Week-end di riposo per
festeggiare le giornate dell’Ambiente, e prepararsi allo sprint di Aprile verso
il sub-continente indiano. Infatti, da una parte è arrivata la conferma della
partenza del viaggio (poco-)Avventure del 17 aprile e dall’altra si è passata
una settimana a rattoppare buchi ex - lavorativi qua e là. Allora una bella
manciata di autori italiani, dal padre del nero italiano, all’attuale padre
putativo del giallo nostrano, per finire con il padovo-sardo la cui vita stessa
è stata un giallo.
Ma cominciamo con il sempre
piacevole Scerbanenco (e sì, racconti, anche se non sono il mio massimo).
Giorgio Scerbanenco “Milano calibro 9”
Garzanti euro 9,50 (in realtà, scontato 6,65 euro)
[in: 01/05/2010 – out: 27/11/2010]
Ventidue
piccoli gioielli, chi meglio chi normalmente scritti, con una dozzina di pagine
a testa per descrivere, ed in modo vivido, un mondo che non è più così (la mala
degli anni sessanta) ma che un po’ lo è ancora. Sto recuperando e molto gli
scritti del “padre del giallo italiano”, che pensavo all’inizio fossero minori,
rispetto ad altre prove, magari più audacemente legate a problemi sociali ed
altre amenità. Scerby sembrava riproporci un mondo così come si leggeva dalle
pagine del Corriere della Sera. Beh, forse quel mondo è molto più reale di
altri. Spesso è lì, tra le pieghe nascoste tra l’alto e il basso che esce
fuori. Non so, sarà per una frequentazione, anche se molto diluita con qualche
carcere, ma mi sembrano inoltre molto più reali di prove maggiori. Con quel
piglio giornalistico, che invece di racconti sembra che stia scrivendo articoli
di cronaca, in ogni piccolo spaccato vediamo i dolori del mondo attuale, certe
banalità del male che sembrano dimenticate, ma che, proviamo a leggere in
parallelo con la cronaca nera di oggi, ci fanno entrare, e con dolore, nella
realtà. E non solo per quei gioiellini sul sadico o sul pedofilo ante-litteram,
belli ma quasi scontati. Quelli che mi hanno lasciato al tappeto sono i piccoli
ladruncoli che cercano di fare il passo più lungo della gamba, o il ragazzo
che, partendo da una semplice rapina, stravolge tutta la sua vita tra omicidi,
carceri e morti più o meno annunciate. O i “bravi ragazzi” che programmano una
stolta rapina ad un distributore, si trovano per errore invece che con pistole finte
con armi vere e vanno incontro ad un massacro senza esclusioni di colpi. Già
dalle prime righe del primo racconto poi siamo catapultati nella Milano nera,
allora con i gangster che venivano da oltre oceano, ora con la scalata mafiosa
al Nord. Certo fa anche “epoca” chi, per farsi un alibi va al cinema e, per
farsi notare, chiede del fuoco al suo vicino (vi ricordate quando si fumava al
cinema?). O chi viaggia in aereo con le armi nella pancera (tanto non c’erano
ancora i metal detector). Ma queste sono le chicche che collocano lo scritto
nel tempo. Basta fare aggiornamenti, del tipo che mettere annunci scopo
matrimonio per poi avviare alla prostituzione, ora si fa con le ucraine, non
con le romagnole di scarsi mezzi economici. Ma in questo, una volta chiamato
demi-monde, non c’è solo cattiveria, ci sono slanci di bontà, sussulti di
solidarietà, perfino briciole di amore (anche se il più delle volte non
corrisposto). Frammenti di vita, sono d’accordo con chi li ha così definiti, ma
non solo per farci vedere l’assurdità del nostro mondo. Questa è una lettura
che cerca di esorcizzare lo scritto. No, io direi per farcene vedere la realtà,
in tutte le sue pieghe. Che spesso, purtroppo, sono amare e senza speranza. Mi
aspettavo un buon Duca Lamberti per accompagnare questa intricata fine di
novembre, mi trovo con un ottimo scritto, dal quale esco amareggiato, per il
contenuto questa volta, non per la forma. Ci servirebbe un mondo migliore, caro
Scerby. Tu non ci sei più, ormai da 40 anni, ma questo che descrivi c’è ancora.
Purtroppo!
Andrea Camilleri “Il sorriso di Angelica”
Sellerio euro 14 (regalato a mamma)
[in: 01/11/2010 – out: 25/01/2011]
[titolo originale; lingua italiano; anno 2010]
Un altro capitolo della saga di
Montalbano. Forse un pochino meglio della Caccia al Tesoro, ma stiamo sul
versante basso. Sia della scrittura sia della trama. Ormai siamo adusi al
siciliano vigatese, e non ci si arrovella più sulle poche parole non chiare. Si
va a senso. Qui abbiamo in più un po’ di sfoggio culturale, laddove si cita a
più riprese l’Ariosto e le sue parole d’amore per la bella Angelica di cui
Salvo era innamorato in gioventù e si rievoca Vincenzo Cardarelli. Ma
l’Angelica ariostesca è un bel facile bersaglio, laddove ci si ricorda che era
un personaggio ambiguo, strega o fattucchiera, di facili costumi, che fa
perdere la testa a Orlando, Rolando e Sacripante, per poi invaghirsi del fante
saraceno Medoro. Anche qui, non che la bella non sia indenne da ambiguità, come
facilmente si evince fin dalle prime battute. Certo quelle citazioni sono un
po’ appese, e fanno quasi rimpiangere l’altro assente della scrittura,
quell’alter ego notturno con il quale Salvo si confronta, analizzando
situazioni e prospettive. Rimangono i soliti bozzetti, ed anche qui non abbiamo
nulla di nuovo. Livia che si adombra, va e viene. Adelina che non la sopporta.
