venerdì 20 gennaio 2012

Dicembre, è tempo di viaggi - 29 novembre 2009

E visto che si viaggia, torniamo anche ai libri che ne parlano. Viaggi che si avvicinano, viaggi che si allontanano. Dei treni presi verso la pioggia con la speranza del sole. Di aerei presi verso il sole, e basta. Questi libri poi rimandano in cerchi concentrici. Qualcosa ai tempi molti passati con aneliti vari, ma letto ora, la fuga mi è sembrata di respiro molto corto. Qualcosa di cui sentivo il battito in un’empatia rosartica di buona scrittura, ma poi con qualche amaro in bocca. Qualcosa che cantava anche piena di note stonate (la montanaro, ohè, si sente cantaare…).
Ma procediamo, attaccando il più controverso e meno a me piaciuto.
A cura di Alberto Prunetti “L’arte della fuga” Stampa Alternativa euro 10 (regalo-affido di Chiara)
Operazione che non mi è piaciuta. A che serve questo libro di anarchici e situazionisti senza capo né coda? A parlare della fuga? Ma una lettera di un bigamo alla moglie che non rivedrà più, che senso ha? Il meglio forse nell’operazione Battisti. Ma ne riparleremo più avanti. Intanto cominciamo a criticare il sottotitolo “Manuale per viaggiatori che non accettano istruzioni”. Forse scrivere istituzioni sarebbe stato più corretto. Come l’anarchico Ret Marut che dopo una stramba gioventù nella natia Germania, fugge in America dove ha il successo con il nome di B. Traven e con il libro (ahi Humphrey!!) “Il tesoro della Sierra Madre”. O lo scrittore situazionista belga Raoul Vaneigem, il surrealista francese Benjamin Péret. O l’inventore delle Utopie Pirata, Peter Lamborn Wilson che scriveva firmandosi Hakim Bey. Per finire con Arthur Cravan, un gigante di 2 metri, il cui vero nome era Fabian Avenarius Lloyd, nipote di Oscar Wilde, sparito a ventanni nel Golfo del Messico (sparito, ma forse non morto). Inoltre, si parla di molto, ma non di viaggi. Si parla di luoghi, altri, lontani nello spazio o forse lontani dalla testa. Così come del primo ambientalista narrato da London. O delle regine dei pirati di Defoe. Ma per il resto? Della filologia per Bruno Traven. Ma poi che c’entrano, che senso hanno i Vaneigem, i Péret o Hakim Bey o Alex Trocchi o Arthur Cravan? E chi sarà mai Jean Camatte? O Robert Kelly? Finiamo con Battisti e con il curatore. La figura del (forse) terrorista è delle più controverse. Chi lo accusa di 4 omicidi, chi, come la Vargas, lo difende a spada tratta. Certo qui vengono fuori righe di memoria, fili di pensieri che fanno vedere il nascere della sua irrequietezza, i difficili rapporti con il padre e con i luoghi natii. Per poi fuggire, rapinatore, forse omicida. Rifarsi una vita, cominciare a scrivere e con successo in Francia. Per poi definitivamente fuggire ora in Brasile. Ed in futuro? Qui se ne apprezzano le doti affabulatorie, ma si lascia ad altri ed altrove giudizi sulla persona. Giudizi invece che vanno dati al curatore, il Prunetti deus ex-machina di un sito pur interessante come http://www.carmillaonline.com/, con i suoi articoli su questo mondo anarchico emarginato ma vivo. Qui il tentativo che ha fatto è di dare un peso extra a queste situazioni. Ma, seppur interessante dal punto di vista di spunti politici, lo è vicino a zero a livello su spunti letterari. Ed il filo dei suoi ricordi che collega i vari passi non solo è frammentario, ma a volte irritantemente assente. Quasi che si debbano riempire degli spazi per poter arrivare alla pagina nuova e pubblicare un altro brano. Da questo punito di vista, non solo negativo, ma pessimo.
A parte il curatore, ricordo gli scrittori più significativi intervenuti: Ret Marut, più conosciuto come Berick Traven Torsvan, o semplicemente B. Traven (noto soprattutto per la sceneggiatura de “Il tesoro della Sierra Madre” con Humphrey), è stato uno scrittore e anarchico tedesco, e controllate su http://it.wikipedia.org/wiki/Ret_Marut; Raoul Vaneigem è filosofo, scrittore e giornalista belga il cui nome è indissolubilmente legato allo sviluppo dell'Internazionale Situazionista ed altre notizie su http://it.wikipedia.org/wiki/Raoul_Vaneigem; Benjamin Péret è stato uno scrittore surrealista francese coevo agli Artaud e Bréton, e se ne legge su http://fr.wikipedia.org/wiki/Benjamin_Péret; Peter Lamborn Wilson è invece uno scrittore, saggista e poeta statunitense, conosciuto principalmente con lo pseudonimo di Hakim Bey e come primo propositore del concetto delle Zone Temporaneamente Autonome (TAZ), basate sulla rivisitazione storica delle Utopie Pirata, e per maggiori notizie http://it.wikipedia.org/wiki/Hakim_Bey; Alexander Whitelaw Robertson Trocchi è stato uno scrittore scozzese da approfondire su http://en.wikipedia.org/wiki/Alexander_Trocchi; Arthur Cravan, il cui vero nome era Fabian Avenarius Lloyd, nacque in Svizzera da Otho Holland Lloyd e Constance Mary, sorella di Oscar Wilde, di cui era quindi il nipote, e della sua strana vita si legga su http://fr.wikipedia.org/wiki/Arthur_Cravan; infine Cesare Battisti nato nel frusinate a Sermoneta il 18 dicembre 1954 si legga su http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Battisti_(1954) e di lui non dirò altro.
