Liza Marklund “Il lupo rosso” Marsilio euro
12,50 (in realtà, scontato 9,38 euro)
[in: 20/06/2010 – out: 18/01/2011]
[tit. orig. Den röda vargen; lingua svedese; anno 2003]
Ritrovo
dopo tanto tempo Annika Bengtzon, che mi era molto piaciuta come giornalista di
nera – coinvolta in indagini, agli inizi del secolo. Poi l’editoria italiana
aveva deciso di non tradurre le nuove fatiche della sua creatrice, lasciandoci
per anni nell’attesa. Ora, sull’onda del giallismo scandinavo, ecco che
ricompare. E dobbiamo allora ricucire qualche filo. La quasi cinquantenne Eva
Elisabeth "Liza" Marklund è per me una specie di “trait d’union” tra
i primi esempi del giallo “impegnato” alla Sjöwall e Wahlöö e l’ultimo epigono
svedese di questo filone, alla Stieg Larsson. Come Larsson, è essenzialmente
giornalista. E nelle sue storie c’è sempre un qualche filo che unisce
accadimenti polizieschi a momenti di denuncia del malessere civile, che in
Svezia è molto sentito. Il suo personaggio centrale, Annika, è una giornalista
di nera, combattuta tra l’attività di lavoro e la vita privata (gestione di due
figli con marito presente/assente). E quando affronta qualche problema, poi c’è
sempre un risvolto “sociale”. Come nel primo è più noto “Bomber” (tradotto in
Italia come “Delitto a Stoccolma”), dove il perno è la morte di una “signorina”
(escort si direbbe ora) e il principale sospettato è un ministro. Questo Lupo,
si colloca temporalmente un anno dopo la fine positiva del precedente (anche se
nel frattempo, Liza ha scritto altri 3-4 romanzi con avvenimenti precedenti, e
dopo il Lupo, ne ha scritti altri 3 con avvenimenti successivi). Qui lo spunto
centrale è rinvangare qualche momento degli anni di piombo che anche in Svezia
hanno avuto qualche epigono violento. Niente Brigate Rosse o Rote Armee
Fraktion. Ma un gruppuscolo maoista, con un capo direttamente arrivato da
gruppi religiosi vicino al circolo polare artico, che dopo una violenta azione
con morto, si scioglie. Il capo fugge nei Paesi Baschi e per trenta anni fa il
killer al servizio di chi lo paga. Ora lo vediamo tornare “a casa” e scatenare
problemi e morti tra i vari ex-gruppettari. Questo spunto da modo di parlare,
in qualche maniera, di alcuni momenti non proprio felici. Annika ci si trova in
mezzo, perché si trova sempre al centro di qualche “casino”, e tra Internet,
freddo polare, polizia semi-efficiente, riesce a trovare il bandolo della
matassa. Non senza aprire tutta una serie di sotto-filoni: il rapporto con il
marito che si invaghisce della bella Sophia, il rapporto con il suo direttore
responsabile che non vuole si occupi di “terrorismo”, la storia della sua amica
Anne lasciata dal marito con figlia contesa, la storia delle lotte di potere
per l’introduzione della televisione digitale in Svezia. Insomma, tanta carne a
fuoco. La scrittura è decentemente condotta. Ed anche i vari filoni, anche se
non tutti completamente chiusi, non sono proprio abbandonati a loro stessi (e
ci si aspetta che i successivi libri ne riprendano qualcuno). Forse, un po’
prolisso e avrebbe goduto di un po’ di “asciugamento”. E ben giostrato anche il
risvolto giallo. Una buona lettura, anche se quei momenti un po’ lenti non mi
permettono di collocarla proprio ai vertici. Apprezzo comunque qualche buono
spunto, come il rispetto per la legalità insita nell’anima protestante svedese.
Quella che consente a qualsiasi cittadino di chiedere informazioni sulla
corrispondenza di un ministro. O di ricevere le informazioni dei passaporti di
altre persone, in quanto documenti pubblici. Certo, qualche risvolto di
“solitudine” si sente in quelli che a volte vivono a -29°. Ma sono soddisfatto,
e se ne riprenderà il filo quando anche gli altri usciranno in economica.
“Mi piacerebbe avere una vita come la sua …
Sentirmi a casa da qualche parte.” (64)
“Se due persone devono vivere la loro vita
insieme devono essere d’accordo entrambe.” (301)
Håkan Nesser “Carambole” TEA euro 8,60
[in: 01/06/2010 – out: 05/02/2011]
[tit. or.: Carambole; ling. or.: svedese; anno 2006]
L’ultima avventura pubblicata in
Italia del commissario Van Veeteren (o meglio ex-commissario). Non essendo
svedesofilo ho solo un dubbio di traduzione del titolo. È plurale o singolare?
