domenica 6 maggio 2012

Agosto in giallo italiano - 05 agosto 2011

Dopo una puntata di alto giallismo, una puntata di basso e puramente di segnalazione. E proprio perché siamo in estate parliamo di Gialli Mondadori. Da quando Costanzo ne firma la direzione, sono diventati a poco a poco sempre meno leggibili. E quando si pubblicano autori italiani, sembra far in modo di scegliere o qualche cosa di poco sopportabile (tipo Tordi, che, tra l’altro è sceneggiatore per Mediaset) o di abbastanza antico da perdersi nelle nebbie (il libro della Grimaldi). Per non parlare del doppio volume di Novelli e Zarini, che altrove è uscito in un unico libro (e spero che molti NON lo abbiano comperato).
Soffriamo un po’ allora.
Simone Tordi “Luna in Scorpione” Mondadori euro 4,20
[in: 03/09/2010 – out: 12/01/2011]
[tit. orig. Nero Luna e Scorpioni nel cervello; lingua italiano; anno 2010]
La mia solita passione “perversa” verso il giallo italiano, in particolare quello de “Il Giallo Mondadori”, questa volta è stata miseramente punita. Uno dei punti più bassi dello scrivere. Non perché non ci siano degli spunti. Ma è la voglia di “épater les bourgeois” che travolge il buon Simone. Inoltre c’è un grosso calo di qualità da quando Costanzo è direttore della collana. Tordi, inoltre, è uno sceneggiatore di Mediaset (Elisa di Rivombrosa, tanto per citare la sua più nota fatica). Torniamo comunque al libro, che unisce nel titolo i due elementi dei due racconti lunghi che ne costituiscono il corpo. Luna da “Nero Luna”, dove questo non è altro che il cognome dell’ispettore Marco Luna. Il racconto che lo vede protagonista è tutto imperniato sulla sua figura di perno di una squadra anti-crimine, che però (tipo “Uno bianca”) è ben dedita ad attività ai margini ed anche fuori la legge. Luna, in un delirio di onnipotenza, da un lato cerca di risolvere furti ed omicidi, e dall’altro gestisce riciclaggi, spaccio e racket di prostitute. Dov’è il giallo? Assente, perché si risolve nella caccia ad un uccisore di bambine. Tutt’al più nero. Forse fosco. Assistiamo alla squadra che ruba, uccide, commissiona stupri. In un vortice in cui sono tutti cattivi e/o pessimi. Fino allo scontro finale con una banda di spacciatori, capeggiata dal figlio di Luna. E non vi dico come va a finire. Scorpione invece da “Scorpioni nel cervello”, scorpioni che il commissario Mattei alleva in ricordo dei tre figli nati morti dalla moglie. Commissario che per tutto il romanzo ingaggia una lotta senza esclusione di colpi con il cattivo, incarnato nella figura di Don Luca, prete per sbaglio, ma assassino, drogato, legato al clan dei nigeriani, ed altre amene nefandezze. Prete che uccide i barboni a colpi di crocifisso. C’è bisogno di dire altro? Capite anche voi che anche qui cercherà di mettere tutta la cattiveria del mondo. Ma senza forza. Ogni volta con dettagli più crudi così da tirare fuori “la violenza della vita quotidiana”. Ora, ben altri scritti ne hanno tirato fuori orrori e nefandezze. Tratteggiando personaggi reali. Qui, l’unica cosa reale era la pagina che cercavo di girare più in fretta possibile. Nella lotta tra i due, si inserisce poi un assassino seriale (di quelli che mettono il cuore in mano alle vittime…). Lo scritto non scioglie i nodi. Non porta a conclusioni. Serve solo a far vedere quanto Tordi sia bravo a scrivere scene violente. O a descrivere gli incubi del prete o del commissario. Tutto senza che mi muovesse una corda, di empatia, di interesse, o altro. Ripeto, si vede che comunque Tordi si è laureato al DAMS, che sa scrivere. Ma pretende troppo, vorrebbe che si vedessero in controluce, trame intricate, intrecci, psicologismi. Quando al più si torna sempre lì: un buon giallo da stazione, che si compra a Roma e si cestina a Santa Maria Novella. Peccato. In genere, gli autori italiani che ho letto finora hanno sempre avuto un qualcosa da salvare. Qui, no.
