Yasmina Khadra “Le quator algérien” Folio
euro 10,90
[in: 13/02/2010 – out: 12/05/2011]
[tit. originale; ling. or.: francese; anno 2008]
Ho impiegato 15 mesi per
affrontare, leggere e digerire le quasi mille pagine del libro definitivo di
Khadra sulla vita e le opere del commissario di polizia Brahim Llob. Non ne
sono, alla fine, entusiasta come pensavo. Yasmina Khadra (che in arabo vuol
dire “gelsomino verde”) è lo pseudonimo scelto dall’allora ufficiale
dell’esercito algerino Mohammed Moulessehoul (nato in pieno Sahara algerino nel
1955), per denunciare lo stato di insopportabile terrore che si stava vivendo
negli anni Novanta in Algeria. Mohammed costruisce il suo alter-ego, il
commissario Llob, dandogli alcune delle sue caratteristiche (Llob fa parte di
chi dovrebbe mantenere l’ordine, ma non ci riesce, e scrive libri). Inizia così la saga algerina
con “Morituri”, subito seguito da “Doppio bianco”. Dopo aver concluso la
trilogia con “L’autunno delle chimere”, per alcuni anni si rifugia in Francia,
dopo essersi dimesso dall’esercito. Da lì inizia una nuova serie di romanzi,
incentrati maggiormente sul dialogo tra sordi che oppone Oriente ed Occidente.
Nel 2004, riprende in mano il commissario, e scrive “La part du mort”, dove racconta
gli avvenimenti, precedenti a Morituri, e che hanno portato alla nascita del
clima algerino degli anni ’90. Ora le edizioni Folio hanno riunito i quattro
libri. Io li ho letti in ordine di scrittura e non di cronologia degli
avvenimenti, e così ne parlo qui di seguito. Il sentimento generale è sì di
rabbia, impotenza e volontà di ribellione, ma alla fine, proprio il quarto
libro mi ha fatto diminuire il peso complessivo dell’operazione Llob. Mentre i
primi tre sono forti, violenti e sentiti sulla pelle, nel quarto le cose si
dilatano, si cerca di spiegare, spiegare, spiegare, ma non c’è più rabbia, c’è
solo testa, ed alla fine tra i tanti nomi e le tante rivelazioni e
contro-deduzioni, ci si sente un po’ lontani dal nodo del problema. Io
prenderei la trilogia così com’è, e poi la affiancherei con “Le rondini di
Kabul” o “L’attentatrice” o qualche altro libro che ci potrà suggerire la
nostra cara Rosellina. Ma passiamo a vedere i vari libri del cofanetto.
Yasmina Khadra “Morituri” Folio (secondo
libro per cronologia di avvenimenti)
[in: 13/02/2010 – out: 20/04/2011]
[tit. originale; ling. or.: francese; anno 1997]
È
il primo capitolo della saga (il primo scritto) quello dove impariamo a
conoscere i personaggi chiave della vicenda. Innanzitutto, il commissario di
polizia Brahim Llob, onesto, spaesato in un paese preda della violenza. La sua
famiglia, soprattutto l’amata moglie Mina, che dall’ombra lo sostiene in tutte
le sue scelte (e che quando si farà difficile la vita ad Algeri, tornerà nel
natio Sahara). Ed il suo assistente Lino, alla ricerca della donna della sua
vita, ma, soprattutto, sempre pronto a seguire Llob in tutte le sue ricerche
della “verità”. Siamo in una Algeri
spaventata, dove dominano la mafia, i grandi papaveri senza scrupoli, assassini
fanatici, il cinismo e gli intrighi finanziari. Chi gestisce questo? Llob segue
passo dopo passo una prima ed una seconda morte, fino a trovare un bandolo
dell’oscura matassa. Come se in fondo al pozzo dell’orrore ci fosse una speranza
che torna a splendere. Ma riuscirà la legalità a far uscire la speranza dal
pozzo? Questo l’interrogativo che sino alle ultime righe ci porteremo dietro.
