martedì 10 gennaio 2012

Hic Salvabimus optime… - 27 settembre 2009

Anche se mi sa che il mio latino è arrugginito (e non solo il mio latino), ma serve per entrare in argomento: una scorpacciata di Camilleri, anche se non ho ancora letto l’ultimo (o tra poco gli ultimi, che il prolifico autore ormai sembra sfornare a ritmo incalzante, quasi volesse cercare di capire se muore prima lui o Salvo). Ed una scorpacciata gratuita, tra un gradito regalo natalizio di Ferdinando (e tanti ancora auguri a Luca), uno di mamma ed uno di Feltrinelli, tre Montalbani al prezzo di nessuno.
Cominciamo dal regalo di mamma.
Andrea Camilleri “Il campo del vasaio” Sellerio s.p.
Meglio delle ultime prove di Montalbano. Qui siamo di fronte ad una storia un po’ meglio delineata. C’è un piccolo giallo (non perché non ci sia un morto, ma perché è di poco peso nell’economia del testo). C’è il mondo siciliano del ragusano che impazza (e sempre con gli occhi si va su e giù per Scicli e la sua marina, quando si accompagna Salvo nei suoi giri). C’è il complesso micro-cosmo della vita di Montalbano: Catarella ed i suoi strafalcioni, Fazio ed i suoi pizzini, Augello e le sue donne (anche ora che è sposato con prole), l’assente presenza di Livia e la presenza assente di Ingrid. Ma soprattutto, c’è lui il nostro Salvo che a poco a poco incanutisce, anche se forse non ha capelli grigi (e neanche capelli), perché il tempo passa per tutti. Ed allora, visto che non si trova una spalla degna di lui, il buon Camilleri fa in modo che Salvo in qualche maniera si sdoppi, e cominci a ragionare con sé stesso, non solo come fan tutti all’interno della propria testa, ma propria come se ci fosse un Salvo - bis con cui dialogare, ed a cui, come qui succede, scrivere lettere per cercare di spiegare e di spiegarci cosa sta accadendo nella storia. Questa mi sembra in fondo la trovata più interessante. Il giallo poi, com’è d’uso, si risolve con i buoni che tirano un sospiro, anche quando non sono proprio buoni al 100%. Quello che rimane è il dialogo tra Salvi, tanto che ci si aspetta un prossimo romanzo in cui ci si basi solo sul dialogo-scontro fra le diverse anime del commissario, senza fare intervenire elementi esterni che, oramai, disturbano un poco.
Proseguiamo con un Ferdinando (anche se d’annata.)
Andrea Camilleri “La paura di Montalbano” Mondadori s.p. (regalo di Ferdinando)
Qui si torna sul classico, anche se alcuni dei racconti lunghi devono far parte anche di qualche altra antologia, perché mi sanno di noto. Bene che non ci sia troppo Mimì che un po’ ha rotto. Molto bene il pezzo con Catarella e la sua umanità. Solite le schermaglie con Livia (ma lasciarsi, mai?). L’operazione è datata, l’antologia è uscita sette – otto anni fa, ma come ho detto, tirando fuori il Montalbano classico, si va sul sicuro e si legge. Certo, si legge un po’ come quelle storie tipo favola che gli anziani raccontano ai bambini. Si sa già molto, si aspetta che Salvo apra il frigorifero e trovi la cena preparata da Angelina. Si aspetta che guardi una bella femmina immaginandosi chissà… si aspetta che Fazio tiri fuori i suoi pizzini. E via discorrendo. È in fondo il sapore delle cose note, che hanno lasciato in bocca un buon ricordo, e che non deludono, se le si (ri-)legge. Da qui Camilleri si andrà un po’ involvendo, lasciando forse ad altri lo scritto fluente, che solo nelle ultime prove, con quell’invenzione di provare a fare di Montalbano un  alter ego di sé stesso ha ripreso a volare in quota. Ci si domanda sempre, alla fine, che fine farà il commissario. I grandi scrittori di gialli, bene o male, sono purtroppo morti prima dei loro personaggi. Auguri che non sia così per Camilleri.
E finiamo con uno degli ultimi, in cui raccomando soltanto di leggere con attenzione la mia traduzione della sparata sull’età.
Andrea Camilleri “L’età del dubbio” Sellerio euro 13 (in realtà gratis con Feltrinelli +)
Questo, si ricollega al primo della triade, con Salvo che invecchia, e questa volta si interroga sulle femmine e sul suo rapporto con loro. La storia è un po’ un contorno, anche se ha una sua piccola nuova dignità rispetto alle ultime un po’ mosce. Un traffico internazionale di diamanti, un morto con i documenti falsi, ed altre situazioni da “polizia verace”. Il tutto condito dai soliti personaggi, a volta un po’ più caricati (il questore Lattes ormai da solo fastidio con la sua irreale irragionevolezza, il patologo sembra ormai troppo insistere sul suo solipsismo) ma di buon condimento alla storia vera, che non è altro che la biografia di un uomo che invecchia. Vero Camilleri? Purtroppo la tua età non può che portarti a questi ragionamenti, ed è giusto e corretto (come il brano da me tradotto dal siciliano e riportato in calce), ed è questa la vera storia. Salvo passa i cinquanta, il rapporto con Livia ormai è giunto alle ultime battute, e lui si dibatte tra l’essere un uomo solo, che invecchia pensando ai piaceri della tavola, o un uomo con i suoi alti e bassi, capace di solitudini e compagnie, ma quanto poi mediate dalla necessità di sentirsi giovane? O vivo? O entrambe le cose? Non è che accettandosi si fanno danni, basta (e questa può essere la via per non intorcinare viepiù le prossime prove) cercare di capire il sé stesso di ora, che non è e non può essere il sé stesso di 10, 20 anni fa, ma che è sempre il sé stesso. Bella riflessione. Parliamone ancora. Comunque, alla fine Salvo risolve l’ingarbugliata matassa, e forse (ma non si capisce ancora) sarà solo Laura a pagarne le spese. Alla prossima.
“gli era piaciuta assai a prima vista, aveva provato con emozione, quasi con commozione, qualche cosa che gli era capitata solo negli anni della giovinezza. … Probabilmente succeda a tanti … passata la cinquantina. Che era? Era un disperato, e inutile, tentativo di sentirsi giovane, come se quel sentimento potesse cancellare gli anni. Ed era proprio questo che confondeva le acque, perché uno non capiva più a distinguere se questo era un sentimento vero, autentico, o se era falso, artificiale, perché nasceva appunto dall’illusione di poter tornare indietro nel tempo. ... E … gli aveva detto che provava per lui la stessa attrazione. E come aveva reagito? Si era sentito allo stesso tempo impaurito e felice. Felice perché la ragazza lo amava o perché era riuscito, alla sua età, di fare innamorare una ragazza? C’era una bella differenza tra le due cose. Ed essere impaurito per le conseguenze, non poteva significare che l’intensità di quel sentimento era così bassa da permettergli ancora di ragionare? In amore, la ragione o si dimette o va in aspettativa. Se invece esiste, è presente, ti obbliga a considerare i lati negativi del rapporto, può significare che non è vero amore” (148-149, traduzione mia)
Finisce settembre, a Soriano tra poco cominciano le castagne, e ci si dovrà ben andare per festeggiare un po’. Il resto ristagna, in attesa di trovare una meta sicura per il Capodanno e per il resto.

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