Andrea Novelli & Gianpaolo Zarini “Per esclusione 1°” Mondadori euro 4,20
[in: 04/02/2011 – out: 24/03/2011]
Andrea Novelli & Gianpaolo Zarini “Per esclusione 2°” Mondadori euro 4,20
[in: 04/03/2011 – out: 25/03/2011]
[tit. originale; ling. or.: italiano; anno 2008]
Ho riflettuto a lungo se considerarli 2 libri o 1 solo. Alla fine, mi è sembrata più giusta la seconda soluzione, dato che, in effetti, si tratta di un lungo romanzo, uscito in Mondadori in due parti. In genere i libri così hanno le due parti auto-sufficienti. In questo caso, invece, se non si leggono di seguito, non si capisce molto. Quindi, un forte biasimo alla Mondadori, per questa scelta editoriale (e d’altra parte, ho già lanciato i miei strali con il nuovo direttore della collana, Maurizio Costanzo), anche perché il romanzo era uscito in Marsilio in volume unico. In questo modo, chi avesse voluto leggere la fine della storia, ha dovuto spendere 8,40 euro, invece dei classici 4,20 dei Gialli Mondadori. Secondo punto, e fondamentale, a demerito: è proprio una storia banale, scritta onestamente, ma prevedibile e senza pathos. Ma quale thriller gotico! Ed altre panzane. Tra l’altro (tanto per entrare subito nell’irrealtà) un elemento di soluzione (non l’unico) del poliziesco è un acrostico. Peccato, che l’azione si svolge a New York, quindi i personaggi dovrebbero parlare inglese (sono americani), e l’acrostico funziona solo se scritto in italiano! Scarsa coerenza. Questo è un altro degli elementi che mi hanno convinto poco. Un romanzo tutto “americano” scritto da italiani. Avrebbe senso se fosse funzionale a qualcosa. Io invento una situazione, ovunque nel mondo, e voglio comunicare delle idee. Ma qui la scelta è solo funzionale ad inseguire mode ed altre gialle banalità. Rende molto, editorialmente parlando, collegarsi al classico americano. Si mettono in mezzo “profiler”, forse anatomo – patologi alla Scarpetta, ed un po’ di nero, pescando a piene mani nel vasto serbatoio anglo-sassone. Si crea anche un po’ di suspense, facendo credere che il colpevole sia il meno improbabile dei colpevoli. E ci si butta sull’efferato, che colpisce tanto l’immaginario, e fa vendere. Si uccidono bambini, e questo vende (anche se a me ogni volta che ne leggo mi domando non come si fa ad ucciderli, che purtroppo ne vediamo continuamente, ma a scriverne). E si inventa un meccanismo di una perversione unica: il cattivo rapisce due fratelli e chiede ai genitori di scegliere chi salvare (non a caso, verrà chiamato Salomone). Questo potrebbe innescare un filone di riflessioni, ma i nostri autori fortunatamente non ci si avventurano più di tanto. Che laddove lo fanno, riescono a scrivere le pagine più pallose e piene di ovvietà. E tutti i personaggi risentono di questa mira all’effetto e non alla sostanza. La competizione tra i due poliziotti, le amnesie dell’uno, l’immissione di una donna nel team di ricerca. Tutto potrebbe portare ad effetti, a risvolti imprevisti, a situazioni non dico drammatiche, ma quanto meno che tengano sul filo. Ma tutto si risolve in un modo piatto di scriverne, e si arriva alla fine solo perché, anche se senza sussulti, è scritto in maniera scorrevole (a volte questo non è neanche un pregio). Ed alla fine, risolto il risolvibile, mi restano tutti i perché. Perché pubblicarlo in due volumi? Perché ambientarlo a New York? Quale idea, diversa dalla pura costruzione di un meccanismo per far soldi, ci può essere dietro? Quale messaggio, psicologico, o almeno di vita quotidiana, vuole inviare a noi poveri lettori? Il nulla assoluto. Speriamo che la collana si risollevi prima o poi, che le ultime prove mi hanno solo lasciato amaro in bocca. E spero che l’avvocato e l’ingegnere scrivano cose migliori in futuro.