La capacità di Khadra è, fin da questo primo libro, quella di sorridere ancora,
anche in presenza dell’orrore, con un umorismo che disarma la cattiveria. Con
questo libro si scopre immediatamente l’Algeria degli anni Novanta, quella dei
massacri a ripetizione perpetrati dalla GIA, che stanno facendo annegare uno
dopo l’altro i sogni portati dall’indipendenza degli anni sessanta. Ma Khadra è
attento a non fare di tutta l’erba un fascio. Che spesso (e non solo in
Algeria) si usano i violenti per mascherare trame di potere a ben altri livelli
ordite (qualcuno ricorda il ’69 italiano?). Khadra dice di aver scritto di
getto il romanzo, durante una depressione a seguito di un attentato micidiale
in città. E possiamo crederci, che la scrittura, qui, è potente e senza freni.
“La
vraie carrier d’un homme c’est sa famille. Celui qui réussi dans la vie est
celui-là qui a réussi chez lui. La seule ambition juste et positive est d’être
fier à la maison. Le reste, tout le reste n’est que tape-à-l’œil, fuite en
avant, diversion. » [La carriera vera di un uomo è la sua famiglia. Colui che è riuscito nella
vita è chi si è realizzato a casa sua. L'unica ambizione giusta e positiva è di
essere orgoglioso a casa propria. In caso contrario, tutto il resto è apparenza,
fuga in avanti, un diversivo.] (506)
« Les
gens n’aiment pas que l’on se mette en travers de leur soleil. … Salah Diba le
sait. C’est pourquoi il a choisi de se faire tout petit. Les petits ne font pas
d’ombre. … être petit n’interdit pas de voir grand. … Les petits sont les
derniers à recevoir les tuiles sur la tête et les premiers à se rendre compte
quand la marée monte. En conséquence, ce qu’ils perdent en hauteur, ils le
récupèrent en perspective. » [Alla gente non piace che essere messe
in ombra. ... Salah Diba lo sa. Ecco perché ha scelto di farsi piccolo piccolo.
I piccoli non fanno ombra. ... Essere piccoli non preclude a pensare in grande.
... I piccoli sono gli ultimi a ricevere le tegole sulla testa e i primi a
capire quando sale la marea. Di
conseguenza, ciò che perdono in altezza, lo recuperano in prospettiva.] (582)
Yasmina Khadra “Double Blanc” Folio (terzo
libro per cronologia di avvenimenti)
[in: 13/02/2010 – out: 24/04/2011]
[tit. originale; ling. or.: francese; anno 1997]
Avendo
scoperto che il romanzo poliziesco (il “polar” come dicono nei paesi
francofoni) consente di dire senza mettersi in cattedra, Khadra ne approfitta
pochi mesi dopo “Morituri”, per gettare qualche altro sasso nello stagno
dell’indifferenza verso la situazione algerina. Questa volta sono presi di mira
coloro che se la prendono con gli intellettuali, elemento che ritornerà nei
romanzi più recenti di Mohammed, anche in altri contesti. Un ex-diplomatico,
Ben Ouda, vecchio amico di Llob, viene ucciso in circostanze atroci. Il solo ad
assistere alla vicenda è il suo compagno, il giovane Salem, che poco dopo è
buttato da una finestra del quinto piano di un palazzo. Poche ore dopo, anche Abad
Nasser, professore universitario, subisce la stessa sorte. Leggendo le carte di
Ouda, circolando pian piano negli ambienti intellettuali, Llob, in una Algeri
sempre invasa dal terrore, riesce a ricostruire piccole trame. Piccoli
sotterfugi di qualcuno che, approfittando del clima cupo, cerca di regolare i
propri conti privati, verso chi non lo incensa o non lo ama. E di sorpresa in
sorpresa, facendoci sempre sentire presenti l’angoscia e la paura, si riescono
a risalire le tappe del terrore che si innesta sul terrore e ad arrivare ai
veri mandanti di questi omicidi. Con il solito umorismo a fil di labbra, amaro,
tagliente, e con la certezza che non sarà mai facile, se non si cambiano le
radici, arrivare ad estirpare il male che pervade l’Algeria (e non solo, che
questo sembra un bel paradigma di molti paesi attuali, dove a volte il terrore
è meno apparentemente violento, ma il clima generale è paragonabile). Sono tra
le pagine più vivide che vengono scritte sull’Algeria, anche perché in sincrono
con gli avvenimenti stessi. D’altra parte, a volte sembra che Khadra si
allarghi troppo, e cerchi bersagli altri per le sue frecce. Al solito
folgoranti le battute, botte e risposte intraducibili, intrise di humour
franco-algerino. Per riprendere, infine, il commento iniziale, Khadra dirà che
in realtà un romanzo di Chester Himes (poliziesco contro le angherie della
polizia americana) è altrettanto efficace di un affresco popolare e francese
alla Jean Giono. E sono d’accordo con lui.
