Dopo una puntata di alto
giallismo, una puntata di basso e puramente di segnalazione. E proprio perché
siamo in estate parliamo di Gialli Mondadori. Da quando Costanzo ne firma la
direzione, sono diventati a poco a poco sempre meno leggibili. E quando si
pubblicano autori italiani, sembra far in modo di scegliere o qualche cosa di
poco sopportabile (tipo Tordi, che, tra l’altro è sceneggiatore per Mediaset) o
di abbastanza antico da perdersi nelle nebbie (il libro della Grimaldi). Per
non parlare del doppio volume di Novelli e Zarini, che altrove è uscito in un
unico libro (e spero che molti NON lo abbiano comperato).
Soffriamo un po’ allora.
Simone Tordi “Luna in Scorpione” Mondadori
euro 4,20
[in: 03/09/2010 – out: 12/01/2011]
[tit. orig. Nero Luna e Scorpioni nel cervello; lingua italiano; anno 2010]
La mia solita passione “perversa”
verso il giallo italiano, in particolare quello de “Il Giallo Mondadori”,
questa volta è stata miseramente punita. Uno dei punti più bassi dello
scrivere. Non perché non ci siano degli spunti. Ma è la voglia di “épater les
bourgeois” che travolge il buon Simone. Inoltre c’è un grosso calo di qualità
da quando Costanzo è direttore della collana. Tordi, inoltre, è uno
sceneggiatore di Mediaset (Elisa di Rivombrosa, tanto per citare la sua più
nota fatica). Torniamo comunque al libro, che unisce nel titolo i due elementi
dei due racconti lunghi che ne costituiscono il corpo. Luna da “Nero Luna”,
dove questo non è altro che il cognome dell’ispettore Marco Luna. Il racconto
che lo vede protagonista è tutto imperniato sulla sua figura di perno di una
squadra anti-crimine, che però (tipo “Uno bianca”) è ben dedita ad attività ai
margini ed anche fuori la
legge. Luna , in un delirio di onnipotenza, da un lato cerca
di risolvere furti ed omicidi, e dall’altro gestisce riciclaggi, spaccio e
racket di prostitute. Dov’è il giallo? Assente, perché si risolve nella caccia ad
un uccisore di bambine. Tutt’al più nero. Forse fosco. Assistiamo alla squadra
che ruba, uccide, commissiona stupri. In un vortice in cui sono tutti cattivi
e/o pessimi. Fino allo scontro finale con una banda di spacciatori, capeggiata
dal figlio di Luna. E non vi dico come va a finire. Scorpione invece da
“Scorpioni nel cervello”, scorpioni che il commissario Mattei alleva in ricordo
dei tre figli nati morti dalla moglie. Commissario che per tutto il romanzo
ingaggia una lotta senza esclusione di colpi con il cattivo, incarnato nella
figura di Don Luca, prete per sbaglio, ma assassino, drogato, legato al clan
dei nigeriani, ed altre amene nefandezze. Prete che uccide i barboni a colpi di
crocifisso. C’è bisogno di dire altro? Capite anche voi che anche qui cercherà
di mettere tutta la cattiveria del mondo. Ma senza forza. Ogni volta con
dettagli più crudi così da tirare fuori “la violenza della vita quotidiana”.
Ora, ben altri scritti ne hanno tirato fuori orrori e nefandezze. Tratteggiando
personaggi reali. Qui, l’unica cosa reale era la pagina che cercavo di girare
più in fretta possibile. Nella lotta tra i due, si inserisce poi un assassino
seriale (di quelli che mettono il cuore in mano alle vittime…). Lo scritto non
scioglie i nodi. Non porta a conclusioni. Serve solo a far vedere quanto Tordi
sia bravo a scrivere scene violente. O a descrivere gli incubi del prete o del
commissario. Tutto senza che mi muovesse una corda, di empatia, di interesse, o
altro. Ripeto, si vede che comunque Tordi si è laureato al DAMS, che sa
scrivere. Ma pretende troppo, vorrebbe che si vedessero in controluce, trame
intricate, intrecci, psicologismi. Quando al più si torna sempre lì: un buon
giallo da stazione, che si compra a Roma e si cestina a Santa Maria Novella.
