Alla ripresa dopo la pausa di Agosto, non si poteva
che tornare a parlare di viaggi, anche se qui forse solo un libro è di
“viaggio” in senso stretto. C’è chi come Augé utilizza un luogo per il suo
simbolo filmico, chi utilizza film per cercare di placare l’angoscioso vivere.
Solo il buon premio Nobel, di cui continuo a domandarmi i motivi, parla
realmente di un altrove, anche se è un altrove che ha segnato tutta la sua
infanzia.
Cominciamo allora con il maestro dei non-luoghi.
Marc Augé “Casablanca” Bollati Boringhieri
euro 9 (in realtà, scontato 7,20 euro)
Augé
usa il film per fare un “montaggio di ricordi”, e questo ritorno alla Francia,
o meglio a Parigi, suscita il montaggio dei miei di ricordi, dalle stazioni ai
treni, dal Metro alle strade. Bello è questo paragone con il film, e
soprattutto con Casablanca, rimando (consapevole o meno) alle vicende interne
della famiglia Augé. L’antropologo gira intorno ai suoi fenomeni familiari,
studiandoli come in un microscopio. Dolce il rapporto fino alla fine con la
madre, aspro fin dall’inizio quello con l’amato-odiato padre, duro fino allo
scontro quello con lo zio epigoni dei militarismi familiari. Pieno di grandi
immagini nella memoria, quell’andare al Cinema ed immergersi nel film, nelle
storie e nelle giovinezze degli attori. Certo, a me rimanda anche tante altre
cose, gli arrivi alla Gare de Lyon, i giri in Bretagna, la scoperta del
Pére-Lachaise, il quartiere latino ed i suoi cinemini, la zona dietro la
Sorbona (ma anche l’isola, l’Istituto del Mondo Arabo e via narrando). Infondo
molto intimo, ma l’ho letto di cuore e di corsa, pensando ad altro. Da
riflessione, poi, l’accenno al non poter ripercorrere la propria vita: si è
fatto, si è vissuto, si va avanti, come dice Marc, contenti o tristi. Ma sempre
avanti. E pur tirando fuori tanto, anche dal film, non mi rimanda la “mia”
frase di Rick, che sul primo finale, dice ad Ilsa “se non salirai su
quell’aereo, lo rimpiangerai. Forse non oggi, forse non domani, ma presto e per
il resto della tua vita”. Ed allora saliamoci senza rimpianti!
“il miracolo del cinema sta nel
fatto che ci impone l’evidenza fisica di eroi che conservano la loro
giovinezza, mentre noi invecchiamo” (54)
“l’ultima volta che ho ucciso … mio padre è un po’ di anni fa, quando
ho raggiunto e poi superato l’età che aveva quando è morto” (55)
“il cinema … [è] l’occasione di un incontro. È un’altra ragione per la
quale non amo molto i DVD. Avere un film sottomano … è come uccidere il caso”
(61)
“abbiamo tutti un giorno o l’altro la sensazione che la vita avrebbe
potuto essere diversa, ma che comunque continua. … ci possiamo allora sentire o
molto liberi o molto soli” (64)
“mi piace la Gare Montparnasse… mi piace l’odore delle stazioni” (70)
“il treno … era un notturno. Chiudevamo ermeticamente le tende. Solo
una lucina dipinta di blu diffondeva nello scompartimento … una parvenza di
luce” (71)
“mia madre camminava con difficoltà, ma non rinunciava alle sue
passeggiate… conosceva come le sue tasche i percorsi degli autobus … ma non ha
mai rinunciato a fare la spesa al supermercato di rue Monge o al mercato di
place Maubert” (79)
“è inconcepibile… immaginare un seguito a Casablanca… perché è
impossibile, nella vita, ritornare al passato. Non si può risalire il corso
della vita” (82)
“ogni ritorno nei luoghi del [proprio] sogno iniziale è per forza di
cose deludente … poiché impone la prova di un impossibile ritorno a sé” (83)
Di Silvano Agosti, a parte i film
di cui alla biografia, rimarrò sempre grato per aver aperto e mantenuto fino ad
ora con le unghie e con i denti, una delle più piccole sale cinematografiche
romane (l’Azzurro Scipioni) dove fortunatamente si continuano a proiettare film
di qualità, senza badare soltanto alla cassetta. Qui ovviamente si parla di
questo suo primo libro-epistolario.
Silvano Agosti “Lettere dalla Kirghisia”
L’immagine euro 10 (in realtà, scontato 8 euro)
Direi
giudizio sospeso. Che cos’è? Racconto, immaginazione, epistolario? O più
semplicemente, utopia (nel senso proprio del termine, un nessun luogo ma
possibile)? Di Agosti avevo apprezzato l’opera cinematografica, discontinua ma
coerente. Ma soprattutto, lo sforzo di mantenere in piedi una piccola sala di
cinema, indipendente sino all’ultimo rigo. Qui invece si cimenta con questa
finzione, usando lettere per parlare di un sogno, di un posto che forse non c’è
ma sarebbe bello ci fosse. La costruzione è coerente, un posto dove si lavora
tutti mettendo al centro l’altro da sé e non il profitto in sé. Dove viene
bandita la violenza. Dove si elimina l’ipocrisia. Dove si impara giocando, e
condividendo. Tutto bello, in fondo quasi realizzabile. Ma… ma il resto?