Yasmina Khadra “L’automne des chimères”
Folio (quarto libro per cronologia di avvenimenti)
[in: 13/02/2010 – out: 28/04/2011]
[tit. originale; ling. or.: francese; anno 1998]
Uscito
nel 1998, terza e ultima parte delle tribolazioni del commissario Llob è
probabilmente il più disperato tra i primi libri di Khadra. Disperato, come
l'immagine che ci presenta della nazione algerina, catturata nel vortice di una
terribile guerra civile. In un certo senso, l’allora ancora ignoto Khadra si
confessa e si presenta, per chi sappia leggere tra le righe. Si inizia con Llob
che accompagna un amico al villaggio natio, per seppellire un'altra vittima
della guerra civile algerina. Quando torna ad Algeri è convocato al ministero
degli Interni, dove il suo libro - Morituri, scritto sotto lo pseudonimo di
'Yasmina Khadra' è uscito ma ha disgustato l’establishment. Viene messo in
quarantena, con il dilemma scusarsi e mantenere il proprio lavoro o mantenere
il punto sul proprio scritto dove compare la violenta Algeria che ha di
fronte? Tutto il libro è incentrato su
questo dilemma, dove Llob si chiede se può e deve continuare - soprattutto
perché scusarsi significherebbe compromettere i propri principi, ed i principi
sono una delle poche cose che ha. Cercherà consiglio tra i suoi vecchi amici,
anche quelli che hanno fatto carriera saltando il fossato dell’integgerrimità.
Ed è spesso seguito, minacciato, coinvolto (casualmente o volontariamente) in
sparatorie. Solo alla fine sapremo la sua decisione (che non anticipo). Non è
un vero poliziesco, ma anticipa i temi degli scritti successivi, di quelle
denunce di tutte le sordità che continuano a farne un ottimo scrittore anche in
questo nuovo secolo. E mi scuso della lunga citazione sulle razze e le
convinzioni, ma è lì che risiede il nocciolo del pensiero di Khadra. E ci sta
tutto, e sono con lui contro la razza degli Ignobili (come si vedrà nel
libretto di Hessel sull’indignazione).
