giovedì 12 gennaio 2012

Si, viaggiare… - 11 ottobre 2009


evitando le buche più dure….
Un saluto al vecchio Lucio, e, visto che ci si avviva versi viaggi dicembrini, prendiamo in mano qualche libro di viaggio tra gli ultimi letti. Da una parte il grande Bruce con i due libri patagonici uniti da un grande filo di continuità, dall’altra un libro che nasceva sotto le migliori intenzioni (per me) ma che mi ha deluso abbastanza.
Cominciamo dal toro, che ho letto… al contrario. Prima il ritorno e poi l’andata, e poi, forse, leggerò qualcosa di Theroux.
Bruce Chatwin e Paul Theroux “Ritorno in Patagonia” Adelphi euro 7 (gratis con Feltrinelli +)
Piccolo libro, grande viaggio (mentale). Perché non è altro che, come dice il titolo, un ritorno. Bisogna aver letto In Patagonia di Chatwin e L’ultimo treno della Patagonia di Theroux e poi godersi questo duetto, che viene da una conferenza a due voci tenuta a Londra nel 1985. E mi immagino il piacere di assistere a questo florilegio patagonico, con i due che si danno il la, e si avvinghiano per ripercorrere la nascita dell’idea della Patagonia, fino alla terra attuale, sempre fatta più di assenze che di presenze. E cavalcando sulle ali delle parole, si parte da Melville, poi si fa un salto indietro fino a Pigafetta, per poi andare avanti sempre più, sino a W.H. Hudson, al nonno di Theroux. E senza dimenticare, en passant, Butch Cassidy e Sundance Kid. Viene una maledetta voglia di mettersi in moto, di camminare, di bruciare come fece Theroux 15.000 km per andare da Boston a Ishuaya… c’è anche tanta antropologia, la nascita del mito dei giganti della Terra del Fuoco. Ma soprattutto la curiosità di due menti che nulla danno per scontato. E che sono lì per ascoltare e poi ricollegare con il filo della memoria culturale che si portano dietro. Dotto ma non dottorale. Fruibile. Allora, quando si parte?
“non c’era nulla… solo il paradosso patagonico: minuscoli fiori in uno spazio immenso … non c’era un campo intermedio di studio. O l’enormità del deserto o la vista di un piccolissimo fiore. In Patagonia si deve scegliere fra il minuscolo e l’immenso” (18)
Bruce Chatwin “In Patagonia” Adelphi euro 9
IL LIBRO (sì, tutto maiuscolo) di viaggio, perché così sarebbe bello scrivere e leggere del viaggiare. Bruce parte per la Patagonia sul filo della memoria alla ricerca delle tracce di un suo antenato marinaio. E va in giro presentandoci fatti e luoghi, e personaggi, che alla fine ci sembra di conoscere. Ed ogni luogo rimanda ad una storia, che si cerca di narrare, alternando quello che si sa con qualcosa che si studia, fino alle stupende pagine su Butch Cassidy ed il mistero degli ultimi anni della sua vita. Il libro nasce da uno dei soliti elementi di casualità della vita di Bruce. Intervistando l’anziana architetta Eileen Grey, vide una mappa della Patagonia, e trovandosi entrambi appassionati, la 93 enne artista gli dice; “Vacci per me”. Nel 1974, BC arriva a Lima, e parte alla volta dell’estremo Sud, da dove tornerà 6 mesi più tardi. Con nello zaino questo taccuino denso di note, che diventerà il libro che ridefinisce la letteratura di viaggio. Nei suoi circa cento capitoletti, parla di viaggi, storia, avventura, intrecciando aneddoti, ma sempre ed in ogni caso, facendoci camminare sulla terra su cui sta camminando, ragionare con la gente con cui sta parlando. Certo, c’è sempre della fiction, e qualcuno dei passi a volte non regge ad una maggiore critica. Ma, datato o meno, è un capolavoro, e viene subito la voglia di rifare lo zaino e di partire.
“Hudson … conclude affermando che chi percorre il deserto scopre in se stesso una calma primitiva” (28)
E poi il libro deludente…
Autori Vari “Dovevo andarci” Mondadori euro 8,40 (in realtà è un prestito/regalo)
Quanto meno, perplesso. Era affascinante il sottotitolo “Scrittori in viaggio con sé stessi”. Poi si legge l’introduzione della curatrice Kate Grenville e si capisce il trucco. La curatrice vuole che gli autori parlino di un luogo dove “doveva andare” lo scrittore, per un pellegrinaggio, vero o fantastico, verso qualcosa che faccia vibrare delle corde. Ma delle corde sue, che a noi il più delle volte toccano poco. Ne nascono alcuni racconti sopportabili, ma la maggior parte mi ha lasciato freddo. Forse perché la maggior parte degli autori mi era (ed è tuttora) sconosciuta, quindi non se ne può apprezzare fino in fondo il pellegrinaggio. Se un Hemingway mi parlasse di un suo pellegrinaggio che so ad Aigües Mortes, io lo capirei meglio. Così cerco di farmi piacere la descrizione di qualche luogo. Ma anche lì, son luoghi dell’autore, che raramente riesce a condividerli con il lettore. Tutt’altra pasta un’Australia di Chatwin. Certo, rimangono nella mente alcuni spunti da approfondire: cos’è successo alla spedizione Franklin che cercava il Passaggio a Nord-Ovest? Qual è la storia di Iñigo principe di Navarra? Chi era il samurai indipendente Miyamoto Musashi e qual è la differenza tra Iaido e Aikido? Piccolo inciso su questo punto, il pezzo sulla spada mi ha fatto riflettere sui racconti di Rosa e le sue arti marziali. Ma alla fine è tutta un’operazione molto anglo-sassone, anzi direi di più, molto canadese, che purtroppo fa un po’ acqua da tutte le parti (ed attenti che lì si ghiaccia presto).
“non ha importanza, in fondo, dove tu ti trovi, fin tanto che con te sono la memoria del primo amore, o la presenza improvvisa di una fragranza condivisa, la melodia di una vecchia canzone, il gusto della prima zuppa di cipolle. Trovati un posto vero e viviti la vita” (63)
“[da Kafavis citato percorrendo la Burma Road] Se per Itaca volgi il tuo viaggio / fa voti che ti sia lunga la via” (170)
Non credo che mi metterò a cercare notizie sugli autori. Personalmente, posso dire che conosco (e qualcosa ho letto qui e là) Nuruddin Farah, Douglas Coupland, Margaret Atwood e Roddy Doyle (quello di Commitments, bellissimo). Mentre mi sono illustremente ignoti (ma spero che qualcuno di voi ne sappia) la curatrice Kate Grenville, e poi Michael Collins, Gail Singer, Ivan Klima, Katherine Govier, Vijay Nambisan, Nino Ricci (è un canadese, non è italiano), Joy Kagawa, Andrew Greig, Wendy Law-Yone e Mark Kurlansky.
Non si riesce ancora ad organizzare praticamente nulla di concreto e si continua ad essere sospesi. Su messanger ho detto che si ritorna sulla terra. Ma non ci si può rimanere a lungo. Intanto si fanno ancora ed ancora auguri alle bilance compleanniche (uno in particolare e lei sa perchè), ed almeno, nell’attesa, si pensa a girare un po’. Chissà dove ci porta…

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