Ma non perché parliamo di
problemi razziali o altro, ma solo perché abbiamo un’infornata di libri di
Patricia Cornwell, scrittrice americana che ha reinventato una quindicina di
anni fa la figura dell’anatomo – patologo all’interno del poliziesco americano.
Introducendo quella che per molti libri è stata anche una mia eroina, Kay Scarpetta
(di chiara origine italiana). E lo zio Tom? C’entra perché la Cornwell è la
pronipote di Harriet Beecher Stowe, l’autrice appunto del libro sulla
celeberrima capanna. Come dico ben presto, avevo abbandonato per anni la
Scarpetta, ed ora mi sono dato anche una ragione. Dopo i primi libri,
cominciava ad essere ripetitiva. Rimane il piacere di una lettura pre-estiva e
rilassante, sorseggiando una birra dell’ottimo Roberto, maestro birraio in
pectore..
Patricia Cornwell “A rischio” Noir
Repubblica euro 7,90
[in: 14/07/2010 – out: 08/01/2011]
[tit. or.: At Risk; ling. or.: inglese; anno 2006]
Erano
anni che no riprendevo in mano una Cornwell. Negli anni Novanta ero diventato
uno dei tanti “Scarpetta addicted”, cioè non mi perdevo ogni anno una nuova avventura
della patologa Kay Scarpetta. Poi, non ricordo come (sicuramente qualcosa di
storto in un libro, ma non so dire perché), la lasciai. E per dieci anni non ne
ho letto più. Ora mi sono ritrovato di nuovo un suo libro tra le mani. E per di
più uno senza Kay… L’ho letto con interesse, trovando, qua e là, i ricordi
della bella scrittura. Ma non mi ha convinto proprio tutto. Innanzi tutto, è il
primo episodio che vede per protagonista un detective maschio, Win Garano detto
Geronimo (dalla nonna, personaggio simpaticissimo, come a volte quelli suoi di
contorno; nonna che legge i tarocchi e si batte contro i maltrattamenti degli
animali, specialmente cani, riempiendo di monetine da 1 cent i giardini dei
maltrattatori). Tuttavia, quando si introduce un personaggio (che poi rimarrà,
dato che due anni dopo sarà protagonista di un altro romanzo) se ne curano
meglio aspetti, modalità, relazioni. Qui (e forse è il motivo che non mi fa
crescere tanto i voti per questo romanzo), sembra tutto un po’ “di corsa”. Si
passa da un punto all’altro, da un personaggio all’altro, da una situazione
all’altra, lasciando cose inespresse, momenti non chiariti. Sembra quasi che ci
sia materia per un romanzo di 300 pagine, e poi se ne pubblicano solo la metà.
Tra l’altro la storia mi è sembrata interessante. Su un filone ora un po’
sfruttato, tipo “Cold Case”, Win viene inviato ad indagare su di un omicidio
avvenuto 20 anni prima, per poter sfruttare al meglio le nuove tecnologie
basate sull’analisi del DNA. E per far fare carriera al procuratore
distrettuale, la bella Monique. Si farà aiutare da una strana poliziotta di
Knoxville (che si innamora subito del meticcio oriundo italiano, descritto
bello, prestante e di pronta intelligenza) e dopo giri tortuosi, ed utilizzo
non solo delle nuove tecniche, ma di uno strumento sempre presente che però non
fu usato all’epoca del delitto (il cervello), i due trovano il bandolo della
matassa, anche con qualche carina sorpresa nei sottofinali. Ma se fosse solo
questo, sarebbe un po’ banale e molto al di sotto della media. Fortunatamente,
questo filone si innesta sulle lotte di potere tra il procuratore distrettuale
ed il governatore in vista delle prossime elezioni, senza dimenticare il capo
patologo, mago di DNA, tecniche genetiche ed altre diavolerie moderne, che ci
si mette di suo per trarre vantaggio da qualsiasi soluzione si trovi. È,
infatti, l’inventore dello slogan “Mai più delitti insoluti” (e sicuramente gli
istituti di ricerca se ne avvantaggeranno). La complicazione è che la bella
Monique subisce uno stupro con tentativo di omicidio. Ed anche qui, Geronimo
comincerà la sua ricerca di indizi e di collegamenti. Con l’aggravante che qui
non siamo nel Tennessee del delitto, ma nel Massachusetts opulento delle
Università prestigiose. Saltando da un filone all’altro, abbozzando un po’ di
personaggi, e precisando meglio un po’ della storia di Win, si arriva
rapidamente (troppo) alla fine. Per la fiducia che avevo nella Cornwell, mi
aspettavo qualcosa di più. Però in libreria ho uno Scarpetta, che presto
leggerò (inutile ricordare, che nella mia libreria è una delle autrici top,
presente in ben 15 romanzi). Vedremo.
