Gianni Celati “Avventure in Africa”
Feltrinelli euro 7,50
Non
so se questo sarà il mio Mali, ma, visto che come dice Sanu non tutti i Mali
vengono per nuocere, questo nelle prime cento pagine mi ha incuriosito.
Purtroppo della Mauritania fa solo un cenno, ed il Senegal è un po’ lontano
nella mia mente per ricordarne la vividezza (il viaggio senegalese data ormai
15 anni, e tutto quello che ricordo, almeno come punto forte, sono le grandi
spiagge con l’acqua fredda, quella che ho ritrovato l’anno scorso in
Mauritania, la stazione ferroviaria con la gente in attesa di prendere da lì a
tre giorni il treno per Timbuctu, ed i tentativi involontariamente comici, ma
di rara bellezza espressiva, di Giansimone di parlare francese). Rimangono,
dicevo, le cento pagine sul Mali, che descrivono il giro intrapreso dallo
scrittore italiano per tessere la sceneggiatura di un improbabile e poi mai
realizzato documentario sulle zone toccate dal fiume Niger. Un diario
quotidiano che sicuramente dà il senso del viaggio da lui intrapreso, con le
sue sensazioni, le sue sconfitte quotidiane con un mondo diverso, che non si
adatta a te, soprattutto se tu non ti adatti a lui. Certo, la sua capacità di
scrittura fa risaltare bene tutte quelle situazioni che in casi analoghi ho
provato andando in giro per il mondo. Qui poi amplificate e/o mitigate, vedremo
poi, dal fatto di essere un paese misto. Ma lì non c’è il deserto? Ma lì non
c’è la savana? Ma lì non c’è il fiume? Ricordano i polverosi arrivi in sperdute
città marocchine, ai limiti di mercati improbabili dove tutti si affannano a
comperare qualcosa che ricordi loro il viaggio. Una chiave, una borsa, un
monile, o poco altro. Ed io che mi fermo al caffè sulla piazza turbinante e mi
metto a sorbire un the con troppo zucchero fumando una sigaretta con troppo
catrame. Mi rendo conto che più che parlare del libro, poi, sto parlando di me
(e non di altro come mi ripete Paolo Conte). In fondo lo faccio sempre, solo
che qui, ora, non uso alibi. Il libro l’ho letto d’un fiato, e l'ho prestato a
chi avrebbe viaggiato con me, con noi. Quindi lo cito a memoria, non l’ho sotto
mano come altre volte. Poi, più che altro, ne faremo un confronto con quello
che ci ispirerà quando anche noi saremo stati in Mali….
Marco Aime “Diario Dogon” Bollati
Boringhieri euro 9
Un
antropologo serio che non si tira indietro. Un antropologo contro per una
passeggiata sulla falaise di Bandiagara. Vedremo se i Dogon saranno così,
smitizzati dal suo occhio lucido e cinico, o saranno ancora come nel Dio
d’acqua di Griaule, che negli anni Trenta ne ha costruito il mondo
fantastico-fabuloso (non è un errore, volevo farvi venire in mente non solo le
favole ma anche l’affabulazione, che sembra essere una prerogativa dogoniana,
del tipo ‘come ci piace parlare’). Qui, in questo libro primo per me nello
specifico sui posti che si andranno a vedere mi colpisce, pur nella
constatazione del passaggio decennale tra lo scritto e la mia fruizione del
testo, la sintonia che ho con Aime sulla difficoltà di andare viaggiando. Cioè,
tutti sanno quanto mi piaccia andare in giro, a vedere e riempirmi gli occhi e
la mente di cose. Ma quanto poi si vede realmente, in queste toccate e fughe
che forse non fanno altro che alimentare miti consumistici lasciando nessuna
