sabato 5 maggio 2012

Agosto in giallo classico - 03 agosto 2011

Per molti (ma non tutti) cominciano le ferie agostane, quindi dedichiamoci a qualcosa di più leggero, anche se, come riportato nel titolo, sempre nel solco del classico. Due sono proprio classici, e di autori robusti: lo pseudonimo dei cugini in arte Ellery Queen e la nascita del mito di Chandler. L’altro, seppure autore poliedrico, è un sentito omaggio al recente giro sudamericano.
Ellery Queen “Il re è morto” Repubblica Giallo euro 5,90
[in: 2005 – out: 08/02/2011]
[tit. or.: The King is dead; ling. or.: inglese; anno 1952]
Un giallo classico, di buona fattura e di robusto autore (o meglio autori, visto che Ellery Queen è lo pseudonimo adottato dai cugini Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee). Prima di entrare nello specifico, parto di tangente per segnalare un merito che ha avuto questo libro nel colmare una mia lacuna. Ellery visita ad un certo punto un appartamento con una collezione vastissima di dischi di tutti i generi, anche autori “moderni” e ne elenca un dotto numero. L’unico che non conoscevo è tale Toch. Visto che non si è curiosi a caso, ne cerco informazioni e, assai sorprendentemente, trovo invece che dovrei conoscerlo. È, infatti, l’inventore del “canto-parlato” di cui la sua opera migliore è la “Fuga Geografica”, quella che inizia invocando “Ratibor”, e che non è altro che la parte finale dello spettacolo di Rosa! Ah, che intreccio. Torniamo al testo. Intanto la difficile traduzione del titolo. Non perché non sia tradotto giusto. Ma tutta la storia si basa sulle minacce di morte che riceve il perno del romanzo, che, ricco sfondato, gestore di azioni e aziende, si fa chiamare … King. I nostri due cugini organizzano al solito un bel montaggio di attività e preparativi (fisici e psicologici) per arrivare al dubbio ed al giallo. Tale King vive la maggior parte del tempo sulla sua isola privata, con i suoi due fratelli (Abel e Judah), la moglie Karla ed uno stuolo di scienziati, militari e medici, ed altro. Riceve una minaccia di morte che lo avverte dove e come sarà ucciso. La bellezza del mistero è che, a quell’ora ed in quel momento, King si troverà in una stanza chiusa e blindata. Il resto (cioè tutta la prima parte) è un po’ noiosa e stanchina. Sì, serve ad introdurre i personaggi. A convincere Ellery ed il padre Ispettore di rimanere sull’isola per scoprire il mistero. Ma prende poco. Già un omicidio su di un’isola è di difficile gestione (bisogna avere abilità per non cadere in tranelli vari). Poi, l’omicidio in una stanza chiusa è uno dei primi eponimi del giallo. Un omicidio (o tentativo, certo non ve lo dirò io), in una stanza chiusa in un’isola è una specie di elevazione al quadrato del problema. Ma tolta appunto la prima parte farraginosa, la seconda metà è scorrevole, piena di domande, di soluzioni, e di contro-soluzioni. Alla fine il buon Ellery troverà il filo tenue dell’intricata matassa, e proverà a seguirlo ed a scioglierlo. Il finale è di buon livello, dove tutti i nodi che si sono accumulati per strada trovano il modo di essere sciolti e dispiegati. Con una punta di cinismo finale, che tuttavia non guasta, e lo rende un po’ più attuale della sua età. Ma si sa noi anziani, quando ci si mantiene in forma, sembriamo sempre molto più atletici dell’età anagrafica. Che gli anni sono quelli che si mostrano, non quelli che si hanno. Qui un po’ ci sono, ma meno dei quasi sessanta anagrafici. Ed è sempre un piacere leggere il buon Queen (evito di fare battute scontate su di uno scrittore che si firma Queen e che scrive un libro che si chiama King, e tutto nell’anno della morte di Re Giorgio VI e dell’ascesa al trono di Elisabetta II, che è vero sono inglesi, ma sempre affascinavano i nostri cugini americani un po’ snob).
