domandarci delle azioni minute che compiamo ogni giorno e di quanto a volte abbiano risvolti che sembriamo ignorare.
Certo (lo dico in trame e lo ribadisco qui) meglio leggerlo in lingua, che è ben scritta e forbita, ma intanto godiamocene alcuni passaggi.
Alexander McCall Smith “Amici, amanti, cioccolato” TEA euro 8,50 (in realtà, scontato 5,95 euro)
[in: 20/01/2010 – out: 11/04/2010]

Non è più un “giallo”, i casi della nostra filosofa diventano in un certo senso “casi filosofici”, con qualche pro e molti contro. Come si fa, ad esempio, mettere nel titolo la cioccolata, quando se ne parla, e per non più di 10 righe, solo a pag.210? Ma se da questo punto di vista perde un po’ di punti, ne acquista dall’altro della descrizione dei luoghi, del farmi calare in questa Edimburgo che prima o poi si andrà a visitare. Ed anche nella domanda filosofica / etica che sottende a tutto il romanzo. Un trapiantato di cuore cosa sente del nuovo muscolo che batte nel suo petto? Esiste anche una memoria cellulare che va al di là della memoria cerebrale? Certo c’è un minimo di “proto-indagine” per capire di chi sarà mai questo cuore nuovo. Ma anche lì è solo un modo per porre altri problemi, tirar fuori discorsi sulla convivenza, sull’amor filiale. E sui rapporti umani in generale. È bella la nostra Isabella quando si pone domande esistenziali sul comportamento quotidiano. Ci ricorda che l’etica, ed il rispetto, dovrebbero sempre governare le nostre azioni ed essere la cartina di tornasole che ce la fa apprezzare o denigrare. Un po’ in ombra l’ex-fidanzato della bella nipote. Di sfuggita la buona Cat, ma solo quel tanto che serve a ricordarci del suo ritrovo-gourmet e farci leccare qualche dito di piacere. Sempre interessante il comportamento quadrato, ma non scevro di impulsi, della tata Grace. Un po’ scontate le tirate sugli italiani, ma non ci si deve meravigliare, molto spesso da fuori e da lontano si guarda all’Italia con delle idee un po’ rigide (sole, bei posti, ma anche “mafia” e non solo nel senso di comportamenti fuori legge, ma anche nella rete di conoscenze e favori che permeano il nostro tessuto sociale). Può dispiacerci, ma a volte è meno lontano dal vero di quanto possiamo pensare. Il libro scorre con levità, tra una pinta di birra ed un po’ di buon parmigiano reggiano. In un certo senso, mi è piaciuto più del primo, avendone apprezzato meglio queste lievi pennellate. Ah, dimenticavo, anche un po’ di whisky scozzese, magari torbato (ed un quadrato di cioccolato all’85%). Buon relax, redattrice della “Rivista di etica applicata”, ed alla prossima.
“Non potrai mai diventare me. E io non potrò mai trasformarmi in te. Non si arriva mai a conoscere gli altri abbastanza da vestire i loro panni. Forse ne siamo convinti, ma in realtà non è così” (16)
“Era innamorato. Quando amiamo qualcuno ci viene spontaneo parlarne, vogliamo vantarcene, come se si trattasse di un trofeo sentimentale. Pensiamo che questa persona possa suscitare negli altri il fascino che esercita su di noi: vana speranza, gli amanti altrui raramente ci interessano.” (54)
“Ogni angolo le rievocava qualcosa. Non era così per gli abitanti di tutte le città? Si ricordava dove erano accaduti certi episodi, gli angoli in cui un tempo c’era una caffetteria o un bar, oppure il palazzo in cui era stata assunta per il suo primo impiego; posti in cui aveva ricevuto un incarico, subito una delusione, collezionato un successo.” (82)
“Il commento della tassista … la rallegrò. Insieme siamo forti. Le donne non sono sole ad affrontare i prepotenti. Basta riuscire a chiamarsi cocca l’una con l’altra e a restare unite” (198)
“- Non gliel’ho detto… - è una buona idea? – Probabilmente no. Eppure ci capita spesso di mentire alle persone che amiamo o di omettere delle cose, proprio perché le amiamo, non credi?” (204)
Alexander McCall Smith “Il piacere sottile della pioggia” TEA euro 8,60 (in realtà, scontato euro 6,88)
[in: 23/04/2010 – out: 22/07/2010]