Cambia abbastanza il senso del messaggio nesseriano. Ormai abbiamo seguito
tutta la parabola del commissario, nato per caso dalla penna di questo
sessantenne pesce svedese (21 febbraio 1950, casualità?) mentre insegnava
lettere al liceo. Abbiamo visto il commissario muoversi nella cittadina di
Maardam, porsi le prime domande ed affinare il suo metodo di lavoro per
accumulazione di informazioni e per ragionamenti. Anche se alcuni passaggi
della storia del commissario sono monchi (la solita cattiveria dei distributori
– traduttori italiani che lavorano saltando passi vari dei libri che l’autore
pubblica), a poco a poco conosciamo la cerchia dei suoi aiutanti, tra cui
l’ottimo Reinhardt. Ed il rapporto con i figli, conflittuale soprattutto con il
maschio. La solitudine. Poi la scoperta dell’amore per la dolce Ulrike, e la
decisione di lasciare la polizia per lavorare in una libreria (ah, come ti
capisco, Van!). Ora in questo capitolo, più o meno finale, Van Veeteren entra
poco nel corpo dell’inchiesta, anche se, per contro, ne è uno dei cardini.
Infatti, il morto ammazzato è suo figlio Erik. E qui rientra la questione del
titolo. Perché, se come si dice la nostra vita è una palla di biliardo che
scivola inconsapevolmente sul tappeto verde, scontrandosi a volte con altre
palle, a volte questo scontro produce un effetto a catena, una carambola che si
ripercuote su tante altre palle. E così si carambola tra la morte del ragazzo
travolto da un pirata, la morte di Erik, quella di Vera l’infermiera, e… Beh,
qualche punto di sospensione va lasciato altrimenti narro troppo la trama. Una
trama che però si trascina stancamente. Che Van Veeteren è, ed è ovvio, troppo
preso all’analisi del proprio dolore (mai ci si riprenderà, comunque, dalla
morte di un figlio?) per diventare motore della storia. Le parentesi dedicate
all’uccisore sono un po’ deboli. E la polizia, senza il commissario come motore
e riferimento, rimane a brancolare nel buio per pagine e pagine. Da una parte
si capisce che Van Veeteren è arrivato al capolinea, anche se l’odissea della
cittadina di Maardam avrà altri capitoli (so dalla biografia di Nesser che, ad
esempio, uscirà un romanzo con protagonista l’ispettrice Ewa Moreno una delle
aiutanti di Van Veeteren). Dall’altra questo capolinea è troppo pieno di dolore
per risultare scorrevole. Nel complesso, è comunque un buon romanzo, anche se
non un giallo intenso. Soluzioni e scioglimenti sono prevedibili e previsti.
Rimane tutta l’analisi del rapporto con una persona che muore ed alla quale si
sarebbe dovuto (si dovrebbe?) dire molto di più. Rimpianti che tutti
consociamo. Gli anni successivi vedranno Nesser alle prese con una diversa saga
poliziesca, che ruota intorno ad altri personaggi. Vedremo che ne uscirà.
“I vivi devono curarsi gli uni degli altri, pensò. La cosa peggiore è
morire senza aver vissuto.” (190)
“Da qualche parte aveva letto che un uomo deve fare tre cose nel corso
della sua esistenza. Crescere un figlio, scrivere un libro e piantare un
albero.” (190)
“A quattordici anni … vediamo il mondo con chiarezza perfetta. Poi
devono passare altri cinquant’anni prima che riusciamo a trovare un linguaggio
con cui fissare queste impressioni.“ (263)
Åsa Larsson “Tempesta solare” Marsilio euro
12 (in realtà, scontato 9 euro)
[in: 20/06/2010 – out:
12/02/2011]
[tit. or.: Solstorm; ling. or.: svedese; anno 2003]
L’ho preso incuriosito dal grande
battage pubblicitario che negli ultimi tempi, spinti da Millennium, ha portato
alla ribalta il giallo svedese come elemento di punta di questo settore. E
quindi eccoci qui, con un’autrice svedese, un giallo, ed un personaggio che si
annuncia protagonista di altre storie, l’avvocato Rebecka Martinsson. Devo
dire, prima di entrare nel merito, che questo spunto iniziale è stato il più
disatteso. È senza dubbio un giallo decente, con alcune punte di interesse
(innanzi tutto sul colore locale), ma niente di più. Non è un caso che mentre
nei paesi anglofoni e in Italia subito a ruota, i gialli svedesi siano
pubblicati a spron battuto, nell’altra grande nazione del noir, la Francia, si
vadano centellinando senza troppa enfasi. Ad esempio, mi risulta pubblicato
solo uno dei gialli della Larsson (a proposito, non ha nessuna parentela con
Stieg). Ma veniamo al romanzo. La 45enne scrittrice, come tutti gli scrittori, ma
qui in modo più palese, parte dalle sue esperienze per tessere la trama che
stiamo leggendo. Åsa, infatti, ha fatto l’avvocato fiscalista prima di
cominciare a scrivere a tempo pieno. Inoltre, sebbene nata ad Uppsala, è
vissuta a Kiruna, nella Lapponia artica, dove forte e radicato è il Laestadianesimo,
un movimento luterano conservatore. Ebbene, la nostra Rebecka è avvocato
fiscalista, nata a Kiruna e fuggita ad Uppsala per lasciarsi alle spalle le
rigidità religiose dei luterani lapponi. Ma da Stoccolma viene richiamata a
Kiruna dalla morte violenta di Viktor, un famoso predicatore locale, suo
coetaneo e amico di gioventù. Da qui si diparte la storia, tutta intessuta e
legata alla realtà della Lapponia svedese: i freddi intensi, le amicizie con
gli animali (soprattutto i cani), le strette connessioni di vita in una realtà
numericamente esigua. Tra qualche flash-back ben riuscito e la collaborazione
con il responsabile della polizia, l’ispettrice Anna-Maria Mello, la nostra
Rebecka viene a capo dell’intricata vicenda (anche se il giallo è un po’ lieve
come tessuto) lasciandoci intravedere la possibilità di ulteriori puntate.
