evitando le buche più dure….
Un saluto al vecchio Lucio, e,
visto che ci si avviva versi viaggi dicembrini, prendiamo in mano qualche libro
di viaggio tra gli ultimi letti. Da una parte il grande Bruce con i due libri
patagonici uniti da un grande filo di continuità, dall’altra un libro che
nasceva sotto le migliori intenzioni (per me) ma che mi ha deluso abbastanza.
Cominciamo dal toro, che ho
letto… al contrario. Prima il ritorno e poi l’andata, e poi, forse, leggerò
qualcosa di Theroux.
Bruce Chatwin e Paul Theroux “Ritorno in Patagonia” Adelphi euro 7
(gratis con Feltrinelli +)
Piccolo libro, grande viaggio
(mentale). Perché non è altro che, come dice il titolo, un ritorno. Bisogna
aver letto In Patagonia di Chatwin e L’ultimo treno della Patagonia di Theroux
e poi godersi questo duetto, che viene da una conferenza a due voci tenuta a
Londra nel 1985. E mi immagino il piacere di assistere a questo florilegio
patagonico, con i due che si danno il la, e si avvinghiano per ripercorrere la
nascita dell’idea della Patagonia, fino alla terra attuale, sempre fatta più di
assenze che di presenze. E cavalcando sulle ali delle parole, si parte da
Melville, poi si fa un salto indietro fino a Pigafetta, per poi andare avanti
sempre più, sino a W.H. Hudson, al nonno di Theroux. E senza dimenticare, en
passant, Butch Cassidy e Sundance Kid. Viene una maledetta voglia di mettersi
in moto, di camminare, di bruciare come fece Theroux 15.000 km per andare da
Boston a Ishuaya… c’è anche tanta antropologia, la nascita del mito dei giganti
della Terra del Fuoco. Ma soprattutto la curiosità di due menti che nulla danno
per scontato. E che sono lì per ascoltare e poi ricollegare con il filo della
memoria culturale che si portano dietro. Dotto ma non dottorale. Fruibile.
Allora, quando si parte?
“non c’era nulla… solo il paradosso patagonico: minuscoli fiori in uno
spazio immenso … non c’era un campo intermedio di studio. O l’enormità del
deserto o la vista di un piccolissimo fiore. In Patagonia si deve scegliere fra
il minuscolo e l’immenso” (18)
Bruce Chatwin “In Patagonia” Adelphi euro 9
IL LIBRO (sì, tutto maiuscolo) di
viaggio, perché così sarebbe bello scrivere e leggere del viaggiare. Bruce
parte per la Patagonia sul filo della memoria alla ricerca delle tracce di un
suo antenato marinaio. E va in giro presentandoci fatti e luoghi, e personaggi,
che alla fine ci sembra di conoscere. Ed ogni luogo rimanda ad una storia, che
si cerca di narrare, alternando quello che si sa con qualcosa che si studia,
fino alle stupende pagine su Butch Cassidy ed il mistero degli ultimi anni
della sua vita. Il libro nasce da uno dei soliti elementi di casualità della
vita di Bruce. Intervistando l’anziana architetta Eileen Grey, vide una mappa
della Patagonia, e trovandosi entrambi appassionati, la 93 enne artista gli
dice; “Vacci per me”. Nel 1974, BC arriva a Lima, e parte alla volta
dell’estremo Sud, da dove tornerà 6 mesi più tardi. Con nello zaino questo
taccuino denso di note, che diventerà il libro che ridefinisce la letteratura
di viaggio. Nei suoi circa cento capitoletti, parla di viaggi, storia,
avventura, intrecciando aneddoti, ma sempre ed in ogni caso, facendoci
camminare sulla terra su cui sta camminando, ragionare con la gente con cui sta
parlando. Certo, c’è sempre della fiction, e qualcuno dei passi a volte non
regge ad una maggiore critica. Ma, datato o meno, è un capolavoro, e viene
subito la voglia di rifare lo zaino e di partire.
“Hudson … conclude affermando che chi percorre il deserto scopre in se
stesso una calma primitiva” (28)
E poi il libro deludente…
Autori Vari “Dovevo andarci” Mondadori euro
8,40 (in realtà è un prestito/regalo)
Quanto
meno, perplesso. Era affascinante il sottotitolo “Scrittori in viaggio con sé
stessi”. Poi si legge l’introduzione della curatrice Kate Grenville e si
capisce il trucco. La curatrice vuole che gli autori parlino di un luogo dove
“doveva andare” lo scrittore, per un pellegrinaggio, vero o fantastico, verso
qualcosa che faccia vibrare delle corde. Ma delle corde sue, che a noi il più
delle volte toccano poco. Ne nascono alcuni racconti sopportabili, ma la
maggior parte mi ha lasciato freddo. Forse perché la maggior parte degli autori
mi era (ed è tuttora) sconosciuta, quindi non se ne può apprezzare fino in
fondo il pellegrinaggio. Se un Hemingway mi parlasse di un suo pellegrinaggio
che so ad Aigües Mortes, io lo capirei meglio. Così cerco di farmi piacere la
descrizione di qualche luogo. Ma anche lì, son luoghi dell’autore, che raramente
riesce a condividerli con il lettore. Tutt’altra pasta un’Australia di Chatwin.
Certo, rimangono nella mente alcuni spunti da approfondire: cos’è successo alla
spedizione Franklin che cercava il Passaggio a Nord-Ovest? Qual è la storia di
Iñigo principe di Navarra? Chi era il samurai indipendente Miyamoto Musashi e
qual è la differenza tra Iaido e Aikido? Piccolo inciso su questo punto, il
pezzo sulla spada mi ha fatto riflettere sui racconti di Rosa e le sue arti
marziali. Ma alla fine è tutta un’operazione molto anglo-sassone, anzi direi di
più, molto canadese, che purtroppo fa un po’ acqua da tutte le parti (ed
attenti che lì si ghiaccia presto).
“non ha importanza, in fondo, dove tu ti trovi, fin tanto che con te
sono la memoria del primo amore, o la presenza improvvisa di una fragranza
condivisa, la melodia di una vecchia canzone, il gusto della prima zuppa di
cipolle. Trovati un posto vero e viviti la vita” (63)
“[da Kafavis citato percorrendo la Burma Road] Se per Itaca volgi il
tuo viaggio / fa voti che ti sia lunga la via” (170)
Non credo che mi metterò a
cercare notizie sugli autori. Personalmente, posso dire che conosco (e qualcosa
ho letto qui e là) Nuruddin Farah, Douglas Coupland, Margaret Atwood e Roddy
Doyle (quello di Commitments, bellissimo). Mentre mi sono illustremente ignoti
(ma spero che qualcuno di voi ne sappia) la curatrice Kate Grenville, e poi
Michael Collins, Gail Singer, Ivan Klima, Katherine Govier, Vijay Nambisan,
Nino Ricci (è un canadese, non è italiano), Joy Kagawa, Andrew Greig, Wendy
Law-Yone e Mark Kurlansky.
Non
si riesce ancora ad organizzare praticamente nulla di concreto e si continua ad
essere sospesi. Su messanger ho detto che si ritorna sulla terra. Ma non ci si
può rimanere a lungo. Intanto si fanno ancora ed ancora auguri alle bilance
compleanniche (uno in particolare e lei sa perchè), ed almeno, nell’attesa, si pensa a girare un po’. Chissà dove ci
porta…
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