sabato 21 gennaio 2012

Après Tunis.- 08 dicembre 2009

Non c’è modo migliore che dedicarsi agli ultimi autori francesi letti, cercando di portare anche qui in questi giorni uggiosi un po’ del sole rubato a Cartagine. Torniamo allora ai gialli d’oltralpe, con due autori che, per diversi versi (cacofonia voluta), hanno segnato svolte nel modo di scrivere questi libri. Il primo, Jean-Patrick Manchette,  negli anni ’70 iniziò quella rivoluzione che ha fatto entrare il sociale come elemento cardine o scardinante del malessere che porta al crimine come scorciatoia per qualcosa. Con la sua aria scanzonata, fa piazza pulita dei vecchi “polar” pieni delle moine postate al cinema da Belmondo, facendoci rientrare le facce tristi alla Lino Ventura e via scorrendo nel tempo fino a Jean Reno. La seconda, Fred Vargas, senza mai essere troppo cruenta riporta a quell’atmosfera un po’ alla Maigret, ma con la presenza stralunata di uno dei miei amori attuali, il commissario Adamsberg.
Cominciamo allora con l’epigono degli hard-boiled americani risciacquati nella Senna.
Jean-Patrick Manchette « Morgue pleine » Folio euro 5,30
Uno dei primi libri di Manchette, preso per il gusto di capire questo filone hard-boiled francese scanzonato. Non è male. Un po’ datato o troppo ripreso? Tengo d’occhio anche il sottotitolo « Une enquête d’Eugène Tarpon ». Forse ce ne sono altre? Intanto, datiamo il tutto, dicendo che lo scritto è del ’73. Si sente che l’aria scanzonata del “milieu” parigino è ancora quella un po’ allegra pre-anni ottanta. Ma non sono più gli anni cinquanta dei film con Alain Delon e Jean-Paul Belmondo. Si affaccia più violenza. E Manchette ci si cala dentro per tirare dritto su una storia un po’ alla Dashiell Hammett, ma con dentro tutti i suoi elementi di critica sociale. Non a caso è sempre stato a sinistra, anche all’estrema sinistra. E il malessere sociale tira la carretta perché arrivi prima o poi sulla scena Jean-Claude Izzo. Intanto, in questa Parigi in trasformazione, ci tira su una storia, forse ormai troppo sentita, ma che all’epoca poteva essere d’attrazione. Una morta, un ex-gendarme che non vuole fare l’indagine e che ci viene tirato dentro a forza. Gangster ed arabi nella miglior tradizione dell’esotismo del terrore (ma anche con una forza di presa in giro, che ora sarebbe molto politically scorretta). La belloccia che convince Eugène a darsi da fare. L’ex-cronista in pensione che da una mano rimanendo nell’ombra. Insomma tanti caratteristi, come in un bel film di serie B, che sarebbe poi in tema, visto che morti e presunti omicidi vengono dall’ambiente del cinema porno, più o meno soft. Qualche tiratina pre-ecologista. Il tutto condito dal fumo delle gitanes e dal rumore di qualche macchina da cucire (che credo ormai non senta più nessuno). Ripeto, ora, trenta anni dopo sembra tutto sentito, ma comunque è più di un esercizio di storia. In fondo, sembra ripetere dieci anni dopo e spostandosi dalla Svezia alla Francia, il tentativo di utilizzare il noir per una funzione sua specifica di critica sociale, come fecero Maj Sjöwall e Per Wahlöö. Peccato che il bravo Jean-Patrick ci abbia lasciato più di dieci anni fa.
“J’ai pris un livre… et l’auteur nous laissait là-dessus, ce qui m’a paru assez déloyal. Ce que j’aurais aimé savoir, c’est ce qui se passait ensuite. Ce qui arrivait au père. Sans doute l’auteur était-il incapable de l’imaginer » (10-11)
« Vous savez que vous êtes acceptable, à poil ? Pourquoi est-ce que vous vous habillez comme un tordu ? » (164)
Jean-Patrick Manchette e Jean-Pierre Bastid « Laissez bronzer les cadavres » Folio Policier euro 5,80
Il primo noir di Manchette, anche se scritto a 4 mani. Si legge in volata, sembra di vederne il film (quasi una sceneggiatura), e si iniziano a vedere i caratteri “altri” del nuovo noir francese degli anni ’70. Mi piace. Un’attempata artista ospita nel suo villino in campagna un variegato branco di persone. Peccato che tre dei più interessanti, tra cui il bel Rhino dal fisico ammaliante, non siano altro che dei rapinatori dalla pistola facile, che approfittano della vacanza per rubare 250 chili d’oro massacrando la scorta che li accompagna. Per caso (quello che sembra tanto piacere a Manchette) due poliziotti fanno un controllo in villa, e ne nasce un conflitto a fuoco che tiene in sospeso per tutto il resto del romanzo. Buoni che poi non lo sono tanto, cattivi che restano cattivi anche se non vogliono fino in fondo. E l’eccentrica artista che continua a bere vodka attaccandosi alla bottiglia per tutto il libro, passando indenne tra amori strascinati, conflitti a fuoco ed altre amenità. Il tutto per arrivare ad una fine congrua anche se, forse perché alle prime armi romanzate, un po’ troppo buonista. Come detto si vedono i segni di quello che sarà il Noir francese anni ’70: critica istituzionale (i poliziotti sono un po’ macchiettati, l’artista anarcoide tira filippiche contro le istituzioni), i “cattivi” che poi lo sono fino ad un certo punto, sono però trattati per capirne i motivi, e si vedono i legami tra i due mondi (quelli che faranno di base alle nostrane Bande della Magliana). Con i banditi acculturati che citano Baudelaire. Non tutto ben riuscito, ma con un ritmo invidiabile.
