martedì 17 gennaio 2012

De Giallo italico - 08 novembre 2009

Con buona pace dell’ottimo Giulio Cesare. Ma qui si parla di gialli, un po’ mondadoriani ed un po’ no. I due di oggi, Pigozzi e Luceri, sono di un buon livello, anche se non ottimo. Invece sempre al di sopra della media il creatore del commissario Ricciardi. Certo ora aspetto con ansia la quarta puntata, e spero non mi/ci deluderà. In fondo tuttavia una settimana di passaggio, tra un po’ di italici discreti ed un futuro incerto (per le lettere).
Cominciamo allora, nel solito ordine di lettura.
Stefano Pigozzi “Rosso come il sangue” Mondadori euro 3,90
A parte il piacere di ritrovare l’avvocato Anna Arcuri, un romanzo praticamente fotocopia del primo. Forse qualche sbandato in meno, ma poco altro. Si legge in velocità, molto da treno. Prima di tutto una critica: contiene alla fine un inutile raccontino “inedito” dal titolo “Il sorriso del Diablo” che se non ci fosse avrebbe almeno fatto risparmiare qualche albero. Ma torniamo al corpo principale. Intanto mi ha incatenato, perché l’avvocato Arcuri si aggira tra via Irnerio e via Mascarella (doveroso omaggio a Luana & Co). Non mi ha invece preso più di tanto la storia che, come ho detto, sembra una copia rimasticata del suo primo e fortunato “Metal Detector”. Mafia russa (importata o meno), poliziotti sul filo della legge, durezze alla Chandler, o meglio alla Spillane. Sì, c’è un po’ di suspense (riuscirà il cattivo meno cattivo ad avere la meglio sul cattivo proprio cattivo?) ma anche lì non è che ci si perdano sopra le notti. Fa solo un po’ piacere che, alla fine, gli affetti familiari riescano a riscattare situazioni improbabilmente contorte. Quindi, una bella fine non consolatoria che ci proietta verso una (probabile) terza puntata.
Passiamo ora da Bologna a Napoli.
Maurizio de Giovanni “Il posto di ognuno” Fandango euro 14
Terzo libro del commissario Ricciardi. Ancora meglio il secondo, ma anche questo ha dei punti gradevoli. Forse un po’ allungato (andava stringato un po’). Per chi si fosse perso l’inverno e la primavera, questa è l’estate del commissario (ed ora attendiamo l’autunno). Il bravo commissario, che sente le voci dei morti ammazzati nella Napoli degli anni trenta. Anche qui, diversi i piani di lettura. Da una parte la vicenda diciamo “gialla” con i suoi piccoli (o grandi) misteri a metà tra la Napoli bene, quella dei marchesi (in forze o decaduti) e quella del popolino che cerca mille modi per tirare avanti non proprio dalla miseria, ma almeno per uscire fuori dalla fame quotidiana. Poi c’è il contorno, quello fatto dei 4 o 5 personaggi ricorrenti, filo conduttore delle oramai tre storie. Il brigadiere, il prete, il femminiello, l’Enrica che aspetta che prima o poi il commissario esca dal suo cono d’ombra, e la Livia (omaggio trasversale a Camilleri?) che il commissario cerca di stanarlo lei. Questi sono anche i punti forti del tessuto di de Giovanni, che li porta in giro per la sua Napoli, e che, libro dopo libro, ne approfondisce e palesa i tratti. Migliorandone in fondo l’impressione un po’ troppo fugace del primo libro. Ma anche il giallo ha i suoi punti forti, con una soluzione che già si capisce dalle prime cinquanta pagine, ma che non sarà così semplice alla fine, nella sorta di finali e sottofinali, che, pur senza ritmi vertiginosi, avvolgono l’ultimo quarto del libro. Che, appunto, se un limite ha, lo trovo nella lunghezza. Non perché non sia aduso a tomi ponderosi, ma perché ci sono punti in cui mi domandavo quando ci si decideva a fare dei passi avanti. Nel’inchiesta, nella storia, nella vita. Ma torno a dire che qua, una bella granita ci sta tutta. Aspettando i dolci alla ricotta per l’autunno.
“Poi non ci siete stati più, tu [mamma] da un lato, lui [papà] dall’altro. Mi sono distratto, forse, perché non me ne sono accorto; ma a un certo punto non c’eravate più. Quand’è, mamma, che uno non è più un bambino? Quando è grande e forte e può decidere da solo? … Secondo me, sai, mamma, uno è adulto quando vede. E se vede, allora deve intervenire.” (207)
“Un uomo muore quando non significa più niente per nessuno” (219)
“Giogiò tesoro, questi due signori sono amici di papà. … presentati. … Buongiorno, signori amici di papà. Io sono Capece Giovanna, e ho undici anni” (276)
“Si sentiva un apprendista dei sentimenti. Alla sua età, quando la maggior parte degli uomini aveva avuto mogli, figli e innumerevoli incontri clandestini o mercenari, lui non sapeva dell’amore che … smozzicate frasi” (289)
“Certe felicità sono complete solo se possono starsene nell’ombra; perché il quotidiano uccide la felicità” (350)
“Ricordate che non esiste solo il rimorso; esiste il rimpianto, che è peggio ancora … Se è necessario prendere un’iniziativa , una volta nella vita, lo si faccia. Per non passare poi tutti gli anni che restano a chiedersi che cosa sarebbe successo se si avesse avuto un poco di coraggio” (360)
E finiamo con un buon premio giallistico.
Enrico Luceri “Il mio volto è uno specchio” Mondadori euro 3,90
Quando nei Gialli Mondadori vedo apparire un nome italiano non so (né voglio) resistere. Qui abbiamo l’annuale vincitore del Premio Tedeschi per la narrativa Poliziesca. Di buona fattura, anche se, mi si consenta, il meccanismo giallo è già scopribile dalle prime battute. Due coppie si ritrovano in modo fortuito nello stesso albergo, dove è già presente il signor Antonio e la sua seconda moglie Carmen. L'atmosfera è cupa (sembra cercare di richiamare film noir degli anni '70) e vediamo i vari personaggi agire tutti in modo ambiguo ed evasivo, come a nascondere diverse promesse ma tutte inconfessabili. Poi si comincia a programmare e finalmente a compiere efferato assassinio. Non sarà facile per il commissario Simonetti fare luce tra le ombre di un passato lontano e scoprire le conseguenze di una promessa fatta molti anni prima. Sinceramente, non ho capito il titolo, ma in fondo non è che si deve capire tutto. Un solo appunto: ad un certo punto si cita “La sposa in nero” attribuendola alla firma allora apposta al libro di William Irish, quando tutto il mondo sa che il vero nome, e quello con cui è poi passato alla grande letteratura gialla. Era Cornell Woolrich. Tentativo erudito o citazione sghemba? In appendice, poi altri due racconti, vincitore ex - equo del  Premio Gran Giallo Città di Cattolica: “Fino all'ultimo respiro” di Gianluca Ascione e “La morte nel cuore” di Anna Iaquinta. Il primo è assolutamente inutile, incomprensibile e non si capisce che meriti abbia. Il secondo è invece angoscioso ma ben fatto, con una storia che tiene, forse con troppa carne al fuoco, ma sicuramente meritava il premio da solo.
“è la gente così che campa fino a cent’anni. Bisogna essere egoisti per sopravvivere in questo mondo.” (81)
Questa settimana non c’è molto altro, se non che abbiamo comperato i biglietti per il Mali, che a metà mese ho un difficile impegno lavorativo a Riccione, e che ho un po’ freddo.

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