traccia nella propria crescita interiore. Posso dire che poi solo dopo qualche
volta che torno e torno, riesco a superare certi muri, certe difficoltà. La
prima volta è uno spalancare gli occhi e farsi assorbire dalle immagini, suoni,
luci e colori. Solo dopo, altre volte, il tutto si stempera con la quieta
accettazione del luogo e delle sue particolarità, nel bene e nel male, come
l’ultima volta a Gerusalemme. Ma torniamo ai Dogon, a quello che si vedrà, al
trekking sulla falaise. Come dice Seneca, lasceremo noi stessi nelle nostre
case, e viaggeremo con gli occhi aperti. Senza miti precostituiti. In fondo, ho
quasi dispiacere di aver letto dei maliani, delle loro storie, ma anche delle
quotidiane meschinerie. Chissà…
“Chi sceglie di recarsi in Mali (e non sono molti) difficilmente è un
viaggiatore alle prime armi e quasi sempre è un individuo che nel viaggio cerca
non solo momenti di svago, ma anche un’occasione di approfondimento e
conoscenza” (19-20)
“Il turista che viene a visitare i Dogon non è un turista “mcdonaldizzato” che cerca e
spera di trovare in ogni sua meta condizioni il più possibile simili a quelle
di casa sua. Al contrario, è uno che cerca emozioni nuove e stupore” (39-40)
“Al momento della partenza abbiate cura di non portare in viaggio voi
stessi. Molti uomini, dice Seneca, non ritornano migliori di quando sono
partiti, avendo portato se stessi nel viaggio (R. Lassels ‘The Voyage in
Italy’)”
Marco Aime “Timbuctu” Bollati Boringhieri
euro 10
Da
leggere e meditare. Mi piace anche qui il modo di scrivere di marco Aime, che
dice e racconta, ma senza troppo salire in cattedra. Dà l’impressione di avere
le sue idee, ma di poterne discutere con chi ne ha diverse. Qui siamo in un
mondo, un’atmosfera diversa. Non siamo più tra i “favolosi” Dogon, ma nella
mitica, irraggiungibile, meta della memoria, Timbuctu. Una delle più belle
immagini che mi ha regalato questo libro, è la visione di Timbuctu come
separazione tra due mondi: inizio del deserto per chi viene dal Sud, dal fiume,
dai sub-tropici, e fine del deserto e della sete per chi viene dal Nord. Questo
poi rimane, la Timbuctu che da qualcosa a chi la guarda, ma sempre partendo dal
sé. Ha l’ambizione di essere città, laddove tutto è villaggio. Ha l’ambizione
di aver scritto la storia, ma è una storia che a noi arriva poco (e male). Sia
perché è spesso una storia orale, sia perché è (ovviamente) diversa da quella
che abbiamo studiato a scuola. Noi si parlava di Dante e Machiavelli, qui del
grande Haji che fece il viaggio alla Mecca iniziando quel mito di ricchezza ed
opulenza che avrebbe reso immortale la città. Questa mi sembra in fine la cifra
del libro, e forse del viaggio, ora prima di partire. Si va in un posto
diverso, ma non mi aspetto l’esotico. Mi aspetto che i maliani vestano jeans e
Ray-Ban. E allora perché ci vai? Per la sempre presente spinta ad andare
altrove, andare ovunque, vedere cose diverse. Oppure vedere cose uguali, ma
capire che lì, per arrivarci, hanno fatto un percorso diverso dal mio. Ed
arrivare a rispettare. Questo mi ha forse di più insegnato il viaggio: rispetto
degli altri, ed umiltà. Avrò pure visitato più di 60 paesi diversi, ma il
prossimo è sempre una scoperta, che sono certo mi insegnerà ancora qualcosa.