Quindi un po’ deluso dalle aspettative, rimango interessato alle prospettive.
Le atmosfere sono buone, vengono rese con efficacia i momenti di vita di questa
lontana e sperduta Kiruna (la città più a nord di tutta la Svezia), un po’ come
antropologicamente si possono leggere le storie dell’islandese Indridason. Ma
non c’è lo spessore di un Mankell o di una Marklund. Speriamo meglio in altre
prove.
Essendo inoltre la prima trama di
giugno, come i miei amati lettori sanno, riporto l’elenco delle letture e dei
gradimenti del mese di marzo, finora uno dei più densi, cominciato in sordina,
risollevato da Haruki e da alcuni classici, precipitato con dei gialli orrendi,
e riscattato nel finale da due grandissimi (Barbero e Saramago).
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
J
|
1
|
Lorenzo Licalzi
|
Non so
|
Fazi
|
9,50
|
3
|
2
|
Edith
Wharton
|
L'età
dell'innocenza
|
Repubblica Novecento
|
4,90
|
3
|
3
|
Truman
Capote
|
Colazione
da Tiffany
|
Repubblica Novecento
|
4,90
|
3
|
4
|
Irène Némirovsky
|
Ida
|
Folio
|
2,20
|
2
|
5
|
Petros Markaris
|
La balia
|
Bompiani
|
9,50
|
3
|
6
|
Stefan Zweig
|
Storia di una caduta
|
Adelphi
|
10
|
3
|
7
|
Vitaliano
Brancati
|
Don
Giovanni in Sicilia
|
Repubblica Novecento
|
4,90
|
2
|
8
|
Francesco Guccini & Loriano
Macchiavelli
|
Macaronì
|
Mondadori
|
9
|
3
|
9
|
Luis
Sepúlveda
|
Un
nome da torero
|
Repubblica Giallo
|
5,90
|
3
|
10
|
Leo Perutz
|
Dalle nove alle nove
|
Adelphi
|
s.p.
|
2
|
11
|
Raymond
Chandler
|
Il
grande sonno
|
Repubblica Giallo
|
5,90
|
4
|
12
|
Arnaldur Indriadson
|
Un corpo nel lago
|
TEA
|
9
|
3
|
13
|
Murakami Haruki
|
Norwegian Wood
|
Einaudi
|
12
|
4
|
14
|
Graham Greene
|
L'americano tranquillo
|
Repubblica Novecento
|
4,90
|
4
|
15
|
Patricia Cornwell
|
Calliphora
|
Mondadori
|
9,50
|
1
|
16a
|
Andrea Novelli & Gianpaolo
Zarini
|
Per esclusione 1°
|
Mondadori
|
4,20
|
1
|
16b
|
Andrea Novelli & Gianpaolo
Zarini
|
Per esclusione 2°
|
Mondadori
|
4,20
|
1
|
17
|
Alessandro Barbero
|
Benedette guerre
|
Laterza
|
10
|
4
|
18
|
Jean-Paul
Sartre
|
La
nausea
|
Repubblica Novecento
|
4,90
|
2
|
19
|
José Saramago
|
Il vangelo secondo Gesù Cristo
|
Feltrinelli
|
9,50
|
4
|
Allora biglietti e anticipi per
il Sudamerica sono arrivati, quindi il 26 giugno si parte (corna facendo). Per
il resto qualche stacco qua e là, ma bisogna chiudere il progetto europeo, e,
come direbbe il vecchio Churchill, saranno “effort, blood, sweat and tears”.
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