Patricia Cornwell “L’ultimo distretto”
Mondadori euro 9,50
[in: 22/01/2011 – out: 18/02/2011]
[tit. or.: The Last Precint; ling. or.:
inglese; anno 2000]
Detto
e fatto, sono tornato anche a riprendere una Scarpetta (nel senso di Kay). Ora
ricordo che mi ero storto perché in una delle ultime storie era truculentemente
morto il suo uomo. E adesso ritrovo tutto, compreso l’inizio dell’elaborazione
del dolore (che deve sempre essere affrontato, altrimenti lascia segni
indelebili). In una storia che è un po’ la summa del Cornwellismo: una ridda di
avvenimenti, pubblici e privati, dei protagonisti, che si srotolano così,
freneticamente, come nella vita, per poi ricomporsi, tentare un’unità, una
spiegazione. Ma, sapientemente, non tutto si ricompone, così che ci si lascia
intravedere la possibilità e/o necessità di un dopo. Un Dallas del noir (se si
è cattivi). Un Friends degli anatomo-patologi (se si è buoni). È certamente
datato, visto i dieci anni dalla scrittura, ma in definitiva si può riprendere
la lunga storia di Kay e del suo mondo. Certo, ora che va a grandi passi verso
la cinquantina, deve cambiare dei registri. Ma tutti cresciamo ed anche la
nostra eroina. Qui, in più, è presa nel grosso meccanismo del connubio tra
mafia, politica e assassini. C’è per tutto il romanzo la presenza del
lupo-mannaro francese che avevamo lasciato essere catturato dopo una lotta
senza quartiere con Kay. Ma la morte di un vice-commissario di polizia, quella
Dane che tanto aveva angariato la nostra negli scritti precedenti, fa sorgere
un ulteriore sviluppo alla situazione. Così abbiamo Kay che cerca di risolvere
il mistero della morte di un killer di mafia e di un agente sotto copertura (in
questo aiutata dal sempre presente e sempre più grasso ispettore Marino), e nel
contempo viene accusata dell’uccisione di Dane. La nipote Lucy che probabilmente
si dimetterà dalla polizia per andare ad aprire con la sua compagna un’agenzia
privata a New York (agenzia che si dovrebbe chiamare Ultimo Distretto). Kay che
elabora la morte di Benton (il suo uomo) con la sua amica Anna la psicologa. Ed
in ultimo la comparsa di un procuratore donna di New York, venuta a ricomporre
qualche situazione strana, ed a cercare le prove per incastrare l’uomo-lupo di
altri delitti. Il tutto ben condito dalla sapiente mano di Patricia, che, anche
se qua e là, si lascia un po’ andare a involuzioni e flagellazioni, riesce in
ogni caso a tenere dritta la barra del timone, verso un sicuro approdo. Quindi,
non un bel libro in sé, ma un bel libro in serie, cioè di quelli che ti fanno
venir voglia di sapere che faranno domani Kay, Lucy, Pete e tutta la banda.
Penso che torneremo ancora tra gli anatomo-patologi.
"Sbarrare le porte è negare la realtà.
