mercoledì 2 maggio 2012

La nipotina dello zio Tom - 19 giugno 2011

Ma non perché parliamo di problemi razziali o altro, ma solo perché abbiamo un’infornata di libri di Patricia Cornwell, scrittrice americana che ha reinventato una quindicina di anni fa la figura dell’anatomo – patologo all’interno del poliziesco americano. Introducendo quella che per molti libri è stata anche una mia eroina, Kay Scarpetta (di chiara origine italiana). E lo zio Tom? C’entra perché la Cornwell è la pronipote di Harriet Beecher Stowe, l’autrice appunto del libro sulla celeberrima capanna. Come dico ben presto, avevo abbandonato per anni la Scarpetta, ed ora mi sono dato anche una ragione. Dopo i primi libri, cominciava ad essere ripetitiva. Rimane il piacere di una lettura pre-estiva e rilassante, sorseggiando una birra dell’ottimo Roberto, maestro birraio in pectore..
Patricia Cornwell “A rischio” Noir Repubblica euro 7,90
[in: 14/07/2010 – out: 08/01/2011]
[tit. or.: At Risk; ling. or.: inglese; anno 2006]
Erano anni che no riprendevo in mano una Cornwell. Negli anni Novanta ero diventato uno dei tanti “Scarpetta addicted”, cioè non mi perdevo ogni anno una nuova avventura della patologa Kay Scarpetta. Poi, non ricordo come (sicuramente qualcosa di storto in un libro, ma non so dire perché), la lasciai. E per dieci anni non ne ho letto più. Ora mi sono ritrovato di nuovo un suo libro tra le mani. E per di più uno senza Kay… L’ho letto con interesse, trovando, qua e là, i ricordi della bella scrittura. Ma non mi ha convinto proprio tutto. Innanzi tutto, è il primo episodio che vede per protagonista un detective maschio, Win Garano detto Geronimo (dalla nonna, personaggio simpaticissimo, come a volte quelli suoi di contorno; nonna che legge i tarocchi e si batte contro i maltrattamenti degli animali, specialmente cani, riempiendo di monetine da 1 cent i giardini dei maltrattatori). Tuttavia, quando si introduce un personaggio (che poi rimarrà, dato che due anni dopo sarà protagonista di un altro romanzo) se ne curano meglio aspetti, modalità, relazioni. Qui (e forse è il motivo che non mi fa crescere tanto i voti per questo romanzo), sembra tutto un po’ “di corsa”. Si passa da un punto all’altro, da un personaggio all’altro, da una situazione all’altra, lasciando cose inespresse, momenti non chiariti. Sembra quasi che ci sia materia per un romanzo di 300 pagine, e poi se ne pubblicano solo la metà. Tra l’altro la storia mi è sembrata interessante. Su un filone ora un po’ sfruttato, tipo “Cold Case”, Win viene inviato ad indagare su di un omicidio avvenuto 20 anni prima, per poter sfruttare al meglio le nuove tecnologie basate sull’analisi del DNA. E per far fare carriera al procuratore distrettuale, la bella Monique. Si farà aiutare da una strana poliziotta di Knoxville (che si innamora subito del meticcio oriundo italiano, descritto bello, prestante e di pronta intelligenza) e dopo giri tortuosi, ed utilizzo non solo delle nuove tecniche, ma di uno strumento sempre presente che però non fu usato all’epoca del delitto (il cervello), i due trovano il bandolo della matassa, anche con qualche carina sorpresa nei sottofinali. Ma se fosse solo questo, sarebbe un po’ banale e molto al di sotto della media. Fortunatamente, questo filone si innesta sulle lotte di potere tra il procuratore distrettuale ed il governatore in vista delle prossime elezioni, senza dimenticare il capo patologo, mago di DNA, tecniche genetiche ed altre diavolerie moderne, che ci si mette di suo per trarre vantaggio da qualsiasi soluzione si trovi. È, infatti, l’inventore dello slogan “Mai più delitti insoluti” (e sicuramente gli istituti di ricerca se ne avvantaggeranno). La complicazione è che la bella Monique subisce uno stupro con tentativo di omicidio. Ed anche qui, Geronimo comincerà la sua ricerca di indizi e di collegamenti. Con l’aggravante che qui non siamo nel Tennessee del delitto, ma nel Massachusetts opulento delle Università prestigiose. Saltando da un filone all’altro, abbozzando un po’ di personaggi, e precisando meglio un po’ della storia di Win, si arriva rapidamente (troppo) alla fine. Per la fiducia che avevo nella Cornwell, mi aspettavo qualcosa di più. Però in libreria ho uno Scarpetta, che presto leggerò (inutile ricordare, che nella mia libreria è una delle autrici top, presente in ben 15 romanzi). Vedremo.