Luis Sepúlveda “Un nome da torero” Repubblica Giallo euro 5,90
[in: 2004 – out: 12/03/2011]
[tit. or.: Nombre de torero; ling. or.: spagnolo; anno 1994]
Ne lessi i primi capitoli anni fa in un casale reatino, ma mi fermai al terzo. Poi non era mio e lo lasciai lì. Ora, dalla biblioteca della mamma, l’ho ripreso, e non mi sono fermato sino alla fine. Seppur pubblicato nella mega collana di Repubblica “Le strade del giallo”, lo ritengo tutto (o almeno tanto) ma non un giallo. C’è un po’ di suspense, si thrillereggia un po’, ma non è quello (per me) il nodo del romanzo. Il nodo sta nel crollo delle certezze del mondo post-89, e nella sua ricostruzione. Nel crollo degli ideali rivoluzionari e nell’adattarsi all’ora. Ma anche nella critica, sempre ed ovunque in Sepúlveda, di tutti gli –ismi, anche se alcuni vanno anche combattuti, fino in fondo. Ed infine nella solidarietà degli ultimi, vuoi essi gli emarginati di Amburgo o gli sperduti abitanti della Patagonia (e ci si riuscirà un giorno ad andare?). Così, il nostro buon cileno intreccia un po’ di sue storie personali (i desaparecidos cileni in prima linea, ma anche la fuga in Europa, l’odio per i traditori che andavano ai concerti degli Inti Illimani per riconoscere i fuorusciti) con una storia di amicizia e di fuga al contrario, dall’Europa verso la “sua” Patagonia. Molte, un po’ alla maniera delle cantate del Sud, sono le storie che si affacciano alle pagine. Trafilata vediamo la storia di amicizia tra lo sfortunato Ulrich che non riesce a scappare dalla Germania Est ed il riflessivo Hans che fugge con il bottino, ma che preferirà vivere del suo aspettando il ritorno di Ulrich. Poi la storia di Frank, ex-spia della Stasi che non riesce a riciclarsi nel nuovo mondo. E quella di Juan (il Sepúlveda mascherato) che cercherà di risolvere l’inseguimento ad Hans, a Frank e a tutto il suo passato, solo per amore di quella Veronica costretta all’autismo dalla brutalità pinochettiana (e non svelo nulla, che tutto viene detto nelle prime pagine). Con quel leit-motiv del nome da torero (perché Juan Belmonte è stato IL torero, quello che ha portato la tauromachia nell’era moderna ed è stato UNO degli interpreti di ‘Morte nel pomeriggio’ di Hemingway), che non viene mai portato fino in fondo, ma sempre lasciato un po’ lì, sospeso. In fin dei conti, un libro dolente, che gira e rigira intorno ad una ferita ancora aperta, senza riuscire a medicarla fino in fondo. E non un romanzo totalmente riuscito, anche se dignitoso. A me, come accennato sopra, rimarrà ancora negli occhi il desiderio di vedere Ushuaia, Punta Arenas e le praterie della fine del mondo.
“Perdere è una questione di metodo [poi ripreso due anni dopo dall’amico Gamboa per il suo libro]” (20)
“Quando … [sei partito]… non avevi nemmeno un capello bianco, e ora ti ritrovi con la testa di due colori, come se una parte fosse un negativo malamente conservato di quello che eri, e l’altra una copia ancora peggiore di quello che sei” (106)
Raymond Chandler “Il grande sonno” Repubblica Giallo euro 5,90
[in: 2004 – out: 16/03/2011]
[tit. or.: The Big Sleep; ling. or.: inglese; anno 1939]
La nascita di un mito. Chandler ha cinquanta anni ed è al suo primo romanzo. Certo, sono cinque – sei anni che scrive racconti. E la sua vita non è stata “pipe e pantofole” sino ad allora. Americano emigrato in Inghilterra, dove studia e si accosta ai classici, partecipa alla prima guerra mondiale combattendo in Francia, e poi mille altri mestieri di ritorno in America. Da qui, in poi, il successo. Hollywood, fama, denaro, e alcool molto alcool, sino alla morte settantenne per polmonite alla fine degli Anni Cinquanta. Ma è qui, in questo romanzo, che getta le basi non solo della sua fortuna, ma di tutta una letteratura che allora sembrò solo di genere (hard boiled veniva chiamata, per la crudezza delle rappresentazioni della vita quotidiana, le morti, la vita al limite e spesso al di là della legge), ma che riletta attentamente è stata anche giustamente accostata al modernismo. Quel filone di rinnovamento del romanzo mondiale che nei primi 40 anni del secolo scorso aveva come alfieri Pirandello, Kafka, Hemingway, la Woolf e tanti altri. Accostata, che Chandler non è “solo” modernista. Mette in scena quello che vede (e che sente) nei bar e nei bassifondi di Los Angeles, ma anche nelle ville dorate della California con gli stanchi ricchi che non sanno come spendere il loro non sudato denaro. E segue il tutto con gli occhi di un investigatore privato. Non tanto uno che cerca di guadagnarsi la vita inseguendo