Mi ha incuriosito l’utilizzo del pensiero anarchico-situazionista, con il quale Manchette rinnova il romanzo poliziesco, utilizzando come trampolino per una critica sociale: nei suoi scritti la Pigalle pittoresca degli anni 30 e 40, cede il posto alla Francia moderna degli anni 70, con il suo contesto politico e sociale. Spiace che come il grande Izzo, Manchette sia morto intorno ai 50 anni.
Veniamo ora alla Vargas, con il penultimo dei suoi libri, in attesa che esca in economique l’ultimo.
Fred Vargas « Dans les bois éternels » J’ai lu euro 7,60
Sempre più si complica la vita di Adamsberg. Anche se la Vargas rimane una delle mie autrici preferite. Anche se qui si va verso la summa del romanzo che diventa vita. Ormai viviamo in simbiosi con la Brigata Anticrimine del buon Jean-Baptiste (forse anche per questo mi è simpatico). Con i problemi dei figli e del bere di Danglard, con il dormire di Mordent, l’entusiasmo di Estalère, lo scetticismo di Noel, l’empatia totale della Retancourt, il mangiare della Froissy, ed il pensiero vago e ondivago di JBA. Ed anche per questo, all’inizio ci sentiamo un po’ forzati nel dover accettare l’arrivo di Veyrenc. Non solo nuovo, ma anche, forse, in una vecchia competizione infantile con JBA. Fortuna che ha il vizio di pensare ad alta voce in dodecasillabi a rima baciata (sarei curioso di vederne la traduzione). Ma anche l’intreccio giallo è di non poca complicazione. Soprattutto perché comincia tutto con la morte di due insignificanti emarginati dalle parti di Porte de la Chapelle, prosegue con la morte di due cervi nei boschi della Normandia, di un gatto ad Harencourt, di due pulzelle alle porte di Parigi. E con la sparizione (e forse la morte) del luogotenente Violetta Retancourt. Riuscirà il pensiero laterale di JBA a far quadrare tutti gli elementi? È ovvio che sì, anche se avrà bisogno di molti aiuti, primo fra tutti quello di Mathias degli Evangelisti di Vandoosler (protagonisti di una saga parallela a quella di JBA). Ed è questo che mi piace ed affascina. La Vargas ha costruito un piccolo mondo, lì a Parigi, tra le rive della Senna del Quai des Orfevres e la periferia. Tutto va avanti in questo piccolo mondo, con le inevitabili intersezioni. Dispiace un po’ che la Camille di JBA sia un po’ ai margini della scena, ma comincia ad entrare il piccolo Tom (sei mesi ma molto attento). Alla fine tutto si risolve, in un paio di finali in cascata. Mi domando solo (e spero) di continuare ad aver notizie del guascone delle vigne.
“en amour, mieux vaut regretter ce qu’on a fait que regretter ce qu’on n’a pas fait” (162)
“c’est la règle d’or du secret… une personne qui détient un secret … le dit obligatoirement à une autre personne. ….[parce que] personne, sauf exceptions rarissimes, ne parvient à conserver un secret pour lui seul » (293)
« ne trouvez-vous pas que l’on se tracasse déjà avec ce que l’on pense réellement, sans devoir en plus se soucier de ce qu’on aurait pu penser si on l’avait pensé ? » (332)
Infine, essendo la prima trama del mese di dicembre, vi riporto i libri letti in un settembre stracolmo di letture.
#
Autore
Titolo
Editore
Euro
1
Gianrico Carofiglio
Né qui né altrove
Laterza
10
2
Fred Vargas
Dans les bois éternels
J’ai lu
7,60
3
Paolo Cognetti
Una cosa piccola che sta per esplodere
Minimum Fax
10
4
Anne Holt
Quello che ti meriti
Einaudi
12
5
Andrea Camilleri
L’età del dubbio
Sellerio
13
6
François Lelord
Il viaggio di Hector o la ricerca della felicità
TEA
7,50
7
Henning Mankell
L’uomo che sorrideva
Marsilio
8,50
8
Hafez Haidar
Il custode del Corano
Piemme
16,90
9
Wu Ming
Previsioni del tempo
VerdeNero
10
10
Luisa Adorno
Tutti qui con me
Sellerio
10
11
Alexander McCall Smith
Il club dei filosofi dilettanti
TEA
s.p.
12
Arthur Golden
Memorie di una Geisha
TEA
10
13
Francesco Piccolo
L’Italia spensierata
Laterza
s.p.
14
Margherita Oggero
Qualcosa da tenere per sé
Mondadori
9

Avendo passato la domenica al sole tunisino, ho ritardato queste trame di un paio di giorni, ma penso che si possa sopravvivere anche. Ora, progetti europei permettendo, ci si concentra tutti sulla preparazione del viaggio maliano di fine anno.

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