Patricia Cornwell “L’ultimo distretto” Mondadori euro 9,50
[in: 22/01/2011 – out: 18/02/2011]
[tit. or.: The Last Precint; ling. or.: inglese; anno 2000]
Detto e fatto, sono tornato anche a riprendere una Scarpetta (nel senso di Kay). Ora ricordo che mi ero storto perché in una delle ultime storie era truculentemente morto il suo uomo. E adesso ritrovo tutto, compreso l’inizio dell’elaborazione del dolore (che deve sempre essere affrontato, altrimenti lascia segni indelebili). In una storia che è un po’ la summa del Cornwellismo: una ridda di avvenimenti, pubblici e privati, dei protagonisti, che si srotolano così, freneticamente, come nella vita, per poi ricomporsi, tentare un’unità, una spiegazione. Ma, sapientemente, non tutto si ricompone, così che ci si lascia intravedere la possibilità e/o necessità di un dopo. Un Dallas del noir (se si è cattivi). Un Friends degli anatomo-patologi (se si è buoni). È certamente datato, visto i dieci anni dalla scrittura, ma in definitiva si può riprendere la lunga storia di Kay e del suo mondo. Certo, ora che va a grandi passi verso la cinquantina, deve cambiare dei registri. Ma tutti cresciamo ed anche la nostra eroina. Qui, in più, è presa nel grosso meccanismo del connubio tra mafia, politica e assassini. C’è per tutto il romanzo la presenza del lupo-mannaro francese che avevamo lasciato essere catturato dopo una lotta senza quartiere con Kay. Ma la morte di un vice-commissario di polizia, quella Dane che tanto aveva angariato la nostra negli scritti precedenti, fa sorgere un ulteriore sviluppo alla situazione. Così abbiamo Kay che cerca di risolvere il mistero della morte di un killer di mafia e di un agente sotto copertura (in questo aiutata dal sempre presente e sempre più grasso ispettore Marino), e nel contempo viene accusata dell’uccisione di Dane. La nipote Lucy che probabilmente si dimetterà dalla polizia per andare ad aprire con la sua compagna un’agenzia privata a New York (agenzia che si dovrebbe chiamare Ultimo Distretto). Kay che elabora la morte di Benton (il suo uomo) con la sua amica Anna la psicologa. Ed in ultimo la comparsa di un procuratore donna di New York, venuta a ricomporre qualche situazione strana, ed a cercare le prove per incastrare l’uomo-lupo di altri delitti. Il tutto ben condito dalla sapiente mano di Patricia, che, anche se qua e là, si lascia un po’ andare a involuzioni e flagellazioni, riesce in ogni caso a tenere dritta la barra del timone, verso un sicuro approdo. Quindi, non un bel libro in sé, ma un bel libro in serie, cioè di quelli che ti fanno venir voglia di sapere che faranno domani Kay, Lucy, Pete e tutta la banda. Penso che torneremo ancora tra gli anatomo-patologi.