Peccato. In genere, gli autori italiani che ho letto finora hanno sempre avuto
un qualcosa da salvare. Qui, no.
Andrea Novelli & Gianpaolo Zarini “Per
esclusione 1°” Mondadori euro 4,20
[in: 04/02/2011 – out: 24/03/2011]
Andrea Novelli & Gianpaolo Zarini “Per
esclusione 2°” Mondadori euro 4,20
[in: 04/03/2011 – out: 25/03/2011]
[tit. originale; ling. or.: italiano; anno 2008]
Ho riflettuto a lungo se
considerarli 2 libri o 1 solo. Alla fine, mi è sembrata più giusta la seconda
soluzione, dato che, in effetti, si tratta di un lungo romanzo, uscito in
Mondadori in due parti. In genere i libri così hanno le due parti
auto-sufficienti. In questo caso, invece, se non si leggono di seguito, non si
capisce molto. Quindi, un forte biasimo alla Mondadori, per questa scelta
editoriale (e d’altra parte, ho già lanciato i miei strali con il nuovo
direttore della collana, Maurizio Costanzo), anche perché il romanzo era uscito
in Marsilio in volume unico. In questo modo, chi avesse voluto leggere la fine
della storia, ha dovuto spendere 8,40 euro, invece dei classici 4,20 dei Gialli
Mondadori. Secondo punto, e fondamentale, a demerito: è proprio una storia
banale, scritta onestamente, ma prevedibile e senza pathos. Ma quale thriller
gotico! Ed altre panzane. Tra l’altro (tanto per entrare subito nell’irrealtà)
un elemento di soluzione (non l’unico) del poliziesco è un acrostico. Peccato,
che l’azione si svolge a New York, quindi i personaggi dovrebbero parlare
inglese (sono americani), e l’acrostico funziona solo se scritto in italiano!
Scarsa coerenza. Questo è un altro degli elementi che mi hanno convinto poco.
Un romanzo tutto “americano” scritto da italiani. Avrebbe senso se fosse
funzionale a qualcosa. Io invento una situazione, ovunque nel mondo, e voglio
comunicare delle idee. Ma qui la scelta è solo funzionale ad inseguire mode ed
altre gialle banalità. Rende molto, editorialmente parlando, collegarsi al
classico americano. Si mettono in mezzo “profiler”, forse anatomo – patologi
alla Scarpetta, ed un po’ di nero, pescando a piene mani nel vasto serbatoio
anglo-sassone. Si crea anche un po’ di suspense, facendo credere che il
colpevole sia il meno improbabile dei colpevoli. E ci si butta sull’efferato,
che colpisce tanto l’immaginario, e fa vendere. Si uccidono bambini, e questo
vende (anche se a me ogni volta che ne leggo mi domando non come si fa ad
ucciderli, che purtroppo ne vediamo continuamente, ma a scriverne). E si
inventa un meccanismo di una perversione unica: il cattivo rapisce due fratelli
e chiede ai genitori di scegliere chi salvare (non a caso, verrà chiamato
Salomone). Questo potrebbe innescare un filone di riflessioni, ma i nostri
autori fortunatamente non ci si avventurano più di tanto. Che laddove lo fanno,
riescono a scrivere le pagine più pallose e piene di ovvietà. E tutti i
personaggi risentono di questa mira all’effetto e non alla sostanza. La
competizione tra i due poliziotti, le amnesie dell’uno, l’immissione di una
donna nel team di ricerca. Tutto potrebbe portare ad effetti, a risvolti
imprevisti, a situazioni non dico drammatiche, ma quanto meno che tengano sul
filo. Ma tutto si risolve in un modo piatto di scriverne, e si arriva alla fine
solo perché, anche se senza sussulti, è scritto in maniera scorrevole (a volte
questo non è neanche un pregio). Ed alla fine, risolto il risolvibile, mi
restano tutti i perché. Perché pubblicarlo in due volumi? Perché ambientarlo a
New York? Quale idea, diversa dalla pura costruzione di un meccanismo per far
soldi, ci può essere dietro? Quale messaggio, psicologico, o almeno di vita
quotidiana, vuole inviare a noi poveri lettori? Il nulla assoluto. Speriamo che
la collana si risollevi prima o poi, che le ultime prove mi hanno solo lasciato
amaro in bocca. E spero che l’avvocato e l’ingegnere scrivano cose migliori in futuro.
