lunedì 9 gennaio 2012

Douce France… - 20 settembre 2009


Souvenir de mon enfance…. Questa settimana torniamo ancora fuori d’Italia, e lo facciamo celebrando un passaggio francese che ci sta sempre bene (se ne riparlerà) e dedicandolo ad alcuni libri che ho letto in originale (come quando posso tento ancora di fare). Un libro strano, favola immaginaria, di un paese dedicato alle parole. E due libri primi. Uno di ormai ottanta anni fa dedicato al revival Nemirovsky ed uno di quasi cinquanta dove ho cercato (ma non credo di esserci riuscito) di farmi piacere l’ultimo Nobel.
Cominciamo allora con la favola.
Érik Orsenna « La grammaire est une chanson douce «  Le Livre de Poche euro 5,50
Ho cercato qualcosa di Orsenna dopo aver letto la recensione di un suo libro che parlava della sindrome dell’andanza (quella che ti/mi spinge ad andare sempre alla ricerca di …). Non l’ho trovato, ma ho trovato questo libricino illustrato. E mi ha ripagato. So anche che il libro è stato pubblicato in Italia da Salani, ma no so quanto renda, essendo tutto basato sulla grammatica francese. E con delle illustrazioni veramente belle. Con tono scherzoso, immedesimandosi nella protagonista (Jeanne), l’accademico di Francia ci fa fare un tour di base sulla struttura della grammatica francese, inventandosi un’isola meravigliosa con negozi che vendono parole, un municipio per i matrimoni tra sostantivi e aggettivi, un ospedale per le parole malate e una fabbrica per costruire le frasi, con distributori automatici di articoli e orologi a pendolo che con un’inventiva impagabile prendono i verbi all’infinito e li trasformano nei tempi che vuoi tu. E riesce ad appassionare, a far nascere l’amore per la costruzione della frase (la tirata iniziale sulle favole di La Fontaine è di una bellezza unica). Riuscendo nel contempo a dare stoccate sane alla struttura scolastica moderna, che pensa che i bambini di 10 anni debbano essere dei linguisti. No, e son d’accordo con lui, i ragazzi devono soltanto leggere e scrivere, imparando ad assaporare il linguaggio, ad esserne rapiti. Ora mi aspetto dei seguiti, soprattutto sui verbi e sulle eccezioni. Per ora, una dolce carrellata, che mi fa nascere la curiosità di come sarebbe un libro analogo per l’italiano.
Torniamo allora sul revival della scrittrice francese morta ad Auschwitz con il suo primo libro.
Irène Némirovsky « David Golder » Le Livre de Poche euro 5,50
Questo va trattato diverso dagli altri che ho letto di lei, perché l’ho letto in lingua e perché è il primo romanzo, scritto a 26 anni. Dopo aver letto molto della tardiva scoperta editoriale (e dopo aver letto il suo corposo inedito) ho deciso di leggere questo suo primo testo pubblicato nella lingua da lei usata per scrivere anche se non era la sua nativa. I temi classici della Némirovsky ci sono già tutti: il mondo dei fuorusciti russi (sia di prima che dopo la rivoluzione), i rapporti umani complessi (l’incapacità di essere genitori), il rapporto (molto ebreo, se vogliamo) con il denaro. In questa parabola che penso abbia molto colpito, essendo uscita nel ’29 dove forse poco ci si domandava se era giusto sacrificare tutto per avere ricchezze. Dove i grandi speculatori non sembrava potessero avere sentimenti alle spalle. Tutto era bello e luccicante, in questo mondo un po’ alla Grande Gatsby, dove le fortune nascono e spariscono sull’orlo di una mano di carte. Dove si passa da sordide vie parigine ad assolati party a Biarritz. Una parabola giocata sulla lama della morte. Lì dove Golder ad un certo punto pare domandarsi a quale pro rovinarsi la salute. Per una moglie che pensa solo ai gioielli? Per una figlia che pensa solo a macchine ed amanti? Per sé stesso, ma se poi ti viene un infarto in treno, che ci farai di tutti quei soldi? Ha un grande attimo di sospensione, dove manda tutto a monte, rovesciando i canoni usuali. Poi … poi si potrà mai resistere ad uno sguardo triste di una figlia? Forse no. La storia al solito non è ricchissima, ma ben trattati i vari personaggi. Gli affaristi, i dandy, le principesse in rovina, e via con la fauna del demi-monde. Con questo messaggio, duro, cattivo: che vi affannate a fare? Il vostro mondo prima o poi crollerà, e vi ritroverete soli, poveri e senza affetti. Allora scegliete e portate avanti solo qualcosa che vi rimarrà, e per sempre.
“remontèrent au hasard une rue … la rue Vielle-du-Temple… ici, à côté, dans la rue des Rosiers, il y a un petit restaurant juif »
E finiamo con il non da me tanto amato premio Nobel.
Jean Marie Gustave Le Clézio “Le procés-verbal” Folio s.p. (regalo di Alessandra)
Il primo libro, pubblicato all’età di 23 anni e 4 mesi! Non mi ha convinto, scritto da un giovane Jean Marie Gustave, in una lingua semplice ma efficace, in un tentativo di dar vita a qualcosa di nuovo, ma che (sarà l’età dello scrittore, sarà l’averlo letto ora a distanza di tanto tempo dalla scrittura) non sembra veramente riuscito. L’idea di base è di dar voce ad un alienato che si auto-emargina dalla società, di vederne l’andare a fondo, molto spesso in soggettiva piuttosto che in oggettiva. Facendo cogliere l’allucinante normalità che può avere il percorso mentale di qualcuno che perde o sta perdendo il filo organico dei propri pensieri. Anche perché soggettivamente questo filo sembra (è) sempre logico e coerente. E sempre soggettivamente non ci si può rendere conto di essere pazzi. Questo è forse il messaggio più forte del libro del premio Nobel dello scorso anno. Per il resto, a parte la possibile ilarità che suscita in noi l’eroe del romanzo che di cognome fa Pollo, non è che mi ha colpito più di tanto. Pollo, infatti, che di nome fa Adam (quasi un rimando al primo uomo?) scegli di auto-emarginarsi in una calda estate nel sud della Francia. Inizia guardando la vita di fuori, contemplando il paesaggio, e poi gira per i caffè, le spiagge, le strade, si accompagna con Michelle. Cerca, forzatamente, di vivere. Tanto da scendere per strada e concionare con intelligenza la folla. Tanto che viene arrestato, portato in un ospedale psichiatrico, ed alla fine, a forza di voler vivere, diviene veramente folle e viene respinto ed emarginato dalla società. Ma questo è il para-testo, mentre ne leggevo mi veniva solo un po’ di fastidio (soprattutto nella descrizione dell’omicidio del topo).
Intanto si chiudono alcuni fronti estivi aperti, anche se cerco ancora molte foto del viaggio, e si aprono quelli invernali: dove si andrà? Si andrà? Per ora solo idee e possibilità. Chiudo con un pensiero di auguri alle mie amiche in partenza, per tanti posti lontani, nello spazio e nel tempo. 

Nessun commento:

Posta un commento