Quando si nega, il passato, si tende a ripeterlo” (36)
“- Ci devo pensare. È grazie al pensiero che
sono diventata quella che sono. … - Sei diventata quella che sei grazie alla
conoscenza. … E conoscere è sentire, pensare è un modo per elaborare ciò che
sentiamo. A furia di pensare ci nascondiamo la verità.” (59)
“La verità non sempre è la cosa migliore o
più giusta. … La verità può causare la rovina e per questo non sempre è saggio
o sano essere sinceri.” (317)
Patricia Cornwell “Calliphora” Mondadori
euro 9,50 (in realtà, scontato 8,08 euro)
[in: 16/02/2011 – out: 23/03/2011]
[tit. or.: Blowfly; ling. or.: inglese; anno 2003]
Un
libro di passaggio, credo. E sicuramente minore, uno dei punti più bassi delle
vicende Scarpetta&Co. Credo che ad un certo punto un autore (o autrice)
affermata possa sentire la mancanza di ispirazione. Ma l’industria del libro
(soprattutto quella americana) ha leggi spietate. Immagino (questa è pura
finzione mia) che la Cornwell abbia ricevuto il solito anticipo per scrivere un
libro, ma che non venivano idee nuove e/o originali. A parte, forse, quella
legata al titolo, anche se il moscone della carne (in inglese blowfly, dal nome
latino di Calliphora vicina) compare un paio di volte nel libro per spiegarne
l’uso forense nel determinare il tempo della morte di un cadavere. Per il resto
è una pura e semplice prosecuzione del precedente, dove si riprendono temi e personaggi,
ma in tono minore, con molta stanchezza. Intanto ci sono due grossi fatti che
condizionano il libro: il primo è che l’ottimo Benton (l’agente amato da Kay)
dato per morto nei due libri precedenti si è solo eclissato perché così può
continuare le sue indagini sul cartello degli Chandonne senza mettere in
pericolo Kay e compagnia. L’altro è che la simpatica Lucy, fino ad ora allegra
gay con amori simpatici anche se sfortunati, viene occultata al rango di “donna
caliente”, tacendo le sue tendenze amorose, come se, in un soprassalto di
perbenismo, non fosse più “pagante” il suo ruolo e l’autrice cercasse di
ricrearle una verginità. Terzo elemento, minore se vogliamo, ma condizionante,
la Scarpetta ha un ruolo decisamente marginale. Sì, compare ed accompagna tutto
il libro, ma non ne è il motore pulsante. Quasi che, la famosa morte di Benton
la svuoti della carica di protagonista. Così anche l’altro elemento della
banda, il buon Pete, risulta sfuocato, a volte più preso dalle sue turbe
familiari (la mancanza di una seria vita affettiva, ed il dirazzamento del
figlio, che si scopre avvocato dei cattivi e molo, molto corrotto). Per fare un
po’ di esotismo, ci si sposta dalla Virginia, sino ad ora teatro delle gesta
anatomo-patologiche, a Baton Rouge in Louisiana. Si ha così modo di fare un po’
di colore locale, sia sull’inadeguata polizia, sia sui meandri paludosi e
malavitosi delle paludi del Mississippi. Ritrovandoci, come è ovvio, i gemelli
Chandonne. Jean - Paul alla deriva in Louisiana, dove uccide a più riprese
donne bionde nella speranza di uccidere prima o poi la bionda Kay.
Jean-Baptiste nel braccio della morte di Houston, in attesa di una sentenza che
tarda a venire. Ma è tutto trascinato via. Come dicevo, come se fosse un libro
di passaggio. Si deve giustificare l’abbandono della polizia da parte di Lucy,
che mette su una sua agenzia investigativa (e credo che la rivedremo più
pimpante nelle prossime opere). Si deve giustificare il ritorno di Benton (con
una patetica scena di odio-amore con Kay). Si devono eliminare un po’ di rami
secchi, e così si fanno morire, in vario modo, uno dei gemelli ed il figlio di
Pete. Si deve lasciare in vita l’altro gemello, errabondo in qualche luogo
(così che ce lo ritroviamo nelle prossime avventure). E si tira fuori un
ragazzino di 10 anni, cui (per diverse cause che non narriamo) muoiono i
genitori, e vuoi vedere che qualcuno dei nostri se ne occuperà? Ma non c’è un
vero giallo, una vera ricerca, un thriller. Nulla di nulla di nulla. E penso
soprattutto a chi si trovasse, malcapitato, a leggerlo prima di altri. Poi
magari legge quello che ho tramato poco tempo fa e scopre che chi ora è vivo lì
è morto. Un voto bassino, ma di molto. Comunque ci si tornerà sopra, che la
mamma ha voluto per regalo la serie completa.
Aggiungiamo che la Cornwell è
anch’essa un gemello. Ahi quanti sono, e ne accomuniamo allora gli auguri al
fratello, ad Anto, a Luciana (raddoppiati), a Claudia, beh, ora basta. E
pensare che a me i gemelli non mi sono simpatici (ah ah).
Andiamo a stringere che tra una
settimana si levano le tende verso il Sudamerica.
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