Premessa: come dice chi mi ha convinto della bontà dell’autore dello Zimbabwe ritornato nella Scozia nativa, questi sono libri che andrebbero letti in inglese, perché usano una buona lingua e lì hanno il loro maggior senso. Tradotti, ci si aspetta qualcosa in più, soprattutto da pubblicità fuorvianti. Cominciamo allora con il contrario di quanto si fa normalmente, cioè diciamo le cose che non vanno. I commenti in copertina e la quarta sono da bruciare. Si può parlare in copertina di un paragone con Miss Marple, quando il contenuto delle 250 pagine è un dignitoso romanzo, ma non è certo un giallo o un noir o un poliziesco? Che cosa dovrebbe indagare la nostra cara Isabella, quando non c’è neanche un accenno di mistero? E cosa dire della quarta, dove si sostiene che l’arrivo di una coppia americana turba il placido andamento della vita scozzese della nostra amica, quando la coppia (pur transitando nelle prime pagine) è realmente nella scrittura dopo pagina 200? E quale mistero sottende il rapporto tra un magnate di Dallas ed una bella arrivista che mira ai suoi soldi? L’ultima cosa da bruciare è il gioco di parole che compare a pagina 262, quando si pensa che Angie l’arrivista abbia fatto qualche tiro mancino al ricco Tom. Si dice che il colpevole dello “scherzo” è “mangiare ma senza l’acqua”. Si vuole forse sostenere di aver tradotto l’acqua per il mare, e mangiare senza mare rimane Angie? Mi sembra veramente poca cosa… Ciò detto veniamo al decente romanzo del nostro amico. Che al solito ricalca il filone principale degli scritti imperniati su Isabella, cioè la filosofia applicata, l’etica e la morale quotidiana. Quella che dovrebbe guidare le azioni di ogni giorno, dalle file alla posta fino all’accenno ad un articolo di filosofia morale che andrebbe scritto ora in Italia (dal titolo “Etica del voto tattico” dove si parla se sia etico votare un candidato che non ti piace per far perdere un altro candidato che ti piace ancora meno…). E via discorrendo con altre dubbi morali, ma che sottendono a quello gigante di tutto il libro: Isabella (42 anni) si innamora di Jamie (28 anni). E su questo rovello si impernia tutto il libro. È giusto? Quanto conta la differenza di età? E la differenza di interessi? Quanto può durare l’infatuazione di un giovane? E l’amore di una persona matura? E ci si domanda chi sia più forte, che soffrirebbe di più sia in un rapporto del genere, sia alla fine verso la necessaria risoluzione (perché si dice con Auden, tutto finisce anche l’amore). E se poi il giovane era l’ex-fidanzato della nipote, quanti altri interrogativi morali e/o etici vengono fuori? A volte, un aiuto dalla filosofia pratica alla Nardone sarebbe, utile, del tipo, ora viviamolo questo amore, se ci fa sentire bene. Poi si vedrà. Quanto è utile intanto fasciarsi la testa per paura che se dovessimo mai cadere ci si farà del male? Alla fine, una scorrevole lettura, che ripaga dagli ultimi cerebralismi alla spagnola.
“Quanti di noi sono sempre felici di trovarsi nel posto in cui stanno? … solo chi è contento del tutto pensa di trovarsi nel posto giusto” (11)
“Se [il carattere]… e la personalità erano la stessa cosa, allora qualcuno si sbagliava: gli psicologi che sostenevano che il carattere non si modifica o i filosofi che ritenevano la personalità malleabile?” (30)
“Quando si rivela qualcosa che ci riguarda si prova sempre un senso di alleggerimento da quel fardello che ci portiamo tutti sulle spalle: il peso di essere noi stessi” (83)
“Non importa quando ti capita, a che età muoiono i tuoi genitori. Ti mancano …  Si chiude un capitolo. E due dei personaggi più importanti della storia scompaiono” (97)
“Saper ricevere era importante quanto essere capace di donare” (133)
“Quando parliamo di qualcosa è perché ci interessa, o a volte perché ci crediamo, persino se affermiamo il contrario. Per questo ci capita di criticare gli altri quando fanno esattamente ciò che vorremmo fare noi, ma non osiamo: quindi è legittimo non credere a uno scrittore quando afferma che le parole che ha scritto non avevano niente a che vedere con lui” (169)
“le persone sono portate a riscrivere la propria storia personale, come biografi troppo clementi, in modo da apparire sempre sotto la luce migliore” (256)

Alexander McCall Smith “L’uso sapiente delle buone maniere” TEA euro 8,60 (in realtà, scontato 6,02 euro)
[in: 25/07/2010 – out: 21/12/2010]