Laura Grimaldi “La colpa” Mondadori euro 4,20
[in: 03/12/2010 – out: 21/05/2011]
[tit. originale; ling. or.: italiano; anno 1990]
Da un po’ di tempo non riprendevo in mano un giallo italiano della Mondadori. Ed è stato carino riprenderlo con una scrittrice, da me non letta, ma che ben conosco quando, a cavallo degli anni settanta, era la responsabile dei mitici Urania. Dopo un lungo percorso, che la porta, fuori da Mondadori, ma sempre sulle ali del giallo, continua ad occuparsi di letteratura (ora con Il Saggiatore) ed a scrivere. Qui troviamo un omaggio che il nuovo direttore della collana (il famigerato Costanzo, di cui ho già tanto parlato male), anche se (come al solito da malcostume) non si cita il fatto che il libro in questione ha ben 20 anni sulle spalle. Di fatti, durante la lettura, c’era un po’ di aria datata, anche se la Grimaldi, dopo anni ed anni di editor, se la cava bene nel lasciare al massimo atmosfere senza tempo. Dal punto di vista generale, non mi viene di considerarlo un “giallo” puro: certo, c’è un morto (anzi una morta), e sembrerebbe anche che qualcuno cerchi che l’ha uccisa. Ben presto (anche per la struttura narrativa che usa la Grimaldi) ci si trova di fronte a due storie parallele: quelle dei fratelli Faliverni. Uno, Alfiero, accusato dell’uccisione di Corinna. L’altro, Aleardo, sospeso tra capire il fratello, cercare la verità, e, soprattutto, cercare sé stesso. Ben presto, per gli adusi del genere, la trama gialla risulta debolina e trasparente. Ma il libro, come detto, parla d’altro. Parla della vita in carcere di Alfiero che aspetta di essere incriminato, e che deve affrontare in carcere molte prove di “sopravvivenza”. E dove arriverà a capire un tipo di mondo che fino ad allora non aveva considerato. Riflessione che sottoscrivo, e che rinforzo: molti aspetti della vita del carcere sono noti solo per “leggende metropolitane”, e lo scoprirle “in vivo” è comunque un trauma, anche se in carcere ci si passa solo da invitati. E parla della vita fuori del carcere di Aleardo, alle prese con una moglie che non ama, con donne che desidera, con un lavoro che lui ama, ma soprattutto con la presenza-assenza del fratello. Quello che era sempre il cocco di mamma, quello bravo a scuola, quello laureato. Mentre lui è quello fuori le righe, che si emargina, che non ha studiato, ma che ora ha questo interessante mestiere di vetraio tra le mani, mestiere che gli riempie la vita. Dicevo della dualità, perché i capitoli sono poi scanditi uno in soggettiva da Aleardo, e l’altro in oggettiva sulla vicenda. La Grimaldi (oltre a qualche stoccata sul carcere) non manca di mandare qualche strale ai magistrati, ai pubblici ministeri e agli avvocati in genere (tutti tesi ai propri interessi, senza quell’anelito alto alla giustizia che sembrerebbe dover essere il motore della legge, e, come ben sappiamo, non lo è). Alla fine, si legge con discreta facilità, e risulta di un decente livello di coinvolgimento. Niente di stratosferico, né da far cambiare il corso dei propri pensieri. Onesto. E questo, di questi tempi, mi sembra un aggettivo da tenere in grande considerazione.
“Non avevo niente di mio da dire. Amavo semplicemente interpretare ciò che altri avevano espresso.” (80)
Per consolarvi, vi segnalo una libro che mi indica Paola da Genova, che non ho letto, ma il cui autore non mi sta molto simpatico. Ma, nel rispetto di tutte le opinioni, non censuro e cito: Mario Vargas Llosa “Avventure della ragazza cattiva”. Giorni di lavoro casalingo e poco riposo e molto caldo. In attesa che finiscano.

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