divorzi e piccole frodi. Ma qualcuno che vive la vita quotidiana della città, ne conosce gli alti e i bassi. E soprattutto, mette in campo questo Philip Marlowe che ci sorprende ad ogni piè sospinto per la presenza di una sua etica. Non diciamo una dirittura morale, che sarebbe impropria, ma un’etica sì, basata sul rispetto del cliente, sulla convinzione che, pur esistendo un lato in ombra in ognuno, non si possa andare oltre un certo limite. Ed imbastisce una storia, forse datata in alcune parti, ma certo molto meno confusa, leggendola, di quello che se ne dice senza conoscerla. O conoscendo solo i suoi risvolti cinematografici. Certo, Marlowe è molto Bogart, con l’impermeabile beige e la sigaretta in bocca, e la non curanza con cui guarda una donna senza vestiti ma che non tocca (etica, etica, ed altro). Ma, per me, è anche stemperato da una punta di Elliot Gould, piuttosto che intristito nella vecchiaia di Robert Mitchum. E molta della confusione viene proprio dal film, che, sì, è quello confuso, perché nel film vengono fusi due romanzi di Chandler, e se ne affida la sceneggiatura a quel mostro di bravura letteraria che era William Faulkner. E viene messa più in positivo di quanto sia nel libro la figura di Vivian, che è stupendamente interpretata da Laureen Bacall, al tempo del film ancora moglie di Humphrey. Con l’invenzione del finale pirotecnico della morte del cattivo Eddie Mars. Tutto questo non c’è nel libro. Che parte dalla ricerca della soluzione di un ricatto ai danni del padre di Vivian da parte di Marlowe, prosegue con la ricerca dello scomparso marito di Vivian stessa, e con la soluzione di questi due misteri. Certo, compare Eddie Mars, che comunque è il re dei cattivi di Los Angeles, e compare la lotta senza quartiere tra lui e Marlowe. Ma qui, nel libro, non si va oltre la soluzione dei misteri proposti. Lasciando ad altri libri cosa succederà, forse, dopo. Nel libro non possiamo far altro che seguire Marlowe che, passo dopo passo, svela le magagne che si presentano, fa un po’ il buon samaritano con la bionda che si sta perdendo ma forse no, beve a tutto spiano. E seguiamo l’uso sapiente del dialogo, questo puro elemento di novità che Chandler maneggia benissimo, un po’ sulla falsariga di come scriveva il giovane Hemingway (che aveva 10 anni meno di lui). E l’uso asciutto delle descrizioni, un po’ paradossali ma efficaci (come quella che cito sotto), inseguendo le citazioni trasversali che l’intellettuale Chandler mette qua e là, anche se pochi se ne accorsero al tempo. Come, quando, mirabilmente, per spiegare il comportamento poco ortodosso della sorellina Carmen, risponde, mozartianamente, “Così fan tutte”.
“Un uomo grasso, di mezza età, con un paio di occhi color cielo che si ingegnavano a far passare una mancanza d’espressione per un’aria amichevole.” (107)
Essendo incontrovertibilmente la prima trama agostana, vi peccate immediatamente anche l’elenco dei libri di maggio, un mese superaffollato di letture, di un buon livello medio. Si era appena al ritorno dagli ozi maldiviani, già in pensiero per l’organizzazione sudamericana. A parte alcune buone letture di classico stampa (Sciascia e Simenon su tutti), il resto è un po’ scivolato.

#
Autore
Titolo
Editore
Euro
J
1
Marguerite Duras
L'amante
Repubblica Novecento
4,90
3
2
Alexander McCall Smith
44 Scotland Street
TEA
8,60
2
3
Domenico Seminerio
Il cammello e la corda
Sellerio
11
3
4
Erle Stanley Gardner
Perry Mason e la testimone guercia
Repubblica Giallo
5,90
3
5
Yasmina Khadra
La part du mort
Folio
s.p.
2
6
Stéphane Hessel
Indigantevi!
add editore
5
3
7
Leonardo Sciascia
A ciascuno il suo
Repubblica Novecento
4,90
4
8
Mark Crick
La zuppa di Kafka
Ponte alle Grazie
10
2
9
Amin Maalouf
Le Premier Siècle après Béatrice
Livre de Poche
4,95
2
10
Georges Simenon
L'uomo che guardava passare i treni
Repubblica Novecento
4,90
4
11
Andrew Sean Greer
La storia di un matrimonio
Adelphi
10
3
12
Laura Grimaldi
La colpa
Mondadori
4,20
3
13
Dashiell Hammett
Il falco maltese
Repubblica Giallo
5,90
3
14
Georges Simenon
Il cane giallo
Repubblica Giallo
5,90
4
15
Patricia Cornwell
Predatore
Mondadori
9,50
3
16
Arnaldur Indridason
Un grande gelo
TEA
9
3
17
Elizabeth Peters
Il faraone assassino
TEA
8,60
2
18
Erri De Luca
Penultime notizie circa Ieshu/Gesù
Edizioni Messaggero Padova
5
3
E vediamo se si riesce a finire l’organizzazione di un altro viaggio per il freddo Nord. Avventure continua a propormi viaggi di stampo marocchino, ma credo che per ora sia abbastanza.

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