Non posso che ribadire quanto sopra per l’inglese e la tranquillità di lingua. E ribadire che ritengo scarsamente credibile il critico de “Il Sole 24 ore” che avvicina il nostro ad Agatha Christie. Detto ciò, il libro è comunque godibile. C’è un piccolo mistero sulla natura di alcuni quadri che ritraggono paesaggi delle isole scozzesi (veri? falsi? l’autore è morto: si è suicidato? è stata una disgrazia?). C’è la prosecuzione della storia tra Isabel e Jamie, aumentata dalla nascita del piccolo Charlie, e dalla gelosia (vera? presunta?) della nipote Cat. C’è il presente ed il futuro della “Rivista di filosofia applicata”, con i suoi dilemmi angosciosi (il prossimo numero della rivista è infatti dedicato all’etica della fiscalità, ad esempio: quando è giusto pagare e quando no; e quale dovrebbe essere l’atteggiamento di uno stato che chiede soldi…), ma soprattutto con la lotta senza quartiere tra la buona Isabel (quella delle buone maniere) e lo spietato mondo universitario-editoriale che vede la rivista solo come palcoscenico per far fare carriera a qualche professore e non per dibattere le quotidianità della filosofia (piacevoli gli inserti sulla domanda di come avrebbero agito Kant o Hulme di fronte ad un marmocchio come Charlie). C’è la Scozia, sia quella (ormai a noi usuale per averne letto a lungo) di Edimburgo, sia quella da scoprire delle isole (e non solo la famosa Islay dal grande whisky ma anche la piccola Jura ed altri sperduti lembi di terra del mare del Nord). I micro - casi giallo-polizieschi (quelli che fanno urlare in copertina ad Agatha Christie, tanto per intenderci) sono banalotti e presto risolti (se ne capisce per tempo il punto di caduta). Rimane l’atmosfera generale, dove seguiamo lo scorrere della vita e delle vicende. Ritroviamo la buona Grace che accudisce casa e Charlie. Ritroviamo il buon Eddie che prepara panini alle olive. Vediamo poco (ormai sta molto al margine) la bella Cat (ma ci sono segnali di risveglio dell’atmosfera pre-Jamie). Entrano ed escono personaggi già incontrati nelle prime tre puntate della saga scozzese. Ecco, un buon libro di passaggio, tra momenti di impegno e di rilassatezza, una buona lettura natalizia, che non dà angosce, ma che, con la solita maestria della docile penna zimbabwo-scozzese come detto ci fa riflettere sui minuti fatti della vita, sugli atteggiamenti quotidiani a volte meccanici, ma sempre, invece, a pensarci bene, che possono nascondere un modo di affrontare la vita. Con quel fondo di onestà che noi sempre abbiamo, e che sempre più vediamo sparire.
“Dei suoi innumerevoli difetti, quello di pensare troppo era sicuramente il più eclatante.” (10)
“Era quello, in un certo senso, il peso della filosofia: si sapeva bene cosa si doveva fare, ma spesso era l’opposto di ciò che si desiderava davvero.” (35)
“Avere un bambino voleva dire mettere un’ipoteca sul futuro, sì. Ma non valeva lo stesso anche per tutti i rapporti umani e d’amicizia?” (69)
“Pura sfortuna quella di innamorarsi della persona sbagliata. Ma capitava di continuo: ci si innamora di qualcuno  che per un motivo o per l’altro non ci poteva appartenere. E di lì in poi si scontava la pena, la condanna all’amore impossibile o non corrisposto, che poteva durare anni e anni, senza sconti per buona condotta, senza amnistia.” (74)
“Non credi sia possibile … che si finisca per amare più persone? Persone che amavamo un tempo e a cui vogliamo ancora bene. Ma che restano sullo sfondo, e noi cominciamo ad amarne altre, persone che appartengono al presente e non al passato.” (93)
“Abbiamo bisogno di qualcosa da amare, e ci si può innamorare di tutto: l’amore ha solo bisogno di un oggetto” (164)
“Si può volere e non volere una cosa nello stesso istante? Certo che sì, si rispose.” (171)
“-Stavolta hai fatto la cosa giusta… -Però … ho capito che era la cosa giusta solo dopo aver agito.” (257)

E poiché abbiamo tutti bisogno di buone maniere, come detto all’inizio, non vi tedio, oggi, con lunghe filippiche finali. Mando solo un augurio di cuore a Sara e Giampaolo (loro sanno perché).

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