lunedì 23 gennaio 2012

Ricordare, sempre - 20 dicembre 2009

In momenti difficili, una domenica prenatalizia dedicata, con alterni episodi, ad anni che non abbiamo vissuto e che non vorremmo vivere. Qualche romanzo, storia vissuta, ambientata, ricordata, negli anni che finiscono nel 1946 di speranza, forse troppa, ma che, per ora, ci ha portato più di 60 anni da vivere più o meno bene. Scrittura di diverso calibro e resa. Un italiano abbastanza leggero e scorrevole che continua la saga del paese di Balano negli Anni Trenta. Una grande scrittura con echi che ricordano anche il bellissimo film “Train de vie”. Ed un libro da cui mi promettevo molto ma che alla fine non ha reso come speravo. Ma tutti ci ricordano di quel periodo. Certo Vitali lo mitizza un po’, ma se ne intravedono guasti nelle pieghe. Mentre Appelfeld e Schwarz-Bart vanno giù, giustamente, duri e pesanti. Senza se e senza ma. Come sempre, per me, sarà la condanna di ogni violenza. Trovo sempre giusto ricordare … che disse non sono d’accordo con nessuna delle tue idee, ma mi batterò sempre perché tu le possa esprimere.
Andrea Vitali “Olive comprese” RL libri euro 5,90
Solita scrittura abbastanza scorrevole. Poche sorprese. Una storia presa così. Un po’ estiva, ma non proprio banalmente trattata. Ancora e sempre la saga del paese di Balano nel periodo fascista. Questa volta è la storia di ragazzi che crescono. Sbruffoni e scapestrati da giovani, poi chi la testa la mette a posto (più o meno) e chi la perde del tutto. Devo dire che la storia è ben congeniata. Comincia con il (finto) mistero della morte della vecchia, dove il maresciallo inizia a pensare alle marachelle dei giovinastri. Prosegue con la loro presa di coscienza. Soprattutto di Ludovico detto Cucco che diventa nella seconda parte il personaggio cardine. Lui e la sua sorellina bruttina di nome Filina che poi scopre l’amore con l’amico-rivale di Cucco, il Risto che a lui sembra indegno della sorella ma poi… solita scrittura nervosa, di capitoli brevi, pieni di nomi. Solita cura nei dialoghi. Anzi, è quasi tutto un dialogo. E solita attenzione ai mille rivoli delle storie laterali. Storie di chiromanti e di puttane, di federali e marescialli. In fondo, se all’inizio mi dava un po’ sui nervi, per questo intricarsi senza molto seguito, alla fine se ti lasci trasportare dalle onde della scrittura si passano momenti di rilassamento. E quindi, una bella sufficienza di mestiere, anche se le emozioni vere poche ma poche.
Aharon Appelfeld “Badenheim 1939” Guanda euro 13,50 (in realtà, scontato 10,80 euro)
In un primo tempo ne avevo sentito echi alla Nèmirovsky, che poi sono saltati, lasciando un fondo di canzone sulle note di Paolo Conte. E per tutto il libro si sentono note qua e là. Veloce come un bicchiere di champagne ghiacciato una sera d’estate. Ma che ti lascia stordito, come se ti fosse venuta una gatta selvaggia. Ripensando poi, viene in mente una specie di ballo alla Schnitzler, che inizia dolce, quasi un valzer viennese, per finire cupo e triste come una canzone d’amore albanese. Tutto nell’arco di pochi mesi, nella ridente cittadina estiva di Badenheim dove, come tutti gli anni, Pappenheim l’impresario ebreo cerca di organizzare una specie di Festival di Teatro, Musica ed arte varia, per gli ospiti della stazione termale. Arrivano le orchestrine ebree, i gemelli ebrei che si esibiscono in duetti teatrali, il bambino ebreo dalla bella voce di soprano ed il grande virtuoso ebreo di pianoforte che per la prima volta dopo tanti tentativi il buon Pappenheim riesce a portare a suonare. Il tutto intrecciato con gli ospiti delle terme i cui destini di vita e d’amore si intrecciano tra loro e con i personaggi. Mentre l’estate avanza, ai violini ed al pianoforte, cupi si associano rombi di tamburo. L’obbligo di presentarsi al Distretto Sanitario, il censimento dei tanti ebrei presenti. Fino alla partenza, in quel di ottobre del 1939 verso una Polonia da poco occupata, su di uno sgangherato vagone di treno, dove tutti gli ebrei che si sono incontrati fin lì vengono stipati. E poi? Poi il libro finisce, ma la storia no. Noi si sa com’è proseguita, anche se gli eroi di Appelfeld non si sa dove siano finiti.
Anche Appelfeld nasce Acquario in Romania, sopravvive all’Olocausto come cuoco in Ucraina, e termina la guerra a Napoli, prima di trasferirsi a 14 anni in Palestina. 
André Schwarz-Bart “L’ultimo dei giusti” Feltrinelli euro 8,50 (in realtà, scontato euro 6,80)
Non mi è piaciuto. L’avevo portato quest’estate in medio - oriente perché sapevo che parlava di ebrei ed olocausti. E l’inizio era promettente, una genealogia della stirpe dei Giusti, quella del viale, ma soprattutto quella che etimologicamente viene ad essere il Giusto nella mentalità ebraica. Colui che prende il tuo dolore su di sé per, in qualche modo, salvarti, darti la possibilità di vivere. E nelle storie della stirpe dei Levy sembrava echeggiare bene questa filosofia. Poi arriva l’ultimo e ci si perde in fantasie, funambolismi, visioni. Il libro è certamente datato e mostra tutti i suoi cinquanta anni. Ovvio, che alla sua uscita, invece, abbia suscitato interesse e scandalo, anche perché la Shoah non era un argomento centrale negli anni 50. L’idea dell’autore è che lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti sia il risultato di numerosi secoli di anti-semitismo nel mondo Occidentale, che risalgono fin su alle crociate, quando i testi cristiani etichettavano il popolo ebraico come un popolo deicida. L’originalità (su citata e che rimane) è la scrittura come saga di una famiglia ebrea dalle crociate ad oggi, alternando ritratti di personaggi attraverso le epoche che sempre mostrano la persistenza di un clima antisemita in Europa. Ma detto tutto ciò, rimane, per me, dal punto di vista letterario un libro debole. Certo la fine non può che essere un pugno nello stomaco, ma sarà sempre così (e soprattutto leggerlo poco dopo aver visitato lo Yad Vashem a Gerusalemme). Sarebbe interessante entrare invece nel dibattito saggistico, ma non ne ho le basi né la capacità. Ad altri momenti e ad altri saggi l’ardua sentenza.
Fa freddo, tante cose succedono e si accavallano, ma il vostro tramatore oggi è un po’ stanco e vi lascia alle agognate festività 

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