Souvenir
de mon enfance…. Questa settimana torniamo ancora fuori d’Italia, e lo
facciamo celebrando un passaggio francese che ci sta sempre bene (se ne
riparlerà) e dedicandolo ad alcuni libri che ho letto in originale (come quando
posso tento ancora di fare). Un libro strano, favola immaginaria, di un paese
dedicato alle parole. E due libri primi. Uno di ormai ottanta anni fa dedicato
al revival Nemirovsky ed uno di quasi cinquanta dove ho cercato (ma non credo
di esserci riuscito) di farmi piacere l’ultimo Nobel.
Cominciamo allora con la favola.
Érik Orsenna « La grammaire est une chanson douce « Le Livre de
Poche euro 5,50
Torniamo allora sul revival della
scrittrice francese morta ad Auschwitz con il suo primo libro.
Irène Némirovsky « David Golder » Le Livre de Poche euro 5,50
Questo
va trattato diverso dagli altri che ho letto di lei, perché l’ho letto in
lingua e perché è il primo romanzo, scritto a 26 anni. Dopo aver letto molto
della tardiva scoperta editoriale (e dopo aver letto il suo corposo inedito) ho
deciso di leggere questo suo primo testo pubblicato nella lingua da lei usata
per scrivere anche se non era la sua nativa. I temi classici della Némirovsky
ci sono già tutti: il mondo dei fuorusciti russi (sia di prima che dopo la
rivoluzione), i rapporti umani complessi (l’incapacità di essere genitori), il
rapporto (molto ebreo, se vogliamo) con il denaro. In questa parabola che penso
abbia molto colpito, essendo uscita nel ’29 dove forse poco ci si domandava se
era giusto sacrificare tutto per avere ricchezze. Dove i grandi speculatori non
sembrava potessero avere sentimenti alle spalle. Tutto era bello e luccicante,
in questo mondo un po’ alla Grande Gatsby, dove le fortune nascono e spariscono
sull’orlo di una mano di carte. Dove si passa da sordide vie parigine ad
assolati party a Biarritz. Una parabola giocata sulla lama della morte. Lì dove
Golder ad un certo punto pare domandarsi a quale pro rovinarsi la salute. Per
una moglie che pensa solo ai gioielli? Per una figlia che pensa solo a macchine
ed amanti? Per sé stesso, ma se poi ti viene un infarto in treno, che ci farai
di tutti quei soldi? Ha un grande attimo di sospensione, dove manda tutto a
monte, rovesciando i canoni usuali. Poi … poi si potrà mai resistere ad uno
sguardo triste di una figlia? Forse no. La storia al solito non è ricchissima,
ma ben trattati i vari personaggi. Gli affaristi, i dandy, le principesse in
rovina, e via con la fauna del demi-monde. Con questo messaggio, duro, cattivo:
che vi affannate a fare? Il vostro mondo prima o poi crollerà, e vi ritroverete
soli, poveri e senza affetti. Allora scegliete e portate avanti solo qualcosa
che vi rimarrà, e per sempre.
“remontèrent au hasard une
rue … la rue Vielle-du-Temple… ici, à côté, dans la rue des Rosiers, il y a un
petit restaurant juif »
E finiamo con il non da me tanto
amato premio Nobel.
Jean Marie Gustave Le Clézio “Le procés-verbal” Folio s.p. (regalo di
Alessandra)
Il primo libro, pubblicato
all’età di 23 anni e 4 mesi! Non mi ha convinto, scritto da un giovane Jean
Marie Gustave, in una lingua semplice ma efficace, in un tentativo di dar vita
a qualcosa di nuovo, ma che (sarà l’età dello scrittore, sarà l’averlo letto
ora a distanza di tanto tempo dalla scrittura) non sembra veramente riuscito.
L’idea di base è di dar voce ad un alienato che si auto-emargina dalla società,
di vederne l’andare a fondo, molto spesso in soggettiva piuttosto che in
oggettiva. Facendo cogliere l’allucinante normalità che può avere il percorso
mentale di qualcuno che perde o sta perdendo il filo organico dei propri
pensieri. Anche perché soggettivamente questo filo sembra (è) sempre logico e
coerente. E sempre soggettivamente non ci si può rendere conto di essere pazzi.
Questo è forse il messaggio più forte del libro del premio Nobel dello scorso
anno. Per il resto, a parte la possibile ilarità che suscita in noi l’eroe del
romanzo che di cognome fa Pollo, non è che mi ha colpito più di tanto. Pollo,
infatti, che di nome fa Adam (quasi un rimando al primo uomo?) scegli di
auto-emarginarsi in una calda estate nel sud della Francia. Inizia guardando la
vita di fuori, contemplando il paesaggio, e poi gira per i caffè, le spiagge,
le strade, si accompagna con Michelle. Cerca, forzatamente, di vivere. Tanto da
scendere per strada e concionare con intelligenza la folla. Tanto che viene
arrestato, portato in un ospedale psichiatrico, ed alla fine, a forza di voler
vivere, diviene veramente folle e viene respinto ed emarginato dalla società.
Ma questo è il para-testo, mentre ne leggevo mi veniva solo un po’ di fastidio
(soprattutto nella descrizione dell’omicidio del topo).
Intanto
si chiudono alcuni fronti estivi aperti, anche se cerco ancora molte foto del
viaggio, e si aprono quelli invernali: dove si andrà? Si andrà? Per ora solo
idee e possibilità. Chiudo con un pensiero di auguri alle mie amiche in
partenza, per tanti posti lontani, nello spazio e nel tempo.
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