« Il égrenait ses jours
… sans fard ni fanfare, sans trop de conviction, persuadé que le bonheur – tout
le bonheur – est une simple question de mentalité. » [Trascorreva i
suoi giorni ... senza luci o fanfare, senza troppa convinzione, credendo che la
felicità - tutta la felicità - sia una questione di mentalità] (766)
« Il disait : les races, ce
ne sont pas les Blancs, les Noirs, les Rouges, les Jaunes. Les hommes ne savent
pas apprécier les talents de la nature. Ils font des diversités des partis pris
: ils appellent ça ségrégation. Les races, ce ne sont pas les Arabes, les
Juifs, les Slaves, les Tutsis. Les hommes ne savent pas consulter le Temps. Ils
se contentent d’embrigader des ethnies. En hiérarchisant l’humanité, ils
espèrent racheter leur insignifiance, prendre leur revanche sur leur propre
vulgarité… les races, les vraies, il n’y en a que deux : la race des Braves et
la race des Ignobles ; les gens de Bien et les gens odieux. Depuis la nuit des
temps, elles s’affrontent sans merci, tel est l’équilibre des choses. Elles
étaient là bien avant la Lumière, bien avant les prophéties, et elles
survivront encore à toutes les civilisations. Depuis notre venue au monde, on
nous enseigne la zizanie, on nous détourne de la Vérité. On nous apprend la
haine de l’Autre, la haine de l’Absent et de l’Etranger, en somme une haine
préfabriquée. Et regarde, Brahim, regarde donc. Qui brûle nos écoles
aujourd’hui, qui tue nos frères et nos voisins, qui décapite nos érudits, qui
met à feu et à sang nos jeunes contrées ? Des Extraterrestres, des Malaisiens,
des animistes, des chrétiens?…Ce sont des algériens, rien que des Algériens
qui, il n’y a pas longtemps, chantaient à tue-tête l’hymne national dans les
stades, se portaient massivement au secours des sinistrés, se mobilisaient
admirablement autour des téléthons. Et regarde, maintenant. Te reconnais-tu en
eux? Moi, pas du tout… Les gens de ma race, Brahim, ce sont tous ceux qui, d’un
bout du globe à l’autre, refusent catégoriquement que de pareils monstres
soient pardonnés. » [Diceva: le razze, non sono bianchi, neri, rossi,
gialli. Gli uomini non sanno apprezzare i talenti della natura. Fanno della diversità
degli steccati: la chiamano segregazione. Le razze, non sono arabi, ebrei,
slavi, Tutsi. Gli uomini non sanno vedere il tempo. Essi si limitano a
indottrinare i gruppi etnici. Facendo gerarchie delle razze umane, sperano di
riscattare la loro piccolezza, di prendere la loro rivincita sulle loro
volgarità ... le vere razze sono solo due: la razza dei Bravi e la razza degli
Ignobili, le persone del Bene e le persone odiose. Da tempo immemorabile, si
confrontano senza pace, per cercare un pareggio. Erano lì molto tempo prima della
Luce, molto prima delle profezie, e continuano a sopravvivere in tutte le
civiltà. Fin dal nostro arrivo nel mondo, ci viene insegnata la discordia,
distraendoci dalla verità. Ci viene insegnato l'odio per l'Altro, l'odio verso gli
Assenti e lo Straniero, in breve, un odio prefabbricato. E guarda, Brahim,
basta guardare. Chi brucia le nostre scuole oggi, chi uccide i nostri fratelli
e i nostri vicini, chi decapita i nostri studiosi, chi mette a fuoco e sangue
le nostre città? Alieni, malesi, animisti, cristiani? ... Sono algerini, soltanto
algerini che, non molto tempo fa,
cantando a gran voce l'inno nazionale negli stadi, andavano in massa a prestare
soccorso negli incidenti, si mobilitavano per i telethon. E guarda, ora. Ti
riconosci in loro? Io no ... La gente della mia razza, Brahim, sono tutti
coloro che, da una parte all’altra del globo, rifiutano categoricamente che
questi mostri siano perdonati.] (780)
« La retraite est une nouvelle vie qui
démarre, un retour d’âge époustouflant. Les étalons de race meurent d’orgasme,
mon minet. La vieillesse, c’est pour les bourriques et les canassons. » [La
pensione è una nuova vita che inizia, un cambiamento sorprendente della vita.