Augello che non c’è (ed è un po’ che latita). Fazio che sta diventando il vero
vice di Montalbano. Catarella ed i suoi funambolismi verbali (che al solito più
di un indizio forniscono a chi li sa leggere). I pranzi in trattoria da Enzo.
Le passeggiate lungo il molo. Insomma, pezzi triti e ritriti, senza
rinnovamento, senza scoperte, senza sorprese. La trama, poi, è anche qui
decentemente esile. Furti a ripetizione, in ville altolocate, con meccanismi
che lasciano intendere una discreta ed approfondita conoscenza del luogo, anche
se si mormora che la banda viene da fuori. Montalbano gira a lungo a vuoto, ma
poi alla fine la strada giusta la prende. Ed il finale non ci sorprende affatto.
Facile conclusione di una vicenda facile. Commovente l’exergo finale con un
pensiero realmente sentito (ed a cui ci associamo) ad Elvira Sellerio che ha
fatto nascere questa casa editrice un po’ dal nulla, e se ne è conquistata uno
spazio non banale: pubblicazioni curate e difficilmente brutte sorprese. Una
domanda finale a Camilleri: a pagina 75 compare una tal Tripolina Cosulich.
Ora, sappiamo che Angelica fa Cosulich di cognome, e Cosulich non pare proprio
un cognome siciliano doc. Come mai questa Tripolina scompare sempre da pagina
75 e non se ne parla più. È una parente? Magari una zia di Angelica? Ce la
siamo dimenticata? Poiché normalmente l’autore non lascia cadere nomi e
situazioni così, senza par nulla, questa dimenticanza mi ha lasciato perplesso.
Vuoi vedere che i ghost colpiscono ancora, qua e là? Comunque, nel complesso è
godibile, un momento di tranquillità in questi mesi di rabbia e di
frustrazione. Ah, dimenticavo: si potrebbe evitare che Salvatore Silvano Nigro
riempia di babbiate le contro copertine?
Massimo Carlotto “Il maestro di nodi” E/O euro 8
[in: 01/10/2010 – out: 26/01/2011]
[titolo originale; lingua italiano; anno 2000]
Premesso che è il tredicesimo
libro di Carlotto che leggo (e continua a piacermi), il mio sentimento verso
questa ennesima avventura del suo personaggio eponimo è di moderata
soddisfazione. Mi piace aver ritrovato l’Alligatore (e finalmente vi posso
svelare il segreto del suo cocktail), e ci sono Beniamino e Max. Deboluccia sia
sul fronte della storia giallo – noir sia per i risvolti, sempre presenti in
queste storie, sul sociale e sul carcerario. Averla scritta a ridosso del G8 ha
fatto nascere l’esigenza di connotare un po’ troppo Max la Memoria verso il
versante equo e solidale. Da qui, i contrasti anche della visione carceraria
dei tre eroi: arrabbiata quella di Max, disincantata quella dell’Alligatore e
pragmatica quella di Beniamino. Intanto vi rifilo il cocktail che dà il nome al
nostro personaggio: sette parti di calvados e tre parti di Drambuie, molto
ghiaccio (meglio se tritato) e una fettina di mela verde. La storia, invece,
parte abbastanza bene. L’Alligatore viene coinvolto nella ricerca di una
modella sado-maso scomparsa, e farà ben presto un tuffo ahimè di uno squallore
infinito nel sottomondo della pornografia d’elite. Per fortuna che Beniamino ha
qualche contatto qua e là e per un po’ si riesce a trovare qualche aggancio. Ma
non si riesce a trovare il fantasioso maestro del titolo, che lascia, accanto
alle vittime, un fiore di seta fatto di nodi. Tra contatti di Beniamino, aiuti
di Max con i suoi amici haker sardi, e colpi di ingegno dell’Alligatore questa
vicenda arriverà ad una degna conclusione. Però segnando il passo. Mentre
all’inizio c’è tensione, dalla metà in poi, avendo da sostenere anche un po’ di
storia parallela sul Social Forum di Genova e sulle disillusioni della
sinistra, non dico passata nel ’68 (dove Massimo aveva 12 anni), ma quanto meno
verso il ’77 (ed anche lì, più da fuggiasco che da interprete, se conosciamo la
storia personale dello scrittore). Quindi si arriva a scoprire chi sia il
Maestro, ed anche a debellare un giro di video sado-maso, ma in modo quasi di
routine, riluttanti. Tanto che sembra un po’ appiccicato. Centocinquanta pagine
a seguire piste ed idee, e poi una trentina in cui tutto ti viene servito in un
piatto. Non è particolarmente efficace. Sembra quasi che Massimo si sia
stancato della storia e non veda come finirla. Anche perché è più appassionato
alle discussioni tra Max e gli altri sull’impegno, sul ricordare quello che
avviene in carcere, e, perché no, anche sulla sua storia d’amore con Virna
sull’orlo della crisi di nervi (la storia, non Virna). Certo, un po’ ci
coinvolge, noi che ce le siamo vissute tutte, e che (anche se da privilegiati)
frequentiamo il carcere. Ma, ripeto, sembra proprio che abbia perso per strada
le idee di base, e segua un suo ragionamento, con il quale si può intavolare un
dibattito, ma che qui, dopo un po’ risulta alquanto sterile. Comunque alla
fine, risulta in ogni caso piacevole, mi ha fatto piacere leggerlo dopo
essermelo perso anni fa. E continuerò, con affetto, a leggere i suoi libri.
Mi dispiace inoltre che ieri le
mie caselle di posta sono state attaccate da un intruso cinese. Sto cercando di
risolvere anche questo problema. E mi scuso se sto causando disservizi a
qualcuno.
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