Resti per tempi diversi, non capendo se mi attirava più l’attore o lo scrittore, si è letto con interesse.
Giuseppe Cederna “Il grande viaggio” Feltrinelli euro 7,50 (in realtà, sconto euro 6)
Sento affinità con questo attore diventato viaggiatore e poi scrittore. L’arrivo a Delhi mi ha fatto fare salti indietro di anni ed anni. Ed è magistrale, si sentono gli odori, si vedono le persone dormire in mezzo alle strade, si vedono i sikh guidare le moto carrozzelle, e si sente l’odore di fresco del tempio di Ganesh la mattina presto. Bello è anche l’intrecciare delle salite e discese tra i picchi himalayani, con la propria infanzia, i ricordi del padre, dei parenti in Valtellina, e della figurina di Bonisegna, ed altre amenità rinchiuse nel proprio cervello. Ben restituito quindi il senso anche dell’India fuori Delhi. Della vita quotidiana nei piccoli e sperduti luoghi dell’immensità indiana. Non succede tanto, non si hanno storie su storie, si avanza a piccoli passi, salendo a fatica verso i 4-5 mila metri. In fondo il grande viaggio non è solo un viaggiare esterno, ma anche un viaggiare interno, verso i propri demoni e verso le proprie eroicità. Il tutto legato a quella promessa di incontro alla fine del viaggio a Delhi con Paola la giornalista. Non è sempre omogeneo, a volte si fatica (come si fatica a camminare in quota). Ma gradevole, affine come ho detto all’inizio. Ogni viaggio poi è sempre un viaggio d’amore per qualcosa. Qui vi lascio alla scoperta del qualcosa di Cederna. Io so dei miei. E voi, sapete dei vostri?
“di questa storia esistono molte versioni. Io stesso la prossima volta ve la racconterei diversamente… le storie sono come i fiumi. Nascono in alto, scendono fra gli uomini, raccolgono altre storie, si dividono e si confondono di nuovo” (195)
Finiamo con un classico del viaggiare, questo si che molto tempo ha aspettato in anticamera prima di aver diritto ad esser letto.
Stefano Malatesta “Il cammello battriano” Neri Pozza euro 13,50
Lo regalai a mio padre per uno dei suoi ultimi compleanni, sperando di suscitare in lui ricordi delle sue peripezie asiatiche. Cosa che non fu. E lo regalai prima che, in modo molto sghembo, inciampassi nell’autore. Ora, passati anni ed acqua, l’ho ripreso e letto di un fiato. Non bello, non uno straordinario libro di viaggi. Ma pieno di spunti questo sì. Sia personali (dove sei Samarcanda? Quando ti vedrò Ulan Bator?) sia in genere sui viaggi. Sino a quell’immagine finale dell’incontro con la Maillart che tanto mi ha ricordato l’incontro tra Frida Stark e Cino Boccazzi. In fondo non è un libro organico. Direi quasi una raccolta di articoli giornalistici ben scritti da pagina culturale di Repubblica, su argomenti affini. E cioè su quella parte dell’Asia attraversata dalla fantomatica Via della Seta (riuscirò mai a trovare tempo e coraggio per farla?). Quindi spunti, rimandi, osservazioni anche gradevoli. Non ho ancora capito cosa mi aspetto da un libro di viaggio: la meraviglia del narrare? La gioia di (ri-)trovare posti miei (come la sotto citata libreria di Parigi, che ha in vetrina una delle cose più belle che abbia mai visto: un biglietto aereo del giro del mondo fatto negli anni trenta; ma più che un biglietto aereo, è un libretto di biglietti, la cui sola lettura consente alla testa di viaggiare…)? La bravura nel rimando e nell’approfondimento? Non so, ma certo ogni tanto mi si echeggia Chatwin ed alcune sue pagine patagoniche. E mi domando… so io cosa. Per ora mi rispondo con un comunque bravo a Malatesta, anche se avrei preferito leggerlo senza conoscerlo.
“Chi può mai descrivere la felicità delle ore passate da Ulysse, rue Saint Louis en l'Ile, dove la proprietaria, Catherine Domain, considerata bisbetica nell’ambiente, mi accoglieva con la gentilezza riservata a chi aveva conosciuto Ella Maillart, l’intrepida viaggiatrice svizzera? E i pomeriggi da Orient, da Samuelian, e, tornando a Roma, nella Libreria del Viaggiatore?” (15-16)
“Detto per inciso e una volta per tutte, la parola Assassino non viene da hashishiyun, fumatore di hashish, come in genere viene ricordato dai proibizionisti, nella speranza di bollare d’infamia l’uso delle droghe leggere, ma da assass, i fondamenti della fede” (58)
“[Chatwin] in uno di questi [appunti] ricordava che nomos in greco significa pascolo, e il nomade è un capo che presiede alla distribuzione dei pascoli” (87)
“Nabokov non è mai stato più ad oriente di Odessa. Ma le trenta o quaranta pagine [del Dono] in cui immagina di seguire il padre esploratore sono di una bellezza struggente, le più belle che qualcuno abbia mai scritto sull’Asia Centrale” (123)
Ed ora prepariamoci a studiare i nostri (o miei) viaggi, dopo aver per inciso salutato chi farà un viaggio molto breve ma molto impegnativo (traslochi che vengono, traslochi che vanno). E per inciso sempre, anche ricordato che, spinto da emozioni e non da ragionamenti, ho deciso di dedicare (questa volta pagato) un altro anno ai progetti tecnici. Fu vera scelta? Ai postumi l’ardua sentenza. Altro dirti non vo’ che la tua festa… la mia la rimandiamo per un po’. 

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