Laura Grimaldi “La
colpa” Mondadori euro 4,20
[in: 03/12/2010 – out: 21/05/2011]
[tit. originale; ling. or.: italiano; anno 1990]
Da un po’ di tempo non riprendevo
in mano un giallo italiano della Mondadori. Ed è stato carino riprenderlo con
una scrittrice, da me non letta, ma che ben conosco quando, a cavallo degli
anni settanta, era la responsabile dei mitici Urania. Dopo un lungo percorso,
che la porta, fuori da Mondadori, ma sempre sulle ali del giallo, continua ad
occuparsi di letteratura (ora con Il Saggiatore) ed a scrivere. Qui troviamo un
omaggio che il nuovo direttore della collana (il famigerato Costanzo, di cui ho
già tanto parlato male), anche se (come al solito da malcostume) non si cita il
fatto che il libro in questione ha ben 20 anni sulle spalle. Di fatti, durante
la lettura, c’era un po’ di aria datata, anche se la Grimaldi, dopo anni ed
anni di editor, se la cava bene nel lasciare al massimo atmosfere senza tempo.
Dal punto di vista generale, non mi viene di considerarlo un “giallo” puro:
certo, c’è un morto (anzi una morta), e sembrerebbe anche che qualcuno cerchi
che l’ha uccisa. Ben presto (anche per la struttura narrativa che usa la
Grimaldi) ci si trova di fronte a due storie parallele: quelle dei fratelli
Faliverni. Uno, Alfiero, accusato dell’uccisione di Corinna. L’altro, Aleardo,
sospeso tra capire il fratello, cercare la verità, e, soprattutto, cercare sé
stesso. Ben presto, per gli adusi del genere, la trama gialla risulta debolina
e trasparente. Ma il libro, come detto, parla d’altro. Parla della vita in
carcere di Alfiero che aspetta di essere incriminato, e che deve affrontare in
carcere molte prove di “sopravvivenza”. E dove arriverà a capire un tipo di
mondo che fino ad allora non aveva considerato. Riflessione che sottoscrivo, e
che rinforzo: molti aspetti della vita del carcere sono noti solo per “leggende
metropolitane”, e lo scoprirle “in vivo” è comunque un trauma, anche se in
carcere ci si passa solo da invitati. E parla della vita fuori del carcere di
Aleardo, alle prese con una moglie che non ama, con donne che desidera, con un
lavoro che lui ama, ma soprattutto con la presenza-assenza del fratello. Quello
che era sempre il cocco di mamma, quello bravo a scuola, quello laureato.
Mentre lui è quello fuori le righe, che si emargina, che non ha studiato, ma
che ora ha questo interessante mestiere di vetraio tra le mani, mestiere che
gli riempie la vita.
Dicevo della dualità, perché i capitoli sono poi scanditi uno
in soggettiva da Aleardo, e l’altro in oggettiva sulla vicenda. La Grimaldi
(oltre a qualche stoccata sul carcere) non manca di mandare qualche strale ai
magistrati, ai pubblici ministeri e agli avvocati in genere (tutti tesi ai
propri interessi, senza quell’anelito alto alla giustizia che sembrerebbe dover
essere il motore della legge, e, come ben sappiamo, non lo è). Alla fine, si
legge con discreta facilità, e risulta di un decente livello di coinvolgimento.
Niente di stratosferico, né da far cambiare il corso dei propri pensieri.
Onesto. E questo, di questi tempi, mi sembra un aggettivo da tenere in grande
considerazione.
“Non avevo niente di mio da dire. Amavo semplicemente interpretare ciò
che altri avevano espresso.” (80)
Per consolarvi, vi segnalo una
libro che mi indica Paola da Genova, che non ho letto, ma il cui autore non mi
sta molto simpatico. Ma, nel rispetto di tutte le opinioni, non censuro e cito:
Mario Vargas Llosa “Avventure della ragazza cattiva”. Giorni di lavoro
casalingo e poco riposo e molto caldo. In attesa che finiscano.
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