“Si va a Timbuctu perché è lontana, la si crede isolata e si trova una
fila di bianchi che attende di collegarsi a casa [ad un internet point]” (12)
“Bruce Chatwin sostiene che esistono due Timbuctu; una reale e una
mentale. La prima è quella città sfiancata dal caldo e siccità che molti
trovano insignificante, se non addirittura brutta. La seconda vive in uno dei
tanti miti di cui si nutre la nostra immaginazione: laggiù, sperduta ai margini
del mondo, simbolo del chissà dove” (33)
“Roger Caillè non è stato il primo bianco a raggiungere Timbuctu, è
stato solo il primo a raccontarla a noi, ma le mete diventano tali se si
costruisce un immaginario che le rende uniche e indispensabili.” (49)
“La visita che le guide propongono ai turisti è un itinerario a punti:
in mezzo il nulla. … Le passeggiate tra un paragrafo e l’altro della guida
rappresentano quasi una metafora del moderno modo di viaggiare. Gli aerei ci
trasportano in poche ore da un continente all’altro… In mezzo niente…. Viene a
mancare quella fondamentale dimensione del viaggio che è il transitare” (75)
“Il turista è un visitatore frettoloso che preferisce i monumenti agli
esseri umani, scriveva Tzvetan Todorov. A Timbuctu i monumenti non scarseggiano
affatto, ma non sono come ce li aspettiamo.” (85)
“Timbuctu evoca lontananza, mondi sperduti, luoghi quasi
irraggiungibili, al limite del mondo. … [e poi] ci si trova di fronte a una
città di terra, dove anche gli edifici più antichi … in fondo assomigliano a
quelli costruiti qualche anno fa. … [qui non c’è] niente che ci faccia capire
che di qui è passata la storia” (86)
“nella lista del patrimonio dell’umanità [dell’Unesco] Timbuctu è
iscritta dal 1998. Nasce così la Timbuctu dei turisti, quelli che poi rimangono
delusi, ma che possono raccontare di esserci stati, perché questo luogo ha
talmente colonizzato la mente di noi occidentali, da avere ancora la forza di
far nascere suggestioni da post- o pseudo esploratori” (177)
“Dice Calvino… di una città non godi le … meraviglie, ma la risposta
che dà a una tua domanda” (179)
Allora che dire a consuntivo? Di
Celati condivido quel senso di oppressione che arriva dall’essere circondato di
gente (e di bambini) che chiede, chiede e chiede. Sui Dogon lascio il giudizio
in sospeso, troppo breve il loro contatto (e con una guida locale,
assolutamente, intrinsecamente inadeguata). Mentre condivido e sottoscrivo
quasi ogni parola su Timbuctu, aggiungendo che il dato che a me riviene
(soprattutto dopo il solitario giro pomeridiano) è quello di una città che non
concede nulla all’occidente ed al turista. Noi Maliani di qui, siamo così. E se
ti vuoi rapportare a noi, quasi non facciamo uno sforzo per venirti incontro.
Non saremo noi a darti un posto alla nostra tavola spontaneamente. Tu devi
cominciare a sederti, e poi si vedrà. Spero, che tutto ciò possa aprire una
discussione sia tra chi c’è stato con me sia tra chi c’è andato per sé, sia tra
chi ci vorrebbe andare.
Poiché è la prima trama del mese
di gennaio, come sanno i miei assidui lettori, vi riporto infine l’elenco dei
libri letti in ottobre.
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
1
|
Paola Mastrocola
|
Che animale sei?
|
Guanda
|
10,00
|
2
|
Andrea Camilleri
|
La danza del gabbiano
|
Sellerio
|
13,00
|
3
|
Ruggero Cappuccio
|
La notte dei due silenzi
|
Sellerio
|
10,00
|
4
|
Piers Marlowe
|
Il doppio tredici
|
Repubblica/CSGM
|
3,90
|
5
|
Alicia Gimenez-Bartlett
|
Il silenzio dei chiostri
|
Sellerio
|
15,00
|
6
|
Chuck Palahniuk
|
Survivor
|
Mondadori
|
8,80
|
7
|
Stieg Larsson
|
La regina dei castelli di carta
|
Marsilio
|
21,50
|
8
|
Romano De Marco
|
Ferro e fuoco
|
Mondadori
|
3,90
|
9
|
Osip Mandel’stam
|
Viaggio in Armenia
|
Adelphi
|
10,00
|
10
|
Joe R. Lansdale
|
Una stagione selvaggia
|
Einaudi
|
11,00
|
11
|
Ray Bradbury
|
Fahrenheit 451
|
Mondadori
|
s.p.
|
12
|
Henning Mankell
|
Prima del gelo
|
Mondadori
|
8,80
|
Ma tu sei contento di esserci
andato? Alla fine, sommando pro e contro, si, molto, perché anche se quasi
nulla è andato come pensavo andasse, ora ci penso sopra e credo di capire
qualcosa in più.
Ma non del Mali, di me.
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