Sembra, portato alle estreme conseguenze, il nocciolo del pensiero di Trotskij.
Non può esistere il comunismo in un solo paese, perché, facendo scontro con il
diverso dovrebbe scendere a compromessi e non potrebbe essere più comunismo.
Non può esistere l’utopia di Agosti in un solo paese, a meno di scontare un
isolamento che alla lunga porterebbe a dover fare compromessi e via
discorrendo. Comunque lasciateci l’illusione che si possa vivere in modo
“dis-alienato”. Lasciateci l’idea che siano possibili isole di Kirghisia
all’interno del mondo che, per dirla con Lezama Lima, “è sporco e alieno”.
“… con noi o senza di noi /verrà il tramonto
/ e sarà magnifico … (poeta kirghiso)” (87)
“… se decideranno di condividere la vita, si
offriranno reciprocamente la loro libertà e non la loro dipendenza” (117)
Finiamo con l’immeritato Nobel.
Jean Marie Gustave Le Clézio “L’africano” Instar euro 10 (in realtà,
scontato 8 euro)
Meglio del libro ambientato in
Oceania che lessi ad inizio anno. Non eccelso ma più partecipato. Aspetto
sempre di leggere i suoi primi scritti che gli valsero la notorietà che lo ha
portato ora al Nobel. Qui c’è tuttavia molto, perché in Africa l’autore c’ha
passato alcuni lunghi anni (credo dagli 8 ai 14) al seguito del padre, medico
itinerante tra il Camerun e la Nigeria. E si sente questa partecipazione, sia
perché le immagini che restituisce sono le sue vissute, anche se con gli occhi
di un bambino, che gioca con le termiti e corre spensierato tra l’erba alta.
Belle anche le foto d’epoca del suo archivio privato. Poi, da leggere e
meditare, il rapporto con questo strano padre, fuggito (o fatto andar via)
dalle isole Mauritius, approdato in Francia e messo a studiare medicina in
Inghilterra. Un tipo poco incline al rispetto delle forme, per cui preferisce,
ad un comodo posto in ospedale, un incarico di missione, prima nella Guyana, e
poi in Africa. Lo immaginiamo, con quegli occhialetti tondi, la faccia che
ricorda Joyce, e la durezza che si deve sviluppare per poter vivere in un
ambiente quanto meno ostico, se non ostile. Immaginiamo anche il grande amore
per la moglie, che lo segue in questa vita faticosa (siamo negli anni ’30). Per
poi tornare brevemente in Francia per far nascere Jean Marie, e trovarsi
bloccata lì, per più di 5 anni a causa della II^ Guerra Mondiale. Alcune pagine
scivolano via, o mordono, altre sono di una forza unica. Come la stupenda
sintesi del genocidio biafrano in meno di dieci righe. Sarà perché ci s’ha il
Mal d’Africa, ma questo almeno l’ho letto con piacere. L’Oceania è lontana
invece. Sarà anche magica, ma non mi emoziona (ancora).
“Era troppo tardi, il tempo non torna indietro, neanche nei sogni” (46)
“Nessun ritratto, nessuna foto potranno mai sostituire gli occhi di un
uomo che, giorno dopo giorno, osserva la luce cambiare sul viso della donna che
ama, che spia ogni fugace scintilla nello sguardo di suo figlio” (97)
Infine, essendo la prima trama
del mese di settembre, vi riporto i libri di giugno (molti anche se non tanti).
#
|
Autore
|
Titolo
|
Editore
|
Euro
|
1
|
Omar Di Monopoli
|
Uomini e Cani
|
ISBN
|
s.p.
|
2
|
Derek Walcott
|
Mappa del Nuovo Mondo
|
Adelphi
|
9,50
|
3
|
Edgar Wallace
|
L’uomo dai due corpi
|
Repubblica/CSGM
|
3,90
|
4
|
Maurizio de Giovanni
|
Il posto di ognuno
|
Fandango
|
14
|
5
|
Jean-Patrick Manchette
|
Morgue pleine
|
Folio
|
5,30
|
6
|
Henning Mankell
|
Scarpe italiane
|
RL libri
|
5,90
|
7
|
J.M.G. Le Clézio
|
L’africano
|
Instar
|
10
|
8
|
Ugo Cornia
|
Le pratiche del disgusto
|
Sellerio
|
9
|
9
|
Irene Nemirovsky
|
Suite francese
|
Adelphi
|
s.p.
|
10
|
Carlo Lucarelli
|
Navi a perdere
|
VerdeNero
|
10
|
11
|
Licia Troisi
|
I dannati di Malva
|
VerdeNero
|
10
|
12
|
John Dickson Carr
|
Il giudice è accusato
|
Repubblica/CSGM
|
3,90
|
13
|
Enrico Luceri
|
Il mio volto è uno specchio
|
Mondadori
|
3,90
|
14
|
Niccolò Ammaniti
|
Come Dio comanda
|
Noir Repubblica
|
7,90
|
Insomma,
come dicevano i Righeira, l’Estate sta finendo, ma forse continuerà il periodo
d’oro e di sole. In fondo, contrariamente a molte aspettative, sono tornato da
Gerusalemme senza ridere e senza piangere. Ho mangiato di nuovo l’insalata al
Petit fer à Cheval. Forse tutto va avanti, anche se vedo le nuvole laggiù.
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