"Sbarrare le porte è negare la realtà. Quando si nega, il passato, si tende a ripeterlo” (36)
“- Ci devo pensare. È grazie al pensiero che sono diventata quella che sono. … - Sei diventata quella che sei grazie alla conoscenza. … E conoscere è sentire, pensare è un modo per elaborare ciò che sentiamo. A furia di pensare ci nascondiamo la verità.” (59)
“La verità non sempre è la cosa migliore o più giusta. … La verità può causare la rovina e per questo non sempre è saggio o sano essere sinceri.” (317)
Patricia Cornwell “Calliphora” Mondadori euro 9,50 (in realtà, scontato 8,08 euro)
[in: 16/02/2011 – out: 23/03/2011]
[tit. or.: Blowfly; ling. or.: inglese; anno 2003]
Un libro di passaggio, credo. E sicuramente minore, uno dei punti più bassi delle vicende Scarpetta&Co. Credo che ad un certo punto un autore (o autrice) affermata possa sentire la mancanza di ispirazione. Ma l’industria del libro (soprattutto quella americana) ha leggi spietate. Immagino (questa è pura finzione mia) che la Cornwell abbia ricevuto il solito anticipo per scrivere un libro, ma che non venivano idee nuove e/o originali. A parte, forse, quella legata al titolo, anche se il moscone della carne (in inglese blowfly, dal nome latino di Calliphora vicina) compare un paio di volte nel libro per spiegarne l’uso forense nel determinare il tempo della morte di un cadavere. Per il resto è una pura e semplice prosecuzione del precedente, dove si riprendono temi e personaggi, ma in tono minore, con molta stanchezza. Intanto ci sono due grossi fatti che condizionano il libro: il primo è che l’ottimo Benton (l’agente amato da Kay) dato per morto nei due libri precedenti si è solo eclissato perché così può continuare le sue indagini sul cartello degli Chandonne senza mettere in pericolo Kay e compagnia. L’altro è che la simpatica Lucy, fino ad ora allegra gay con amori simpatici anche se sfortunati, viene occultata al rango di “donna caliente”, tacendo le sue tendenze amorose, come se, in un soprassalto di perbenismo, non fosse più “pagante” il suo ruolo e l’autrice cercasse di ricrearle una verginità. Terzo elemento, minore se vogliamo, ma condizionante, la Scarpetta ha un ruolo decisamente marginale. Sì, compare ed accompagna tutto il libro, ma non ne è il motore pulsante. Quasi che, la famosa morte di Benton la svuoti della carica di protagonista. Così anche l’altro elemento della banda, il buon Pete, risulta sfuocato, a volte più preso dalle sue turbe familiari (la mancanza di una seria vita affettiva, ed il dirazzamento del figlio, che si scopre avvocato dei cattivi e molo, molto corrotto). Per fare un po’ di esotismo, ci si sposta dalla Virginia, sino ad ora teatro delle gesta anatomo-patologiche, a Baton Rouge in Louisiana. Si ha così modo di fare un po’ di colore locale, sia sull’inadeguata polizia, sia sui meandri paludosi e malavitosi delle paludi del Mississippi. Ritrovandoci, come è ovvio, i gemelli Chandonne. Jean - Paul alla deriva in Louisiana, dove uccide a più riprese donne bionde nella speranza di uccidere prima o poi la bionda Kay. Jean-Baptiste nel braccio della morte di Houston, in attesa di una sentenza che tarda a venire. Ma è tutto trascinato via. Come dicevo, come se fosse un libro di passaggio. Si deve giustificare l’abbandono della polizia da parte di Lucy, che mette su una sua agenzia investigativa (e credo che la rivedremo più pimpante nelle prossime opere). Si deve giustificare il ritorno di Benton (con una patetica scena di odio-amore con Kay). Si devono eliminare un po’ di rami secchi, e così si fanno morire, in vario modo, uno dei gemelli ed il figlio di Pete. Si deve lasciare in vita l’altro gemello, errabondo in qualche luogo (così che ce lo ritroviamo nelle prossime avventure). E si tira fuori un ragazzino di 10 anni, cui (per diverse cause che non narriamo) muoiono i genitori, e vuoi vedere che qualcuno dei nostri se ne occuperà? Ma non c’è un vero giallo, una vera ricerca, un thriller. Nulla di nulla di nulla. E penso soprattutto a chi si trovasse, malcapitato, a leggerlo prima di altri. Poi magari legge quello che ho tramato poco tempo fa e scopre che chi ora è vivo lì è morto. Un voto bassino, ma di molto. Comunque ci si tornerà sopra, che la mamma ha voluto per regalo la serie completa.
Aggiungiamo che la Cornwell è anch’essa un gemello. Ahi quanti sono, e ne accomuniamo allora gli auguri al fratello, ad Anto, a Luciana (raddoppiati), a Claudia, beh, ora basta. E pensare che a me i gemelli non mi sono simpatici (ah ah).
Andiamo a stringere che tra una settimana si levano le tende verso il Sudamerica.

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