Gli stalloni di razza muoiono d’orgasmo, mio caro. La vecchiaia è per gli asini
e i ronzini.] (796)
« La plus raisonnable
façon de servir une cause n’est pas de mourir pour elle, mais de lui
survivre. » [Il modo più ragionevole di servire una causa non è
morire per lei, ma sopravviverle.] (810)
Yasmina Khadra “La part du mort” Folio
(primo libro per cronologia di avvenimenti)
[in: 13/02/2010 – out: 12/05/2011]
[tit. originale; ling. or.: francese; anno 2004]
Sei anni dopo l’autunno, Khadra
ormai è uscito allo scoperto e conosciuto anche con il suo vero nome, e dopo i
primi libri del nuovo corso, ormai l’autore vivente in Francia, ritorna una
storia del commissario Llob. In termini cinematografici, un prequel. Siamo ad
Algeri, anni Ottanta: il commissario Llob (ex combattente della guerra
d'Indipendenza e "pecora nera" in mezzo alla corruzione dilagante)
insegue un pericoloso serial-killer a cui il presidente ha inspiegabilmente
concesso la grazia, e scopre il passato criminale di un mafioso con fama di
eroe nazionale. Non sa di essere manipolato in questo da chi, dietro le quinte,
trama la guerra civile. La prima parte è un po’ moscia, si trascina un po’ a
descrivere le atmosfere algerine, facendoci seguire la storia dello
psicopatico, anche se stentiamo a credere ad un serial killer che non uccide
nessuno o al suo luogotenente un gigolo che non inganna nessuno. Poi, di colpo,
il libro decolla, si pensa di capire la parte poliziesca. L’eroe nazionale Haj
attentato con la pistola di Lino, il luogotenente di Llob, assassini,
inseguimenti. Ricerca delle radici della fortuna di Haj, sparizione di Lino,
apparizione di una giornalista che dice sapere molte cose. E finalmente si va
alle radici, anche dei cosiddetti eroi, sfruculiando negli avvenimenti
immediatamente successivi la fine della guerra d’Indipendenza. Dove molti
cambiano bandiera all’improvviso, ed altri (molti) spariscono altrettanto
all’improvviso. Sembra rileggere quello che avviene alla fine di tante e sanguinose
guerre, piccole e grandi. Cosa successe in Italia, in Francia nel 1945-46? O in
Libano nel ’92? O in Vietnam? O … e tutti potete aggiungere altro. Alla fine
l’ordine delle cose viene ristabilito, e con esso una verità. Ma i fili erano
mossi da ben altre persone, tutto era funzionale a creare un nuovo clima di
instabilità ed insicurezza. Ed il libro (benché Llob abbia lavorato al meglio e
risolto tutto il risolvibile) si chiude amaramente nel 1988. Chi sa cosa
succede dopo capirà. Chi non lo sa, legga comunque il libro. È un bello
spaccato sulla corruzione del potere. Alla fine non ne sono stato soddisfatto.
Per la lunghezza eccessiva, perché non amo le storie prima dell’inizio delle
storie, e perché l’operazione di rimescolare i libri nel cofanetto, senza una
spiegazione adeguata mi ha lasciato molto indispettito. Ma continuerò a voler bene ai gelsomini.
« Le sacrifice n’est
pas de mourir pour quelqu’un ou pour une cause ; je dirai même que c’est,
sans aucun doute, le moins raisonnable des initiatives. Le sacrifice, le vrai,
est de continuer à aimer la vie malgré tout. » [Il sacrificio non è
di morire per qualcuno o per una causa, direi che è, senza dubbio, la meno
ragionevole delle attività. Il vero sacrificio è quello di continuare ad amare
la vita nonostante tutto.] (175)
« Je suis honnête …
envers moi-même. Connaître ses limites, c’est déjà ne pas abuser de soi-même. »
[Io sono onesto … verso me stesso. Conoscere i propri limiti, è già non
abusare di se stessi.] (386)
Settimana di assenze la prossima,
che ce ne andiamo a Bologna sperando di riuscire finalmente a mettere i puntini
su tutte le i che abbiamo lasciato in sospeso. Per fortuna, si avvicina anche
il tempo delle castagne…
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