mercoledì 4 gennaio 2012

Parentesi gialla - 19 luglio 2009

Come i miei assidui lettori sanno, una costante, in genere di grande relax, è per me dedicarsi alla lettura di libri gialli, noir, polizieschi e via discorrendo. Ho un debole per gli italiani, che sempre mi incuriosiscono. Questa volta, invece, parliamo di gialli considerati classici, provenienti da una collana abbinata Repubblica - Mondadori dedicata al “giallo storico”, dove vengono riproposte dieci dei primi libri usciti nella collana che è ancora in vita dei Gialli Mondadori. Collana benemerita, così come il responsabile che per decenni l’ha curata, Alberto Tedeschi.
Quindi, in questo caldo clima estivo, dedico le trame settimanali ad alcuni di questi libri, scritti da due inglesi e da un americano. Il contrappasso, è che gli inglesi scrivono molto “spari e poche chiacchiere”, mentre è l’americano a dare più spessore ad un testo che non a caso poi ispirerà un film di Truffaut.
Andiamo per ordine.
James Hadley Chase “Bara per due” Repubblica/Collana Storica Giallo Mondadori (CSGM) euro 3,90
Un classico del 1958. Hard boiled, pupe e spari. L’ultimo dei classici del Giallo ad uscire. Ma il primo che leggo. Vorrei solo confrontarlo con l’originale, perché ogni tanto sembra fare dei salti narrativi. Voluti o tagli dell’edizione italiana? Comunque il ritmo è buono, ci si affeziona subito al buon Chester, capro espiatorio in una contesa che non ha voluto. E si vuole subito bene a Clair (nome omen) che in poche pagine passa al centro del suo cuore e diventa la sua bella. Domanda laterale, cercare di capire che gioco è il “jai alai” praticato da Gomez (che come immaginavo non è altro che una variante della Pelota basca). La storia classica ormai, cattivi a Key West che trovano il modo di frodare la legge. Un buono che cerca di sconfiggerli e ci lascia le penne. Ed il buon Chester, giocatore di poker e pistolero, che impersona ben presto il ruolo di angelo vendicatore. Gradevoli anche alcuni comprimari, soprattutto il detective neofita che sembra uscito dal liceo dei detective, ma che avrò un suo degno ruolo. Vedrò di cercare in giro, perché ne immagino fior di riduzioni cinematografiche (me ne risulta una sola, del 1950, con protagonista George Raft). Intanto, per lo meno, un classico, ben scritto e veloce.
Come tanti autori di genere, James Hadley Chase è uno pseudonimo (vero nome Renè Brabazon Raymond) e tanti altri pseudonimi userà nella carriera. 
Passiamo al secondo americano.
Peter Cheyney “È arrivato Lemmy Caution” Repubblica/CSGM euro 3,90
Il giallo numero 7, poiché si sa che io leggo in modo casuale. Cheyney, scrittore inglese, crea l’agente Lemmy Caution alla metà degli Anni Trenta, e ne fa il protagonista di una decina di romanzi. L’impianto (in generale e di questo in particolare) è un classico dello stile americano (anche si di mano inglese) di quegli anni: un crimine, un protagonista maschile, in genere aitante e scanzonato, una (o più) damigelle di contorno. Qualche sparatoria, qualche inseguimento. Risoluzione finale. La novità (che decretò un po’ di successo per Lemmy) è che qui il protagonista è un agente federale e soprattutto è verboso. Ad ogni piè sospinto fa un riepilogo di quanto è successo, di come lo sta interpretando e di cosa farà dopo. Utile se esce a puntate, qui rimane un pochino pallonetto. Anche perché, a volte, le sue agnizioni non sembrano fondate altro che su “tiriamo ad indovinare”. Quindi se vogliamo un bell’esempio datato, ma non molto di più. Tra l’altro c’è l’idea fissa di bande di falsari, che agiscono poi in modo analogo ad altri gialli simili. Volendo cercare il pelo nell’uovo, certo, Chase ha scritto dopo quindi sarebbe lui il copione.
E finiamo con quello che più mi è piaciuto.
Cornell Woolrich “La sposa era in nero” Repubblica/CSGM euro 3,90
Il nono della collana ma il terzo in lettura. Più avvincente degli altri, quasi un impianto che poi diviene classico. Una vendetta perpetrata per circa 200 pagine, con un occhio quasi benevolo verso chi si sta macchiando di pur orrendi delitti. Poi un finale che sembra classico, ma illuminato dal vero sottofinale, che getta una luce nuova in tutta la vicenda precedente. In effetti, un vero classico del giallo nel suo genere. Ottimo il ritmo, buone le caratterizzazioni dei personaggi, che più che di un romanzo ne fanno un racconto di quattro atti ed un epilogo, quasi in piedi a sé stanti. Certo, non c’è quello che ora sarebbe di prassi: un approfondimento del milieu, una spiegazione che gira e rigira tutto l’accaduto. Un po’ c’è, ma il gusto dell’epoca (fine anni ’40) era più immediato: questo è successo, lui ha fatto, lei ha detto, l’ispettore ha analizzato. E come in tutti i classici, si danno quasi tutti gli elementi per la soluzione, ci si potrebbe arrivare. Ma il caso gioca anche qui le sue carte. In fondo, è un’elegia delle attività della casualità nella vita quotidiana, tutte portate alle estreme conseguenze. Ma per un giallo è più che dignitoso, e l’autore ci è piaciuto. Come detto, da questo romanzo nel 1968 François Truffaut trasse il film “La mariée était en noir” (in italiano “La sposa in nero”).
Anche Woolrich è ricco di pseudonimi (William Irish, George Hopley e lo stesso Cornell, dato che il nome completo era appunto Cornell George Hopley-Woolrich) ed è un sagittario..
Ed ora continuiamo a preparare le vacanze. Le mie, con il buon Emilio, verso i lidi mediorientali, ma anche quelle marocchine ed egiziane e se qualcuno vuole consigli sono qui per questo. Certo, ci si ha poco tempo e pochi soldi per altro (niente bagni, per ora). Meglio? Peggio?

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